NOTE

 

(l) Ritorna il tema della fisica newtoniana: ricerca della legge della forza.

Da notare l'uso senza problemi del concetto di fluido sia elettrico che magnetico e l'accostamento dei fenomeni elettrici e magnetici. Il legame tra questi due tipi di fenomeni riguarda la forma matematica della legge, la dipendenza da r-2, non prefigura certo un'osservazione di tipo interazione elettricità-magnetismo prima di Oersted, da cui Coulomb è quanto mai lontano.

(2) Richiama la precedente memoria per sottolineare l'utilità della bilancia là presentata nella "assai precisa" determinazione della dipendenza della forza repulsiva tra due sfere cariche dall'inverso del quadrato della distanza.

Quella determinazione non è però esaustiva delle possibili forze d'interazione tra corpi carichi e quindi Coulomb si accinge a verificare se vale la medesima legge anche nel caso attrattivo.

Questa esigenza ci appare superflua, tanto siamo abituati a considerare unica l'interazione tra corpi carichi, ma non bisogna scordare che Coulomb è un innovatore: non ha elementi per assimilare a priori i due tipi di forza.

La bilancia presenta però degli inconvenienti pratici per questa nuova verifica: vediamo quali.

(3) La difficoltà sperimentale è quella di impedire alle due sfere che si attraggono di finire l'una addosso all'altra azzerando l'interazione. La causa di questo comportamento va ricercata nelle diverse dipendenze dalla distanza della forza elettrica e di quella di torsione: mentre l'una dipende dal quadrato della distanza, l'altra dalla sua prima potenza.

Così se la seguente è una condizione di equilibrio:

Fe1 Ft1
| | |
d=4
|Fe1|=| Ft1|

dimezzando la distanza, Fe quadruplica mentre Ft raddoppia solamente in modo tale che la forza elettrica attrattiva ha il sopravvento.

Fe2 Ft2

|

d=2 Fe2 = 4Fe1

;

Ft2 =2Ft1

La soluzione di frapporre una sostanza isolante è immediatamente scartata da Coulomb per le non trascurabili alterazioni di carica dovute al contatto con questa sostanza.

(4) Si propone di spiegare con maggiori dettagli le difficoltà incontrate nel caso dell'attrazione e contemporaneamente di precisare i limiti entro cui è necessario stare per eseguire esperienze significative.

(5) In questo caso la natura del lavoro di Coulomb è ancora più evidente: viene infatti esplicitamente ipotizzato che la forza attrattiva abbia il medesimo andamento di quella repulsiva.

(6) Che cosa è la "massa elettrica" ? Coulomb la introduce qui per la prima volta, ma non si preoccupa minimamente di precisare di cosa si tratti; vediamo comunque come la usa.

(7) Ecco qui, finalmente, la "legge di Coulomb"! E' assai simile a quella che conosciamo; ed ecco il "prodotto delle masse elettriche" delle sfere al numeratore.

Ma da dove è stato ricavato questo numeratore? Non certo da qualche esperimento precedente, giacché la "massa elettrica" non solo non era misurabile per Coulomb, ma neppure, come abbiamo visto, definita.

Quello che ci aiuta a capirne l'origine è il termine usato: massa. E' dunque per analogia all'interazione gravitazionale che al numeratore della formula della forza c'è quel D. Ecco allora un'altra ipotesi dettata da quello schema concettuale newtoniano entro cui lavora e da cui trae ispirazione Coulomb. C'è però una differenza non trascurabile tra l'ipotesi che riguarda il numeratore e quella che riguarda il denominatore, infatti mentre quest'ultima è l'oggetto dell'indagine sperimentale di questi lavori, la prima viene introdotta ed assunta come vera senz'altro aggiungere.

(8) Esplicitiamo i passaggi matematici che Coulomb sintetizza in poche righe. Dalla formula precedente (*) [nota (7)] che rappresenta la situazione d'equilibrio tra la forza di torsione, nx, e quella elettrica, D/(a -x)2, ricava algebricamente D = nx(a-x)2. Deduce quindi che

D = 0 se x = 0, cioè se le sfere non si sono avvicinate; oppure se x= a, cioè se le sfere sono venute a contatto.

