Spallanzani

Nasce a Scandiano il 12 gennaio 1729 da Lucia Zigliani e G. Nicola, giureconsulto, ed è il primogenito di due fratelli e due sorelle. E’ avviato agli studi letterari dal padre; a otto anni veste l’abito clericale e a dodici è ammesso all’esame per la prima tonsura. A quindici anni è inviato a Reggio Emilia presso il collegio retto dai gesuiti per studiarvi retorica e filosofia, usufruendo di un sussidio concessogli dalla Fondazione Vallisneri Sollecitato dal padre ad intraprendere lo studio della giurisprudenza, nonostante l’innata inclinazione allo studio della natura, nel 1749-1750 si iscrive alla facoltà di legge presso l’Università di Bologna. Coltiva anche le belle lettere e approfondisce la conoscenza del greco e del francese. In una lettera del 1752 al Vescovo di Reggio Emilia Castelvetri, Spallanzani afferma di voler proseguire lo studio delle leggi, ma accenna però di avere intrapreso anche “Scientifici esercizi” sotto la guida di valenti maestri. Con l’appoggio di Laura Bassi, professoressa a Bologna di fisica universale, del marito Giuseppe Verati, professore di fisica particolare e anatomia e di A. Vallisneri jr., professore a Padova di storia naturale, Spallanzani riesce a superare la resistenza paterna e abbandona gli studi legali per dedicarsi a quelli naturalistici. Conseguita la laurea rientra a Reggio Emilia e, appoggiato dal Vescovo, ottiene l’insegnamento di lingua greca presso il collegio del seminario di cui era stato allievo. Nel 1755 è iscritto all’Accademia reggiana degli Ipocondriaci; dapprima presenta componimenti poetici, in seguito fa alcune comunicazioni di carattere scientifico tra cui “Dissertazione sopra i corpi marinomontani”. Dal 1757 al 1762-1763 ottiene l’incarico per le lezioni di fisica e matematica all’Università Reggiana, istituita da Francesco III d’Este 5 anni prima, portando alla laurea parecchi allievi. Nel 1762, per confutare la teoria della generazione spontanea, inizia le ricerche sugli “animaletti infusori” e proprio questi studi sperimentali daranno l’avvio alla sua carriera scientifica, che sarà caratterizzata da innumerevoli viaggi, spostamenti, studi “sul campo”, proprio come suggerito nella sua “Picciola memoria relativa al modo con cui il Professore di Storia Naturale della Regia Università di Pavia suole combinare la parte sistematica della Scienza che insegna con lo spirito di osservazione”. Le numerose escursioni ora sull’Appennino, ora a Como e sulle montagne circostanti, poi a Genova, sulla Riviera di Levante, a Marsiglia, sulla costa Adriatica, e ancora a Portovenere, alle Alpi Apuane e in Garfagnana, alla Salsa e ai pozzi di petrolio di Montegibbio nel modenese, nelle Due Sicilie, sul Vesuvio, sull’Etna, e alle isole Eolie, danno a Spallanzani l’occasione di interessarsi volta per volta alla fauna del mare, di dedicarsi alle osservazioni geologiche e mineralogiche, agli studi sul fenomeno elettrico della torpedine, alle osservazioni geofisiche e chimiche, agli studi sui fenomeni vulcanici. Anche quando il risultato delle escursioni non è la pubblicazione di qualche scritto scientifico, il viaggio risulta comunque proficuo per la raccolta di materiale per il Museo di Pavia. Durante il viaggio di studio in Svizzera, compiuto nel 1779, visita le Università e le molte collezioni di storia naturale di numerosi studiosi, mentre in quello, effettuato via mare, nell’agosto del 1785 alla volta di Costantinopoli, compie studi sulla flora e sulla fauna delle località visitate, fa osservazioni meteorologiche, si interessa ai costumi e alla vita di quelle popolazioni. Durante il ritorno via terra raccoglie casse di minerali in alcune miniere della Transilvania, nelle saline di Saltzbourg, nei giacimenti auriferi