Luigi Porta

Dopo il ritiro di Scarpa nel 1813 l’insegnamento della chirurgia a Pavia subì alterne vicende. Fu affidato dapprima per incarico (1814-1817) a Nicola Morigi da Rimini, poi a Tommaso Volpi (1817-1822), a Carlo Cairoli e ad Agostino Molina, distinto chirurgo che lo tenne con onore per parecchi anni. In quel periodo vi fu un breve interregno di Bartolomeo Signoroni da Adro (Brescia) che divenuto titolare passò ben presto a Padova. Nel 1832 a ricoprire la Cattedra di Clinica Chirurgica veniva infine chiamato Porta.
Nato a Pavia il 4 gennaio 1800,
Luigi Porta 3 aveva seguito gli studi medici presso l’Università pavese dove a 22 anni aveva conseguito brillantemente la laurea in medicina e l’anno seguente quella in chirurgia. Per consiglio di Brambilla , si recò a Vienna e vi rimase per 4 anni. Rientrato in patria, fu costretto, per le non floride condizioni in cui versava la famiglia, a dedicarsi all’attività professionale accettando l’incarico di chirurgo degli esposti e delle partorienti nell’Ospedale S. Caterina di Milano dal 1829 al 1832. Qualche anno dopo tornò a Pavia, sotto la guida di Scarpa, e ben presto poté eccellere per le sue qualità di lavoratore instancabile e di ricercatore geniale, tanto che nel 1832, ancora giovanissimo, salì sulla cattedra resa tanto celebre dal suo maestro e che egli avrebbe tenuto per un quarantennio. Seguendo la tradizione luminosa segnata da Scarpa, Porta si rivolse con particolare fervore allo studio dell’anatomia della quale si intuiva l’enorme importanza quale pilastro fondamentale del nuovo indirizzo scientifico della chirurgia. Di quest’attività protrattasi per tutta la durata della carriera, fa ampia testimonianza la ricca raccolta, lasciata all’Università, di preziose preparazioni anatomiche riguardanti prevalentemente l’angiologia, i cui risultati originali contribuirono allo sviluppo della disciplina. Escogitò ed applicò svariati nuovi procedimenti chirurgici che per l’eccessiva modestia e lo spiccato senso di critica non furono adeguatamente e tempestivamente valorizzati. Deve essere a questo proposito ricordato l’intervento di enucleazione dello struma cistico da lui ideato ed eseguito prima di altri e che, descritto con grande esattezza nella sua opera Sulle alterazioni della ghiandola tiroide del 1849, meriterebbe di portare il suo nome. Clinico acutissimo, si distinse per la grande diligenza con la quale studiava personalmente i malati, come fanno fede ancora oggi le decine di volumi di cartelle cliniche redatte per intero di suo pugno. Questo materiale di grande interesse scientifico elaborato in decenni di lavoro assiduo, assieme alle centinaia di preparazioni anatomiche da lui curate, costituì la fonte dalla quale trasse materia per le sue numerose pubblicazioni. La sua attività scientifica, che riflette una profonda preparazione acquisita attraverso lo studio dell’anatomia normale e patologica, l’osservazione clinica e la ricerca sperimentale, spazia dall’angiologia all’urologia all’oncologia, alla chirurgia delle ossa e delle malformazioni, ed è documentata dai numerosi volumi di cartelle cliniche, da lui redatte, e dalle centinaia di preparazioni anatomiche, riscontrabili nelle sue pubblicazioni, quali “Delle alterazioni patologiche delle arterie per la legatura e la torsione” del 1845 dotata di una serie di tavole di assai pregevole fattura disegnate dal Porta stesso. Essa riassume un’enorme mole di lavoro volto ad indagare con la consueta profondità i problemi riguardanti l’allacciatura e la torsione delle arterie. Porta spiega in maniera chiara i fenomeni provocati da ischemie per insufficiente circolazione collaterale, quali le paresi, l’atrofia e la gangrena, a proposito della quale ricalca l’importanza della trombosi estensiva. Nel quadro anatomico e clinico di una forma di gangrena idiopatica da lui tratteggiato si può individuare quello delle arteriopatie obliteranti periferiche che oggi si sogliono distinguere da quelle arteriosclerotiche. A proposito dell’ “arteritide” degli arti, scrive di non aver conosciuto un solo caso “in cui siasi potuto impedire o dissipare il coagulo”. Iniziava così ad essere affrontato un problema capitale di angiologia, quello della trombosi. Nello studio sulle complicazioni delle fistole artero-venose e soprattutto sulle ripercussioni che la lesione può indurre sulla circolazione distrettuale dell’arto interessato e sull’apparato cardiovascolare centrale, Porta non si limitò alla descrizione dei fatti anatomo-patologici ma ne affrontò l’interpretazione fisiopatologica, confermando ancora una volta il suo raro intuito. Sono da ricordare anche altre opere non meno importanti, come le ricerche sul meccanismo dell’emostasi spontanea dei vasi arteriosi dopo strappamento, che rivelano ancora una volta l’accuratezza dei rilievi e la esattezza dell’interpretazione dei fenomeni osservati, sulla emostasi spontanea e sulla guarigione delle ferite delle grosse arterie, sulla cura dell’aneurisma e le due memorie sulla cura delle varici. Nel lavoro Delle malattie riverberate da operazioni e malattie chirurgiche locali esterne risulta che il Porta, descrivendo e cercando di interpretare la natura del complesso di modificazioni che intervengono nel decorso di affezioni chirurgiche e nel periodo post-operatorio, già si era formato un’idea di quella malattia post-operatoria cui è giustamente legato il nome di un grande maestro contemporaneo, René Lériche. Gli eventi politici dell’epoca lo videro partecipe sensibile ai moti del 1848, con l’incarico di medico chirurgo capo della Legione Lombarda, e nel 1859 in qualità di direttore degli Ospedali Militari istituiti in Pavia. Moriva nel 1875.