D = D(x) e dunque una funzione con due zeri, e pertanto, trattandosi di una funzione definita positiva, avrà un massimo. L'analisi infinitesimale è applicata da Coulomb con grande disinvoltura.

Cerchiamo dunque con il "calcolo" il massimo di D(x). Calcolando la derivata prima e quindi azzerandola, ai avrà:

 

D'(x)=n(a-x)2+2nx(a-x)(-1)=na2+nx2-2anx-2anx+2nx2=na2+3nx2-4anx

D'(x)=0 quando na2+3nx2-4anx=0

 

Posto

n ¹ 0 , 3x2-4ax+na2=0

avrà come soluzione

x=(2a±(4a2-3a2)½) /3=(2a±a)/3

e quindi x=a e x=(1/3) a

x = a è da escludere per quanto detto sopra; rimane quindi, come unica soluzione fisicamente accettabile, x = 1/3 a che sostituita nella funzione D(x) darà:

D(1/3 a)=n(1/3 a)(a -1/3a)2=(4/27) a3 n

Potremo anche rappresentare graficamente l'andamento di questa funzione:

 

(9) Cerchiamo una prima puntualizzazione del percorso di Coulomb tra ipotesi teoriche, esperimenti e matematica in questa seconda memoria.

Il primo passo è il tentativo di verificare sperimentalmente l'ipotesi della dipendenza dall'inverso del quadrato della distanza della forza elettrica attrattiva, secondo il modello già adottato, e con successo, nella prima memoria. Ma questa volta la realizzazione dell'esperimento non è soddisfacente e richiede perlomeno un riaggiustamento della strategia.

E a questo punto, in seconda istanza, entra in gioco la matematica, che non ha alcun valore euristico nel discorso di Coulomb, ma puramente strumentale: il calcolo mostrerà con maggior evidenza le difficoltà sperimentali e permetterà di quantizzare i limiti entro cui bisogna muoversi (nota 4). E infatti, una volta tradotta in formula, la situazione fisica esaminata viene presa in carico dalla matematica che la tratta con i metodi che le sono propri, senza curarsi del senso fisico di ogni passaggio (che senso ha D'(x), ad esempio?) fino al risultato finale, che verrà invece reinserito nel discorso fisico vero e proprio, che ha un'accentuazione decisamente sperimentale. Va però aggiunto che la sicurezza con cui Coulomb utilizza il calcolo è indice di una profonda fede nel suo valore conoscitivo.

L'ultima parola spetta però ancora alla pratica sperimentale che smorza, per così dire la precisione del risultato matematico, in quanto le oscillazioni dell'ago possono far sì che le palle si tocchino, anche se la carica è entro i limiti calcolati.

 

(10) Coulomb ci dice di aver eseguito degli esperimenti in base alla teoria suesposta e che da questi ha concluso che la forza attrattiva si comporta come quella repulsiva, quello che è piuttosto stupefacente è che non riporti i dati sperimentali ottenuti, quasi che una volta precisata la teoria e la disposizione sperimentale le misure divengano superflue.

Ma un po' la coscienza sporca deve averla avuta se subito dopo propone un diverso metodo sperimentale per verificare il medesimo risultato.

(11) Questo secondo metodo è chiaramente un ripiego e Coulomb ci tiene molto ad evidenziare i vantaggi, anche quelli nascosti, della sua bilancia, e ritorna ancora (nota 21) sull'importante possibilità offerta da quest'ultima di misurare non solo la "massa totale di fluido elettrico" di un corpo, ma persino la "densità elettrica" delle diverse parti.

(12) Il metodo proposto era già stato usato da Coulomb per determinare la forza magnetica ed è analogo all'uso del pendolo per determinare la forza gravitazionale.

A questo punto ci dovrebbero essere pochi dubbi sul fatto che per Coulomb lo studio dei fenomeni fisici consiste nell'indagine di forze d'interazione di tipo newtoniano, il cui modello fisico-matematico è utilizzabile nei più vari campi e fornisce la possibilità di capire il mondo.