e argentiferi di Zalatina, nei monti metalliferi della regione carpatica, mentre una sosta ad Orbetello gli permette di fare notevoli osservazioni sulle anguille della laguna. Spallanzani, che morirà nel 1799, fu un grande biologo e fisiologo, si interessò di geologia, mineralogia, chimica e fisica (1) ed ebbe una grande preparazione letteraria. Le sue numerose scoperte lo fecero precursore di più di una moderna disciplina scientifica. Egli viene ricordato soprattutto per le sue ricerche dimostranti l’impossibilità della generazione spontanea (2) , la digestione (3) , la riproduzione e la fecondazione (4) . Per queste ultime mostrò la necessità del contatto intimo del liquido seminale con l’uovo e giunse alla realizzazione della fecondazione artificiale. Non meno grandi furono le scoperte sulla respirazione dei tessuti, sull’azione del succo gastrico per la digestione degli alimenti e sui meccanismi della circolazione del sangue, e sulla presenza dei globuli bianchi nel sangue. Nel 1803, pochi mesi dopo l’edizione italiana delle “Memorie sulla respirazione”, esce a Genova la traduzione francese, curata da Senebier, dell’opera postuma sulla respirazione, alla quale Spallanzani aveva dedicato gli ultimi anni di studi, ampliando le ricerche a tutta la scala zoologica e dimostrando la partecipazione di tutti i tessuti e non solo dei polmoni a questa funzione vitale.


1. Per eseguire “esperienze fisiologico-elettriche” si fa costruire nel 1774 una macchina elettrica. back

2. Nel XVIII secolo quasi tutti erano ancora d’accordo con Aristotele sul fatto che gli esseri viventi piccolissimi potessero nascere per generazione spontanea dalla materia organica morta. Si scriveva che sembra che nascano “per una specie di corruzione (o meglio cottura), in cui si mescola acqua di pioggia. La corruzione e la materia corrotta non sono che la rimanenza di ciò che prima è stato cotto”. Un primo attacco a questa teoria era già sferrato da Redi, Kircher, Vallisneri e Malpighi, i quali avevano provato che i liquidi nei quali viene distrutta mediante ebollizione qualsiasi materia vivente, se sottratti al contatto dell’aria, rimangono sterili. Nel 1745 era stato pubblicato lo scritto di un naturalista inglese, J.T. Needham, le New microscopical Discoveries, che invece “dimostrava” l’esistenza della generazione spontanea. Il gesuita, dopo aver preparato infusioni di frammenti di carni e di vegetali, li aveva posti in fiaschi pieni d’acqua, riscaldandoli ad alte temperature, ma non portandoli all’ebollizione. Egli aveva in seguito chiuso con tappi di sughero i fiaschi, dopo qualche giorno ne aveva esaminato al microscopio alcune gocce e aveva scoperto che il liquido era pieno di infusori. La sua deduzione fu che gli infusori fossero nati spontaneamente, dal momento che il contenuto dei fiaschi, con la chiusura, era stato sottratto al contatto dell’aria. Needham, proprio grazie a questa osservazione, venne quasi nominato membro della Royal Society di Londra. Spallanzani capì che nell’esperimento di Needham qualcosa non andava e ripeté dapprima l’esperimento con le stesse modalità dell’inglese, ottenendo naturalmente gli stessi risultati. In seguito, affinando la tecnica, fece bollire le infusioni in recipienti a collo lungo dopo averne espulso l’aria con l’ebollizione e averne chiuso il collo alla fiamma. A questo punto si verificò proprio ciò che Spallanzani si aspettava: il liquido rimase completamente sterile, prova che la generazione spontanea non esisteva. A questo proposito è utile ricordare il suo famoso Saggio di osservazioni microscopiche concernenti il sistema della generazione de’ signori di Needham e Buffon, del 1765, che determina la fine della radicata teoria della generazione spontanea e consacra a livello internazionale l’autore naturalista.back
