Un altro sostenitore della teoria dell'emissione fu
Erone Alessandrino. Il suo lavoro per noi assume un rilievo particolare: Erone
infatti è il primo a utilizzare in maniera scientificamente valida un principio
regolativo di grande portata euristica nello sviluppo della scienza, il
principio variazionale della minima distanza, mediante il quale deduce
correttamente le leggi della riflessione (Erone evidentemente non riesce a
dimostrare sulla base dello stesso principio la legge della rifrazione poiché
in questo caso il punto di incidenza non minimizza il percorso ottico tra
l'occhio e l'oggetto). Vale la pena tuttavia sottolineare nel caso in esame
l'interessante connessione tra ottica geometrica, ottica fisica (nucleo di
assunzioni base) e idee regolative (tematiche di fondo) e il ruolo non
trascurabile svolto da queste ultime nella spiegazione di un fenomeno fisico. I
principi di minimo sono stati spesso collegati a concezioni antropomorfiche sul
comportamento della natura («la luce sceglie il suo percorso») e quindi
guardati con sospetto. Essi possono invece essere considerati come espressione
scientifica delle categorie teleologiche, di pari utilità e dignità di quelle
causali. Nel corso della nostra analisi vedremo che hanno svolto un ruolo
notevole nello sviluppo dell'ottica.
L'affermazione che
la nostra vista procede in linea retta provenendo dall'occhio può essere
fondata come segue. Ciò che si muove con velocità costante si muove in linea
retta. Le frecce tirate da un arco possono servire da esempio. Ciò avviene
poiché la forza impressa costringe l'oggetto a muoversi per la distanza più
breve possibile dal momento che non ha il tempo per un moto più lento, cioè per
un moto su un percorso maggiore. La forza impressa non permette un tale ritardo
e così, a causa della sua velocità, l'oggetto tende a muoversi sulla
traiettoria più breve. Ma la più breve delle linee avente gli stessi punti
estremi è la linea retta.
Che i raggi provenienti dai nostri occhi si muovono con
velocità infinita può essere compreso dalla considerazione seguente: quando,
dopo aver chiuso gli occhi li apriamo e guardiamo il cielo, il raggio visuale
non ha bisogno di tempo per raggiungere il cielo. Infatti vediamo le stelle
nello stesso istante in cui le guardiamo sebbene la distanza sia, per così
dire, infinita. E anche se questa distanza fosse maggiore il risultato sarebbe
lo stesso, pertanto è chiaro che i raggi sono emessi con velocità infinita. Per
conseguenza essi non subiscono interruzione, incurvamento o deviazione ma si
muoveranno lungo il percorso più breve, la linea retta.
Abbiamo mostrato a sufficienza che la nostra vista procede
in linea retta. Ora mostreremo che i raggi incidenti sugli specchi e anche
sull'acqua e sulle superfici piane sono riflessi [.... In base a considerazioni
sulla velocità di incidenza e di riflessione, dimostreremo che questi raggi
sono riflessi ad angoli uguali nel caso degli specchi piani e sferici.
Per la nostra dimostrazione faremo ancora uso di linee di
minimo. Dico allora che di tutti i raggi incidenti, riflessi in un punto dato
da uno specchio piano o sferico, i più brevi sono quelli che sono riflessi ad
angoli uguali e, se accade ciò, la riflessione ad angoli uguali è conforme a
ragione.
AB sia uno specchio piano, G l'occhio, D l'oggetto da
osservare (cfr. fig. 1) e AG sia un raggio incidente sullo specchio. Tracciamo
AD e poniamo EAG = BAD. GB sia un altro raggio incidente sullo specchio.
Tracciamo BD. Affermo che: GA + AD < GB + BD.
Fig. 1
Abbassiamo da G la perpendicolare ad AB, GE; prolunghiamo
poi GE e AD fino a che essi si incontrano in Z. Tracciamo ZB. Ora BAD = EAG,
inoltre BAD = ZAE perché angoli al vertice, perciò ZAE = EAG.
Dato che gli angoli in E sono retti ZA = AG e ZB = BG. Ma
ZD < ZB + BD e ZA = AG, ZB = BG perciò GA + AD < GB + BD. Ora EAG = BAD e EBG <
EAG, HBD > BAD. Perciò a fortiori sarà HBD
> EBG.