[1] v. Tagliaferri [1985] pp. 93-97; Herrnann [1972].

[[*]]Qui, come nell'elenco dei nomi a fine libro, un numero di pagina seguito da n indica un rimando alle note di quella pagina.

[1]Plank [1887].

[2] Helm [1887], [1898].

[3] Reichenbach [1961] p. 235.

[4] Mott Smith [1964] p. 59.

[5] Mayer [1842].

[6] Helmholtz [1883] pp. 255-261.

[7] Planck [1887] cap. 1deg..

[8] Ord-Hume [1980]

[9] Laudan [1968].

[10] su questo v. Cardwell [1971]; Mott-Smith [1964].

[11] Kuhn [1959] pp. 82-94; Grattan-Guinness [1984]; v. anche Norton Wise [1986] pp. 153-154.

[12] Kuhn [1959] pp. 94-104.

[13] Kuhn [1959] pp. 73-82.

[14] Kuhn [1959].

[15] Planck [1887] cap 2deg..

[16] Cassirer [l910].

[17] Einstein ed Infeld [1965] pp. 66-67.

[18] Weber [1848]

[19] Helmholtz [1870].

[20] Maxwell [1873].

[21] Poynting [1885].

[1] Una concisa rassegna di questa esposizione è contenuta nella conferenza dell'Autore, "L'analisi storica del principio dell'energia", riportata in appendice. La descrizione degli sviluppi avuti dall'energetica nelle epoche successive ai lavori fondamentali di Mayer, Joule ed Helmholtz non rientra negli scopi della presente ricerca. La storia più recente dell'energetica ha del resto trovato una esauriente rappresentazione in parecchi lavori sull'argomento (Helm, Planck e altri).

[1] Fragm. 1, ed. Diels: "Sempre era ciò che era e sempre sarà. Infatti se esso fosse nato, allora dovrebbe esserci necessariamente il nulla prima del nascere. Se invece non c'era nulla, allora in nessun modo dovrebbe nascere qualcosa dal nulla." [in greco nel testo].

[2] Fragm. 11, ed. Diels:

"Quegli immaturi! Certo non provengono da acuti pensieri i loro sforzi, poiché essi credono che ciò che prima non era possa nascere oppure che qualcosa possa morire ed estinguersi del tutto." [in greco nel testo]

Fragm. 12, ed. Diels: "Infatti è impossibile che da qualcosa che necessariamente non è possa nascere qualcosa ed altrettanto è inaudito ed impensabile che si estingua ciò che è."[in greco nel testo].

[3] Fragm. 17, ed. Diels: "Ma gli Elleni non hanno alcuna esatta opinione del nascere e del morire. Infatti nessuna cosa nasce o muore, bensì si mescola e si gepara di nuovo da cose esistenti. E pertanto essi, d'ora in poi, dovrebbero chiamare giustamente il nascere mescolanza ed il morire separazione."[in greco nel testo].

[4] Diogene Laerzio, De vitiJ, IX, 7, 44: "Nulla diviene dal non essere o nulla perisce nel non essere." [in greco nel testo]

Cfr. Marco Aurelio Antonino, Commentarii IV, 4: "niente infatti sorge dal nulla, così come niente si muta nel non essere." [in greco nel testo].

[5] Robert Mayer cita il principio, al quale fa sovente riferimento, nella forma: "Ex nihilo nil fit . Nil fit ad nihilum." ( Die organische Bewegung [Il moto organico], ed. Weyrauch, p. 47.)

[6] De rerum natura II,v.294:

"né quantità di materia fu mai più stipata

né più distanziata per maggiori intervalli:

infatti né alcunchè si accresce né indi si perde.

Per la qual cosa i corpi degli atomi che ora sono in moto,

nel medesimo erano in età anteriore

e dopo questa si comportano sempre in simile maniera,

...........................................................................

né alcuna forza può commutare la somma delle cose:

infatti in nessun dove può alcun genere di materia

sfuggire in qualche modo dall'immenso tutto,

né una nuova forza dovunque nata può irrompere nel tutto

e mutare tutta la natura delle cose e sovvertire il moto."

[in latino nel testo].

[1] Questo punto di vista è stato sostenuto in special modo da Aristotele. Ma esso si ritrova altresì presso gli Stoici, presso Plutarco, i Neoplatonici e molti altri. Cfr. il trattato dell'Autore: "Ästhetische und teleologische Gesichtspunkte in der antiken Physik" [Punti di vista estetici e teleologici nella fisica antica], c.l in Archiv für Geschichte der PhiloJophie, vol.XXII, 1908, pagg. 80-113.

[2 ]cfr. il trattato dell'A.: "Die Grundlagen der antiken Dynamik" [I fondamenti dell'antica dinamica], c.3, in Archiv für die Geschichte der Naturwissenschaften und der Technik, vol.I, 1908.

[3] cfr. E. Wohlwill: "Die Entdeckung des Beharrungsgesetzes" [La scoperta della legge di persistenza], in Zeitschrift für Völkerpsychologie, XIV, 1884, pagg. 365-410; XV, 1885, pagg. 70-135, 337-387.

[4] Discorsi e dimostrazioni matematiche, Dialogo terzo: " Dal che segue in pari modo anche il moto in orizzontale essere eterno: se infatti è uniforme esso non si indebolisce o diminuisce e tanto meno si accresce." [in latino nel testo]

[5] cfr. c.I Oss. 6.

[6] Animadversiones in decimum librum Diogenis Laërtii:

"De motu ipsarum rerum concretarum" (ed. III, Lugduni, [Lyon n.d.t.] 1675, vol. I) pag. 24: "osservo perlomeno, come la stessa forza nativa degli atomi, quando appunto le cose concrete cominciano ad entrare in quiete, non perisce, ma viene solamente impedita; né quando le cose cominciano a muoversi, essa nasce, ma solo acquista libertà: pertanto si può dire che tanto impeto perseveri costantemente nelle cose, quanto fu fin dall'inizio." [in latino nel testo].

[7] Principia philosophiae, II, 36: "E per quanto concerne il generale (la causa del moto, s'intende), mi appare evidente non essere altra che Dio stesso, il quale in principio creò la materia insieme col moto e la quiete ed ora per solo suo concorso di consuetudine conserva in essa tutto parimenti il moto e la quiete quanto anora ne pose. Infatti quantunque tale moto non sia altro che un aspetto della materia mossa: esso tuttavia ha una quantità certa e determinata, la quale comprendiamo facilmente possa essere sempre la medesima nella totale universalità delle cose, quantunque si muti nelle singole parti di essa. Così è lecito pensare, se una parte di materia si muove con celerità doppia di un'altra, e quest'altra è grande il doppio della prima, altrettanto moto sia nella minore quanto nella maggiore; così pure di quanto il moto dell'una parte diventa più lento, altrettanto il moto di qualche altra parte ad essa uguale diventa più celere. Comprendiamo anche la perfezione che è in Dio, non solo perché in se stesso sia immutabile, ma anche perché opera in modo massimamente costante ed immutabile.......Donde segue quanto sia massimamente conveniente alla ragione, che su questa base riteniamo che Dio muova diversamente le parti della materia, e come dapprima le ha create, ora conservi tutta questa materia, e chiaramente allo stesso modo e per la stessa ragione per cui dapprima creó, altrettanto conservi in essa anche quel moto." [in latino nel testo] Cfr. Princ. philos., II, 42 e III, 46.

[8] Principia philosophiae Cartesianae more geometrico demonstrata, parte II, prop.13: "la medesima quantità di moto e di quiete, che Dio impresse una volta alla materia, ancora adesso per opera sua conserva." [in latino nel testo]

[9] ib., parte II, prop.12: "Deus est causa principalis motus".

[10] ib., parte I, assioma l0: "non minore causa si richiede per conservare la cosa quanto per dapprima produrla." [in latino nel testo]

[11] ib., parte I, prop.20: "Da questa proposizione consegue che Dio sia massimamente costante nelle sue opere. [in latino nel testo].

[12] ib., parte II, prop.13: Dimostrazione: "Essendo Dio la causa del moto e della quiete (per propos.12); ancora adesso, con la stessa potenza con la quale li ha creati li conserva (per l'ssioma 10, parte I); ed invero in quella medesima quantità in cui li aveva dapprima creati (per corollario alla prop.20, parte I). C.V.D." [in latino nel testo]

[13] Tractatus de Deo et homine eiusque felicitate, parte I, cap. g. (Il testo è conservato solo in olandese.)

[14] The posthumous works of Robert Hooke (Londra 1705), p.171: "Io ritengo quindi che l'insieme dene cose reali, che in ogni modo afferiscono ai nostri sensi, siano materia e moto." [in inglese nel testo]

[15] ib., p.173: "Ci si può ancora domandare, cos'è la materia e cos'è il moto? A questo posso solo rispondere che essi sono ciò che sono; potenze create dall'Onnipotente per essere ciò che sono ed operare come esse fanno; le quali nel loro insieme non sono alterabili, sia per addizione che per sottrazione, da nessun'altra potenza se non dalla stessa che dapprima le ha fatte per essere ciò che sono." [in inglese nel testo]

[16] Toland, con ciò rinnovò un'idea le cui origini risalgono Agli inizi della filosofia della natura, ai sistemi ilozoistici di Talete, Anassimandro e Anassimene. Questa idea, che considera forza e materia come tutt'uno (cfr. il titolo della quinta lettera di Toland: Motion essential to matter ), stava invero nel più stridente contrasto con la dottrina dell'assoluta passività della materia, sostenuta in modo particolare da Cartesio ed alla quale si associarono anche Newton e Leibniz.

[17] Letters to Serena (Londra 1704), Lettera IV, c.16, p.159: "Ma come nella materia noi distinguiamo la quantità di particolari corpi e la estensione del tutto, di cui queste quantità non sono che diverse determinazioni, o modi, che esistono o periscono per loro cause diverse: così, per essere meglio compreso, io avrei chiamato azione questo moto dell'intero, e tutti i moti locali, sia rettilinei o circolari, veloci o lenti, semplici o composti, continuerei a chiamare moti, essendo essi solo le diverse mutevoli determinazioni dell'azione che è sempre nel tutto, ed in ogni parte dello stesso, e senza i quali il tutto non potrebbe ricevere alcuna modificazione." Lettera V, c.9, p.176: "Pertanto, come quelle particolari o limitate quantità, che chiamiamo questo o quel corpo, non sono che modificazioni diverse dell'estensione generale della materia in cui essi sono contenuti, la quale essi non accrescono né diminuiscono: così (per un adatto parallelismo) tutti i particolari o locali moti della materia non sono che determinazioni diverse della sua azione generale, diretti in questa o quella direzione, per questo o quel motivo, in questo o quel modo, senza conferire ad essa alcun aumento o diminuzione."[in inglese nel testo].

[18] Oeuvres de Delcartes, ed. Ch.Adam et P.Tannery (Parigi 1905), vol. V, pag. 385: "Domando: è vero o no che la mente umana, accesa di spirito, mentre in più col più attento e continuo pensare riscalda il corpo stesso, aumenta il moto dell'universo?" [in latino nel testo].

[19] Elements de philosophie de Newton, 1745 (Opere complete, Lyon, 1784, vol.31) c.10: "Dio ha formato degli animali ai quali ha dato una forza attiva con la quale essi fanno nascere il movimento." [in francese nel testo]

[20] Elementa physiologiae corporis humani, (Losanna 1762), tomo IV, pag. 557.

[21] Optice, sive de reflexionibus, refractionibus, inflexionibus et coloribus, lib.III, Quaestio 30, (Londra, 1740), pag. 323:

"Invero, per la tenacità dei corpi fluidi, per l'attrito delle loro parti, per la debolezza della forza elastica nei corpi solidi, la natura delle cose tende sempre molto di più verso quella parte dove il moto perisce anziché nasce. E pertanto esso diminuisce in perpetuo. Infatti, corpi che sono o tanto perfettamente duri, o tanto chiaramente molli da avere forza elastica nulla, non rimbalzano in ugual modo l'uno rispetto all'altro..... Pertanto siccome tutti quei vari moti che si osservano nel mondo, diminuiscono tutti quanti in perpetuo; è senza dubbio necessario, affinché essi possano conservarsi e ricrescere, che ricorriamo ad altri principi attivi, quali ad esempio sono: la causa della gravità, per la quale i pianeti e le comete conservano i loro moti in circoli perpetui, e tutti i corpi cadendo acquistano un grande moto; e la causa della fermentazione, per la quale il cuore ed il sangue degli animali si alimentano di moto e calore perpetuo, le parti più interne della terra si riscaldano ed in nessun luogo si arroventano, moltissimi corpi ardono e splendono, i monti prendono fuoco, le caverne della terra si fendono per urti improvvisi, ed il sole è anch'esso in perpetuo intensamente incandescente e risplende e colla sua luce tutto riscalda e rinvigorisce." [in latino nel testo].

[22] Sotto un certo aspetto concordano con la polemica di Newton anche le obiezioni, trattate in modo molto poco scientifico, che Glisson avanzò contro il principio cartesiano (Tractatus de natura substantiae energetica seu de vita naturae, Londra 1672, c.24, 14.

[23] Doutes sur la mésure des forces motrices et sur leur natue, 1741, (Oeuvres complètes 1784, vol.31) II,7: "I filosofi che hanno detto che la permanenza della quantità delle forze è una bellezza necessaria in natura, avrebbero forse più ragione se dicessero che la medesima quantità di specie, d'individui, di figure etc., è una bellezza necessaria?"[in francese nel testo].

[24] Optice (Londra, 1740), pag. 322: "Infatti dalle varie composizioni di due moti è evidente che al mondo non c'è sempre moto nella medesirna quantità. Imperocché se due sfere, congiunte da una sottile verghetta, ruotano di moto uniforme attorno al loro centro comune, mentre esso centro si sposta con moto uniforme in linea retta, condotta nel piano dello stesso moto circolare; in tal modo la somma dei moti di quelle due sfere, ogni volta che essi saranno in linea retta descritta dal loro comune centro di gravità, sarà maggiore della somma di quegli stessi moti allorché essi saranno su una linea perpendicolare a quella retta. Dal quale esempio appare senza dubbio che il moto possa nascere e perire." [in latino nel testo].

[25] Dynamica, parte II, sez.I, pag. 440 (ed. Gerhardt): Proposizione 8: "Nell'universo esiste sempre la medesima potenza. Infatti i corpi dell'universo non possono comunicare con altri corpi. Pertanto l'universo è un sistema di corpi non comunicanti con altri e pertanto (per quanto precede) ha sempre la medesima potenza." [in latino nel testo].

[26] Ciò è di per sè evidente nel carattere metafisico del principio dell'uguaglianza tra causa ed effetto, sul quale, nella Dinamica, appare fondata la legge ddla conservazione. Cfr. c.V, Oss.6.

[27] Essay de Dynamique, pag. 219 (ed. Gerhardt). "Se mai la forza viva potesse aumentare, si avrebbe l'effetto più potente della causa, ovvero il moto meccanico perpetuo, vale a dire che potrebbe riprodurre la propria causa e qualcosa in più, il che è assurdo. Ma se la forza potesse diminuire, essa, alla fine perirebbe del tutto, inquantoché, non potendo mai aumentare e potendo pertanto diminuire, essa andrebbe sempre più in decadenza, il che è, senza dubbio, contrario all'ordine delle cose." [in francese nel testo].

[28] Cosmologia generalis, [[section]] 487: "In tutto l'universo si conserva sempre la medesima quantità di forze vive. Infatti proprio nei corpi elastici si conserva per urto la medesima quantità di forze ([[section]] 480). E se taluna, nell'urto in corpi non elastici, va perduta, quella non perisce ma si conserva in altra materia ([[section]] 486). Per la qual cosa, siccome nel corpo nessuna forza viva perisce se non per urto, né si origina né varia se non per urto ([[section]] 484), in tutto l'universo c'è complessivamente la medesima quantità di forze vive."[in latino nel testo] Circa la "trasformazione della forza in altra materia" (per urto anelastico) cfr. c.VII, Oss. 1-8.

