ALESSADRO VOLTA: L'UOMO E LO SCIENZIATO
Gianni Bonera, Dipartimento di Fisica "A. Volta", Università di Pavia

Alessandro Volta nasce a Como il 18 febbraio 17451 da don Filippo e donna Maddalena dei Conti Inzaghi. Come era usanza presso la nobiltà del tempo, Alessandro è mandato a balia per quasi tre anni a Brunate, ridente paesino sul colle che si affaccia sul Lago ad est della città, presso una donna il cui marito, come molti compaesani, era un esperto costruttore di barometri e termometri: questo fatto diede spunto ad un eccentrico quanto audace abitante del luogo per porre sulla casa dove Alessandro visse a balia la seguente lapide, ora scomparsa:
QUI VISSE A BALIA ALESSANDRO VOLTA PRESSO ELISABETTA PEDRAGLIO, IL CUI MARITO GRAN COSTRUTTORE DI TERMOMETRI, GLI INFUSE COL LATTE MATERNO QUELL'AMORE PER LA SCIENZA CHE LO PORTÒ ALLA PILA.
Si racconta che Volta fu tardo a parlare e parecchio incerto nel discorrere fino a 7 anni, ma subito dopo mostra particolare capacità ed interesse allo studio, così da far esclamare al padre "Avevo in casa un diamante e non me n'era avveduto"
Dopo la morte del padre, avvenuta intorno al 1752-'53, la famiglia, per ristrettezze finanziarie, si divide. Alessandro, con la madre e le tre sorelle, va a vivere con lo zio Alessandro canonico, mentre gli altri tre fratelli maggiori si trasferiscono da un altro zio, frate domenicano.
Ben presto si manifesta nel giovane Volta lo spirito di osservazione e di indagine. A 10 anni, per verificare una leggenda popolare secondo la quale sul fondo della fonte di Monteverde esisteva un filone d'oro, cade nell'acqua e rischia di annegare.
Dal 1758 al 1760 segue la Scuola di Retorica (l'attuale scuola media) presso il Collegio dei Padri Gesuiti. In questi anni di solerte studio i suoi autori prediletti sono il Tasso e Virgilio: si diletta, non senza un qualche successo, a scrivere versi in latino e, dotato di grande memoria, studia da solo il francese. Inizia quindi gli studi filosofici (il Ginnasio) sempre presso il Collegio dei Gesuiti, attirando, per la sua intelligenza e versatilità nello studio, l'attenzione di un padre gesuita (un certo Bonesi) che cerca di convincerlo ad entrare nella compagnia. Ma lo zio Canonico lo ritira dalle scuole dei Gesuiti e lo iscrive presso il Seminario Benzi. I motivi di tale decisione non sono chiari; è tuttavia possibile che lo zio non avesse molto in simpatia la Compagnia di Gesù, della quale era già nell'aria il possibile scioglimento (ciò che accadde in realtà in Italia nel '73), o che sperasse di fare del giovane nipote un valente avvocato.
Volta trascorre l'estate di quello stesso anno a Gravedona, nella Villa di famiglia ereditata dalla nonna materna Stampa, insieme a Cesare Gattoni, un ragazzo di quattro anni più anziano di lui che abbraccerà la vita religiosa, con il quale si diverte a giocare, pescare e a dissertare su problemi fisici e teologici. Tra questi l'amico Gattoni, nel suo diario, ricorda un accesa discussione sull'anima degli animali, della cui esistenza Volta era pienamente convinto.
Inizia tra i due ragazzi una grande amicizia, che continuerà tutta la vita con alti e bassi.
Durante gli anni del Ginnasio Volta legge il De rerum natura di Lucrezio e, ad imitazione di questo, scrive un carme in latino sulle più recenti scoperte di fisica, a cui comincia ad interessarsi. Scrive anche molti sonetti.
Finito il Ginnasio, nonostante le pressioni dello zio per intraprendere la carriera forense, abbandona gli studi, e continua, da autodidatta, ad interessarsi dei fenomeni elettrici, studiando i testi del Musschenbroek, del Nollet e del Beccaria, tre dei maggiori scienziati che si occupavano in quel periodo di elettricità.
Già a partire dal 1763 intraprende una corrispondenza con il Nollet, che lo stimola ad approfondire i propri studi teorici, e con il Beccaria che lo invita invece a fare esperimenti. Due anni dopo comincia a frequentare il laboratorio privato che l'amico Gattoni gli ha messo a disposizione ed inizia a realizzare le sue prime esperienze di elettricità. In particolare studia le proprietà elettriche della seta e del legno, reso isolante friggendolo per molto tempo nell'olio.
Nel 1769, appena ventiquattrenne, pubblica il suo primo lavoro dal titolo De vi attractiva ignis elettrici ac phaenomenis inde pendentibus, dedicato allo stesso Beccaria, di cui tuttavia ne contesta la teoria relativa all'elettricità vindice2 . In questo lavoro, di tipo epistolare come di consuetudine all'epoca, Volta traccia un programma di ricerca tendente ad unificare le forze elettriche con quelle di attrazione di origine newtoniana (vires omnes ex uno eodemque principio consurgere). Nel 1771 scrive un secondo lavoro, dedicato questa volta allo Spallanzani, professore di Scienze naturali presso l'Università di Pavia, con il quale era entrato da poco in contatto epistolare sia su problemi di fisica sia di biologia. In questo lavoro tra l'altro presenta una nuova macchina elettrostatica "con dischi ed isolatori di legno ben tostati."
Nel 1774, pressato da esigenze finanziarie, fa domanda per un incarico di insegnamento presso le Scuole di Como, allegando i suoi due lavori. Il 22 ottobre il conte Firmian, ministro plenipotenziario per la Lombardia dell'Impero Austriaco, lo nomina Soprintendente e Reggente alle R. Scuole di Como. Nell'ambito di tale ufficio Volta propone un'interessante riforma scolastica in seguito alla soppressione delle scuole dei Gesuiti, avvenuta l'anno precedente.