(13) Con la solita accuratezza Coulomb precisa il grado di attendibilità delle misure di questa disposizione sperimentale, rispetto alle diverse possibilità.

(14) Coulomb descrive l'apparato sperimentale, illustrando la Fig.2 della tavola 2; passa poi alle modalità sperimentali.

(15) L'apparato viene posto in grado di operare in tre passi successivi:

1. si allinea Gr con il centro di l;

2. si carica, usando una bottiglia di Leyda, il globo G;

3. si carica per induzione la placca l.

Da notare ancora lo scarso peso dato al momento di carica dei corpi per induzione, su cui invece fervevano dispute. Coulomb se ne serve senza porsi molti problemi e lo descrive in termini di fluidi, in maniera del tutto "asettica", per evidente disinteresse.

(16) I dati raccolti sono il tempo necessario a compiere 15 oscillazioni in funzione della distanza tra il centro della placca l ed il centro del globo G.

Riassumiamo in una tabella i dati:

Distanza tra i centri Tempo di 15 oscillazioni
9 20"
18 40"
24 60"

Vale anche in questo caso quanto detto alla nota (10) e (17) della prima memoria sulla scarsità di dati sperimentali riportati: anche in questo caso solo tre.

E' forse opportuno aggiungere un'ipotesi a quanto e stato già detto, tenendo conto della Seconda osservazione della Prima Memoria.

La perdita di elettricità nel tempo non permetteva a Coulomb un grande numero di misure confrontabili, fatte cioè con le medesime condizioni iniziali di carica. Questa difficoltà non era certo facilmente superabile neppure pensando di caricare ogni volta il globo, giacchè non c'era modo di assicurarsi dell'eguaglianza della carica nei diversi casi. Resta comunque il fatto che Coulomb non si dispiace troppo del numero ridotto di dati su cui lavorare.

(17) Dopo essersi richiamato alla nota proprietà delle forze dipendenti dall'inverso del quadrato della distanza di poter essere considerate come agenti da un solo punto, se questo è il centro della sfera i cui punti esercitano l'azione, presuppone che tale sia il comportamento del globo G carico, e dunque presuppone l'ipotesi che sta per verificare.

Tenendo poi conto delle dimensioni della placca, piccole rispetto al globo, suppone di poter considerare anche la placca puntiforme e le "linee" tra il centro del globo e i diversi punti della placca parallele ed eguali; in questo modo può considerare la forza esercitata tra globo e placca come dipendente unicamente dalla distanza tra i centri dei due corpi interagenti.

E' in questo caso particolarmente evidente il ruolo giocato dalla scelta dello schema newtoniano nell'esecuzione e nella lettura dei dati sperimentali.

(18) "Così", cioè all'interno di tutte le ipotesi fatte, risulterà: T proporzionale a 1/(F)½

dove T = tempo di n oscillazioni

(se n=l, sarà il periodo) e F  = forza; cioè la legge del pendolo, o più in generale di un moto armonico.

Infatti sostituendo in

T=2p (m/k)½

la k della equazione della forza elastica F=-kx; si ha

T=2p (mx/F)½

dove 2p (mx)½  è costante.

Se a ciò si aggiunge l'ipotesi che F proporzionale a 1/d2, si ottiene la proporzionalità diretta tra T e d.

In questo secondo metodo sarà la proporzionalità tra il tempo impiegato per un certo numero di oscillazioni e la distanza tra il globo e la placca che verifica la dipendenza della forza dall'inverso del quadrato della distanza.

(l9) T sia il tempo di 15 oscillazioni, d la distanza tra il centro del globo e quello della placca, possiamo così riassumere i risultati:

 

T d T/d
20 9 2
41 18 2,28
60 24 2,5

Il terzo dato appare piuttosto discosto dalla previsione; Coulomb attribuisce questa discrepanza alla dispersione di elettricità nell'aria, che valuta essere stata dell'ordine di 1/40 dell'azione per minuto. Anche in questo caso non è facile capire come abbia ottenuto il valore di 1/40 per minuto, se non a posteriori.