[29] ib., [[section]] 485, Osservazione: "Poiché in psicologia ed altre parti della filosofia la conservazione delle forze vive conduce a verità di difficile dimostrazione, spende minimamente tempo e fatica chi propende a concepire la stessa come evidente." [in latino nel testo].

[30] Institutions physiques de Madame la Marquise du Chastellet, adresées à Mr. son Fils (Amsterdam, 1742, alla conclusione dell'opera): "si trova che benché il movimento varii ad ogni istante nell'universo, la medesima quantità di forza viva si conserva sempre, giacché la forza non si distrugge affatto senza un effetto che la distrugga, e questo effetto non può essere che lo stesso grado di forza comunicato ad un altro corpo.... Quanto a ciò che avviene entro corpi incapaci di restituzione, è questo uno di quei casi in cui non è agevole seguire la forza viva, perché essa è stata consumata a spostare le parti dei corpi, a superare la loro coesione, a rompere la loro intelaiatura, a tendere forse delle molle che sono fra le loro parti, ed a chissà cosa altro? Ma ciò che è certo è che la forza non perisce affatto, essa può invero sembrare perduta, ma la si ritroverebbe sempre negli effetti che essa ha prodotto, se questi effetti si potessero sempre percepire."[in francese nel testo].

[31] De vera notione virium vivarum (Acta erud. Lips., 1735; Opera omnia, CXLV), c.3: "Da qui appare evidente che la forza viva (che in modo più adatto sarebbe da chiamare 'facoltà d'agire', in francese 'le pouvoir') sarebbe qualcosa di reale e sostanziale che esiste di per sè e quanto è in essa non dipende da altro. Onde concludiamo, qualsiasi forza viva ha una sua determinata quantità, della quale niente può perire che non si possa ritrovare in un effetto manifesto. Da qui deriva spontaneamente che la forza viva sempre si conserva; al punto che quella che prima dell'azione risiedeva in uno o più corpi, ora, dopo l'azione, si ritroverà in altro o altri più corpi, se non sarà rimasto qualcosa nei primi. Appunto questo è ciò che chiamiamo 'conservazione delle forze vive'."[in latino nel testo].

[32] Essai de Cosmologie (Lyon, 1768), pag. 41: "Ma la conservazione della quantità del movimento non è vera che in certi casi. La conservazione della forza viva non ha luogo che per certi corpi. Né l'uno né l'altro possono dunque passare per un principio universale, nemmeno per un risultato generale della legge del movimento." [in francese nel testo].

[33] Traitè de Dynamique (Parigi, 1758), prefazione, pag. XXX: "Coloro che l'imitassero (riferito a Leibniz e ai suoi seguaci, che imitavano Cartesio) correrebbero il rischio d'ingannarsi come lui, oppure di assumere come principio generale ciò che non sarebbe valido che in certi casi, o infine di considerare come una legge originaria della natura ciò che non è altro che una congeguenza puramente matematica di qualche formula." [in francese nel testo].

[34] Cfr. c.I, 0ss.4 e c.V, Oss.l9.

[35] "On the calorific effects of magneto-electricity, and on the nechanical value of heat", in PhiloJophical Magazine, (3), 23, 1843, pag. 442: "Io non perderò tempo a ripetere ed estendere questi esperimenti, essendo soddisfatto che i grandi agenti della natura sono, per il fiato del Creatore, indistruttibili; e che ovunque venga spesa forza meccanica si ottiene sempre un esatto equivalente di calore." [in inglese nel testo].

[36] Cfr. c.IV, Oss. 23 e 24.

[37] On the changes of temperature produced by the rarefaction and condensation of air", in Phil. Mag., (3), 26, 1845, pag. 382: "Ritenendo che il potere di distruggere spetti solo al Creatore, concordo interamente con Roget e Faraday nell'opinione che qualunque teoria, la quale nel suo sviluppo richiede l'annientamento della forza, è necessariamente erronea." [in inglese nel testo].

[38] "On the history of the principle of the conservation of energy", in Philosophical Magazine, (4), 27, 1864, pagg. 56-64: "La prima idea che ho formulato sulla relazione tra le forze della natura fu la seguente. Essendo le forze della natura qualcosa di spirituale ed immateriale, entità delle quali noi siamo a conoscenza solo attraverso il loro dominio sulla natura, queste entità devono naturalmente essere molto superiori a qualsiasi cosa materiale nel mondo; ed è ovvio che è solamente tramite esse che la saggezza che percepiamo ed ammiriamo nella natura esprime se stessa, queste potenze devono essere evidentemente in relazione con quella stessa potenza spirituale, immateriale ed intellettuale che guida la natura nel suo progresso; ma se le cose stanno così, è di conseguenza del tutto impossibile immaginare queste forze come alcunché di naturalmente mortale o perituro. Di certo, perciò, le forze dovrebbero essere considerate come assolutamente imperiture." [inglese nel testo].

[1] Cfr. Leibniz, "De causa gravitatis, et defensio sententiae autoris de veris naturae legibus contra Cartesianos", in Act.erud. Lips. 1690; Scritti matematici, sez.2, ed. Gerhardt, No. X.

[2] Cfr. c.II, Oss. 6.

[3] De vi percussionis (Bonn, 1667), p. 135: "Se veramente è considerata azione quella che è chiamata la vera distruzione del moto certamente in essa nullA del tutto va distrutto, ma solamente viene impresso un moto contrario, cosicché nel seguito due impulsi e moti attivi e perseveranti nel medesimo soggetto generiuo l'apparenza della quiete, e così sembrino entrambi distrutti, quantunque non sembri improbabile che l'uno e l'altro siano attivi ed esistenti in natura, ed universalmente ogni volta che si osserva che un qualche corpo dopo il suo moto va in quiete, Allora è da dirsi che ad esso sia stato impresso, insieme, da un ostacolo, o impedimento, un impulso contrario, del tutto uguale a quello con cui prima si spostava. [in latino nd testo]

[4] Magari attraverso l'ipotesi che all'atto della sovrapposizione il quadrato della velocità presente si riduca alla metà.

[5] Dynamica, parte II, sez.I, p. 435 (ed Gerhardt, Halle 1860): "Definizione 1'attivo, o dotato di potenza, è il soggetto (ovvero, lo stato delle cose) dal quale segue la variazione di certi corpi qualunque posti inerti o perché tali sono, dai quali non possa di per sè conseguire alcuna mutazione." [in latino nel testo]

[6] Essay de Dynamique, p. 219: "E la forza viva assoluta, o ciò che si stima per l'effetto violento che essa può produrre, che si conserva". [in francese nel testo]

[7] Cfr. Brevis demonstratio erroris memorabilis Cartesii, p. 121 e sgg.

[8] Dynam., p. 435: "Tanto un grave sospeso, quanto una cosa elastica tesa, sono corpi che hanno potenza di agire." [in latino nel testo]

[9] Hydrodynamica X, 39. "Una cosa rimane da non trascurare, per la quale i fluidi elastici differiscono dai non elastici, ciò per l'appunto, perché in un fluido elastico oppure in quiete sarebbe insita una 'forza viva', non perché a guisa del moto di altri corpi possa elevarsi ad una certa altezza, e qui non consideriamo il moto locale in esso, ma perché da parte sua sarebbe in grado di generare una tale ascesa in altri corpi gravi. Sarà anche lecito, come spero, in seguito far uso del vocabolo 'forza viva insita in corpo elastico compresso', quando non si intenda altro che 'potenziale di salita' che un corpo elastico può comunicare ad altri corpi prima che esso abbia perduta tutta la sua forza elastica." [in latino nel testo]

[10] Cfr. c.VII, Oss. 10.

[11 ]Principes fondamentaux de l'équilibre et du mouvement (Parigi 1803), [[section]] 59, p. 37: " Abbiamo appena visto che la forza viva può presentarsi sotto la forma Mv2 d'una massa per il quadrato d'una velocità, oppure sotto la forma PH di una forza motrice per una linea. Nel primo caso è la forza viva propriamente detta; nel secondo le si potrebbe dare la denominazione particolare di forza viva latente." [in francese nel testo]

[12] Cfr. c.VIII.

[1] Cfr. P. Duhem, Les origines de la statique, Parigi, 1905, vol.I, cap. IV.

[2] il trattato dell'A.:Die Grundlagen der antiken Dynamik [I fondamenti dell'antica Dinamica], in Archiv Für die Geschichte der Naturwissenxchaften und der Technik, I, 1908.

[3] Questa opinione è sostenuta particolarmente da Ernst Mach nel suo trattato: Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit [La storia e le radici del principio di conservazione del lavoro] (Praga, 1872), pagg.5-7, Cfr. tuttavia anche Mach, Die Mechanik in ihrer Entwicklung [La Meccanica nel suo sviluppo], 4a ediz., pag.534.

[4] Mathematica hypomnemata de geometriae praxi, tomo IV, Staticae lib.I, teor. 11, prop. 19: "e le medesime sfere producano da sè un moto eterno, il che è falso." [in latino nel testo].

[5] Staticae, lib.IV, teor. l, prop. 1: "quest'acqua determini un moto perpetuo che sarebbe assurdo." [in latino nel testo]

[6] Salvo eventuali brevi interruzioni, come nell'esempio di Stevin nella teoria del piano inclinato.

[7] Come noto, Stevin fa uso di questo principio per derivare la legge del piano inclinato, come pure il teorema che in un fluido ogni particella mantenga la propria posizione nonostante l'influsso della gravità. Infattì il fluido, entro il quale un movimento sarebbe possibile solo attraverso uno scambio di posto fra le particelle, il quale tuttavia non comporterebbe alcuna variazione delle IV. L'impossibilità di un perpetuum mobile condizioni preesistenti, rappresenta in ugual modo un sistema indicato in precedenza, quale una catena di sfere chiusa che si può immaginare avvolta attorno al triangolo rettangolo formato dal piano inclinato con la base orizzontale. Poiché la parte inferiore della catena è di per sè in equilibrio, ne consegue, secondo Stevin, che sul piano inclinato la forza sta in rapporto al peso come l'altezza del piano alla sua lunghezza. (Mathematica hypomnemata, tomo IVf Staticae, lib.I, teor.ll, prop. 19; lib.IV, teor.l, prop. I ) .

[8] Cfr. c.VIII, Oss.6.

[9] Horologium oscillatorium, parte IV, ipotesi I: "Invero perché proprio questa nostra ipotesi non sollevi scrupoli, precisiamo che essa non vuole dire altro che, cosa che nessuno ha mai negato, i gravi certamente non si slanciano verso l'alto da se stessi o spontanemente. [In latino nel testo]

[10]Horologium oscillatorium, parte IV, ipotesi I: "E sensatamente, se la medesima sapessero usare i macchinatori di nuove opere, i quali con inutile sforzo si dan da fare per il moto perpetuo, essi scoprirebbero facilmente i loro errori e capirebbero che quella cosa non è affatto possibile in maniera meccanica." [in latino nel testo]

[11] Dynamica, Spec. Praelim., p. 289 (ed. Gerhardt): "Assioma: non è dato il moto perpetuo meccanico." [in latino nel testo]

[12] Cfr- c.V, Oss.l e 4.

[13] Cfr. Illustratio ulterior obiectionil contra Cartesianam legem naturae (Scritti Matem., sez.2a, no.V ed. Gerhardt), p. 125.

[14] Lecons de physique, (Parigi, 1749), vol.I, p. 256: "per muoversi in perpetuo occorrerebbe che esso prendesse ad ogni istante delle nuove forze, per recuperare quelle che perde; il che è contrario alla prima legge del moto, la quale vuole che un mobile conservi costantemente lo stato che gli si è fatto prendere, se questo stato non è cambiato per una nuova causa." [in francese nel testo]

[15] Lettere, (vol.2 dell'edizione completa, Lyon, 1768), XXII (Sur le mouvement perpétuel ), p. 361: "La questione del moto perpetuo si riduce dunque a sapere se si può prolungare all'infinito la durata del moto, tramite l'alternanza di discesa ed ascensione dei corpi, oppure per l'urto di corpi che s'incontrano con altri, oppure per gravità o per inerzia." [in francese nel testo].

[16] ib., p. 364: "Se dunque, innanzitutto qui apparisse che in questo modo si possa sperare in un movimento perpetuo, occorrerebbe per ciò: 1deg. che i corpi impiegati nella macchina fossero perfettamente elastici; e dove trovare corpi siffatti? 2deg. Occorrerebbe inoltre che tutti questi moti si effettuassero in un vuoto perfetto, essendo tutta la forza comunicata all'aria dalle parti della macchina che si urtano come perduta per essa." [in francese nel testo]

[17] Cfr. Henry Dircks, Perpetuum mobile, or tearch for selfmotive power, during the 17th, 18th and l9th centuries, Londra, 1861.

18 Histoire de l'académie royale des sciences, 1775, p. 61: "L'accademia ha preso quest'anno la decisione di non esaminare più alcuna soluzione di problemi della duplicazione del cubo, della trisezione dell'angolo o della quadratura del cerchio, né alcuna macchina annunciata come un morimento perpetuo." [in francese nel testo]

[19] ib., p. 65: "La costruzione di un movimento perpetuo è assolutamente impossibile: quand'anche l'attrito e la resistenza del mezzo non distruggessero affatto, alla lunga, l'effetto della forza motrice, questa forza non può produrre che un effetto uguale alla sua causa; se dunque si vuole che l'effetto di una forza finita duri sempre, occorre che questo effetto sia infinitamente piccolo in un tempo finito. Facendo astrazione dall'attrito e dalla resistenza, un corpo al quale sia stato impresso una volta un movimento lo conserverebbe sempre; ma solo non agendo affatto su altri corpi, ed il solo moto perpetuo possibile in questa ipotesi (che d'altronde non può aver luogo in natura), sarebbe assolutamente inutile per gli scopi che si propongono i costruttori di [macchine per i] moti perpetui." [in francese nel testo]

[20] Réflexions xur la puissance motrice du feu, Parigi, 1878, p. 12: "Ci sarebbe non solamente il moto perpetuo, ma una creazione indefinita di forza motrice senza consumo né di calore né di qualsiasi altro agente. Una simile creazione è del tutto contraria alle idee ammesse fin qui, alle leggi della meccanica e della sana fisica; essa è inammissibile. Si deve dunque concludere che il massimo di potenza motrice risultante dall'impiego del vapore è anche il massimo di potenza motrice realizzabile con qualsiasi altro mezzo." [in francese nel testo]

[21] Del timore di estendere il principio dell'esclusione del per petuum rnobile all'intero campo della fisica, è pure caratteristica un'altra affermazione di Carnot: egli considera come degna di nota l'obiezione, contro le sue osservazioni, che un moto perpetuo, la cui impossibilità per eventi puramente meccanici è, a dire il vero, dimostrata, sarebbe forse possibile sotto l'influsso del calore o dell'elettricità. Perciò ritiene necessario far presente che anche i fenomeni termici ed elettrici sarebbero, in fondo, solo movimenti. (Réflexions, p. 12, Oss.: "Forse qui si obietterà che il moto perpetuo, dimostrato impossibile per le sole azioni meccaniche, potrebbe non esserlo allorché s'impieghi l'influenza sia del calore, sia dell'elettricità..." [in francese nel testo] Circa la differenza tra un 'perpetuum mobile mechanicum' ed un 'perpetuum mobile physicum' si veda un articolo di Muncke nel Dizionario di Fisica di Gehler, vol.VII, pagg.408-423 (Nuova edizione, Lipsia 1913).