Nonostante il nuovo lavoro, Volta continua ad impegnarsi nei suoi studi sull'elettricità, ed in particolare sull'elettricità vindice. Approfondendo la teoria, già sviluppata anni prima nel De vi actractiva, egli arriva nel 1775 a costruire un nuovo apparecchio in grado di fornire elettricità senza bisogno di un continuo strofinio, come nelle macchine elettrostatiche in uso. Questo nuovo strumento, chiamato dal Volta stesso elettroforo perpetuo viene in poco tempo apprezzato e utilizzato in tutti i laboratori europei.
Nell'ottobre dello stesso anno il conte Firmian gli attribuisce la cattedra di Fisica Sperimentale presso il R. Ginnasio di Como, esonerandolo dal concorso, al quale probabilmente non avrebbe potuto partecipare, in quanto privo di alcun titolo accademico.
Durante le vacanze estive del 1776 sul Lago Maggiore, mentre in barca costeggia i canneti presso Angera, si mette a frugare con un bastone il fondo melmoso dell'acqua e vede salire a galla e poi svanire nell'aria bollicine gassose in gran copia. Raccolto tale gas, ne scopre il carattere infiammabile, indicandolo con il nome di aria infiammabile nativa delle palude. Si tratta di quello che oggi noi chiamiamo metano, la cui scoperta deve quindi essere attribuita al Volta. L'interesse per i gas infiammabili (era già noto il gas infiammabile metallico, cioè l'idrogeno) lo porta ad utilizzare la scintilla elettrica per provocarne l'esplosione in ambiente chiuso, costruendo uno dispositivo (pistola elettrico-flogopneumatica), successivamente chiamato più semplicemente pistola di Volta (vedi fig. 1), e mettendo a punto uno strumento di analisi della salubrità dell'aria denominato eudiometro. Infine, sempre nello stesso anno, costruisce una lampada perpetua a gas infiammabile. (vedi fig. 2)

Fig. 1. Pistola di Volta originale in vetro, conservata presso il Museo per la Storia dell'Università di Pavia.
Fig. 2. Lucerna, già appartenuta a Volta, conservata nel tempo Voltiano di Como

Sempre di quest'anno è l'idea di trasmettere da Como a Milano un segnale elettrico mediante un lungo filo metallico, tenuto isolato dal terreno mediante pali di legno. Il segnale elettrico doveva essere generato a Como, mediante la scarica di una bottiglia di Leyda, e ricevuto a Milano, attraverso l'esplosione di una pistola a gas infiammabile. Il circuito elettrico si chiudeva attraverso una serie di corsi d'acqua, che univano il lago di Como con il porto sul Naviglio di Milano(vedi fig. 3). Si tratta, come è facile comprendere, di un'idea che troverà molti anni dopo la sua realizzazione nel telegrafo.
Fig. 3. Parte della lettera manoscritta di Volta a Padre Barletti, professore di Fisica presso l?Università di Pavia "[...]. Ma ciò che sopra tutto li fece trasecolare si fu l'eccitare lo sbaro della pistola in distanza dalla macchina che si facea. [...]. Io non so a quanti migli un fil di ferro tirato sul suolo dei campi e delle strade [...] condurrebbe giusta il sentier segnato la scintilla commovente. Ma se il fil di ferro fosse sostenuto alto da terra da pali di legno qua e là piantati es. gr. da Como a Milano e quivi interrotto solamente dalla mia pistola, continuasse e venisse in fine a pescare nel canale del naviglio, continuo col mio lago di Como, non credo impossibile di far lo sbaro della pistola a Milano con un boccia di Leyden da me scaricata a Como."

