Il problema dell'experimentum crucis

Due schemi per il "metodo scientifico"

Per analizzare mediante l'esperimento di Michelson e Morley i problemi che riguardano il peso di risultati sperimentali nel provare, o confermare, o confutare affermazioni precedenti e teorie, dobbiamo appoggiare il discorso su qualche modello di "metodo scientifico". Ne abbiamo scelti due che ripropongono caratteristiche proprie di due modi pressoché estremi nell'intendere l'impresa scientifica e che sostanzialmente si possono etichettare come metodo induttivo e metodo ipotetico-deduttivo. Non intendiamo analizzare e discutere le varie obiezioni né per l'uno né per l'altro o i vari punti a favore. Intendiamo semplicemente considerarli come i due modelli significativi a cui riferirci nell'analisi di nostro interesse, in quanto, come si può vedere dagli schemi che seguono, la maggior parte dei nostri manuali si rifà, in misura diversa e a livelli di chiarezza diversi, o all'uno o all'altro dei modelli, spesso ad entrambi.

Schema induttivista

Oi Hp Oc Hc

Oi = osservazioni iniziali

Hp = ipotesi plausibili

Oc = conseguenze osservabili

Hc = ipotesi confermate

= induzione

= deduzione logico-matematica

Schema ipotetico-deduttivo

P (...)H Oc Hc

P = problema di partenza

(....) = operazione mentale non riconducibile agli schemi della logica

H = ipotesi

Oc = enunciati osservativi

Hc = probabilità di H

= deduzione logico- matematica

= inferenza induttiva dalla verità o falsità di Oc ad Hc

Per il nostro scopo ci proponiamo di analizzare più da vicino quella che si può definire in entrambi gli schemi l'ultima mossa, ossia l'inferenza induttiva da Oc ad Hc, dalle proposizioni osservative alle ipotesi confermate. In altri termini, ci occuperemo in particolare del punto che riguarda la verifica o il controllo sperimentale, la conferma o la confutazione mediante l'esperimento di affermazioni teoriche. Analizzando l'esempio (che è forae storicamente il più famoso) dell'esperimento di Michelson e Morley si vede comunque come anche quest'ultima mossa sia inestricabilmente legata alle precedenti.

Experimentum crucis

In entrambi i modelli di metodo scientifico la validità dell'ultima mossa consiste nel credere che mediante un esperimento, o una serie di esperimenti, purchè condotti opportunamente, sia possibile controllare o confutare proposizioni teoriche (gli enunciati osservativi) e quindi confermare o confutare ipotesi teoriche. Oppure si ritiene che sia possibile in tal modo confermare una ipotesi e confutarne una rivale. Questi esperimenti che hanno un ruolo così decisivo sono gli esperimenti di prova, detti anche esperimenti cruciali. Che cosa si deve intendere, dunque, per esperimento cruciale? Nell'analisi critica di questo concetto seguiamo largamente Duhem[69]

Volete ottenere una spiegazione teorica certa, incontestabile, di un gruppo di fenomeni? Elencate tutte le ipotesi che si possono fare per rendere conto del gruppo di fenomeni, poi, con la contraddizione sperimentale eliminatele tutte eccetto una: quest'ultima cesserà di essere un'ipotesi per diventare una certezza. Supponete, in particolare, che esistano soltanto due ipotesi, e cercate condizioni sperimentali tali che l'una annunci la produzione di un fenomeno e l'altra la produzione di un fenomeno completamente diverso: realizzate le condizioni e osservate cosa succede. A seconda che osserviate il primo dei fenomeni previsti o il secondo, condannerete la seconda ipotesi o la prima. Quella che non sarà condannata sarà ormai incontestabile, il dibattito sarà troncato, una nuova verità sarà acquisita dalla scienza. Questa è la prova sperimentale che l'autore di Novum Organum [70] ha denominato "fatto della croce, traendo questa espressione dalle croci che, agli angoli delle strade, indicano le diverse direzioni."[71]

Questo procedimento, come osserva lo stesso Duhem, appare mutuato da procedimenti logici della Geometria e precisamente sembra ricalcare lo schema della dimostrazione per assurdo.