[22] Che sia del tutto inammissibile scorgere nella pila di Volta un apparato per la produzione di un moto perpetuo, era già nell'opinione di Sadi Carnot. Egli facera notare che le pile a secco, quando venissero richieste di più robuste prestazioni, presentavano un rendimento notevolmente ridotto (Réflexons, p. 12, Oss.: "Si è talvolta considerato l'apparecchio elettromotore (la pila del Volta) come capace di produrre il moto perpetuo; si è cercato di realizzare questa idea costruendo delle pile secche, pretese come inalterabili, ma, comunque si sia potuto fare, l'apparecchio ha sempre dimostrato sensibili deterioramenti allorché la sua azione è stata sostenuta per un certo tempo con una certa energia." [in francese nel testo]

[23] "Treeatise on Galvanism" in Library of useful knowledge, (Londra, 1829), c.5, [[section]] 113: "Se potesse esistere una potenza avente le proprietà che l'ipotesi le attribuisce, precisamente quella di dare continui impulsi ad un fluido in una direzione costante, senza essere esaurita dalla sua propria azione, essa differirebbe essenzialmente da tutte le altre potenze conosciute in natura. Tutte le potenze e sorgenti di moto, del cui operare noi siamo a conoscenza, nel produrre i loro specifici effetti, presentano un dispendio nella stessa proporzione in cui tali effetti vengono prodotti; e da qui sorge l'impossibilità di ottenere dalla loro azione un effetto perpetuo; in altre parole, un moto perpetuo." [in inglese nel testo]

[24] ''Experimental researches in electricity", serie XVII, pgf.2071, in Philosophical Transactions, vol.130, 1840, p. 126: "La teoria del contatto assume, infatti, che una forza che sia in grado di superare una potente resistenza, come per esempio quella dei conduttori, buoni o cattivi, attraverso i quali la corrente passa, ed anche quella dell'azione elettrolitica, dove i corpi vengono decomposti da essa, può sorgere dal nulla. Che, senza una qualsiasi variazione nella materia attiva o la consunzione di una qualsiasi forza generatrice, possa prodursi una corrente la quale procede per sempre contro una costante resistenza....Ciò sarebbe infatti una creazione di potenza, e non assomiglierebbe a nessun'altra forza in natura." [in inglese nel testo]

[25] Mayer, Scritti minori e lettere, edito da von J.J.Weyrauch, Stoccarda, 1893, VII, 3 (Lettera a Griesinger del 5 e 6.XII.1842): "Una prova che, soggettivamente per me, dimostra l'assoluta verità delle mie tesi, è una [prova] per assurdo: è infatti una tesi generalmente ammessa nella scienza, che sia teoricamente impossibile la costruzione di un mobile perpetuo... Ma le mie affermazioni possono essere considerate come pure conseguenze da questo principio d'impossibilità; se mi si nega una delle mie tesi, allora io costruisco subito un mobile perpetuo". [in tedesco nel testo]

[26] Über die Erhaltung der Kraft [Sulla conservazione della forza] (OstwaldJ Klassiker der exakten Wissenschaften, No.l) p. 7

[27] Cfr. c.VII, Oss. 88.

[1] Dynamica, parte II, sez.I, p. 437 (ed. Gerhardt): Assioma e Definizione 3: "L'intero effetto equivale alla causa piena, e perciò non si produce moto meccanico perpetuo, ossia una causa non può produrre un effetto attivo il quale possa più della stessa causa, ma neanche un intero effetto il quale possa meno della causa stessa." [in latino nel testo]

[2] ib., p. 435: Definizione 2: "Pertanto se da una causa non possa conseguire un altro effetto in più e contemporaneo, la causa sarà piena e l'effetto intero." [in latino nel testo]

[3] ib., p. 437: "Ed è la quantità di potenza nel soggetto, la cui misura è la quantità di un altro soggetto attivo determinato, la quale è insita nello stesso soggetto di prima avente la potenza, o nella sua causa piena o nell'intero effetto." [in latino nel testo]

[4] ib., p. 438: Proposizione terza: "Non può accadere, che da una causa si origini un effetto il quale contenga un gemello attivo della causa e qualcos'altro attivo in più...L'effetto attivo non può essere più potente della causa...La stessa cosa quindi vale per il moto perpetuo meccanico, il quale effetto consisterebbe in un eccesso di potenza al di sopra della potenza della causa." [in latino nel testo]

[5] ib., p. 437: "(Una causa non può produrre un effetto intero che sia meno potente della causa stessa). Infatti anche se parte della potenza fosse assorbita da impedimenti, essa non sarebbe tuttavia distrutta, ma trasferita negli impedimenti, i quali vengono contati nell'effetto intero." [in latino nel testo]

[6] ib., p. 437: "Che l'effetto intero equivalga alla causa piena è proposizione della più sublime metafisica, la quale non si esaurisce in nudi vocaboli ma tratta le [proprietà n.d.t.] universali delle cose." [in latino nel testo]

[7] Cfr. c.VII, Oss.l.

[8] Cfr. c.VIII, Oss.6.

[9] Dynamica, p. 440: Proposizione 6: "Nulla importa, che per l'intensità della potenza un qualsiasi effetto intero sia mediato o immediato." [in latino nel testo]

[10] ib., p. 440: "Si abbia una causa A ed un effetto in B immediato, ed ancora mediante B un effetto mediato C, cosicché B sia effetto per A e causa per C. Poiché A è una potenza esattamente uguale a B, e B allo stesso C (per assioma), anche A sarà equivalente proprio a C." [in latino nel testo]

[11] ib., p. 440: "Effetto intero immediato è quello prodotto dalla Causa stessa, ossia che, da nessun'altra azione se non la causa, sorge dalla causa, e dal momento che tutto esiste contemporaneamente, esiste in ogni caso in quello stesso momento in cui la causa consumò la sua potenza, ossia smise di poter agire." [il latino nel testo]

[12] ib., p. 440: "Ed invero, oppure per questo, è necessario che, l'effetto sia uguale alla causa, poiché altrimenti, ad opera di diversi intermediari, da una medesima potrebbero originarsi cose disuguali, e non potrebbe essere certa la misura delle potenze." [in latino nel testo]

[13] ib., p. 439: Proposizione 4: "Se l'intero effetto sia simile alla causa, esso sarà gemello della medesima." [in latino nel testo]

[14] ib., p. 439: Proposizione 5: "L'effetto intero può riprodurre la causa piena o un di lei gemello." [in latino nel testo]

[15] Un caso particolare del principio dell'uguaglianza tra causa ed effetto è rappresentato anche dal terzo assioma del moto, di Newton, che insegna l'uguaglianza dell'azione e reazione. un'appendice Newton ha espresso l'opinione che questo assioma possa valere anche per il moto in mezzi resistenti, se si misura e la reazione del mezzo resistente attraverso la velocità delle singole sue particelle e le forze della resistenza, le quali deriverebbero dall'attrito, dalla coesione, dal peso e dall'accelerazione. (Philosophíae naturalis principia mathematica, Ginevra, 1739, p. 60.) Conclusione del paragrafo "Leges motus":

"Infatti se si stima l'azione dell'agente dalla sua forza e velocità congiuntamente, e similmente la rezione del resistente viene congiuntamente stimata dalle velocità delle sue singole parti e dalle forze di resistenza originate dall'attrito fra loro, dalla coesione, dal peso e dall'accelerazione, l'azione e la reazione, in qualsiasi uso di strumenti, saranno sempre fra loro uguali."

[in latino nel testo]. Il prof. Gutrie Tait considera perciò come un dovere di "patriottismo scientifico" (scientific patriotism) attribuire a Newton l'effettiva scoperta del principio dell'energia, che egli avrebbe espresso in "forma differenziale" (Tait, "On the conservation of energy", in Philosophical Magazine, (4), 25, 1863, pagg.429-443).

[16] Discours sur les loix de la communication du mouvement (Opera omnia, Ginevra, 1742, CXXXV), cap. 10, [[section]] 1: "In effetti tutti considerano come un assioma incontestabile che ogni causa efficiente non possn perire, nè in tutto nè in parte, senza produrre un effetto uguale alla sua perdita." [in francese nel testo]

[17] ib., cap. 5, [[section]] 3: "così la forza viva, prodotta in un corpo in un tempo finito, ad opera di una pressione non trattenuta da alcun ostacolo, è qualcosa di reale; essa è equivalente a quella parte di causa che si è consumata nel produrla, poiché ogni causa efficiente deve essere uguale al suo effetto pienamente realizzato." [in francese nel testo]

[18] Anche nel campo della termologia, il principio di uguaglianza trovò un'interessante applicazione. L'apparente e tuttavia vistosa contraddizione intercorrente tra il principio ed il fatto che da uua piccola scintilla può scaturire un grande incendio, spinse nell'anno 1738 l'Accademia di Parigi a bandire un tema a premio sulla natura e propagazione del calore (De la nature et de la propagation du feu). Eulero, il cui lavoro fu insignito col primo premio, cercò di eliminare la contraddizione attraverso una complicata teoria che concepiva il calore in modo del tutto materiale. Un punto di vista analogo fu sostenuto da Voltaire e dalla Marchesa du Châtelet, i quali avevano pure preso parte al concorso. Cfr. Nollet, Leçons de physique expérimentale, Parigi, 1749, tomo IV, p. 188.

[19] Bemerkungen über die Krafte in der unbelebten Natur [Osservazioni sulle forze nella natura inanimata] (p. 28, ed. Weyrauch):"Le forze sono cause, con ciò trova su di esse piena applicazione il principio: causa aequat effectum.

Se la causa c ha l'effetto e, allora è c = e; se e, a sua volta, è causa di un altro effetto f, allora e = f, e così via c = e = f... = c. In una catena di cause ed effetti un membro, od una parte di esso, come risulta chiaro dalla natura di un'equazione, non può mai diventare zero. Questa prima proprietà di tutte le cause la chiamiamo indistruttibilità. Se una data causa c ha provocato un effetto e ad essa uguale, allora c ha smesso di esistere; c è diventato e; se dopo la generazione di e ci fosse un residuo, totale o parziale, di c, allora a questa causa residua dovrebbe corrispondere ancora un ulteriore effetto, ossia risultare un effetto di c > e, contro il presupposto c = e. Per cui, dal momento che c si trasforma in e, e in f, ecc., dobbiamo considerare queste grandezze come diverse manifestazioni di uno e medesimo oggetto. L'idoneità ad assumere diverse forme è la seconda proprietà essenziale di tutte le cause. Compendiando le due proprietà diciamo: le cause sono oggetti (quantitativamente) indistruttibili e (qualitativamente) trasformabili.

[1] Cfr.Erone, Katoptrik, c.3.

[2] Traité de la lumière (Leida, 1690), c.l: "nella vera filosofia si conoscono le cause di tutti gli effetti attraverso i ragionamenti della mcccanica. Ciò occorre fare a mio avviso, oppure rinunciare ad ogni speranza di capire mai nulla nella fisica." [in francese nel testo]

[3] Cfr. Thomas Young, A Course of lectures on natural philosophy (Londra 1807), vol.II, p. 541-545.

[4] Che l'attrazione magnetica ed elettrica avvengano secondo la stessa legge universale di attrazione delle masse, e stato dimostrato per la prima volta da Coulomb nell'anno 1788 (cfr. le Memorie dell'Accademia di Parigi 1785-1789). La teoria del potenziale fu fondata da Green nell'anno 1828 (An essay on the application of mathematical analysis to the theories of electricity and magnetism, Nottingham 1828). Nell'anno 1839 apparve il famoso trattato di Gauss: Allgemeine Lehrsätze in Beziehung auf die im verkehrten Verhätnis des Quadrates der Entfernung wirkenden Anziehungs- und Abstossungskräfte [Teoremi generali relativi alle forze attrattive e repulsive agenti in rapporto inverso al quadrato della distanza] (Werke [Opere], vol.V, p. 195 e segg.).

[5] Il primo a correlare i valori magnetici a lunghezza, tempo e massa fu Gauss. Nell'anno 1832 apparve il suo lavoro: Intensitas vis magneticae terrestris ad mensuram absolutam revocata (Werke [Opere], vol.V, pp. 79-118).

[6] Lucrezio, De rerum natura II, 179-209.

[7] Lucrezio, De rer. nat. IV. Circa le teorie ottiche di Democrito, Epicuro e Lucrezio si veda il trattato dell'Autore "Antike Lìchttheorien" [Antiche teorie della luce] (in Archiv für Geschichte der Philosophie, XXI 1907, pp. 345-386).

[8] Lucrezio, De rer. nat. VI, 896-1076.

[9] Hobbes, in antitesi con gli Atomisti, ipotizzava una frazionabilità illimitata della materia e con ciò contestava anche l'esistenza di spazi vuoti.

[10] Leviathan, parte I, c.l: "E' questa apparenza o fantasia è ciò che gli uomini chiamano senso; e consiste per l'occhio in una luce o figura colorata, per l'orecchio in un suono, per il naso in un odore, per lingua e palato in un sapore, e per il resto del corpo in caldo, freddo, durezza, sofficità ed altre simili qualità che noi distinguiamo sensorialmente. Tutte queste qualità, dette sensoriali, sono nell'oggetto che le produce, se non per i diversi movimenti della materia con i quali esso preme diversamente i nostri organi." [in inglese nel testo]

[11] Principia philosophiae, II, 23; III, pp. 46-52.

[12] ib.,III, 64, 68.

[13] ib.,IV, 28-31.

[14] ib., IV, 20-25

[15] ib., IV, 133.

[16] Lettres à une princesse d'Allemagne sur quelques sujets de physique et de philosophie, (Pietroburgo, 1768-1772), No.78. Cfr. Einleitung zur Naturlehre [Introduzione alla scienza della natura] (Opere postume, Pietroburgo, 1862, vol.II, p. 449-560), c. 14 e l9

[17 Le]ttres, N. 139.

18 A seconda che sia maggiore l'elasticità dell'etere racchiuso o di quello circostante, il corpo appare, secondo Eulero, caricato positivamente o negativamente (Lettres, no.142).

[19 Le]ttres, N. l9. 20 Eulero ritenne, invero, necessario introdurre nel suo sistema di fisica, accanto alla materia ponderabile ed all'etere, altre due sostanze: la sostanza calore, come pure un fluido magnetico che dovrebbe essere ancor più sottile dell'etere ed attraversare i piccoli interstizi dei magneti che fossero impermeabili per l'etere stesso.

[21] Philosophiae naturalit theoria, redacta ad unicam legem virium in natura existentium (Vienna, 1759), c.9-10.

[22] ib., c.509-510.

[23] ib., c.466-497.

[24] ib., c.504-505.

[25] ib., c.506-508.

[26] Metaphysilc he Anfangsgründe der Naturwissenschaft zweites Hauptstück, Dynamik. [Primi elementi metafisici di scienze naturali, seconda parte principale, Dinamica.]

[27] Il manoscritto di questo abbozzo è stato finora pubblicato, solo parzialmente, da Rudolf Reicke in Altpreussische Monatsschrift [Antica Rivista Mensile prussiana] (Vol. XIX-XXI, anni 1882- 1884).

[28] Altpreussische Monatsschrift, vol.XX, p. 102.

[29] ib., XIX, p. 123, e in molti altri punti.

[30] ib., XIX, p. 93

[31] ib., XX, p. 357 e segg..

[32] ib., XX, p. 353 e segg..

[33] ib., XX, p. 349.

[34] Già nella sua dissertazione di laurea, De igne, Kant aveva identificato la sostanza calore con l'etere (Kants kleinere Schriften zur Naturlehre, [Scritti minori di Kant sulla scienza naturale], editi da Kirchmann, seconda sezione, p. 279).

