APPENDICE

ANALISI STORICA DEL PRINCIPIO DELL'ENERGIA

(Conferellza tenuta all'80a Assemblea dei medici e ricercatori della natura, Colonia 1908; riprodotta dagli Ostwalds Annalen der Naturphilosophie, vol. VII, 1908.)

Da tre motivi, che in tutti i tempi costituirono le più potenti molle motrici della ricerca scientifica, sono scaturite le idee che appaiono riunite nel massimo principio della fisica moderna, nel principio di conservazione dell'energia. L'individuare il permanente nel mutare dei fenomeni, l'invariabile in mezzo a tutte le variazioni, fu fin dai tempi più antichi un problema fondamentale della filosofia della natura; ma tutto il pensiero umano è caratterizzato dallo sforzo di porre in una connessione, la più stretta possibile, la molteplicità dei fenomeni che si offrono alla nostra percezione, ed in tal modo proiettare, per così dire, nel mondo esteriore l'unità del nostro mondo interiore.

Attraverso questi due motivi sono anche definiti i supremi traguardi ai quali la fisica dovette aspirare durante il suo sviluppo. Nella fissazione di quelle grandezze che si rivelano come invarianti di fronte alle molteplici variazioni di altri valori, trova la sua espressione fisica l'idea della costanza; ma il bisogno di unità dello spirito indagatore trova il suo appagamento nella nozione dell'unitarietà e dell'omogeneità che concatenano fra loro i più diversi fenomeni della natura.

Una posizione intermediatrice fra l'idea della costanza e quella dell'unità è occupata dal terzo motivo dell'energetica. E' l'idea della compensazione, la quale, attraverso il più accurato rilevamento delle relazioni intercorrenti fra causa ed effetto, rappresenta propriamente una forma più precisa dell'idea universale della causalità.

L'idea della costanza, alla quale toccò il ruolo più importante nell'edificazione del principio dell'energia, appare prima fra tutti nell'idea ancora indefinita della conservazione della sostanza, nella quale dobbiamo scorgere l'origine comune dei principi di conservazione della forza e di conservazione della materia. Tuttavia, siccome nei tempi più remoti la materia appariva quasi senza eccezioni come sostanza, l'energia invece, nella forma di moto o facoltà d'azione, appariva come uno stato della sostanza, cominciò allora così dapprima, e precisamente già nella filosofia ellenica, a svilupparsi il principio della costanza della materia, dal quale solo più tardi venne diramandosi il principio dell'energia.

Infatti quanto più chiare, attraverso la progressiva evoluzione del concetto di sostanza, divennero le relazioni esistenti tra sostanza e forza, tanto più chiaramente si dovette riconoscere la necessità di una integrazione della quale abbisognava il principio di conservazione della materia. Ma un'integrazione essenziale poteva essere costituita soltanto da un'ipotesi, di per sè analoga a questo principio, la quale evidenziava l'invariabilità dello stato più importante della materia: la conservazione del suo stato di attività. Ora, siccome l'espressione più appropriata e semplice dell'attività della materia riguardava il suo movimento, così anche il principio di conservazione della forza appare, nella sua forma originaria, come concetto della costanza degli eventi meccanici.

Il caso più semplice in cui questo concetto può evidenziarsi è rappresentato da un singolo moto oppure da un sistema di moti singoli coesistenti ma indipendenti l'uno dall'altro. Applicata a sistemi di tale genere, l'idea della conservazione della forza appare, già nell'antichità, accennata in due diverse ipotesi, una delle quali aveva per contenuto l'indistruttibilità degli eventi astronomici, mentre l'altra affermava l'eternità del moto degli atomi. Un'espressione chiara e di validità universale per l'ipotesi della conservazione del moto singolo si ritrova nella legge dell'inerzia, che rappresenta il più semplice caso particolare del principio dell'energia.

Il progressivo riconoscimento del potere di persistenza dovette ora ben presto condurre ad una generalizzazione della legge dell'inerzia. Infatti, se il moto di un singolo corpo, abbandonato a sè stesso, rimane invariato, era allora evidente l'idea che anche la totalità di moti, presente in un universo da considerarsi chiuso, non fosse suscettibile nè di aumento nè di diminuzione.