La fama ormai raggiunta in campo internazionale, gli permette di ottenere direttamente dall'Imperatore un congruo contributo per intraprendere un viaggio di studio in Svizzera, che realizza nell'autunno del 1777. In tale viaggio incontra molti colleghi fisici, visita laboratori e mostra a illustri scienziati le sue macchine.
L'anno successivo, nel novembre del 1778, il conte Firmian, ormai convinto del valore scientifico dello scienziato comasco, lo nomina Professore di Fisica Particolare all'Università di Pavia.
Presso l'Ateneo pavese erano già stati chiamati, grazie alla lungimiranza dell'Imperatrice Maria Teresa, altri grandi scienziati, quali Lazzaro Spallanzani e Antonio Scopoli ed altri ancora verranno chiamati tra cui Antonio Scarpa e Luigi Brugnatelli.
Appena arrivato a Pavia, Volta si dedica, oltre che all'insegnamento, a ristrutturare il Laboratorio di Fisica, arricchendolo di molti strumenti sia di ricerca che didattici, progettati direttamente o comprati durante i suoi viaggi in Europa. In questo periodo infatti, dal '80 all'84, egli compie numerosi viaggi di studio in Savoia, Svizzera, Germania, Olanda, Francia, Inghilterra ed Austria.
Le lezioni di Volta sono talmente affollate che viene appositamente costruito nell'Ateneo pavese un nuovo e più ampio Teatro Fisico, oggi aula Volta.( fig. 4)

Fig. 4. Il vago e comodo teatrino di Fisica, oggi Aula Volta

Per quanto riguarda la ricerca, sono da ricordare in questo periodo gli studi sul condensatore che lo portarono alla realizzazione dell'elettroscopio condensatore, uno strumento di misura estremamente sensibile in grado di rivelare stati elettrici estremamente deboli. Inoltre durante tali ricerche Volta individua in modo corretto i concetti di quantità di elettricità (Q), capacità (C) e tensione (V), arrivando a formulare la relazione fondamentale3 del condensatore Q = C.V

Fra il 1786 e il 1792 si occupa in particolare di meteorologia elettrica e studia le proprietà fisico-chimiche degli aeriformi, arrivando a determinare, dieci anni prima di Gay-Lussac, la legge di dilatazione uniforme dell'aria4.
Nel 1785, viene eletto dagli studenti, secondo la pratica in uso, Rettore dell'Università.
Nella primavera del '92 viene a conoscenza degli esperimenti di Galvani sulla possibile elettricità animale. Incredulo, si mette con serietà a ripetere gli esperimenti e, in una prima fase, concorda con i risultati dello scienziato bolognese, esaltando l'importanza della scoperta. Ma una successiva indagine, volta a studiarne gli aspetti più quantitativi, lo porta a poco a poco a ritenere che le contrazioni della rana non siano dovute ad una elettricità di origine animale ancora presente nella rana, sebbene morta, e messa in circolazione attraverso l'arco metallico collegato tra nervo e muscolo, ma ad una elettricità esterna provocata dal contatto dei due metalli che costituiscono l'arco. La rana assume quindi il ruolo di un semplice, ma sensibilissimo elettroscopio. L'idea di Volta non viene accettata dal Galvani e dai sostenitori dell'elettricità animale. Ha inizio una disputa che investe tutto il mondo scientifico europeo, che si divide in galvaniani e voltiani. La disputa si sviluppa con esito incerto e alternato fino agli ultimi mesi del secolo, quando Volta, sfruttando la differenza di potenziale dovuta al contatto di due metalli diversi, riesce a realizzare, introducendo un terzo conduttore elettrolitico, un collegamento in serie in grado comporre i contributi dei singoli elementi, realizzando così la Pila, uno strumento in grado di generare una corrente elettrica continua. L'importanza dell'invenzione e le applicazione che dal suo utilizzo si realizzano in pochi mesi, sembrano dare ragione allo scienziato comasco, la cui fama ha ormai conquistato il mondo. Ma l'idea di una elettricità di origine animale non si dimostrò inefficace. Se dall'invenzione di Volta avrà origine l'elettrochimica e, successivamente l'elettromagnetismo e le applicazioni moderne dell'elettricità, dalle ricerche di Galvani si svilupperà ben presto l'elettrofisiologia e la moderna biologia molecolare.
Con la fama vennero anche gli onori e gli oneri. Nel 1801 Volta presenterà la Pila all'Istitute de France alla presenza dell'allora primo Console Napoleone Bonaparte che lo onorerà della medaglia d'oro. Successivamente, diventato Imperatore, Napoleone lo nominerà Senatore del neo-costituito Regno d'Italia (1809) e successivamente lo insignirà del titolo di Conte (1810).
Ma Volta era sostanzialmente un uomo semplice e schivo. Nel 1801 scriverà da Parigi alla famiglia
"In mezzo a tante cose che devono certo farmi piacere, e che sono fin troppo lusinghiere, io non m'invanisco a segno di credermi più di quello che sono; e alla vita agiata da una vana gloria preferisco la tranquillità e dolcezza della vita domestica."