[35] Altpreussuche Monatsschrift, XX, p. 359: "Ove luce e calore non dovrebbero essere considerate come due materie di specie diversa, bensì le due supreme modificazioni di un'unica materia (l'etere)." Ib., XX, p. 351: "Questo etere in quanto materia elastica, in moto su linee rette, si chiamerebbe sostanza luce, ma, se assorbito dai corpi li estende in tutte le tre dimensioni, si chiamerebbe sostanza calore." [in tedesco nel testo]

[36] Cfr. c.VI, Oss.61.

[37] Allgemeine Metaphysik nebst den Anfängen der philosophischen Naturlehre [Metafisica generale unitamente agli inizi della scienza naturale filosofica] (vol.4 dell'edizione completa di Hartenstein, Lipsia, 1850-1852), [[section]] 400-412.

[38] ib., [[section]] 409- 411.

[39] ib., [[section]] 413-420.

[40] Le teorie che assumevano solo movimenti di certe sostanze imponderabili, come ad es., la sostanza calore od un fluido di altro genere, non vengono qui prese in considerazione, in quanto esse non evidenziano alcune identità bensì solo un'anaologia con gli eventi meccanici.

[41] Vitruvio, De architectura, V, c.3, 6: "Anche la voce è un alito fluente, e per urto dell'aria [è] sensibile all'udito. Essa si muove per infinite rotazioni di circoli: come se per una pietra introdotta nell'acqua ferma nascessero innumerevoli circoli di onde crescenti da un Centro..."[in latino nel testo]

[42] Novum organon, vol.II, art.20): "Il calore è un moto espansivo, rirsserrato, e luminoso delle parti più piccole. Inoltre si modifica l'espansione: sicché espandendo[si] nel contorno, qualcosa volga comunque verso (valori) più elevati. E si modifica inoltre anche quello sforzo delle parti: in un modo che non risulti del tutto fiacco, ma stimolato e con impulso non nullo." [in latino nel testo]

[43] Cfr. c.VI, 0ss.13.

[44] Cfr. c.VI, Oss.10.

[45] An essay concerning human understanding (Londra, 1731), Libro II, cap. VII, [[section]] 4: "Il calore è un'agitazione molto vivace delle parti impercettibili di un oggetto, la quale produce in noi quella sensazione per cui diciamo l'oggetto caldo; sicché ciò che nella nostra ensazione è calore, nell'oggetto non è altro che movimento." [in inglese nel testo]

[46] Experimenta et notae circa caloris et frigoris originem seu productionem mechanicam (Ginevra, 1694).

[47] Micrographia or some physiological descriptions of minute bodies (Londra, 1667), p. 12: "sarà necessario considerare, dapprima, quale sia la causa della fluidità: e ciò, penso, non sarebbe altro che un certo impulso o scuotimento di calore; pertanto, essendo il calore nient'altro che un'agitazione molto vivace ed impetuosa delle parti di un corpo, le parti del corpo diverrebbero perciò così slegate l'una dall'altra da potersi facilmente muovere in ogni direzione e diventare fluide." [in inglese nel testo]

[48] Opticks (Londra 1705), Libro III, Domanda 5, p. 133: "I corpi e la luce non agiscono forse mutuamente fra loro, cioè a dire... la luce sui corpi per riscaldarli e spingere le loro parti in un moto libratorio nel quale consiste il calore?"

Ib., Domanda 8: "Tutti i corpi fermi, riscaldati oltre un certo limite, non emettono forse luce e splendore, e questa emissione non è forse realizzata dai moti vibratori delle loro parti?" [in inglese nel testo]

[49] Phoronomia, sive de viribus et motibus corporum lolidorum et fluidorum, (Amsterdam, 1714), [[section]] 659: "Il calore, a parità di altre condizioni, è in rapporto diretto con la densità del corpo caldo ed in rapporto duplicato coll'agitazione delle sue particelle." [in latino nel testo]

[50] Philolophical Transactions, LXXXVIII, 1798, p. 80-102.

[51] Accanto a questi fisici sarebbero da menzionare, come più importanti sostenitori della teoria meccanica del calore, particolarmente Carnot (cfr. c.VII, 0ss.19-23), Séguin (c.IX, Oss.23) e Mohr (c.VII, 0ss.43), i cui contributi vennero presi in considerazione solo molto più tardi.

[52] Per lo sviluppo dell'energetica la teoria meccanica del calore è, frattanto, importante in quanto essa da un lato contribuì moltissimo alla configurazione dell'idea, estremamente importante per la legge dell'energia, dell'unitarietà di tutte le forze della natura, e d'altro lato, diede l'impulso alla determinazione dell'equivalente meccanico del calore, la cui costanza, sperimentalmente dimostrata, costituisce uno dei più sicuri sostegni del principio dell'energia. Ma la questione, se il calore sia movimento, non ha propriamente niente a che vedere col principio di conservazione della forza (cfr. Ernst Mach, Die Geschichte und die Wurzel des Satzes von der Erhaltung der Arbeit [La Storia e le radici del principio di conservazione del lavoro], Praga, 1872, p. 16-17). Anche Roberto Mayer nega decisamente la materialità sia del calore come dell'elettricità, in quanto, a suo avviso, non esistono affatto "materie immateriali" (Die organische Bewegung [Il moto organico], p. 73, ed. Weyrauch). Ma nella sua prima trattazione egli dice espressamente: "Quanto meno, tuttavia, dalla relazione intercorrente fra forza di caduta e movimento, si può concludere che l'essenza della forza di caduta sia il movimento, tanto meno questa conclusione vale per il calore. Noi potremmo piuttosto dedurre il contrario, cioè che per poter diventare calore, il moto, sia esso semplice o vibratorio come la luce, il calore raggiante, etc., dovrebbe cessare di essere movimento" (ed. Weyrauch, p. 28). [in tedesco nel testo]

[53] Récueil d'observations électrodynamiques, Parigi, 1822.

[54] "Investigation on the power of the prismatic colours to heat and illuminate objects", in Philosophical Transactions, 1800, pp. 255-283.

[55] Bibliothèque universelle, XLIX, 1832, p. 215. "Note de M. Ampère sur la chaleur et sur la lumière considérées comme résultant de mouvements vibratoires", in Annales de chimie et de physique, LVIII, 1835, pp. 432-444. Cfr. Poggendorffs Annalen, vol. 26, 1832, p. 161.

[56] Idées sur la météorologie (Parigi 1787), [[section]] 124: "Il fuoco è uno dei composti più semplici della luce; è principalmente per mezzo suo che essa entra nella composizione di quasi tutte le sostanze. Nel fuoco, la luce è unita ad un'altra sostanza che la priva della sua facoltà distintiva di produrre il chiaro, ma con la quale essa produce, tra l'altro, un nuovo fenomeno del tutto distinto, quello del calore." [in francese nel testo] Cfr. [[section]] 265.

[57] Cfr. Ernst von Meyer, Geschichte der Chemie [Storia della Chimica] (3a ediz., Lipsia, 1905), p. 99-114.

[58] Essay on heat, light and the combinations of light (The collected works, Londra, 1839, ~ol.II), p. 28: "Il fluido elettrico è probabilmente luce in uno stato condensato." [in inglese nel testo]

[59 ]Pensées sur l'interpretation de la nature (apparso anonimo a Londra, 1754), [[section]] 45, p. 121: "Nella natura si riconoscerà, allorché la fisica sperimentale sarà più avanzara, che tutti i fenomeni, sia della gravità, o dell'elettricità o dell'attrazione, o del magnetismo, o dell'elettricità non sono che aspetti differenti del medesimo influsso." [in francese nel testo]

[60] E' sorprendente tuttavia, che Didérot non faccia menzione dei processi ottici.

[61] Erster Entwurf eines Systems der Naturphilosophie [Primo progetto per un sistema di Filosofia della Natura] (in Opera omnia, Stoccarda, 1858, vol.3), p. 207: "E così sarebbe ben ora di mostrare quell'ordine anche nella natura organica e giustificare l'idea che le forze organiche, sensibilità, irritabilità ed impulso culturale siano tutte soltanto rami di una [forza n.d.t.], ed è parimenti fuori dubbio che, sia nella luce, nell'elettricità, etc., è solo una forza che appare nelle sue diverse manifestazioni." [in tedesco nel testo]

[62] Cfr. "Experimental researches in electricity", XIX serie, [[section]] 2221 (Philosophical Transactions, 1846, p. 15): "Tutte le forze della natura sono legate fra loro, ed hanno un'origine comune. E senza dubbio difficile, allo stato attuale della nostra conoscenza, esprimere in termini esatti la nostra previsione; e, sebbene io abbia detto che un'altra delle forze della natura è, in questi esperimenti, direttamente legata al rimanente, io dovrei forse dire piuttosto che un'altra forma della grande forza è distintamente e direttamente correlata alle altre forme, oppure che la grande forza, manifestata in forme particolari per fenomeni particolari, è qui ulteriormente identificata e riconosciuta dalla diretta relazione della sua forma di luce alla sua forma di elettricità e magnetismo." [in inglese nel testo]

[63] Tuttavia, la denominazione di energia per questa forza universale è stata usata per la prima volta da Rankine. Cfr. VIII, Oss.85 .

[1] Essay de Dynamique, p. 229 (ed. Gerhardt): "Pertanto bisogna ammettere che, sebbene i corpi debbano essere così naturalmente elastici nel senso che ho appena spiegato, nondimeno sovente l'elasticità non si manifesti del tutto entro le masse dei corpi che noi impieghiamo, quand'anche queste masse fossero costituite da parti elastiche ed assomigliassero ad un sacco di palline dure che cedessero ad un urto mediocre, senza ricostruire il sacco, come si vede per i corpi molli o che obbediscono senza ricostruirsi del tutto. Il fatto è che le parti non sono abbastanza legate, per trasferire il loro cambiamento a tutto l'insieme. Dal che viene che durante l'urto di tali corpi una parte della forza è assorbita dalle particelle che compongono la massa, senza che questa forza venga resa alla totalità: e ciò deve sempre accadere quando la massa compressa non si ricostruisce perfettamente." [in francese nel testo]

[2] ib., p. 231: "Ciò che è assorbito dalle particelle non è affatto perduto assolutamente per l'universo, sebbene esso sia perduto per la forza totale dei corpi concorrenti." [in francese nel testo]

[3] Dynamica, parte II, sez. I, p. 437 (ed. Gerhardt): "Infatti, anche se una parte della potenza venisse assorbita da ostacoli, non sarebbe comunque distrutta, ma solo trasferita negli ostacoli, che vengono computati nell'intero effetto."[in latino nel testo]

[4] Opera philosophica (ed. Erdmann, Berlino 1840), p. 775, Lettere fra Leibniz e Clark, N.99: "Mi si obietta che due corpi molli, o non elastici, concorrenti fra loro, perdono parte della loro forza. Io rispondo di no. E vero che tutti [i corpi dell'insieme n.d.t.] la perdono rispetto al loro moto totale, ma la ricevono le particelle, essendo agitate internamente dalla forza dell'urto. Sicché questo ammanco non si verifica che in apparenza. Le forze non sono distrutte, ma dissipate attraverso le parti minute. Il che non significa perderle, ma è come fanno coloro che cambiano la moneta grossa in piccola."[in francese nel testo]

[5] "De vera notione virium vivarum", (in Acta erud. LipJ., 1735;0pera omnia, CXLV), c.9: "Se i corpi non sono perfettamente elastici, una certa parte delle forze vive, che sembra essere perduta, si consuma nella compressione dei corpi, quando essi non si ricostruiscono perfettamente; ed ora anche da questo ci liberiamo [risolviamo la questione n.d.t.] considerando che tale compressione sia simile alla compressione di un elastico il quale dopo la compressione venga ostacolato da un qualche ritegno il quale possa dilatarsi indietro [espandersi n.d.t.] di meno, sicché non restituisca ma ritenga in sè la forza viva ricevuta dal corpo urtante; onde nulla delle forze va perduto, anche se sembri essere andato perso."[in latino nel testo]

[6] Physices elementa mathematica experimentix confirmata, (Leida, 1748), [[section]] 1084, p. 298: "Nessuna forza va perduta nella collisione tra corpi, tranne quella che viene consumata nella compressione fra le parti; pertanto, se i corpi sono elastici, tutta questa forza viene impegnata nell'inflessione delle parti elastiche; queste, inoltre, ritornano con uguale forza alla figura primitiva; quindi la forza distrutta si ristabilisce di nuovo; e la somma delle forze insite nei corpi è, dopo l'urto, uguale alla somma delle forze prima della collisione; la qual dimostrazione è massimamente universale e si può applicare a collisioni di qualsiasi genere." [in latino nel testo]

[7] Cosmologia generolis, [[section]] 486: "La forza viva che si perde nella percussione, non perisce, ma si conserva. Nell'urto tra corpi elastici si conserva la medesima quantità di forze ([[section]] 480), e per di più la forza viva, che si perde per percussione, non perisce ma, mentre la figura dei corpi in contatto si cambia, viene conservata in altra materia. Pertanto, se le figure dei corpi molli in contatto non mutano, non c'è sensatamente alcuna ragione perché, anche in questo caso, non debba conservarsi la forza viva perduta nella percussione, sebbene, quando le figure non si ricostruiscano, la forza perduta non venga restituita ai corpi..."[in latino nel testo]

[8] Hydrodynamica, Sez.I, [[section]] 20: "del resto, sebbene il predetto principio sia universale, non è tuttavia da usare senza circospezione, poiché capita spesso che il moto si trasferisca in altra materia...E' facile vedere che la parte delle forze vive, ovvero potenziale di salita, spesa nella compressione dei corpi non viene restituita ai corpi, ma rimane impressa in una certa materia sottile, nella quale si è trasferita."[in latino nel testo]

[9] Cfr. Hydrodynamica, I, 24: " su questo sono, di solito, tutti d'accordo, che c'è un moto intestino in qualunque fluido;...quanto più intenso è il calore tanto più veemente è in ogni caso il moto delle particelle; e queste sono disperse a maggiori distanze fra loro." [in latino nel testo]

[10] Hydrodynamica, X, 43: "E evidente da questa concordanza fra la conservazione delle forze vive insite nell'aria compressa ed in un corpo disceso da una data altezza, che dal principio della compressione dell'aria non v'è da sperare alcun indizio per realizzare l'uso di macchine, e che dappertutto valgono le regole esposte nella precedente sezione. Dal momento che, invero, può avvenire in molti modi che l'aria sia compressa non con la forza ma per natura, o che acquisti naturalmente una maggiore elevazione, è sicura la speranza che in tal modo si possano escogitare grandi profitti facendo muovere le macchine con cose [mezzi n.d.t.] naturali, come or ora D. Amontons insegnò il modo di muovere le macchine per mezzo della forza del fuoco. Io sono convinto che se tutta la forza viva che si cela in un piede cubico di carbone, e che viene liberata durante la sua combustione, venisse impiegata più utilmente per far muovere una macchina, da ciò potrebbe ottenersi un profitto maggiore che non col lavoro di otto o dieci uomini. Imperocché i carboni, durante la combustione, non solo aumentano notevolmente l'elasticità dell'aria, ma anche generano un'ingente quantità di aria nuova."[in latino nel testo]

[11] Come moto repulsivo è da intendersi il calore.

