La posizione di Lorentz riguardo all'esperimento Michelson e Morley

Esamineremo ora la posizione di Lorentz verso l'esperimento di Michelson: in questa analisi verrà evidenziata la complessità del rapporto fra teoria ed esperimento. Abbiamo precedentemente esaminato i punti fondamentali della teoria di Lorentz anche per comprendere meglio la fondatezza della sua posizione.

Come richiamato dagli stessi autori nel 1887, Lorentz aveva dedicato attenzione all'esperimento del 1881, evidenziando il peso dell'errore sistematico commesso da Michelson. I risultati del secondo tentativo non lo lasciarono indifferente.

L'etere a riposo, nel senso che le varie parti sono in quiete le une rispetto alle altre, costituiva, come si è visto, uno dei pilastri fondamentali della sua teoria della materia e dell'elettromagnetismo.

Inoltre, accanto alla costruzione di tale teoria, egli si occupò costantemente dei fenomeni elettromagnetici nei corpi in moto. Proprio perchè l'etere costituiva un riferimento assoluto, poteva in linea di principio essere evidenziato con esperimenti elettrici e ottici sui corpi in moto, o, come si è visto, con esperimenti ottici con sorgenti di luce terrestri. Il fatto che tale evidenza sperimentale non si riscontrasse era da Lorentz spiegato fino al I ordine in mediante un "teorema degli stati corrispondenti",[55] che egli scrisse in forma sistematica per la prima volta nell'opera Versuch einer Theorie der electrischen und optischen Erscheinungen in bewegten Körpern del 1895. Il significato è sostanzialmente il seguente.[56]

Il comportamento di un sistema di cariche in moto rispetto all'etere (è il caso degli esperimenti sulla Terra) è come se tutto avvenisse in un corrispondente stato a riposo nell'etere, in cui i campi, la densità di carica e le coordinate siano legati ai valori precedenti da certe opportune equazioni. Vale la pena di notare che le equazioni per le coordinate spaziali e per quella temporale sono simili a quelle note come "trasformazioni di Lorentz."

L'interesse di Lorentz per l'esperimento di Michelson era proprio connesso con il fatto che tale esperimento poteva evidenziare un effetto del secondo ordine in[[upsilon]] /c. Nell'opera del 1895 appena citata, Lorentz infatti dedicò un capitolo finale proprio all'esperimento di Michelson, per spiegare il quale erano necessarie ulteriori ipotesi. Così egli si esprimeva:

Ora, questo risultato [dell'esperimento di Michelsonl ci autorizza ad assumere che l'etere prende parte al moto della Terra, e perciò che la teoria dell'aberrazione data da Stokes è quella corretta? Le difficoltà che questa teoria incontra nello spiegare l'aberrazione mi sembrano troppo grandi per condividere questa opinione e preferirei piuttosto tentare di eliminare la contraddizione fra la teoria di Fresnel [etere in quiete] e il risultato di Michelson.[57]

Lorentz quindi non si sentiva affatto costretto ad abbandonare una propria ipotesi di base a causa di un risultato sperimentale che poteva sembrare con essa contraddittorio. Egli scelse di spiegare tale risultato nell'ambito del proprio quadro concettuale, introducendo una nuova ipotesi, la famosa ipotesi di contrazione che, già avanzata precedentemente da Fitzgerald, egli aveva cominciato a sviluppare a partire dal 1892.

L'ipotesi consiste in questo: se il braccio parallelo alla direzione del moto della Terra diventa più corto di quello perpendicolare di una quantità la differenza fra tempi di percorrenza si annulla e non è più previsto alcuno spostamento delle frange di interferenza.

Questa ipotesi era comunque radicata su altre ipotesi di Lorentz riguardanti le forze che tengono unite le molecole nei corpi materiali, sempre nell'ambito della teoria generale.

Già nel 1892 Lorentz scriveva:

Ora, un tale cambiamento nella lunghezza dei bracci nel primo e sperimento di Michelsn, ... per quanto io possa vedere, non è inconcepibile. Che cosa determina le dimensioni e la forma di un corpo so1ido? Evidentemente l'intensità delle forze molecolari: ogni causa che alterasse queste ultime influenzerebbe anche la forma e le dimensioni. Ora noi possiamo con sicurezza assumere che le forze elettriche e magnetiche agiscono per mezzo dell'intervento dell'etere. Non è strano supporre che la stessa cosa sia vera per le forze molecolari. Ma allora questo fatto può produrre una differenza se la linea che unisce due particelle materiali che si spostano in sieme attraverso l'etere giace parallela o perpendicolare alla direzione di questo spostamento.[58]

Come si è visto precedentemente, per Lorentz le particelle cariche interagiscono mediante l'etere che è la sede delle forze elettriche e magnetiche. Secondo il citato teorema degli stati corrispondenti, queste forze, se le particelle in questione sono in moto nell'etere, subiscono delle trasformazioni direttamente ricavabili dalle equazioni che tale teorema ipotizza per le coordinate spaziali e temporali e per i campi.[59]