Una simile dimostrazione sembra altrettanto convincente, irrefutabile quanto la riduzione all'assurdo dei geometri. Del resto è proprio dalla riduzione all'assurdo che tale dimostrazione è copiata, giocando la contraddizione sperimentale un ruolo che la contraddizione logica gioca nell'altra [72]

Richiamiamo schematicamente la riduzione all'assurdo, nota agli studenti in quanto applicata in alcuni famosi teoremi di Geometria elementare.

(Hp l e Hp 2) C A Hp 2

Hp l è l'ipotesi del teorema. Per esempio: due rette a e b con una trasversale formano angoli [[alpha]] e [[beta]] alterni interni uguali

Hp l : [[alpha]] = [[beta]]

Hp 2 è la negazione della tesi. Nell'esempio in questione: la tesi è che le rette a e b sono parallele (Ts.a //b); perciò la negazione è: le due rette si intersecano in un punto P

= deduzione logica.

CA è una conseguenza assurda, in quanto in contrasto con l'insieme di Hp l e Hp 2. Nell'esempio: [[alpha]] è maggiore di [[beta]]

CA : [[alpha]] > [[beta]]

CA mette in luce che Hp l ed Hp 2 sono contraddittorie e quindi non possono essere entrambe vere.

Le regole della logica a questo punto ci garantiscono, insieme con la verità di tutte le proposizioni affermate in precedenza fino ad Hp 1 compresa, la falsità di Hp 2.

Torniamo ora al caso dell'esperimentum crucis: qui non siamo più nel campo ben garantito della logica matematica. Duhem stesso avanza questa obiezione e ne analizza le motivazioni.

... In realtà siamo ben lontani dal punto in cui il valore dimostrativo del metodo sperimentale sia altrettanto rigoroso, altrettanto asso1uto. Le conlizioni nelle quali esso funziona sono assai più complicate di quanto non sia supposto in ciò che abbiamo detto e la valutazione dei risultati è assai più delicata e soggetta a garanzie.[73] Duhem [1914], tr. 1978, p.208.

Obiezioni alla possibilità dell'experimentum crucis

La riduzione all'assurdo che funziona tanto bene nella dimostrazione matematica, quindi, non è altrettanto correttamente utilizzabile nel controllo sperimentale della fisica. Vorremmo perciò esaminare alcuni punti nodali di questa asserita impossibilità dell'experimentum crucis. Tre sono i punti che, seguendo Duhem e Lakatos, ci sembra opportuno mettere a fuoco, in quanto risultano essenziali e chiaramente riconoscibili nell'analisi dell'esperimento di Michelson e Morley.

Le condizioni

"Un esperimento di fisica non consiste soltanto nell'osservazione di un fenomeno, ma anche nella sua interpretazione teorica."[74] Questa affermazione di Duhem riassume, mettendone a fuoco il nucleo, quella ampia serie di osservazioni e di problemi che, in momenti e modi diversi, sorgono durante lo svolgimento dei programmi di fisica, o quando in laboratorio ci troviamo ad utilizzare strumenti, o quando in aula esaminiamo i risultati e le interpretazioni di un esperimento basandoci sul manuale. A questo proposito ci paiono molto chiare ancora le parole di Duhem:

... due strumenti sono costantemente presenti nella mente del fisico sperimentale: l'uno è quello concreto in vetro, metallo che egli manipola, l'altro è l'apparecchio schematico e astratto che la teoria sostituisce a quello concreto e sul quale il fisico ragiona. Le due idee slno legate indissolubilmente nella sua mente e l'una richiama necessariamente l'altra. Il fisico non può più concepire l'apparecchio concreto senza asslciare ad essl la nozione di apparecchio schematico allo stesso modo che un francese non può concepire un'idea senza associarvi la parola francese che l'esprime. Questa radicale impossibilità, che impedisce di dissociare le teorie della fisica dai processi sperimentali atti a controllare le teorie stesse, complica straordinariamente il controllo... [75]

Un esperimento dunque è un procedimento complesso, in cui i risultati sono inestricabilmente legati a presupposti teorici. Perciò il dibattito sul significato di un esperimento è solitamente una battaglia almeno fra due teorie. In effetti proprio il caso dell'esperimento di Michelson e Morley è emblematico a questo riguardo: i medesimi dati sperimentali possono essere intesi come prova di due opposte verità in due diverse teorie.