[12] The collected works of Sir Humphry Davy (Londra, 1839), vol. II, An essay on heat, light and the combinations of light, p. 29: "Non può essere formata un'idea più sublime sul moto della materia, se non quella d'immaginare che le differenti specie si cambiano continuamente l'una nell'altra. Il moto gravitativo, il meccanico ed il repulsivo appaiono di continuo prodursi reciprocamente l'un l'altro, e da questi cambiamenti nascono probabilmente tutti i fenomeni di mutazione della materia."[in inglese]. Questa frase, invero, è stata cancellata da Davy prima della stampa del trattato. Cfr. l'osservazione del curatore: "Una tale vaghezza di generalizzazione fu una grande caratteristica delle sue "speculazioni giovanili", e parimenti l'indicazione, nell'errata, di cancellare il passaggio, fu caratteristica del rapido progresso che egli stava compiendo verso una logica più solida."[in inglese nel testo]

[13] Cfr. c. VI, 0ss.50.

[14] Da questa tesi segue, naturalmente, anche che nei processi puramente termici (p. es. variazioni dello stato d'aggregazione) la quantità di calore, misurata dalla forza viva delle particelle, rimane costante nella sua totalità. Cfr. J.B. Biot, Traité de physique expérimentale et mathématique (Parigi, 1816),vol.I, p. 66: "I fisici, che considerano il calore come effetto di un moto vibratorio eccitato nelle particelle del corpo, assimilano gli effetti che stiamo esaminando, alla legge nota in meccanica sotto il nome di conservazione delle forze vive... Così considerando il calore come un effetto prodotto dalla forza viva dei corpi, risultante dal moto di vibrazione delle loro particelle, si vede che la quantità totale deve rimanere costante in tutti gli stati attraverso i quali essi possono passare; e si capisce allora perché dopo essere aumentata, per esempio nel corpo che vaporizza a spese di quello che lo riscalda essa vi dimimiisce di nuovo, ed è restituita quando questo corpo ritorna allo stato liquido."[in francese nel testo]

[15] Mémoires sur la chaleur (Parigi, 1804), p. 136: "Da questo ragionamento si potrebbe concludere che le partice]le che compongono i corpi sono necessariamente in movimento, e se noi ammettiamo l'esistenza di un fluido eminentemente elastico, un etere che riempia tutto lo spazio nell'universo, ad eccezione di quello occupato dalle parti sparse di corpi ponderabili, è facile immaginare che i movimenti delle particelle che compongono i corpi sensibili debbano caugare delle ondulazioni in questo fluido; e, reciprocamente, che le ondulazioni di questo fluido debbano influenzare e modificare i movimenti delle particelle di questo corpo... Seguirebbe necessariamente dallo stato delle cose che l'ipotesi in questione suppone: l) che la somma delle forze vive nell'universo deve rimanere sempre la stessa, nonostante tutte le azioni e reazioni dei corpi; e, 2) che le molecole di tutti i corpi ponderabili devono necessariamente essere irraggianti." [in francese nel testo]

[16] Oeuvres complêtes d'Augustin Fresnel (Parigi, 1858), vol.II (N.. XXXI, De la lumière; extrait du supplément à la traduction francaise de la chimie de Thomson, 1822), p. 44: "E' un principio generale del moto dei fluidi elastici che, in qualunque modo lo scuotimento s'estenda o si suddivida, la somma totale delle forze vive rimane costante. Ed ecco perché principalmente la forza viva debba essere considerata come la misura della luce, la cui quantità totale rimane sempre con molta approssimazione la stessa, almeno fintanto che essa venga per lo meno ad attraversare dei mezzi molto trasparenti."[in francese nel testo] Osservazione aggiunta: "I corpi neri, e pure le superfici metalliche più brillanti, riflettono molto meno di quanto si crede la totalità della luce che incide sulla loro superficie: i corpi imperfettamente trasparenti, ed anche i più diafani quando fossero abbastanza spessi, assorbono anch'essi (per servirmi dell'espressione usuale) una notevole quantità della luce incidente; ma non bisogna concludere che il principio della conservazione delle forze vive non è più applicabile a questi fenomeni; risulta, al contrario dall'idea più probabile che ci si possa fare sulla costituzione meccanica dei corpi, che la somma delle forze vive debba rimanere sempre la medesima (fintanto che le forze acceleratrici che tendono a riportare le molecole alle loro posizioni d'equilibrio non abbiano cambiato d'intensità), e che la quantità di forze vive che scompaia come luce sia riprodotta in calore." [in francese nel testo] Cfr. ib., p. 140: "E' probabile che in questi diversi casi una parte della luce si trovi snaturata e cambiata in vibrazioni calorifiche, che non sono più sensibili ai nostri occhi, perché esse non possono più penetrare la sostanza o far vibrare il nervo ottico in unisono con loro, a causa delle modificazioni che esse hanno subito. Ma la quantità totale di forza viva deve restare la stessa, a meno che l'azione della luce non abbia prodotto un effetto chimico o termico abbastanza potente per cambiare lo stato d'equilibrio delle particelle dei corpi, e con esso l'intensità delle forze alle quali esse sono sottoposte."[in francese nel testo]

[17] Un'elaborazione matematica dello scritto di Carnot è stata pubblicata da Clapeyron nell'anno 1834 (Mémoire sur la puissance motrice de la chaleur, in Journal de l'école polytechnique, XIV, 1834, p. 170). Nonostante l'impostazione erronea, le formule matematiche concordano pienamente con quelle alle quali conduce la teoria esatta.

[18] Ré.flexions sur la puissance motrice du feu et sur les machines propres à développer cette puissance (Parigi, 1878), p. 9: "Dappertutto, ove esista una differenza di temperatura, può esserci una produzione di potenza motrice. Reciprocamente, dappertutto ove sia possibile consumare questa potenza, è possibile far nascere una differenza di temperatura, è possibile causare una rottura dell'equilibrio nel calorico."[in francese nel testo]

[19] ib., p. 90: "Quando un'ipotesi non basta più alla spiegazione dei fenomeni, essa deve essere abbandonata. E' questo il caso nel quale si trova l'ipotesi secondo la quale si considera il calorico come una materia, come un fluido sottile."[in francese nel testo]

[20] Negli appunti di Carnot vengono anche riportati molti dati di fatto a sostegno della teoria. Così egli si riferisce espressamente alla genesi di calore per urto ed attrito, per compressione dei gas, ed infine anche per la radiazione, la quale non sarebbe altro che un movimento oscillatorio dell'etere. Ma con un movimento si può riprodurre soltanto un movimento, e mai una materia (p. 90-92).

[21] Negli appunti postumi di Carnot si trova addirittura un'indicazione dell'equivalente meccanico del calore (370 kgm). Cfr. c.IX, Oss. 22.

[22] Réflexions, p. 94: "il calore non è altra cosa che la potenza motrice, o piuttosto il movimento che ha cambiato forma. Si tratta di un movimento delle particelle dei corpi. Ovunque vi sia distruzione di potenza motrice si ha nel medesimo tempo produzione di calore in quantità precisamente proporzionale alla quantità di potenza motrice distrutta. Reciprocamente, ovunque vi sia distruzione di calore si ha produzione di potenza motrice."[in francese nel testo]

[23] ib., p. 94: "Si può dunque porre come tesi generale che la potenza motrice è in quantità invariabile nella natura, che essa non è mai, propriamente parlando, nè prodotta nè distrutta. In verità essa cambia di forma, vale a dire che essa produce talvolta un genere di movimento, talvolta un altro; ma essa non è mai annientata."[in francese nel testo]

[24] Carlisle, invero, ebbe alcuni precursori nella scoperta dell'elettrolisi, come Asch, Fabbrioni e Crève, i cui tentativi tuttavia lasciavano molto a desiderare quanto a chiarezza.

[25] Le prime macchine generatrici di corrente furono costruite, a quanto pare, da Salvatore dal Negro e Pixii nell'anno 1832.

[26] Così già negli anni 1838 e 1839, un motore elettrico inventato da Jacobi serviva ad azionare un battello sulla Newa.

[27] Cfr. c.VI, Oss. 62.

[28] "Experimental researches in electricity", XVII serie, [[section]] 2071 (in Philosophical Transactions, 1840, p. 126): "Ci sono molti processi con i quali la forma della forza può essere cambiata in modo che abbia luogo un'evidente conversione dall'una all'altra. Così noi possiamo cambiare la forza chimica in corrente elettrica, o la corrente in forza chirnica."[in inglese nel testo]

[29] "Exper. res.", VIII serie, [[section]] 918 (in Phil. Trans., 1834, p. 434): Tutti questi fatti ci mostrano che la forza comunemente chiamata affinità chimica può essere comunicata ad una certa distanza attraverso i metalli e certi tipi di carbone; che la corrente elettrica è solo un'altra forma delle forze di afflnità chimica; che la sua forza è in proporzione alle afflnità chimiche che la producono; che quando essa è in difetto di forza, può essere aiutata richiamando un aiuto chimico, il bisogno della prima essendo costituito da un equivalente di quest'ultima; che, in altre parole, le forze denominate affinità chimica ed elettricità sono una e medesima cosa."[in inglese nel testo]

[30] "Exper. res.", XV serie, [[section]] 1790 (in Phil. Trans., 1839, p. 11): "l'evidente consumo di energia nervosa durante la produzione di elettricità in quell'organo; la produzione di elettricità apparente mente equivalente in proporzione alla quantità di forza nervosa consumata...." Cfr. XVII serie, [[section]] 2971 (Phíl. Trans., 1840, p. 126): "Ma in nessun caso, nemmeno in quello del gimnoto e della torpedine, c'è una pura creazione di forza; una produzione di forza senza un corrispondente consumo di qualcosa che debba essere fornito."[in inglese nel testo]

[31 ]Chemische Briefe [Lettere chimiche], decima lettera della prima edizione, dodicesima della terza edizione (Heidelberg, 1851, pp. 116-118): "Calore, elettricità e magnetismo sono, in una relazione di similitudine, equivalenti fra loro come il carbonio, lo zinco e l'ossigeno. Mediante una certa quantità di elettricita noi produciamo un rapporto corrispondente di calore o di forza magnetica, che sono fra loro equivalenti. Questa elettricità io la compro con l'affinità chimica la quale, consumata in una forma, fa apparire calore, nell'altra, elettricità o magnetismo. Con una certa somma di affinità noi produciamo un equivalente di elettricità, proprio allo stesso modo come se noi, viceversa, mediante una certa quantita di elettricità facciamo decomporre equivalenti di legami chimici."[in tedesco nel testo]

[32] Nonostante queste visuali spiccatamente esatte, Liebig, tuttavia, si trovò, in taluna delle sua teorie, nella più netta antitesi col principio dell'energia. Cfr. Ie annotazioni di Mayer in Mechanik der Warme [Meccanica del calore], edite da J.J. Weyrauch (Stoccarda, 1893), pp. 132-138.

[33] Outlines of astronomy, (Londra, 1849), [[section]] 399 (riprodotto dall'edizione dell'anno 1833): "I raggi del sole sono l'estrema sor-gente di quasi ogni movimento che ha luogo alla superficie della terra. Dal loro calore sono prodotti tutti i venti e quei disturbi nell'equilibrio dell'atmosfera che danno origine ai fenomeni luminosi e probabilmente anche a quelli del magnetismo terrestre e dell'aurora. Per la loro azione vivificante i vegetali sono messi ingrado di trarre sostegno dalla materia inorganica e diventano, a loro volta, sostegno degli animali e dell'uomo, e le sorgenti di quei grandi depositi di efficienza dinamica che sono accumulati, per l'uso dell'uomo, nei nostri strati di carbone." [in inglese nel testo]

[34] Già Stephenson, l'inventore della locomotiva a vapore, avrebbe avuto predilezione per l'idea che la luce che noi ricaviamo dal carbone fossile sia una trasformazione e riproduzione della luce che, un certo giorno, sarebbe passata dal sole alle piante. Però questa affermazione, sostenuta anche da Grove nella sua Verwandtschaft der Naturkrafte [Affinità delle forze della natura], è, secondo Herschel ([[section]] 399, Oss.), storicamente inesatta.

[35] Le conferenze di Grove apparvero dapprima per estratto nella Literary Gazette; nel 1847 apparvero raccolte sotto il titolo: On the correlation of physical forces .

[36] On the correlation of physical forces, (Londra, 1847), p. XI: "La posizione che io cerco di stabilire in questo saggio è che i vari aspetti della materia che costituiscono i principali oggetti della fisica sperimentale, ad es., calore, luce, elettricità, magnetismo, affinità chimica e moto, sono tutte correlative, oppure hanno una dipendenza reciproca; che nessuna, presa astrattamente, può dirsi la causa essenziale delle altre, ma che può o produrre oppure essere convertibile in ognuna delle altre: perciò il calore può mediatamente od immediatamente produrre elettricità, l'elettricità può produrre calore; e così per il resto, ciascuna venendo assorbita allorché la forza che essa produce si sviluppa: e che la medesima cosa deve ben valere per le altre forze, essendo una conclusione irresistibile, dai fenomeni osservati, che una forza non può originarsi altrimenti che per degenerazione di una forza, o di forze, preesistenti."[in inglese nel testo]

[37] Cfr. c.IX.

[38] Cfr. c.II, Oss.38.

[39] Colding, "On the history of the principle of the conservation of energy", in Philosophical Magazine, (4) 27, 1864, p. 58: "Quando e dovunque sembra che una forza svanisca nell'effettuare un certo lavoro meccanico, chimico, od altro, allora la forza subisce puramente una trasformazione e riappare in una nuova forma, ma nella quantità originale come forza attiva." [in inglese nel testo]

[40] Cfr, c.II, Oss.35.

[41] L'articolo di Mohr apparve in Zeitschrift für Physik und verwandte Wissenschaften (edito da Baumgartner e Holger, vol.V, 1837, p. 419), ma al tempo della sua pubblicazione rimase del tutto inosservato. Lo stesso Mohr apprese, solo trenta anni più tardi, in quanto non aveva ricevuto da Baumgartner alcuna risposta al suo invio, che il suo articolo creduto smarrito era già apparso da lungo tempo, ed allora lo riportò integralmente per la stampa nel suo Allgemeine Theorie der Wärme und Bewegung [Teoria generale del calore e del moto] del 1869.

[42] Uber die Natur der Wärme, [[section]] 11: "Con una forza si possono effettuare conti allo stesso modo come per una materia ponderabile; la si può dividere, sottrarle qualcosa, aggiungerle qualcosa, senza che la forza originaria vada perduta o la sua quantità venga variata." [in tedesco nel testo]

[43] ib., [[section]] 36: "Il filo conduttore voltiano viene percorso da una corrente elettrica; esso si riscalda, emette luce: come è possibile ciò, se luce, calore ed elettricità sono materie diverse, come ossigeno ed idrogeno, come rame e zinco? Dalle innumerevoli transizioni di questi aspetti l'uno nell'altro, io credo, per quanto molto rimanga da chiarire in dettaglio, di poter formulare il seguente principio generale: oltre ai noti 54 elementi chimici esiste nella natura delle cose ancora solo un agente, e questo si chiama forza. Esso, sotto condizioni opportune, può apparire come movimento, affinità chimica, coesione, elettricità, luce, calore e magnetismo, e da ciascuno di questi aspetti possono essere prodotti tutti i rimanenti. Quella stessa forza che solleva il martello può, se applicata diversamente, produrre ciascuno degli aspetti rimanenti. Se per mezzo della forza del braccio si estrae il rocchetto d'induzione dal magnete, si genera nel filo avvolto a spirale attorno ad esso una corrente elettrica la quale, se interrotta, appare come scintilla, oppure, per un conduttore più corto, come filo rovente (calore e luce); la medesima corrente eccita polarità magnetiche quando un filo viene avvolto a spirale attorno ad una sbarra d'acciaio; essa decompone l'acqua attraverso cui viene fatta passare e riduce contemporaneamente anche la sua affinità e la coesione; e dal momento che il sottile filo di platino, la vite di Ampère e l'apparecchio per l'idrolisi possono essere inclusi in una medesima catena, appare allora evidente come la forza del braccio si è presentata, sotto condizioni diverse, come calore, luce, affinità, magnetismo e coesione."[in tedesco nel testo]

[44] Questi errori sono per lo più determinati dal fatto che Mohr non è in grado di distinguere tra energia e forza (nel senso della fisica odierna). Così egli riporta, come esempio di una trasformazione di magnetismo in forza motrice, accanto all'attrazione magnetica anche la portata dei magneti.