Il calcolo comunque è in questi termini: "l'azione elettrica" diminuisce di 1/40 ogni minuto, l'esperienza è durata 4 minuti, quindi "l'azione elettrica dovuta all'intensità della densità elettrica" è diminuita di 1/10.

Calcola poi il tempo "corretto" delle 15 oscillazioni nella III prova con la seguente proporzione.

Sia  Fi la forza prima della dispersione di carica e ti il corrispondente periodo;

teff e Feff le quantità corrispondenti alle condizioni reali. Allora per la proporzionalità inversa fra tempi e radici delle forze si avrà:

 

ti : teff  =(Feff)½ : (Fi)½

ma

Feff = (9/10)   Fi

e quindi

ti=teff (9/10)½

 

(20) Che la medesima legge sia stata trovata con due metodi diversi, "aussi absolument different", è un'ulteriore prova della verità della legge stessa.

(21) Benché questo secondo metodo abbia dato buona prova di sé, Coulomb ritiene comunque superiore il metodo della bilancia.

Non e chiaro se questa preferenza sia dovuta al desiderio di "propagandare" la bilancia di sua invenzione, oppure ad effettivi vantaggi di quest'ultima, ad esempio una maggiore rapidità di esecuzione, oppure ancora alla consapevolezza della complessità teorica messa in campo da questo secondo metodo.

(22) Anche con questo secondo metodo Coulomb verifica la dipendenza dall'inverso del quadrato delle distanze, e assume senza alcuna esitazione, quasi come una deduzione da quella, la dipendenza dal prodotto delle masse elettriche" dei due corpi interagenti. Tant'è che anche in questo caso si serve della variazione d'intensità della forza d'interazione come di una misura della quantità di elettricità presente sui corpi. Pare proprio che sia sufficiente verificare che una parte della legge è di tipo newtoniano, per inferire che tutta la legge lo è.

(23) Coulomb fa le solite raccomandazioni sull'umidità e le correnti d'aria e finisce riproponendo la superiorità del metodo della bilancia di torsione rispetto a quello delle oscillazioni.

 

CONCLUSIONE

Vorremmo adesso in un certo qual modo riassumere il senso di questa lettura sia riprendendo le fila del discorso storico, sia mettendo in luce alcuni vantaggi che da un punto di vista didattico si possono trarre dal confronto tra i testi originali letti e quanto detto ed appreso dal manuale scolastico.

In generale si può senz'altro dire che il carattere dominante di queste memorie è sperimentale. Lo si vede immediatamente, ad esempio, tenendo conto dello spazio riservato alla descrizione degli strumenti utilizzati, dell'attenzione riservata alla determinazione dei limiti di sensibilità dei medesimi strumenti e infine dell'intenzione dichiarata di voler trovare sperimentalmente la legge. Anche un'assenza ci mette su quest'avviso: in nessun punto viene fatto cenno ad un qualche modello di corpo carico o in generale di carica elettrica, in base al quale interpretare i dati ricavati dall'esperienza, che vengono solo letti e confrontati matematicamente. Eppure di questi modelli ne erano stati proposti parecchi ed, anzi, pareva proprio questo il nodo concettuale più urgente. Da questo punto di vista il lavoro di Coulomb rispecchia fedelmente il modo di procedere "scientifico", come usualmente i manuali lo prefigurano nei capitoli introduttivi.

Vi sono però altri indizi di cui tener conto per meglio valutare la particolarità dell'approccio sperimentale di Coulomb. Questi indizi riguardano proprio le misure, (i dati sperimentali per eccellenza), che in questo caso sono, come abbiamo già notato, solo tre e per di più selezionate per far "saltare all'occhio" con la massima chiarezza la validità della legge, che non potremmo certo dire indotta da quelle misure. Sarà più esatto, più rispondente al resoconto di Coulomb, considerare questi dati come la verifica sperimentale di una legge già formulata in via ipotetica, piuttosto che dati di partenza di un'indagine, di una ricerca induttiva.

