Premessa

Tra la concezione meccanicista ottocentesca e la Teoria della Relatività di Einstein ebbe vita breve ma gloriosa la concezione elettromagnetica della natura, dovuta prevalentemente a H.A. Lorentz[1].

Molti furono i risultati di rilievo della sua attività, tra i quali: la separazione tra etere e materia ordinaria dei corpi; la variazione della massa con la velocità; un primo legame tra massa ed energia; l'espressione della "forza" omonima delle cariche elettriche; le omonime trasformazioni e l'ipotesi della contrazione durante il moto.

Lo scienziato olandese (che non va confuso con il danese V. Lorenz) non solo riuscì a sintetizzare con successo programmi di ricerca contrastanti - la concezione di Maxwell dell'azione contigua e la concezione discreta dell'elettricità -, ma anche a dare una risposta ragionevole ad un problema che aveva attraversato tutto l'Ottocento: il problema del vento d'etere. La propagazione ondulatoria dei fenomeni ottici, prima, ed elettromagnetici, poi, assumeva l'esistenza di un riferimento privilegiato, l'etere, rispetto al quale si doveva poter misurare la velocità della Terra. In pratica il principio di relatività, valido per trasformazioni inerziali, veniva ad essere abbandonato nell'elettromagnetismo: dall'interno di un sistema in moto (approssimativamente) rettilineo ed uniforme si doveva poter determinare lo stato del sistema.

Questa determinazione sperimentale non ebbe mai luogo, ma Lorentz fu un maestro nel presentare un'interpretazione che permettesse di salvare il riferimento privilegiato e continuare a rifiutare il principio di relatività. Lorentz non riuscì mai ad accettare la teoria di Einstein, ma la sua ostinazione va considerata anche alla luce degli straordinari successi della sua Teoria dell'Elettrone.

interessante notare come alcuni buoni libri di testo[2], presentando una serie di alternative concettuali presenti all'inizio dell'800, non indicano, a differenza di molti altri manuali, nell'esperienza di Michelson Morley lo spunto sperimentale che portò alla Relatività Speciale. Piuttosto l'elemento imbarazzante per la teoria di Lorentz era il fenomeno dell'induzione unipolare, a cui è infatti prestata attenzione nell'introduzione e nel paragrafo sesto della memoria di Einstein del 1905. In questa memoria l'esperienza di Michelson Morley non viene mai menzionata.

Questo dato mostra la validità agli inizi del '900 della spiegazione di Lorentz dell'esperienza di Michelson Morley. Inoltre il fatto che l'impostazione generale della teoria di Lorentz sia ancora alla base di molti libri di testo odierni è uno stimolo più che sufficiente per andare a riscoprire con l'aiuto di questa "guida" una vicenda scientifica di straordinario interesse.

Introduzione

I temi di questa guida sono due: la teoria dell'elettromagnetismo di Lorentz e l'esperimento di Michelson e Morley. Essi, come si vedrà, sono strettamente collegati sia dal punto di vista storico, sia da quello logico critico; tuttavia possano anche, in una certa misura, venire trattati separatamente.

Nella maggior parte dei nostri manuali di fisica per i licei, (ma anche per l'università), solitamente viene citato il nome di Lorentz quando si introduce la "forza di Lorentz" tra le equazioni dell'elettromagnetismo e quando si analizza il ruolo che le "trasformazioni di Lorentz" hanno nella Relatività Speciale di Einstein.

Anche quando si presenta l'esperimento di Michelson e Morley si parla della "contrazione di Lorentz" che viene però liquidata come un'ipotesi in qualche modo artificiosa e comunque inserita in una teoria che, essendo stata ben presto superata dalla Relatività, non è degna di maggior interesse.

Analizzando alcune memorie di Lorentz (dal 1892 al 1904) e parte del trattato del 1909, ci siamo rese conto che la teoria che Lorentz elaborò nell'ultimo ventennio dell'800 e nei primi anni del '900 è un'importante sintesi scientifica ancora largamente utilizzata, in quanto, più che la Relatività, sta alla base proprio dell'elettromagnetismo classico che abbiamo studiato e che insegnamo.

Risulta molto interessante per noi come insegnanti analizzare la fondazione critica di concetti quali la carica e il campo nella sintesi che Lorentz elabora fra le teorie delle scuole continentali e quelle anglosassoni, l'evoluzione del concetto di etere che si dematerializza fino ad avvicinarsi al nostro concetto di campo, la fusione della teoria elettromagnetica con la teoria atomico-molecolare, fino a quell'epoca completamente estranee.

La presentazione che della teoria dell'elettromagnetismo di Lorentz diamo nel cap. 2 si intende rivolta ad insegnanti e si basa in gran parte sulla lettura di brani del trattato del 1909 dove l'esposizione è più organica che non nelle memorie e dove comunque si può cogliere il carattere fluido di alcuni concetti che ancora costituivano oggetto di ricerca.

La ricaduta didattica di una tale analisi può essere in un certo senso sfumata e diluita nei vari momenti dello svolgimento del programma di elettromagnetismo, quando si presentano e ripresentano le difficoltà connesse con i concetti più problematici quali quelli di carica e di campo.

L'esperimento di Michelson-Morley, invece, può apparire nei programmi svolti nei licei ed è infatti trattato in molti manuali nell'introduzione alla Relatività Speciale. Spesso tuttavia le relazioni tra l'esperimento in questione e la Relatività Speciale che uno studente può trarre dalla lettura dei manuali sono errate, sia da un punto di vista storico che da un punto di vista logico. Tale esperimento secondo filosofi della scienza come Duhem e Lakatos non fu cruciale a favore della Relatività Speciale. Al contrario, fu progettato e realizzato all'interno di un contesto teorico molto ricco: il dibattito su concetti e teorie di base dell'elettromagnetismo alla fine del XIX secolo, e fu ancora al centro del dibattito scientifico nei primi decenni del XX secolo. Per questo motivo, ci è sembrato molto interessante occuparci di questo esperimento non per introdurre la Relatività Speciale, ma per affrontare criticamente un problema centrale che incontriamo nello svolgimento di un programma di fisica: l'interpretazione dei risultati di un esperimento, ossia le complesse relazioni fra teorie ed esperimenti e, se si vuole, il problema dell'"experimentum crucis".

Dall'analisi di questo esperimento e dei suoi rapporti con il contesto teorico dell'epoca, risulta poi anche che la scelta (alla luce dei risultati) tra la teoria dell'elettromagnetismo di Lorentz e la Relatività Speciale di Einstein non è poi così ovvia come spesso siamo abituati a supporre. L'esposizione che diamo dell'esperimento nel cap. 3 e quella dei suoi rapporti con la teoria di Lorentz nel cap. 4 ha nelle nostre intenzioni una veste didattica, nel senso che presenta gli argomenti e le letture quali li proponiamo agli studenti delle ultime classi di liceo.

Le schede del cap. 5 sono state pensate come strumenti di lavoro per gli insegnanti.

Come si vedrà, l'analisi dell'esperimento è proposta mediante la lettura di una memoria originale ed è intesa come una "small injection" di storia della fisica nello sviluppo di un programma di fisica tradizionale.