45 Il trattato [Bemerkungen über die Kräfte der unbelebten Natur] appan~e negli Annalen der Chemie und Pharmazie, vol. XLII, 1842, p. 233, edito da Wohler e Liebig.

[46] Cfr. c.V, Oss.l9.

[47 ]Il trattato [Die organische Bewegung in ihrem Zusammenhange rnit dem Stoffwechsel] apparve in forma di volume ad Heilbronn. Esso è pure riportato, assieme al primo, nell'opera di Mayer Die Mechanik der Wärme [La meccanica del calore] (Stoccarda, 1874; nell'edizione cli Weyrauch, Stoccarda 1893).

[48] Mayer tuttavia scriveva già nel 1842 a Griesinger: "La mia affermazione è appunto: forza di caduta, moto, calore, luce, elettricità e differenza chimica delle cose ponderabili sono uno e medesimo oggetto in diversi aspetti." (Mayer, Kleinere Schriften und Briefe [Scritti minori e lettere], edito da J.J. Weyrauch, VII,l. p. 180).

[49] Die Mechanik der Wärme (Stoccarda, ]893), p. 48.

[50] Come rassegna di queste forme principali, Mayer riporta nel suo trattato il seguente schema:

[51] ib., pp. 72-73.

[52] ib., pp. 63-65.

[53] ib., p. 75: "Le prime assumono uina forza, la luce, e producono una forza, la differenza chimica." [in tedesco nel testo].

[54] ib., pp. 76-77.

[55] ib., p. 71.

[1] Discorsi e demostrazioni matematiche, Dialogo terzo, "De moto naturaliter accelerato": "Assumo che i livelli di velocità acquisiti dal medesimo mobile su diverse inclinazioni dei piani siano sempre uguali, quando le elevazioni degli stessi piani siano uguali."[in latino nel testo]

[2] ib.: "Dalche possiamo veracemente concludere, che l'impeto acquistato nel punto B dalla palla nello scendere per l'arco CB, fù tanto che bastò a risospingersi per un simile arco BD alla medesima altezza."[in italiano nel testo]

[3] ib.: "adunque anco il momento acquistato nella scesa DB, è eguale à quello, che sospigne l'istesso mobile per il medesimo arco da B in D, si che universalmente ogni momento acquistato per la scesa d'un arco è eguale à quello, che può far risalire l'istesso mobile per il medesimo arco."[in italiano nel testo]

[4] ib.: "Mà levato l'intoppo, che progiudica all'esperienza, mi par bene, che l'inteletto resti capace, che l'impeto (che in effetto piglia vigore dalla quantità della scesa) sarebbe potente à ricondurre il mobile alla medesima altezza."[in italiano nel testo]

[5] Il problema venne impostato attorno al 1646 da Mersenne e stimolò immediatamente numerosi fisici, come Cartesio, Roberval, Fabri ed altri, in tentativi di risoluzione che, tuttavia, non riuscirono.

[6] Horologíum oscillatorium, parte II, prop. 4: "Se un grave con quella velocità che acquista alla fine della discesa, inizierà a tendere verso l'alto, accadrà che... ascenda alla stessa altitudine da dove sarà disceso."; cfr. parte II, prop. 9: "Se un grave, da una discesa converta in su il suo moto, salirà alla medesima altitudine d'onde provenne, per quante superfici piane contigue, e comunque inclinate, esso sia passato."[in latino nel testo]

[7] ib., parte IV, ipotesi 1: "Se quanti si vogliano oggetti pesanti, in forza della loro gravità, cominciassero a muoversi, il centro di gravità da essi composto non potrebbe salire più in alto di quanto si trovava all'inizio del moto."[in latino nel testo]

[8] Cfr. c.IV, Oss.9.

[9] Sotto questo aspetto, il principio di Huygens mostra molta analogia col principio dell'uguaglianza di causa ed effetto. Cfr. c.V, 0ss.4.

[10] Horologium oscillatorium, parte IV, prop. 4: "Se un pendolo composto da più corpi pesanti, e fatto partire dalla quiete, abbia effettuato una parte qualsiasi dell'oscillazione completa, e successivamente si verifichi che i suoi singoli pesi, abbandonato il vincolo comune, invertano in su le velocità acquisite e (si verifichi) fino a qual punto possono salire; fatto ciò, il centro di gravità composto da tutti sarà ritornato alla medesima altitudine in cui si trovava prima dell'inizio dell'oscillazione."[in latino nel testo]

[11] "Sur le mouvement qui est produit par la rencontre des corps" (in Journal des Sauans 1669, Marzo): "La somma dei prodotti costituiti dalla grandezza di ciascun corpo rigido moltiplicato per il quadrato della sua velocità, è sempre la stessa prima e dopo l'urto." [in francese nel testo] Cfr. lo scritto postumo: De motu corporum et percussione, Proposizione XI.

[12] Oeuvres complètes de Christian Huygens (pubblicate dalla società olandese delle scienze), vol.IX, Lettera 2606 (datata anno 1690), p. 463: "Ma è una legge costante, che i corpi debbono conservare la loro forza ascensionale, e che perciò la somma dei quadrati delle loro velocità deve rimanere la medesima. Il che ha luogo non solamente nei pesi dei pendoli e nell'urto dei corpi rigidi, come io ho fatto notare allo stesso riguardo, ma anche in molte altre ricerche di meccanica."[in francese nel testo]

[13] Brevis demonstratio erroris memorabilis Cartesii et aliorum circa legem naturalem, secundum quam volunt a Deo eandem semper quantitatem motus conservari, qua et in re mechanica abutuntur" [Breve dimostrazione di un memorabile errore di Cartesio ed altri circa la legge naturale, secondo la quale vogliono che da Dio sia sempre conservata la medesima quantità di moto, della qual cosa fanno abuso anche in questioni meccaniche] (in Act. erud. Lips. 1686; Opera Omnia, 3a serie, vol.6, ed. Gerhardt N. IV).

[14] Per questa ragione il trattato divenne il punto di partenza di una famosa polemica scientifica, il cui oggetto era la questione della misurazione esatta delle forze, e che nel corso di quasi cento anni separò in due campi contrapposti i fisici più famosi di quei tempi. Al punto di vista di Leibniz si associarono particolarmente Giovanni e Daniele Bernoulli, Wolff, s'Gravesande, Hermann, Musschenbroek, la Marchesa du Chatelet, mentre Newton Papin, Mairan, Clarke, Mariotte, Varignon, Voltaire ed altri stavano dalla parte dei Cartesiani. Solo d'Alembert indicò la fallace impostazione del problema e con ciò la totale inconsistenza della polemica (Traité de Dynamique, 1743); uno scopo analogo viene perseguito anche in uno scritto giovanile di Kant, di poca importanza dal punto di vista fisico (Gedanken von der Schätzung der lebendigen Krafte ín der Natur) [Pensieri sulla valutazione delle forze vive nella Natura], 1747.)

[15] "Specimen dynamicum pro admirandis naturae legibus circa corporum vires et mutuas actiones detegendis et ad suas causas revocandis" [Modello dinamico per le ammirevoli leggi della natura circa le forze dei corpi e che rivelano le azioni reciproche e possono ricondurre alle loro cause] (in Act. erud. Lips. 1695; Op. omnia, 3a Serie, vol.6, ed. Gerhardt, No. XV).

[16] Leibniz distingueva in questo trattato due tipi di forze: le morte, le quali non producevano alcun movimento effettivo ma solo una tendenza verso di esso, e le vive, legate ad un effettivo movimento.

[17] Cfr. c. II, III, IV e V.

[18] Cfr. c. V, Oss.9.

[19] Dynamica, parte II, sez.I, p. 455: Proposizione 33: "I gravi acquistano le medesime velocità se discendono dalla medesima altezza verticale per qualsivoglia percorso perpendicolare od inclinato. Infatti per la medesima causa, s'intende di un grave elevato ad una data altezza sopra l'orizzonte, gli effetti complessivi sono uguali fra loro, essendo entrambi uguali alla stessa causa comune. Inoltre l'effetto totale di un grave elevato sopra l'orizzonte è lo stato della velocità che esso ha quando cadendo raggiunge l'orizzonte."[in latino nel testo]

[20] Cfr. c.V, Oss.13.

[21] Dynamica, parte II, sez.I, p. 439: "Pertanto se un grave sia disceso da una certa altitudine e volgendo in su risalga di nuovo il percorso e non abbia prodotto alcunché di attivo che non il suo innalzamento, ovvero, se per la risalita impegna tutta la potenza ottenuta nella discesa, è da dire che ascenderà esattamente a quella altitudine dalla quale era disceso. Infatti, essendo l'effetto prodotto l'innalzamento del medesimo grave (simile alla causa che era anche l'elevazione del medesimo grave prima della discesa) esso non può essere uguale alla causa se non sia uguale l'elevazione, e lo stato finale non sia in tutto completamente uguale all'iniziale."[in latino nel testo]

[22] "Démonstration générale du centre de balancement et d'oscillations, tirée de la nature du levier" (in Mémoires de l'académie royale des sciences, Parigi, 1703, pp. 78-84). Cfr. anche "Démonstration du principe de M. Huygens" (in Mémoires de l'acad., Parigi, 1794, pp. 136-142).

[23] Discours sur les loix de la communication du mouvement, c.10, [[section]]1: "La terza (legge) consiste infine nella conservazione della quantità delle forze. Sarebbe un oscurare questa legge il tentarne la dimostrazione. In effetti, tutti considerano come un assioma incontestabile che ogni causa efficiente non potrebbe perire, né in tutto né in parte, senza produrre un effetto uguale alla sua perdita."[in francese nel testo]

[24] Johann Bernoulli si è occupato della teoria della conservazione della forza particolarmente nel suo Discours sur les loix de la communication du mouvement (nel 1724 insignito del premio dell'Accademia di Parigi; Opera omnia, Losanna-Ginevra, 1742, No.135) e nello scritto "De vera notione virium vivarum" (in Act. erud. Lips., 1735; Opera omnia, N.145)

[25] Horologium oscillatorium, parte IV, ipotesi 1: "Inoltre questa nostra ipotesi vale anche per i corpi liquidi e, per suo mezzo, si possono dimostrare tutte quelle cose che Archimede ha [dimostrato n.d.t.] per i galleggianti, ma anche la maggior parte degli altri teoremi della meccanica."[in latino nel testo]

[26] Hydrodynamica I, [[section]] 19: "ho infatti supposto che le velocità delle particelle siano costantemente tali, in modo che per i singoli moti verticali verso l'alto fino allo stato di quiete, il loro comune centro di gravità salga all'altitudine di prima."[in latino nel testo]

[27] ib.: "Dopo che Galileo ebbe insegnato che un corpo in discesa, sia verticalmente sia sopra un piano comunque incurvato, acquista la medesima velocità, purché l'altezza di caduta sia la medesima, il che può essere dimostrato dalla natura delle pressioni, Hugenius [Huygens n.d.t.] si servì, ma più felicemente, di questa medesima proposizione per un'ipotesi più generale per scoprire le leggi dei moti per urto dei corpi elastici, nonché per stabilire il centro d'oscillazione del pendolo composto; ... Da questo assioma consegue immediatamente il principio di conservazione delle "forze vive", che pure lo stesso Huygens dimostrò, e col quale si assume: "se dei pesi qualsiasi in forza della loro gravità iniziano a muoversi, le velocità dei singoli saranno dappertutto tali che la somma dei prodotti dei quadrati di esse per le loro masse sia proporzionale all'altitudine verticale dalla quale discende il centro di gravità composto dai corpi, moltiplicata per le masse di tutti. E' meraviglioso quanta utilità abbia questa ipotesi nella filosofia meccanica..."[in latino nel testo]

[28] ib.: "preferii inoltre per la ragione suddetta adattare questa ipotesi più alle parole di Huygens che non a quelle di mio Padre, e distinguerla col nome di "uguaglianza fra il potenziale attuale di discesa e di salita" che non coll'altro di "conservazione delle forza vive", il che tuttora taluni, specialmente in Inghilterra, non so per quale motivo, disdegnano."[in latino nel testo]

[29] Traité de Dynamique (Parigi, 1758), parte II, cap. IV, p. 252: "Se dei corpi agiscono l'uno sull'altro, sia tirandosi mediante fili o verghe non flessibili, sia urtandosi, purché in quest'ultimo caso siano perfettamente elastici, la somma dei prodotti delle masse per i quadrati delle velocità fa sempre una quantità costante; e se questi corpi sono animati da delle forze qualsiasi, la somma dei prodotti delle masse per i quadrati delle velocità in ogni istante è uguale alla somma delle masse per i quadrati delle velocità iniziali, più i quadrati delle velocità che i corpi avrebbero acquisito se, essendo animati dalle medesime forze, si fossero mossi liberamente ciascuno sulla linea da esso descritta. In questi due principi consiste ciò che si chiama conservazione delle forze vive." [in francese nel testo]

[30] Cfr. c. II, Oss.33.

[31] Mécanique analytique (Parigi, 1811-1815, 2a ed.), parte II, sez.3, [[section]] 5. Cfr. Théorie des fonctions analytiques (Parigi, 1813), parte III, cap. 7.

[32] Mechanica sive motus scientia analytice exposita [Meccanica ovvero scienza del moto esposta analiticamente] (Pietroburgo 1736), p. II, [[section]] 195.

[33] "Remarques sur le principe de la conservation des forces vives pris dans un sens général" (in Histoire de l'académie royale, Berlino 1748, pp. 356-366).

[34] Questa idea, invero per un altro ambito della fisica, è stata accennata da Clairaut, già prima di Lagrange. Egli, nel suo trattato sull'aspetto della Terra ( Théorie de la figure de la terre), apparso nel 1743, dimostrò che in un fluido si ha l'equilibrio solo quando la somma dei prodotti costituiti dalle componenti della forza e dagli elementi di traiettoria costituiscono un differenziale esatto.

[35] "Remarques générales sur les mouvements de plusieurs corps qui s'attirent mutuellement en raison inverse des carrés des distances" (in Histoire de l'académie royale, Berlino, 1777, p. 155).

[36] "Théorie des attractions des spheroides" (in Mémoires de l'Académie royale, Parigi, 1782); cfr. Traíté de mécanique céleste (Parigi, annata VII), vol. II, libro III.

[37] Cfr. c.VI, Oss.4.

[38 ]Hydrodynamica, I, 19: "è qui opportuno osservare in anticipo che, come la discesa di un dato corpo da una data altezza, comuuque avvenga, produce costantemente nel corpo la medesima forza viva, così pure un [solido n.d.t.] elastico oppure un fluido elastico, dopo che in qualsiasi modo sia stato ridotto da uno stato di tensione ovvero di condensazione, ad un altro, esso riceve sempre in sè la medesima forza viva e, viceversa con scambio opposto, (la) possa comunicare ad altro corpo."[in latino nel testo]

[39] Già due anni prima della comparsa del primo lavoro di Mayer, G.H. Hess pubblicò un trattato in cui il principio galileiano trovava per la prima volta applicazione anche nella Termochimica. Hess mostrava che lo sviluppo di calore collegato con un evento chimico è indipendente dal fatto "che l'evento si svolga in fasi successive oppure tutto in una volta." ("Thermochemische Untersuchungen" [Ricerche termochimiche], in Poggendorffs Annalen der Physik, vol. 50, 1840, pp. 385-404).