Ma in questa forma allargata, l'idea della costanza non poteva lasciare fuori considerazione le interazioni esistenti fra i singoli moti; in tal modo essa doveva condurre alla prima e più semplice applicazione dell'idea della compensazione. Infatti l'apparente contraddizione esistente tra l'ipotesi allargata e le variazioni meccaniche continuamente osservabili, potè essere risolta solo attraverso l'idea che ad ogni diminuzione da una parte corrispondesse un aumento di uguale entità dall'altra; solo in seguito a questa premessa era possibile l'idea che la forza motrice, che appare legata alle singole parti della materia ma in queste sottoposta a continue variazioni, rappresentasse comunque una grandezza invariabile nella sua totalità.

Il compito successivo della fisica consisteva ora nel fissare una grandezza, matematicamente definibile ed altrettanto misurabile come la quantità di sostanza, nella cui invarianza l'idea della conservazione, allargata dall'idea della compensazione, potesse trovare un'esatta espressione. Alle due soluzioni, cui condusse il problema della misurazione esatta della forza, corrispondono anche le due leggi meccaniche di conservazione. La più remota, formulata da Cartesio, scorgeva la conservazione della forza nell'invariabilità della somma delle quantità di moto; l'altra legge, fondata da Leibniz, appare, come principio di conservazione della forza viva, per lungo tempo come l'effettivo sostegno delle idee energetiche. Infatti, quantunque questo principio esprimesse originariamente solo la costanza della forza nel caso dell'urto elastico, esso subì tuttavia presto un'essenziale estensione sotto l'influsso delle idee che scaturivano dal concetto della compensazione e che trovavano un'espressione determinata in tre ipotesi: nel concetto delle forze latenti, nel principio dell'impossibilità di un perpetuum mobile e nel principio fondamentale dell'uguaglianza di causa ed effetto.

Alla base di queste ipotesi risiede il comune concetto che una connessione di causa debba esistere tra il deperire ed il sorgere nella natura. L'ipotesi della forza latente risultava ora dalla necessità di estendere questo concetto anche a quei casi in cui una distruzione ed una creazione di forza effettiva fossero fra loro separate nel tempo. Il concetto di forza cinetica viene, attraverso questa ipotesi perfezionata in special modo da Leibniz, esteso al concetto di energia meccanica; il principio di conservazione della forza è d'ora in poi applicabile anche a quelle variazioni che non siano riconducibili ad urti; ma dalla riunione di tutti questi deriva il concetto di lavoro, il quale ben presto conduce ad una chiara formulazione delle trasformazioni energetiche nell'ambito della meccanica.

Nel principio dell'impossibilità di un perpetuum mobile si rese evidente la non-creabilità dell'energia, il cui riconoscimento precedette la determinazione dell'indistruttibilità, allo stesso modo come nel caso particolare della legge dell'inerzia. Il principio stesso appare in due forme diverse, che corrispondono alla distinzione tra perpetuum mobile mechanicum e perpetuum mobile physicum. Nella prima forma, introdotta specialmente da Huygens e Leibniz, esso afferma che è impossibile che un moto si conservi eternamente da solo e per di più possa dalle una produzione di altro genere. Nelle seconda forma, esso è esteso a tutto il campo della fisica ed afferma, in modo del tutto universale, che nessuna forza può sorgere senza una compensazione di altro genere. Carnot, per primo, ha applicato il principio nella termodinamica, Roget, per primo, in elettrologia nella battaglia contro la teoria galvanica del contatto.

Dal principio fondamentale dell'impossibilità di un moto perpetuo risultò, attraverso un'ovvia estensione, il principio dell'uguaglianza di causa ed effetto, il quale appare, specialmente presso Leibniz ed anche presso Robert Mayer, come punto di partenza delle loro considerazioni energetiche e costituisce il legame più importante tra l'idea della costanza e quella della trasformazione.

L'idea fisica dell'unità, dalla quale scaturì quella della trasformazione, appare in quattro forme principali, le quali corrispondono ai suoi diversi stadi di sviluppo. La fisica considera i singoli fenomeni della natura dapprima come analoghi, poi come affini, più tardi come identici ed infine trasferisce l'identità accertata fra i singoli fenomeni all'insieme di tutti i fenomeni, attraverso l'ipotesi di una forza unitaria universale.