Fig. 5. Volta illustra a Napoleone le sue invenzioni

Volta si era sposato nel 1794, ormai quasi cinquantenne, con donna Teresa Peregrini da cui ebbe tre figli maschi. Dopo l'invenzione della Pila, in parte per gli impegni politici, in parte per l'attaccamento alla famiglia, Volta abbandona praticamente l'attività di ricerca e in gran parte l'insegnamento. Nel 1804 chiede ed ottiene di essere sostituito nell'insegnamento, ma l'anno successivo, aderendo ad un invito cordiale quanto fermo dello stesso Imperatore, riassunse l'insegnamento, ma limitato a poche lezioni all'anno. Il distacco finale dall'insegnamento avviene nel 1813, ma il governo imperiale prima e quello austriaco poi, per non privare l'Ateneo dei preziosi servigi del grande fisico, lo nomina Direttore della Facoltà di Filosofia, carica che Volta accetta ben volentieri per poter seguire i figli durante i loro studi universitari.
Nel 1814, oltre alla delusione per la caduta di Napoleone, è colpito da una grave disgrazia famigliare: la morte improvvisa del figlio prediletto Flaminio.
Nel 1819 si ritira definitivamente nella casa di campagna a Camnago, dove muore il 3 marzo 1827.
Come scrisse Giovanni Polvani al termine della sua monografia su Volta:
Egli volle e seppe meditare non solo sul gran libro [della natura], ma anche su quello della rivelazione cristiana; e studiò teologia, e ne discusse con profonda competenza. La ricerca delle leggi naturali non legò la mente di lui alla materia; ma anzi gli rese più facile il sentire la voce dell'Esser primo, immutabile, necessario , che potentemente lo chiamava a sé. E quella religiosità, che in Volta ragazzo non era riuscita a fiorire del tutto perché sopraffatta dal fascino del mondo fisico, si sviluppò poi completamente nell'uomo, cui già la scienza aveva procurato fama, onori, gloria, ma non lo aveva potuto dare la calma dello spirito.
Adagio, adagio egli si ritrasse allora dalla scena del mondo, per dedicarsi alla preghiera e alla pratica religiosa.

Bibliografia generale
C. VOLPATI, Alessandro Volta nella gloria e nell'intimità, Milano, Treves, 1927
G. POLVANI, Alessandro Volta, Pisa, 1942.


Note:

1 Il 1745 è anche l'anno della scoperta della bottiglia di Leyda, il primo condensatore di elettricità, che segnò una svolta decisiva nelle ricerche sull'elettricità. G.Polvani nella sua monografia su Volta, celiando un poco, afferma: "La sua venuta evidentibus prodigiis denuntiata est, come la morte di Cesare; prodigi elettrici naturalmente!"

2 Molti ricercatori avevano osservato che se in quadro di Franklin (un oggetto molto simile ad un moderno condensatore piano), dopo averlo scaricato corto-circuitando le armature, si allontanava dallo strato coibente (il dielettrico) una delle armature, questa risultava carica. Beccaria cercò di spiegare questo fenomeno veramente strabiliante, ipotizzando che coibente e armatura rivendicavano lo stato elettrico posseduto prima della scarica. Volta riteneva invece che la scarica del condensatore non riguardava tutta la carica elettrica accumulata nel sistema, e che parte di essa rimaneva nel coibente e con segno opposto nell'armatura e quindi poteva essere evidenziata ed utilizzata separando i due elementi.

3 "Ivi è maggior capacità dove una data quantità di elettricità sorge a minor intensità, o che è lo stesso, quanto maggior dose di elettricità è richiesta a portare l'azione a un dato grado d'intensità e viceversa. A dir breve: la capacità e l'azione, o tensione elettrica, sono in ragione inversa".

4 Per quanto riguarda il calore egli è convinto assertore della teoria del calorico. "[...] che il calore sia un elemento peculiare, distinto da tutte le altre sostanze, [...], non che opinione probabilissima, pare una verità indubitabilmente stabilita da tutte le esperienze che servono di base a questa teoria, la più bella e luminosa che sia mai comparsa".