[40] Discours sur les loix de la communication du mouvement (Opera [sic! n.d.t.], Losanna-Ginevra, 1742, N. 135), cap. V, 5: "La forza viva, prodotta in un corpo ... è equivalente a quella parte di causa che si è consumata nel produrla, poiché ogni causa effettiva deve essere uguale al suo effetto pienamente eseguito."[in francese nel testo]

[41] Analogamente Thomas Young ha più tardi enunciato queste idee in una tesi storicamente molto interessante per la sua terminologia. In quasi tutti i casi, nei quali nella meccanica pratica si faccia uso di forze, il lavoro, che fu speso per la produzione di un movimento, sarebbe proporzionale all'energia ottenuta (A course of lectures on natural philosophy, Londra, 1807, p. 79: "In quasi tutti i casi di forze impiegate in meccanica pratica, il lavoro speso nel produrre qualsiasi movimento è proporzionale non al momento, ma all'energia che è ottenuta."[in inglese nel testo] Tuttavia Young intende per energia il prodotto della massa o del peso di un corpo per il quadrato della sua velocità (ib., p. 78: "Il termine energia può essere applicato con grande proprietà al prodotto della massa o peso di un corpo per il quadrato del numero che esprime la sua velocità."[in inglese nel testo])

[42] "Mémoire sur les roues hydrauliques" (in Mémoires de l'académie royale des sciences, Parigi, 1767, pp. 270-287).

[43] "Sur la plus grande perfection possible des machines" (in Mémoires de l'académie), Parigi, 1702, pp. 323-338).

[44] "Observations théoriques et expérimentelles sur l'effet des moulins à vent, et sur la figure de leurs ailes" (in Mémoires de l'académie, Parigi, 1781, pp. 65-81), [[section]] 20: "L'effetto di una macchina nella quale non vi sia né urto né attrito, è sempre proporzionale alla quantità di forza viva dispensata dall'agente che ha prodotto questo effetto."[in francese nel testo]

45 Queste lezioni apparvero in un primo tempo solo litografate; la prima edizione stampata, ad opera di Kretz, apparve solo nel 1874.

[46] Traité élementaire des machines, 1811.

[47] Résumé des lecons sur l'application de la mécanique, 1826.

[48] Géometrie et mécanique des arts et métiers, 1826.

[49] Come momento di attività di un dato corpo, Carnot intende il prodotto della sua quantità di moto per la proiezione, sulla direzione istantanea della velocità, della velocità nell'istante successivo (Principes fondamentaux de l'équilibre ed du mouvement, Parigi, 1803, [[section]] 65). Per il moto uniforme, quindi, il momento d' attività coincide con la forza viva (Princ. fond., [[section]] 66).

[50 ]Princ. fond., [[section]] 61, p. 39: "Chiamerò momento d'attività consumato da una forza motrice, il prodotto di questa forza per il percorso che descrive il punto ove essa è applicata, misurato nella direzione di questa forza." [in francese nel testo]

[51] Il momento d'attività consumato od utilizzato è quindi il prodotto della forza per l'elemento di traiettoria e per il coseno dell'angolo formato dalla direzione della traiettoria con la direzione della forza. Se invece il prodotto della forza per l'elemento di traiettoria viene moltiplicato per il coseno dell'angolo supplementare, quindi si cambia di segno il prodotto che rappresenta il momento d'attività consumato, si ottiene allora, secondo Carnot (Princ. fond., [[section]] 61), il "momento d'attività assorbito" (moment d'activité absorbé).

[52] Cfr. c.III, Oss. 11.

[53] Princ. fond., [[section]] 201, p. 181: "In ogni sistema di corpi il cui moto cambi di quantità trascurabili, la somma delle forze vive aumenta, durante un qualsiasi dato tempo, di una quantità sempre uguale al doppio del momento d'attività consumato nel medesimo tempo da tutte le forze motrici." [in francese nel testo] In forma meno chiara, Carnot esprime il principio già nel suo Essai géneral sur les machine ([[section]] XL, Oeuvres mathématiques, Basilea, 1797, p. 82).

[54] Carnot, attraverso l'introduzione del principio che porta il suo nome, ha conferito una maggiore chiarezza anche al principio di conservazione delle forze vive. Egli dimostrò infatti che nel caso dell'urto anelastico la somma delle forze vive prima dell'urto sarebbe uguale alla loro somma dopo l'urto, aumentata della somma delle forze vive che i corpi possiederebbero qualora si muovessero liberamente soltanto con la velocità perduta nell'urto (Princ. fond., [[section]] 175, p. 145: "Nell'urto dei corpi rigidi. . . Ia somma delle forze vive prima dell'urto è sempre uguale alla somma delle forze vive dopo l'urto, più la somma delle forze vive che avrebbe luogo se ciascuno dei corpi si muovesse liberamente con la sola velocità che esso ha perduta nell'urto." [in francese nel testo])

[55] Tuttavia nei suoi lavori successivi, Poncelet sostituì sempre questa denominazione con quella introdotta da Coriolis e parlò solamente di quantità di lavoro.

[56] Cours de mécanique (2a ed., 1828, [[section]] 9, p. 6): "l'accrescimento della forza viva è uguale al doppio della quantità d'azione impressa: ciò è vero anche quando sopravvengano degli urti o dei bruschi cambiamenti di velocità, purché si tenga conto delle forze molecolari che si sono sviluppate durante la reazione mutua dei corpi." [in francese nel testo]

[57] Mécanique industrielle, (Liegi, 1839), [[section]] 66, p. 42: "Dell'inerzia considerata come forza. - Abbiamo visto che quando una forza agisce, all'esterno di un corpo libero, per imprimergli un movimento o per distruggere quello che esso possiede, questo corpo reagisce od oppone una resistenza uguale e contraria alla forza: dovendo questa resistenza, questa reazione, essere considerata come un risultato dell'inerzia delle diverse particelle materiali del corpo, si vede che l'inerzia è una forza vera che si può mismare in pesi. Per un medesimo corpo la resistenza aumenta evidentemente col grado di velocità impressa o distrutta; vedremo più tardi che essa è esattamente proporzionale a questo grado, ed anche che essa aumenta con la quantità di materia racchiusa in ciascun corpo."[in francese nel testo]

[58] Cours de mécanique, [[section]][[section]] 13-14 (ed. 1874).

[59] Cours de mécanique, [[section]] 15, p. 17 (ed.1874): "Si avrà . . . la relazione

la quale esprime che: "la somma dei lavori elementari sviluppati sia dalle diverse forze che producono la modificazione del moto sia dalle forze d'inerzia che nascono da questa modificazione, è costantemente uguale a zero."[in francese nel testo]

[60] Accanto alle denominazioni già menzionate di moment d'activité (Carnot) e quantité d'action (Poncelet, ma anche Coulomb, Navier ed altri; cfr. c.VIII, Oss.78 e 83), pure taluni altri fisici, come Hachette (cfr. c.VIII, Oss.80), usarono il termine effet dynamique. La denominazione travail, a prescindere da alcuni fisici che usavano il termine solo occasionalmente, venne adottata da Dupin già contemporaneamente a Coriolis ( Géometrie et mechanique des arts et métiers, Parigi, 1826, vol.III, lez.XV, p. 471 e segg). Cfr. anche Poncelet, Cours de mécanique, [[section]] 6 (ed. 1874).

[61] Calcul de l'effet des machines (Parigi, 1829), p. III: "Mi sono permesso ancora una leggera innovazione chiamando forza viva il prodotto del peso per l'altezza dovuta alla velocità. Questa forza viva non è che la metà del prodotto che fino ad oggi è stato designato con quel nome, vale a dire la massa per il quadrato della velocità." [in francese nel testo]

[62] Traité de la mécanique (Parigi, 1844), [[section]][[section]] 23-24.

[63] Traité de la mécanique, [[section]] 26: "Essa (cioè questa equazione) ci insegna che per una durata qualunque del moto, la differenza tra il lavoro motore ed il lavoro resistente, dovuti alle forze applicate al punto materiale, è uguale all'accrescimento che ha preso la forza viva del mobile durante questo tempo." [in francese nel testo]

[64] Anche Carnot aveva già tentato - tuttavia in modo non ancora così esauriente come Poncelet e Coriolis - di applicare la formula del lavoro alla scienza delle macchine (Cfr. l'ultimo capitolo dei Principes fondamentaux).

[65] Cours de mécanique,[[section]] 10 (ed. 1828), [[section]] 29 (ed. 1876).

[66] Traité de la mécanique, [[section]] 58, pp. 114-115.

[67] Mécanique industrielle, p. VIII: "Il principio della trasmissione del lavoro comprende implicitamente tutte le leggi dell'azione reciproca delle forze sotto un enunciato che ne facilita infinitamente le applicazioni alla meccanica industriale, che si potrebbe chiamare la scienza del lavoro delle forze e che, dati i primi passi dei giovani allievi nello studio, si presenta ad essi come un assioma in qualche modo evidente di per sè, e la cui dimostrazione a loro sembra superflua, dato che essi hanno bene afferrato cosa s'intende per lavoro meccanico, quantità d'azione, e che per essi è chiaramente dimostrato che è questo lavoro che, ridotto in unità di una certa specie, rappresenta, nelle arti, la vera espressione dell'attività delle forze."[in francese nel testo]

[68] Traité de la mécanique, [[section]] 26: "Si potrebbe dunque chiamare la quantità il lavoro disponibile racchiuso nel corpo."[in francese nel testo]

[69] Mécanique industrielle, [[section]] 138:"L'inerzia della materia serve a trasformare il lavoro in forza viva e la forza viva in lavoro; . . . l'inerzia serve ad immagazzinare il lavoro dei motori convertendolo in forza viva, ed a restituirlo integralmente in seguito, allorché questa forza viva viene ad essere distrutta contro delle resistenze. "[in francese nel testo] Cfr. [[section]] 134.

[70] Col termine di lavoro immagazzinato, Poncelet intende sia l'effettiva energia cinetica come anche l'energia potenziale dello stato. Così l'acqua, racchiusa nel serbatoio di un mulino, rappresenta una determinata quantita di lavoro disponibile il quale, quando si faccia scorrere via l'acqua, si trasformerebbe in forza viva. La forza viva, acquistata dalla massa d'acqua nel suo movimento verso il basso, si ritrasformerebbe in una determinata quantità di lavoro allorché l'acqua aziona la ruota del mulino. (Mécanique industrielle, [[section]] 138: "L'acqua racchiusa nel serbatoio di un mulino rappresenta una certa quantità di lavoro disponibile che si cambia in forza viva allorché si apre la cateratta di ritegno: a sua volta la forza viva acquistata da quest'acqua, in virtù della sua caduta dal serbatoio, si cambia in una certa quantità di lavoro quando essa agisce contro la ruota del mulino ...") [in francese nel testo]

[71 ]Traité de la mécanique, [[section]] 25: "Si può dire che il lavoro , dovuto alle forze motrici applicate al punto mobile durante tutta la durata del movimento fino alla sua estinzione, è trasmesso tutto intero ai punti materiali che hanno prodotto le forze resistenti."[in francese nel testo]

[72] Cfr. c.II, Oss.31.

[73] Traité de la mécanique, [[section]] 59: "Si può paragonare la trasmissione del lavoro mediante le macchine allo scorrimento di un fluido che si diffonderebbe nei corpi passando dall'uno all'altro attraverso i punti di contatto; esso si dividerebbe in più correnti, nel caso in cui un solo corpo ne urti parecchi; si formerebbe, al contrario, la riunione di più correnti, nel caso in cui parecchi corpi ne urtassero uno solo. Questo fluido potrebbe inoltre accumularsi entro certi corpi e rimanervi in riserva finché nuovi contatti, o dei contatti con scorrimento più considerevole, non ne facessero uscire una maggiore quantità: questo lavoro di riserva, che noi qui assimiliamo ad un fluido, è ciò che abbiamo chiamato forza viva. Proseguendo sempre questo paragone, una macchina, nel senso ordinario del moto, è un insieme di corpi in movimento disposti in modo da formare una specie di canale attraverso il quale il lavoro prende il suo corso per trasmettersi, il più integralmente possibile, sui punti dove ce n'è bisogno."[in francese nel testo]

[74] Calcul de l'effet des machines, [[section]] 25, p. 26: "Risulta, da quanto abbiamo detto finora, che ciò che noi abbiamo chiamato lavoro è una quantità che non può aumentare coll'impiego delle macchine: queste sono destinate ad aumentare o diminuire sia la forza sia il percorso descritto; a ripartirli in parecchie porzioni, a modificare le loro posizioni e le loro direzioni; in una parola, a variare tutto ciò che costituisce una forza ed un percorso, ma senza potere mai aumentare il lavoro."[in francese nel testo]

[75] Ib.: "La porzione di questa quantità che le macchine possono riprodurre differisce tanto meno da quella che esse hanno ricevuto, quanto meno sono da considerare gli attriti. Se si supponesse di poter costruire delle macchine senza attrito, si potrebbe allora dire che il lavoro è una quantità che non si perde."[in francese nel testo]

[76] Mécanique industrielle, [[section]] 140, p. 104: "Siccome la porzione di velocità o di forza viva, distrutta nell'urto, è stata realmente impiegata a vincere certe resistenze molecolari, e di conseguenza a produrre un certo lavoro, noi avremmo potuto dire che la forza d'inerzia restituisce integralmente la quantità di lavoro che è stata spesa per metterla in gioco: solamente che qui capita che una parte di questo lavoro è, in certi casi, estranea all'opera che si tratta di produrre realmente, o non è affatto considerata come facente parte dell'effetto utile . . ."[in francese nel testo]

[77] Cfr. c.III, Oss.7.

[78] "Résultats de plusieurs expériences destinées à déterminer la quantité d'action que les hommes peuvent fournir pvr leur travail journalier suivant les différentes manières dont ils employent leurs forces" [Risultati di parecchi esperimenti destinati a determinare la quantità d'azione che gli uomini possono fornire per il loro lavoro giornaliero secondo i diversi modi in cui essi impiegano le loro forze] in Mémoires de l'Institut II, 1799, pp. 380-428.

79 Traité élementaire des machines (2a ed., Parigi, 1819), [[section]] 23, pp. 16-17.

[8]0 Calcul de l'effet des machines (Parigi, 1829), p. III.

[81] Cfr. c. IX, Oss.20.

[82] Cours de mécanique (Parigi, 1874), sez. I, [[section]] 6.

[83] Resume des leçons sur l'application de la mecanique (Parigi, 1826), p. III, c. XI, pp. 264-265.

[84] Géometrie et mécanique des arts et métiers, (Parigi, 1826), vol. III, lezione XV, p. 487.

[85] Essenzialmente piu recente dell'unità e della misura della forza è il suo nome odierno di "energia". Questo termine, che nella scienza compare per la prima volta nel sistema filosofico di Aristotele (col significato corrispondente ad "attualità") è stato comunque già usato da taluni fisici in tempi remoti. Così, Johann Bernoulli in una lettera a Varignon (1717) chiamava energia il prodotto di una forza per la proiezione di una traiettoria sulla sua direzione (Varignon, Nouvelle mécanique, Parigi, 1725, vol. II, p. 174), e Young usava il termine energia nel senso di "forza viva" (cfr. c. VIII, Oss.41). Tuttavia il termine trovò una diffusione generale - precisamente col suo odierno significato - dopo la comparsa del trattato di Rankine "On the general law of the transformation of energy" (in Philosophioal Magazine, (4) 5,1853, pp. 106-117).