Perchè allora il manuale considera "sperimentale" sinonimo di "induttivo"? Su questo fatto si possono innestare diversi discorsi: da quello strettamente epistemologico sul ruolo dell'esperimento nella fisica, a quello che fa risaltare come il manuale trasmetta anche una certa immagine particolare della scienza. In questo caso, l'attribuire al momento sperimentale e alla matematica una funzione esaustiva del fare scienza.

Intento di tali discorsi è quello di rendere gli studenti lettori più attenti anche del manuale di fisica, verso il quale c'è spesso un atteggiamento di apprendimento totalmente passivo: quello che dice deve essere vero perché non fa altro che riportare dei risultati ben fondati; non c'è quindi l'arbitrio di una posizione filosofica o ideologica pregiudiziale che infici o comunque alteri il discorso. Può essere questa un'occasione per mostrare come anche il manuale di fisica, tra le righe, faccia passare dei giudizi sulla scienza, o meglio su ciò che è da considerarsi tale.

Quanto alla legge ipotizzata, formulata e verificata da Coulomb, essa ha chiare origini entro il quadro concettuale newtoniano, al quale, come abbiamo visto, l'autore si richiama in diversi altri punti di questa memoria, seppure non così esplicitamente, come invece aveva fatto ad esempio nella memoria del 1777.1

Newtonianamente la forza, sul modello di quella gravitazionale deve dipendere dall'inverso del quadrato della distanza, essere centrale e propagarsi istantaneamente. La prima caratteristica e quella sottoposta a verifica nel lavoro esaminato; quanto agli altri due attributi della forza, costituiscono delle ipotesi di fondo che informano di sé tutte le fasi dell'esperimento, dalla scelta delle variabili (la forza e la distanza) all'intera spiegazione dei risultati sia della prima memoria sia della seconda, dove, ad esempio, la centralità della forza, che non è mai neppure messa in discussione, è basilare nel ragionamento condotto.

Ed è forse ancora l'assunzione di questo programma newtoniano che ci può spiegare il disinteresse di Coulomb per il dibattito tra i suoi contemporanei sul modello di carica elettrica. A questo proposito vale la pena di riflettere sul fatto che Coulomb non cita nessun autore ne contemporaneo ne di epoche passate: pare che non esistano altri articoli su questo argomento. Dobbiamo allora pensare che Coulomb si considerasse profondamente diverso dagli altri fisici che si erano occupati di simili argomenti, anche da quelli che come lui avevano ricercato e talvolta trovato delle leggi per la forza tra corpi carichi?2

E qualcosa di diverso dagli altri deve pure avere avuto Coulomb, se tutti lo hanno sempre considerato l'iniziatore dello studio "rigoroso" dell'elettrostatica.

Gilmor, nel volume su Coulomb3 , attribuisce il successo delle sue ricerche sia al fatto che si svolsero entro un quadro teorico preciso e consapevole e, soprattutto, condiviso dalla maggior parte degli scienziati suoi contemporanei, sia all'autorevolezza della sede da cui parla: l'Academie Royale des Sciences di Parigi.

A parte che la prima motivazione non appare così certa ed evidente, possiamo perlomeno avanzare accanto a quelle di Gilmour un'altra ipotesi, proprio a partire da queste letture. Il vantaggio, che Coulomb non si stanca di sottolineare, della bilancia di torsione sugli altri sistemi adottati per dedurre la legge della forza elettrostatica e che con questo strumento è possibile una misura della carica elettrica. Questo fatto fa per così dire superare d'un balzo le polemiche sulla "vera natura" della carica, che entra invece nel novero delle grandezze fisiche trattabili matematicamente.

Ritornando al manuale di fisica troviamo ampi riscontri del modo di procedere di Coulomb: spesso anche i manuali sottintendono il carattere centrale e l'istantaneità della forza elettrostatica, avendo assunto la forza gravitazionale come modello forte della forza. Questa analogia di comportamento mette in luce come il manuale adotti un'ottica newtoniana nella trattazione della fisica classica. Questo quadro concettuale ha l'indubbio vantaggio di compattare moltissimi discorsi diversi, ma può diventare troppo stretto quando poi si tratta di introdurre concetti che sono chiaramente incompatibili con i suoi assunti di base, come ad esempio il concetto di campo.4