Come fisico elettrizzante Volta si mantiene sempre fedele alla teoria frankliniana di un unico fluido elettrico, immaginandolo come un fluido “elastico” capace di espandersi alla maniera dell’aria.
A questa virtù elastica egli attribuisce, in particolare, la violenza della scarica della bottiglia di Leida o del quadro di Franklin, come quella di un gas che da un recipiente in cui si trova fortemente compresso (stato elettrico +) si scarica in un recipiente dove è stato fatto il vuoto (stato elettrico -).
Il primo strumento elettrico realizzato da Volta è l’elettroforo (1775).
Lo strumento è sostanzialmente un quadro di Franklin modificato. Poiché in genere le resine sono più “tenaci” del vetro nel conservare l’elettricità loro comunicata, Volta sostituisce il vetro con del mastice resinoso; inoltre sostituisce l’armatura piatta superiore con uno scudo mobile arrotondato (in modo tale da eliminare gli spigoli che, come era già noto, favoriscono la dispersione elettrica) e dotato di un manico isolante.
Se l’elettroforo viene caricato ponendolo a contatto con una macchina elettrostatica, (+ sullo
Esperimenti di Volta con l’elettroforo
(da Scelt. Opuscoli, vol X, 1775)
scudo e – sull’armatura inferiore) e le armature vengono quindi cortocircuitate tra di loro, i segni elettrici cessano. Se a questo punto si solleva lo scudo tenendolo isolato, si trova su di esso una forte elettricità negativa, mentre la superficie del mastice viene trovata positiva.
Secondo Volta, l’assenza di segni elettrici dopo la scarica risulta da un equilibrio tra l’elettricità positiva rimasta sul mastice e un’uguale elettricità negativa indotta sullo scudo. Alla separazione, non si ha quindi una rigenerazione ex novo dell’elettricità del mastice e dello scudo (l’elettricità vindice di Beccaria), ma una semplice manifestazione delle due elettricità contrarie ancora presenti e che ora non si possono più equilibrare.
Se lo scudo, una volta scaricato, viene di nuovo posato sul mastice, toccato dallo sperimentatore e sollevato, sempre tramite il manico isolante, su di esso si trova di nuovo una forte elettricità negativa. Ripetendo le stesse operazioni, lo scudo può continuare a fornire elettricità negativa per tempi lunghissimi, talvolta per mesi interi. Per questo motivo Volta, in una lettera del giugno 1775 a Priestley, suggerisce per il proprio apparecchio il nome di elettroforo perpetuo:
“Che se a voi non dispiacesse, ardirei pure imporre un nome al mio picciolo apparecchio, e sarebbe quello di Elettroforo perpetuo”.
In questo modo, Volta introduce un generatore di elettricità funzionante secondo un principio diverso dallo strofinio, fino ad allora usato, e dà il via alla realizzazione di tutte le macchine elettriche a induzione.