G. B. Amici

G. B. Amici (1786-1868) laureatosi architetto-ingegnere all’Università di Bologna nel 1807, inizia ad insegnare matematica al Liceo di Modena. Dirige il Museo Reale di Fisica e Storia Naturale dal 1831 sino al 1859, anno in cui accetta l’incarico meno oneroso di direttore delle ricerche di microscopia. Sin dalla giovane età Amici si era interessato di strumenti ottici, in particolare microscopi, e fu proprio in questo campo che acquistò fama. Nonostante gli sforzi di molti pionieri durante i due secoli precedenti per affinare i microscopi, all’inizio del XIX secolo la microscopia era ancora portata avanti esclusivamente con il microscopio semplice, perché più efficace del composto, soprattutto per il suo potere risolutivo; gli obbiettivi dei microscopi composti causavano, infatti, forti aberrazioni, soprattutto cromatiche, e non si conosceva ancora il fatto che l’apertura numerica fosse il fattore determinante del potere risolutivo. Pertanto la costruzione dei microscopi era basata sulla convinzione sbagliata che l’allargamento fosse il fattore più importante. La prima lente acromatica per microscopio composto fu costruita nel 1791 ed era il risultato del lavoro di un amateur di Amsterdam; solo verso il 1806 apparvero sul mercato, sempre grazie ad un olandese, i primi microscopi composti con obbiettivi acromatici che potevano ingrandire 150 volte e avevano un potere risolutivo di 0.005 mm. L’invenzione fu seguita da molti scienziati in tutto il mondo, e in particolare da Amici. Nel 1818, dopo aver costruito un tipo di microscopio catadiottrico libero da aberrazioni cromatiche, egli riuscì a migliorare la conoscenza della circolazione del protoplasma nelle cellule Chara, diventando immediatamente famoso non solo come ottico ma anche come biologo microscopista. Nel 1837 Amici raggiunse un potere risolutivo di 0.001 mm. con un nuovo tipo di microscopio che aveva un’apertura numerica di 0.4 ed era in grado di ingrandire sino a 6000 volte. Il miglioramento apportato, dovuto ad una lente frontale emisferica applicata all’obbiettivo, fu subito adottato unanimemente. Amici, convinto che l’apertura numerica costituisse il fattore teorico che determinava il potere risolutivo del microscopio, fece il possibile per migliorarlo, non solo costruendo obbiettivi con migliori aperture numeriche, ma anche inventando la tecnica del microscopio ad immersione, dapprima in acqua, poi in olio d’oliva, infine in olio di sassofrasso. Egli capì anche l’importanza che ha la sottigliezza del vetrino sulla qualità del microscopio. A Firenze si dedicò ad altri processi ottici, ma il suo interesse per la microscopia non diminuì mai. Costruì specchi concavi e lenti astronomiche ed il suo capolavoro è una lente di 285 mm. di diametro, presentata al III Convegno degli Scienziati Italiani tenutosi a Firenze nel 1841, ed ancora in uso all’Osservatorio Astronomico di Arcetri. Egli inventò, inoltre, nuovi micrometri per migliorare l’accuratezza delle misure astronomiche, e nuovi tipi di telescopi misuratori a distanza. I ritrovati tecnici, frutto del suo know-how teorico e della sua bravura nei processi ottici, oltre ad attirare l’attenzione dell’intera comunità biologica internazionale, vennero utilizzati da Amici per le osservazioni astronomiche e microscopiche. Le sue osservazioni in anatomia, fisiologia, istologia e patologia delle piante, come anche nella morfologia delle foglie e nella biologia animale sono notevoli. La scoperta che lo rese famoso rimane comunque quella della fecondazione delle fanerogame, in particolare il viaggio del tubo del polline attraverso il pistillo del fiore (1821). Le sue idee furono oggetto di controversie con i più noti botanici dell’epoca, che per 30 anni lo criticarono; ma, rendendo sempre più precisi i microscopi e l’indagine in microscopia, le scoperte di Amici vennero confermate. Gli splendidi modelli con i quali Amici illustrò i suoi risultati delle osservazioni al microscopio si possono ancora vedere in molti musei di Storia Naturale.