Lorentz ipotizzò che anche le forze di interazione fra molecole, cioè fra particelle non cariche, (le forze molecolari appunto), siano trasmesse sempre mediante l'etere e subiscano le trasformazioni analoghe, se le molecole sono in moto assoluto. I cambiamenti delle forze molecolari sono il motivo fisico dei cambiamenti delle lunghezze nell'esperimento di Michelson e giustificano quindi il non rilevamento di effetti al secondo ordine in [[upsilon]] /c negli esperimenti ottici di questo tipo.[60]

Nel trattato del l909 Lorentz, dopo aver ampiamente sviluppato la teoria degli stati corrispondenti e l'ipotesi di contrazione, afferma:

Possiamo comprendere la possibilità del cambio di dimensioni assunto, se consideriamo che la forma di un corpo solido dipende dalle forze tra le molecole, e che, con ogni probabilità, queste forze sono propagate dall'etere intermedio in un modo più o meno simile a quello in cui le azioni elettromagnetiche sono trasmesse attraverso questo mezzo. Da questo punto di vista è naturale supporre che, proprio come le forze elettromagnetiche, le attrazioni e repulsioni molecolari sono in qualche modo modificate da una tra1azione impartita al corpo, e questo può molto bene dar luogo a un cambiamento delle sue dimensioni.

Ora, è proprio notevole che troviamo esattamente l'ammontare del cambiamento che abbiamo postulato nel paragrafo 168, [cioè il rapporto tra i due bracci dell'interferometro ], se estendiamo alle azioni molecolari il risultato trovato per le forze elettriche...[61]

Lorentz quindi riusciva a spiegare il risultato nullo dell'esperimento, pur ammettendo l'esistenza di un moto assoluto della Terra attraverso l'etere in quiete: la contrazione compensa la differenza fra i tempi di percorrenza della luce, rendendo così impossibile rivelare tale moto, almeno con esperimenti di questo tipo.

Ecco l'analisi che Lorentz, sempre nel 1895, faceva sul significato dell'esperimento in rapporto alla teoria. Riguardo alla possibilità di verificare sperimentalmente la contrazione, egli affermava:

Riguardo alla sua prova sperimentale, noi dobbiamo prima di tutto notare che gli allungamenti e gli accorciamenti in questione sono straordinariamente piccoli. Abbiamo [[upsilon]] 2/c 2 = 10-8 e perciò l'accorciamento di un diametro della Terra dovrebbe cambiare, quando fosse mosso da una posizione principale all'altra (da perpendicolare a parallela), di circa 1/200 di micron. Si potrebbe difficilmente sperare di avere successo nel tentativo di rivelare quantità tanto piccole, se non usando un metodo di interferenza. Noi dovremmo operare con due regoli perpendicolari e con due pennelli di luce interferenti mutuamente, facendo viaggiare l'uno su e giù lungo il primo braccio e l'altro lungo il secondo. Ma in questo modo dovremmo tornare ancora una volta all'esperimento di Michelson e rigirando l'apparato non dovremmo rilevare nessuno spostamento di frange ... potremmo ora dire che lo spostamento prodotto dalle variazioni di lunghezza è compensato dallo spostamento di Maxwell.[62] [63]

Lorentz qui asserisce: nell'eseguire l'esperimento di Michelson si dovrebbe misurare uno spostamento di frange dovuto al [[Delta]]t, differenza fra i tempi percorrenza della luce lungo i due bracci. Tale spostamento non si misura perchè è compensato dalla contrazione del braccio parallelo. Nell'eseguire un esperimento di interferenza per verificare la contrazione, si vorrebbe misurare uno spostamento di frange dovuto appunto alla contrazione di un braccio. Tale spostamento non si rileverebbe in quanto compensato dal [[Delta]]t. Lorentz riconosce chiaramente che con questo esperimento non è possibile verificare né la variazione di velocità della luce rispetto alla Terra, né la contrazione delle lunghezze, effetti entrambi dovuti al moto assoluto della Terra. Tuttavia entrambi questi effetti sono "reali" nella sua teoria

Nel 1909, dopo aver di nuovo notato che la contrazione creerebbe un cambiamento di fase che bilancerebbe esattamente quello aspettato, Lorentz concludeva:

Questa ipotesi certamente sembra piuttosto sorprendente a prima vista, ma difficilmente possiamo sfuggirle fintanto che persistiamo nel considerare l'etere immobile. Noi possiamo, credo, anche andare così lontano da dire che, in base a questa assunzione, l'esperimento di Michelson prova i cambiamenti di dimensioni in questione e che questa conclusione è non meno legittima delle inferenze concernenti la dilatazione dovuta al calore o i cambiamenti dell'indice di rifrazione che sono state tratte in molti altri casi dalle posizioni osservate di bande di interferenza.[64]

Il significato dell'esperimento, dunque, dipende dalle assunzioni base della teoria: in questo caso l'etere immobile. Questa assunzione costringe a formulare l'ipotesi di contrazione. L'esperimento di Michelson allora si può addirittura considerare una prova della contrazione. La parte propriamente sperimentale consiste infatti di "posizioni osservate di bande di interferenza", in questo come in altri casi. Le inferenze che se ne traggono sono dovute ai principi e ai modelli concettuali che la teoria utilizzata assume ed elabora. Questa analisi di Lorentz del rapporto esperimenti-teorie ci sembra molto vicina alla analisi attuale che sfata quindi l'idea dell'esistenza dell'esperimento cruciale.