Il convincimento che molteplici analogie esistano tra i diversi rami della fisica, venne anzitutto in evidenza attraverso la trattazione matematica comune di fenomeni apparentemente del tutto eterogenei. Così, la fisica trasferì ben presto metodi e risultati della meccanica a tutti gli altri campi della scienza della natura; essa riconobbe la coincidenza delle leggi acustiche ed ottiche, ed infine, colla teoria delle forze che agiscono in rapporto quadratico inverso con la distanza, creò un comune fondamento teorico per i fenomeni della gravitazione, del magnetismo e dell'elettricità.

natura trovò la sua espressione nell'ipotesi di un principio interpretativo fisico unitario, per la cui individuazione si impegnarono quasi tutti i più importanti filosofi studiosi della natura. Essi perfezionarono o il concetto di un substrato unitario dei fenomeni, come già molti antichi pensatori e più tardi specialmente Cartesio ed Eulero, oppure l'idea di una comune origine dei fenomeni, come Boscowich; oppure ancora, come gli atomisti, riunirono entrambe le assunzioni nell'ipotesi che un continuo movimento sia immanente nella sostanza unitaria.

L'ipotesi ulteriore che i singoli fenomeni della natura siano non soltanto affini fra loro, ma addirittura identici, ebbe il suo perfezionamento espressamente in quattro teorie: nella subordinazione, già verificata nell'antichità, dell'acustica alla meccanica, nella teoria meccanica del calore, fondata da Francis Bacone ed, infine, in due teorie, configurate specialmente da Ampère, una delle quali cercava di ricondurre i fenomeni magnetici a quelli elettrici, mentre l'altra esprimeva l'identità del calore raggiante con la luce.

Siccome l'ipotesi di una piena identità tra tutti i fenomeni della natura stava in un contrasto troppo vistoso con la loro evidente multiformità, questo concetto, al quale d'altronde aveva condotto l'idea unitaria nella sua evoluzione conclusiva, dovette essere sostituito con un'altra ipotesi. Si trattava dell'ipotesi, perfezionata specialmente da Faraday, che tutti i fenomeni fisici avessero una origine comune, e da ciò che tutte le forze nella natura fossero solo i diversi modi di apparire di un'unica grande forza universale e, come tali, fossero anche trasformabili l'una nell'altra. L'idea unitaria, attraverso la sua fusione con quella della costanza, conduce così all'ipotesi più importante dell'energetica moderna: all'ipotesi che tutte le forme di energia siano fra loro equivalenti e quindi trasformabili l'una nell'altra in rapporti costanti.

Il primo impulso allo sviluppo di questo concetto è fornito dal contrasto che intercorre tra l'affermata invariabilità della forza viva e la realtà dell'urto anelastico. All'eliminazione del contrasto serve l'ipotesi, fondata da Leibniz, di una energia interna dei corpi; infatti i fisici, che consideravano questa energia molecolare come cinetica oppure anche come potenziale, la facevano sorgere, nel caso dell'urto anelastico, in una quantità tale da essere esattamente uguale alla perdita di forza viva. L'idea della trasformazione subisce un'estensione essenziale attraverso il progressivo sviluppo del principio di conservazione della forza viva. Le vibrazioni delle molecole dei corpi, e successivamente anche quelle dell'etere, vengono incluse nell'energia cinetica totale dell'universo e, col riconoscimento di questi moti come calore e luce, appare ormai accertata la trasformazione equivalente reciproca tra tre forze della natura. Rumford per primo afferma allora la costanza della somma dell'energia meccanica e termica, e nella formulazione di Fresnel il principio di conservazione comprende, per la prima volta, la meccanica, la termologia e l'ottica. Sotto l'influsso dei brillanti progressi fatti dalla fisica sperimentale nei primi decenni del XIX secolo, si completa l'estensione dell'idea della trasformazione a tutto l'ambito della fisica. Faraday e Mohr furono i primi che applicarono il principio di conservazione alle trasformazioni delle forze magnetiche, elettriche e chimiche.

Ma chi sia da considerare come il verso scopritore della più recente energetica, se in particolare Mayer, Joule o Helmholtz, è una questione molto discussa, tuttavia del tutto superflua. Infatti come il principio dell'energia è destinato a dominare come legge suprema tutti i fenomeni fisici, e come tale deve riunire in sè tutti i motivi più importanti della ricerca nella natura, così esso sarebbe in grado di acquisire un aspetto chiaro e duraturo solo attraverso l'influenza di tutti e tre i metodi ai quali la fisica deve il suo sviluppo. La fondazione dell'energetica moderna potè essere solo il conlune lavoro del filosofo speculatore della natura, dell'empirico sperimentatore e del teorico analizzatore.