La valutazione

"Un esperimento di fisica non può mai condannare un'ipotesi isolata, ma soltanto tutto un insieme teorico"[76]

Infatti, nel progetto e nell'allestimento di un esperimento, il fisico, sempre secondo Duhem, "non si limita a far uso della proposizione in discussione. Egli usa ancora tutto un insieme di teorie accettate senza riserve".[77]

In questa fase dell'esperimento quindi, preesistono affermazioni considerate non problematiche che costituiscono le verità di base della teoria. In altre parole riferendoci ai due schemi sopra riportati per il metodo scientifico, si può dire che nel formulare e costruire tests sperimentali di un enunciato osservativo o di una conseguenza osservabile predetta, entrano in gioco non solo i momenti anteriori del procedimento, ma anche tutto un insieme di verità che, già corroborate o meno, in questo momento sono ritenute sicure. Quando dunque l'esperimento non dà il risultato previsto, questo fatto dice soltanto che, da qualche parte, c'è almeno un errore, ma non dice dove. Duhem afferma a questo proposito: "la fisica è una macchina che non si lascia smontare".[78] Ciò significa che nella fisica un insieme di teorie, un programma di ricerca, è un tutto organico che non è semplicemente e univocamente sezionabile in parti buone e parti non buone a causa di un risultato sperimentale.

Se il fisico dichiara che tale errore è contenuto precisamente nella proposizione che voleva rifiutare e non altrove, ammette implicitamente l'esattezza di tutte le altre proposizioni di cui si è servito: la sua fiducia ha lo stesso valore della sua conclusione ... Ma tale fiducia non si impone per necessità logica ... [79]

Il fisico nel ritenere confutata una affermazione in seguito ad un risultato sperimentale negativo, opera dunque una scelta che coinvolge tutti i momenti del procedimento. Questa scelta non dipende da necessità logica, ma da vari altri fattori come, per accennare ad alcuni fra i più importanti, la metafisica di fondo del programma seguito, le idee e i principi regolativi. Senza contare che, come ancora nota Duhem, mentre nella logica matematica fra due ipotesi contraddittorie non c'è posto per un terzo giudizio, non così avviene per le ipotesi fisiche.

Il ruolo storico [80]

La terza obiezione riguarda il ruolo che di fatto nella storia della fisica hanno assunto certi esperimenti cosiddetti cruciali. Proprio a proposito dell'esperimento di Michelson e Morley, Lakatos osserva:

Solo con un processo estremamente difficoltoso e indefinitamente lungo si può stabilire che un programma di ricerca supera un programma rivale; ed è poco prudente usare troppo in fretta il termine di esperimento 'cruciale'. Anche quando si osserva che un programma di ricerca è spazzato via dal seguente, esso non è spazzato via da un esperimento 'cruciale'.[81]

In altri termini, è storicamente falso affermare che l'esperimento di Michelson e Morley, quando fu eseguito, negli anni dal 1881 al 1887, decretò la morte per le teorie dell'etere, aprendo la via all'accettazione della Relatività di Einstein. In realtà, all'epoca, le teorie in questione, di cui la più affermata era il programma di Lorentz, non furono affatto abbandonate e anche dopo il 1905 gran parte dei Fisici cercò di interpretare il risultato dell'esperimento di Michelson e Morley entro il quadro di tale programma. Il programma dell'etere di Lorentz era infatti un programma di ricerca di avanguardia ai confini della fisica teorica ed era nello stesso tempo corroborato da una serie di fatti sperimentali.

L'esperimento di Michelson e Morley costituì un fattore di disturbo che andava controllato e chiarito nell'ambito dello stesso apparato teorico[82]. A sostegno del non riconoscimento di un ruolo cruciale per l'esperimento, si può anche ricordare che nel 1907 Michelson ottenne il premio Nobel, non per aver confutato le teorie dell'etere, bensì per le sue ricerche spettroscopiche e per i suoi strumenti ottici di precisione.

In conclusione, soltanto con uno sguardo all'indietro si può tutt'al più dire quale importanza o quale negatività un certo esperimento può rivestire per ciascuno degli apparati teorici con i quali è messo a confronto [83]