3. Ancora nella seconda metà del XVIII secolo si credeva che la digestione degli alimenti nello stomaco non fosse altro che il risultato delle contrazioni dello stomaco stesso, in virtù delle quali gli alimenti venivano spezzettati e triturati; secondo altri, essi avrebbero subito una fermentazione detta “decomposizione putredinosa”. Spallanzani non era però convinto di una tale interpretazione e, con ben 264 esperimenti dimostrò quello che già Galeno aveva ipotizzato oltre millecinquecento anni prima, e cioè che i cibi subiscono nello stomaco una trasformazione chimica ad opera dei “sughi” gastrici “segregati” dalle pareti stesse dell’organo. Spallanzani iniziò sottoponendo a verifica la prima teoria, quella della digestione tramite le contrazioni muscolari, studiando gli uccelli che sono dotati di stomaco a robusta muscolatura. Nelle sue numerose esperienze fece inghiottire a diversi tipi di volatili, della specie dei gallinacei, dei grani di cereali introdotti in tubicini metallici aperti ai due lati, che mantenne in situ tramite fili di ferro incrociati: vide allora che i grani così protetti rimanevano inalterati mentre quelli fatti inghiottire liberamente venivano sempre macerati. Ciò voleva dire che, certamente, la contrazione gastrica operava una “triturazione” del cibo, ma affinché esso “possa poi essere più intimamente attaccato dai succhi”. Spallanzani riempì allora di “sugo” gastrico due provette di vetro: in una mise dei pezzetti di carne di cappone, nell’altra alcuni chicchi di grano schiacciati. Poi, per assicurare loro la temperatura dello stomaco, mise le provette sotto le ascelle, tenendole al caldo per tre giorni consecutivi, poiché riteneva che “il calore del ventriglio”, cioè dello stomaco, fosse “un fattore probabilmente richiesto allo scioglimento”. Il terzo giorno osservò che la carne era stata in gran parte disciolta dal succo gastrico, e il resto era diventato molle: sarebbe bastato un altro giorno per una “digestione” completa. Dopo gli esperimenti sugli animali, ritenne di dover sperimentare anche sull’uomo, e provò ad ingoiare un minuscolo tubicino di legno forato contenente dei frammenti di carne di vitello, e attese di eliminarlo. Così, una volta espulso si mise ad osservare il materiale e notò che la carne era stata completamente digerita. Concluse, quindi, che nell’essere umano i cibi vengono digeriti per la sola azione chimica del succo gastrico, escludendo che in questo processo di digestione intervenga la forza “triturante” delle pareti dello stomaco.back

4. Spallanzani non limitò tuttavia le proprie osservazioni alla generazione spontanea. Si occupò anche, ad esempio, di fecondazione. A questo riguardo egli era un “preformista”: credeva cioè, come molti altri, che nell’uovo fosse già contenuto il germe preformato, e che questo potesse svilupparsi indipendentemente dall’intervento dello spermatozoo. Anzi, quest’ultimo, allora chiamato “vermicello spermatico”, non era ancora inteso come cellula, bensì come un animaletto vero e proprio, e non veniva nemmeno considerato necessario alla fecondazione. E anche Spallanzani, quando dimostrerà che la fecondazione non può avere luogo se non in presenza di sperma, ascriverà questa azione non al nemasperma, ma al “liquido seminale”. Spallanzani cominciò le indagini con sperma umano e di diversi animali (cavallo, toro, cane, montone, coniglio, pesci, salamandre) prelevato durante l’eiaculazione o direttamente dai testicoli o dalle vescichette seminali di uomini appena deceduti, o anche durante impietose vivisezioni di cani, conigli e montoni. Egli riuscì addirittura a realizzare con successo la fecondazione artificiale nella cagna.back