[86] Questo trattato venne presentato da Helmholtz nella seduta della Società di Fisica di Berlino il 23 luglio 1847. Esso appanve a Berlino nel 1847 e venne riprodotto in Klassikern der exakten Wissenschaften di Ostwald (vol. 1).

[87] C&. c. IV, Oss. 26.

[88] Infatti questa derivazione riesce ad Helmholtz solo per vie traverse attraverso l'ipotesi che tutte le forze in natura siano forze centrali. Questa ipotesi sorge, per Helmholtz, dalla non-creabilita della forza, mentre dall'unica esistenza delle forze centrali seguirebbe, a sua volta, l'indistruttibilità della forza. Ma ora già nell'anno 1848 Wilhelm Weber (in Poggendorffs Annalen der Physik, LXXIII, 1848, p. 193) aveva mostrato che anche le forze elettrodinamiche da lui ipotizzate soddisfacevano al principio di conservazione della forza, nonostante che esse dipendessero non solo dalla distanza ma anche dalla velocità e dall'accelerazione .

[1] Il principio di conservazionc dell'energia meccanica ed anche la sua extensione al fcnomeno dell'urto anelastico furono ottenuti per via quasi interamente deduttiva. Rumford e Fresnel, invece, vennero indotti alle loro estensioni del principio di conscrvazione della forza attraverso le loro indagini sperimentali.

[2] "Frigorific cxpcriments of the mechanical expansion of air" in Philosophical Tranlactions, 1788.

[3] "Experimcnts and observations on the heat and cold produced by the mechanical condensation and rarefaction of air" in Manchester Phil. Soc. Mem., V, 1802, pp. 515-526.

[4] "Mémoire sur la détermination de la chaleur spécifique des différens gaz" in Annales de chimie et de phisique, LXXXV, 1813, pp. 72-110, 113-182.

[5] Marcet, "Recherches sur la chaleur spécifique des gaz" (in collaborazione con A. de la Rive) in Annales de chimie et de phisique, XXXV, 1827, pp. 5-34; XLI, 1829, pp. 78-92; LXXV, 1840, pp. 113-144.

[6] "Recherches sur la chaleur spécifique des corps simples et composées" in Annales de chimie et de phisique, LXXIII, 1840, pp. 5-72; seir III, T. I, 1841, pp. 129-207 e IX, 1843, pp. 322-349.

[7] "Premier essai pour déterminer les variations de température qu'eprouvent les gaz en changeant de densité, et considérations sur leur capacité pour le calorique" in Mémoires de la societé d'Arcueil, I, 1807, pp. 180-204.

[8] Clément e Désormes, "Détermination experiméntelle du zéro absolu de la caleur et du calorique spécifique des gaz" in Journal de phisique, LXXXIX, 1819, pp. 428-455.

[9] "Sur la vitesse du son dans diverses substances" in Annales de chimie et de phisique (2) III, 1816, pp. 238-241. "Sur la vitesse du son", ib., XX, 1822, pp. 266-268. Cfr. Traité de mécanique céleste, vol. V, 1825.

[10] La formula di Newton assegna alla velocità di propagazione il valore dove g indica l'accelerazione di gravità, h l'altezza barometrica, s1 il peso specifico del mercurio ed s quello del gas, entrambi relativi all'acqua.

[11] "Recherches sur la chaleur spécifique des fluides élastiques" in Annalel de chimie et de phisique, XLI, 1829, pp. 113-158.

[12] "Bemerkungen Über die Kräfte der unbelebten Natur" [Osservazioni sulle forze della natura inanimata] (in Mechanik der Warme, edito da Weyrauch, Stoccarda, Stoccarda, 1893), p. 29

[13] Die organische Bewegung (edito da Weyrauch), p. 55: "Un centimetro cubico di aria atmosferica a 0deg. e 0, 76m di barometro, pesa 0, 00139; riscaldata di 1deg. a pressione costante, l'aria si dilata di 1/274 del suo volume, e quindi solleva di 1/274cm una colonna di mercurio di base 1 centimetro quadrato ed altezza 76cm. Il peso di questa colonna ammonta a 10339. Il calore specifico dell'aria atmosferica a pressione costante, posto quello dell'acqua = 1, è, secondo Delaroche e Bérard = 0,267; la quantità di calore che il nostro centimetro cubico assorbe per passare da 0deg. a 1deg. a pressione costante è quindi uguale al calore con cui 0,0013 x 0,267 ovvero 0,0003479 di acqua vengono aumentati di 0deg.. Secondo Dulong, cui fa seguito su questo punto la maggioranza dei fisici, la quantità di calore aszorbita dall'aria a volume costante sta a quella assorbita a pressione costante nel rapporto 1: 1,421; su questa base la quantità di calore che, a volume costante, aumenta di 1deg. il nostro centimetro cubico di acqua, viene calcolata 0,00037/1,421= 0,000244deg. Di conseguenza è con il dispendio della differenza 0,000347--0,000244 = 0, 000103deg. di calore, che il peso P = 10339 viene sollevato di h = 1/274cm. Per conversione da queste cifre si trova allora

(Coll'utilizzo dei valori trovati da Régnault, Mayer avrebbe ottenuto per l'equivalente il valore 425gm.)

[14] Über die Wärme und Elastizität der Gaae und Dämpfe (Mannheim 1845), [[section]] 1, p. 7.

[15] ib [[section]] p. 8.

[16] ib., [[section]] 8, p. 12.

[17] "On the changes of temperature produced by the rarefaction and condensation of air", in Philosophical Magazine, (3) 26, 1845, pp. 369-383.

[18] Réflexions sur la puissance motrice du feu, p. 82.

[19] Carnot, nel suo trattato, riporta ancora altri due dati: 1000 unità di calore, agendo sul vapor d'acqua, nel passaggio da un corpo mantenuto a 100deg. ad un altro a 99deg. produrrebbero 1,112 unità di forza motrice; agendo su vapor d'acqua tra 1deg. e 0deg., 1, 290 unità di forza motrice (Réflexions, p. 84 e 86). Dal primo dato risulterebbe per l'equivalente meccanico del calore il valore di 414kgm, dal secondo il valore di 353kgm.

[20] Réflexions sur la puissance motrice du feu, (Parigi, 1878), p. 95: "In seguito ad alcune idee che mi sono formato sulla teoria del calore, la produzione di un'unità di potenza motrice necessita la distruzione di 2,70 unità di calore .... ogni unità di potenza motrice, o dynamia, rappresenta il peso di 1 metro cubo d'acqua sollevato ad 1 metro d'altezza." [in francese nel testo]

[21] La deterrninazione dell'equivalente del calore, da parte di Carnot, deve cadere tra il 1824 (anno della pubblicazione delle ReflezionJ) ed il 1832 (anno della morte di Carnot).

[22] De l'influence des chemins de fer (Parigi 1839), p. 389.

[23] "Note à l'appui de l'opinion émise par Mr. Joule sur l'identité du mouvement et du calorique", in Comptes rendus XXV, 1847, pp. 420-422.

[24] Séguin nel suo lavoro fornisce anche l'indicazione imprecisa che la quantità di calore che una quantità di vapore fornirebbe per un raffreddamento di 20deg., sarebbe all'incirca la trentesima parte di quella quantità di calore necessaria per produrre la stessa quantità di vapore dall'acqua liquida. Ora, da questo dato, Tait, utilizzando la tabella di Séguin, calcola un equivalente di 650kgm ("On the history of thermodynamics" in Phil. Mag., (4) 28, 1864, p. 288). Già prima, Joule, dai dati forniti dalla tabella di Séguin, aveva calcolato l'equivalente del calore in 363kgm ("Note on the history of the dynamical theory of heat" in Phil. Mag., (4) 24, 1862, pp. 121-122), tuttavia lui stesso ammise più tardi che il suo calcolo era affetto da un errore, in quanto egli nella tabella di Séguin aveva scambiato gradi con calorie (Phil. Mag., (4) 28, 1864, p. 150).

[25] "An enquiry concerning the source of the heat which is excited by friction" in Philosophical Transactions, 1798, pp. 80-102.

[26] Joule, più tardi, ha cercato di dimostrare ("On the mechanical equivalent of heat" in Philosophical Transactions, 1850, pp. 61-82) che Rumford per primo avrebbe calcolato l'equivalente meccanico del calore; è questa un'opinione che uno storico che ragioni con obiettività - per Joule si trattava soprattutto di sminuire i meriti di Mayer - non può condividere. Secondo Rumford infatti il calore prodotto dal trapano nell'arco di due ore e mezza sarebbe in grado di portare all'ebollizione 26,58 libbre di acqua alla temperatura del ghiaccio ed annota, solo di passaggio, che "il trapano si sarebbe anche potuto azionare facilmente con un cavallo, anche se, per alleggerire il lavoro, i cavalli impiegati sono stati due" ("Enquiry" in Phil. Trans., 1798, p. 95: "il macchinario usato nell'esperimento poteva facilmente essere messo in rotazione dalla forza di un cavallo (sebbene, per rendere più leggero il lavoro, i cavalli impiegati furono effettivamente due.)"[in inglese nel testo] Naturalmente Rumford, con queste parole, era ben lungi dall'intenzione di fornire un'indicazione con la stessa precisione come gli altri dati. Joule, comunque, crede di poter senz'altro concludere dalle osservazioni di Rumford, che questi pose la summenzionata quantità di calore uguale al lavoro fornito nel tempo di 2 ore e 1/2 da un valore di 33000 libbre x piede al minuto (in quanto tale aveva stimato Watt la potenza di un cavallo). Rumford quindi, secondo Joule, avrebbe determinato l'equivalente meccanico del calore in 1034 libbre x piede (riferito ai gradi Fahrenheit) ovvero, secondo la nostra misura odierna, 567k9m.

[27] "Sur la chaleur produite par le frottement", in Journal de PhyJsique, LXV, 1807, p. 16-27.

[28] "Di alcuni sperimenti sull'eccitamento del calorico mediante la confricazione dei corpori" Milano, Memorie dell'I.R. Istituto del Regno Lombardo- Veneto, III, 1824, pp. 137-147.

[29] Colding pubblicò dapprima i risultati delle gue indagini (1843) nei trattati della Reale Società in Copenhagen sotto il titolo Nogle Soetninger om Kroefterne. Circa la storia della sua scoperta riferisce Colding stesso nell'Anno 1864 nel Philosophical Magazine (cfr. c. II, Os9. 38).

[30] "On the calorific effects of magneto-electricity" cfr. c. II, Oss. 38.

[31] "On the existence of an equivalent relation between heat and the ordinary forms of mechanical power" in Philosophiacal Magazine, (3) 27, 1845, pp. 205-207.

[32] "On the mechanical equivalent of heat, as determined by the heat evolved by the friction of fluids" in Phil. Mag., (3) 31, 1847, pp. 173-176.

[33] "On the mechanical equivalent of heat" in Philosophical Transactions, 1850, pp. 61-82.

[34] Joule, con questi esperimenti, perseguiva anche lo scopo di stabilire le relazioni che intercorrono fra l'intensità della corrente ed il calore da essa sviluppato. Già nell'anno 1841 egli dimostrava sperimentalmente che il calore prodotto dalla corrente sarebbe proporzionale al prodotto della resistenza per il quadrato dell'intensità della correntc ("On the heat evolved by metallic conductors of electricity, and in the cells of a battery during electrolysis" in Phil. Mag., (3) 19, 1841, pp. 260-277). - Prima di Joule, solo Davy aveva intrapreso importanti esperimenti sullo sviluppo galvanico di calore. Costui, nell'anno 1821, trovò che metalli diversi, di uguale lunghezza e spessore, si riscaldavano diversamente, ed in base a questi esperimenti ordinò i metalli secondo la loro conducibilità ("Further researches on the magnetic phenomena produced by electricity; with some new experiments on the properties of electrified bodies in their relations to conducting powers and temperature" in Philosophical Transactions, 1821, pp. 425-440). - Che la quantità di calore prodotta nella scarica elettrostatica sia proporzionale al quadrato della quantità di elettricità, era già stato sperimentalmente dimostrato da Riess nell'anno 1838 ("Über die Erwärmung im Schliessungsbogen der electrischen Batterie" [Sul riscaldamento nell'arco di scarica della batteria elettrica], in Poggendorffs Annalen der Physik, XLIII, 1838, pp. 47-87).

[35] "On the calorific effects of magneto-electricity and on the mechanical value of heat" in Phíl. Mag., (3) 23, 1843 (pp. 263- 270, pp. 347-355, pp. 435-440). p. 441: "La quantità di calore in grado di accrescere la temperatura di una libbra di acqua di un grado della scala Fahrenheit è uguale a, e può essere convertita in, una forza meccanica in grado di sollevare 838 libbre all'altezza perpendicolare di un piede."[in inglese nel testo]

[36] Secondo la misura in uso oggi, questo darebbe per l'equivalente il valore di 460kgm/1kca1.

[1] La graduale edificazione del principio dell'energia e lo sviluppo delle idee fondamentali in esso riunite è illustrato nelle Tavole inserite in questo capitolo.

[2] I Comptes rendus riportarono, per la prima volta negli anni 1847-1849 (vol. da 25 a 29) in una serie di lettere, una polemica fra Joule e Mayer, nel corso della quale Joule faccva riferimento anche alla. produzione di Rumford, di Davy e, particolarmente, di Séguin, Per demolire le pretese di priorità di Mayer. Lo spunto per l'insorgere di una nuova polemica venne offerto da una conferenza tenuta da Tyndall nell'anno 1862 nella quale egli indicava i meriti di Robert Mayer (Philosophical Magazine, [4] 24, 1862, pp. 173-176). Al tentativo di Tyndall di far conoscere anche in Inghilterra la produzione di Mayer si opposero nel modo più deciso Thomson e Tait in un articolo che essi pubblicarono in un periodico religioso molto diffuso, del tutto estraneo alla fisica, sotto la rubrica "Good Words"; quivi essi respingevano ogni merito di Mayer e Celebravano Joule come fondatore della legge dell'energia. Questo articolo condusse ad una polemica, protratta per lungo tempo, ed anche non priva di offese personali, tra Tyndall e i due figici Thomson e Tait (Phil. Mag., 1863-1864; cfr. anche lo Sketch of Thermodynamics di Tait, Londra, 1868). La polemica raggiunse il suo culmine colla scoperta di Tait, di piena soddisfazione per il 'patriottismo scientifico', che il vero scopritore della legge dell'energia fosse l'inglese Newton (cfr. c. V, Oss.15). Sull'altro lato stavano, di fronte alle pubblicazioni di Tait, alcuni lavori i quali cercavano, in modo altrettanto astioso, di porre in dispregio le produzioni di Joule e di Helmholtz, come Tait faceva per i lavori di Mayer (cfr. p. es., Eugen Dühring, Robert Mayer, der Galilei des 19. Jahrhunderts, Chemnitz 1880; un libro meritevole di un certo interesse soltanto Come abbondante raccolta d'insulti). - Colding avanzava le sue pretese di priorità solo nell'anno 1864. Holtzmann non ha mai Contrastato la priorità di Mayer (cfr. la sua Mechanische Wormetheorie, Stoccarda 1866), tanto meno Mohr (cfr. la sua Allgemeine Theorie der Bewegung, Braunschweig 1869, pp. 80-84). Helmoltz non ha apprezzato molto la produzione di Mayer, tuttavia ha riconosciuto appieno i meriti di Joule nel fondamento sperimentale dell'energetica.

[3] A Séguin ed Holtzmann spetta invero solo il merito di aver configurato in maniera più esatta una precedente formulazione del principio dell'energia che era già stata avanzata da Rumford. Anche a Colding, le cui pubblicazioni, del resto, avevano già preceduto il primo lavoro di Mayer e l'articolo di Mohr, mancava ancora una sintesi panoramica di tutte le idee importanti per la legge dell'energia.