OPERE SCELTE

LETTERA A MARTINO VAN MARUM
RIGUARDANTE SCOPERTE ED ESPERIENZE
SULLE ARIE INFIAMMABILI*

da Milano (in partenza per Pavia)

26 9bre I798.

Mio caro Signore,
Ho ricevuto a Como, mia patria, la vostra lettera del settembre scorso, e poco dopo, il volume contenente la descrizione dei nuovi apparecchi chimici etc., inventati o perfezionati da voi: il che mi ha fatto molto piacere, e ve ne ringrazio molto. Spero, di farne costruire qualcuno qui, se mi sarà possibile, i più semplici s'intende, e vi pregherei di fare costruire sotto la vostra direzione, e d'inviarmi, gli altri più complicati, se non fossero troppo dispendiosi e fosse facile la spedizione.
Io amo molto la chimica e soprattutto la chimica pneumatica, che sono stato il primo a coltivare in Italia. Voi conoscerete le mie scoperte e le mie esperienze sull'aria infiammabile. Non sono forse stato io il primo a scoprire, in seguito ad esperienze con la mia pistola, con la mia lampada ad aria infiammabile e quelle con l'eudiometro, ossia un apparecchio per bruciare quest'aria in recipienti chiusi, mescolata a diverse proporzioni d'aria comune o d'aria vitale pura, altrettanto di mia invenzione, non sono stato io, dico, ad aver scoperto, e trovato, prima del 1781, che tutta l'aria infiammabile sparisce, trascinando con sè la distruzione di un volume d'aria vitale, che è press'a poco la metà del proprio volume, che non si produce per una tale combustione nè aria fissa (gas acido carbonico), come Lavoisier aveva creduto sino allora, insieme a molti altri, nè alcun altro acido, e che infine le due arie si riducono a un semplice vapore? In verità, non avevo ancora determinato affatto che questo vapore fosse d'acqua semplice; avevo solamente detto che non vi avevo riconosciuto niente di salino; ed io mi proposi di esaminarlo ripetendo le esperienze in un analogo apparecchio a mercurio con rubinetti di cristallo che avevo fatto costruire in seguito quando mi recai a Londra nel I782. L'altro apparecchio coi rubinetti di rame, che credo d'avervi mostrato, e che ho mostrato ad altri fisici ad Amsterdam e a Parigi nell'inverno 1781, non poteva servire a raccogliere l'acqua prodotta dalla combustione d'aria infiammabile mescolata con aria respirabile, perchè questa si produceva sull'acqua; l'apparecchio faceva solamente vedere la distruzione di queste due arie e la loro giusta proporzione, e indicava a sufficienza la loro risoluzione in acqua con l'apparizione di un vapore nebuloso, che spariva poco dopo e si confondeva col resto dell'acqua, senza alcuna traccia di materia eterogenea. Ecco fin dove ero arrivato con le mie esperienze qualche anno prima che Lavoisier ideasse ed eseguisse coi suoi nuovi apparecchi, coi suoi Gazometri ecc. le famose esperienze di bruciare sul mercurio una grande quantità d'aria infiammabile con una combustione lenta, il che gli fornisce il mezzo di raccogliere una quantità molto considerevole di acqua, abbastanza grande per poter verificare che il suo peso eguaglia quello delle due arie consumate. Egli dunque non fece altro che verificare o completare la mia scoperta; come, riguardo agli apparecchi, egli non fece altro che perfezionare la mia lampada ad aria infiammabile o combinarla col mio eudiometro. Con questo non intendo affatto sminuire nè la bontà degli apparecchi molto ingegnosamente combinati ed assai superiori ai miei, che gli hanno fornito l'idea, nè il merito delle sue scoperte che io avevo appena intravisto e alle quali ho aperto la via: Lavoisier c'è veramente arrivato, ha trovato ciò che era solamente indicato, ha fissato la verità. Voglio solamente ricordare che anch'io ho fatto scoperte in questa branca di chimica pneumatica, che hanno aiutato gli altri, e che io sono entrato tra i primi in questo campo di ricerche. Si può dunque giudicare che ho dovuto seguire con molto interesse i progressi di questa parte della scienza e non dovreste dubitare del piacere che mi farebbe il vostro lavoro contenente la descrizione di molti apparecchi eccellenti che la riguardano e il risultato delle vostre esperienze con essi. Avevo anche scoperto nel 1781 che l'aria infiammabile ricavata dalle sostanze vegetali e animali per distillazione e quella prodotta dalla loro decomposizione spontanea sotto l'acqua (la mia aria infiammabile delle paludi) avevano bisogno per bruciare di una quantità d'aria vitale molto più grande, e che con questa combustione si generava molta aria fissa (gas carbonico), che solamente l'aria infiammabile pura era quella che non la faceva apparire affatto. Credevo anche, e l'avevo detto, che queste altre arie erano la stessa aria infiammabile combinata in maggiore o minore misura con parti oleose: non ero dunque molto lontano dalle scoperte fatte in seguito, e non ebbi difficoltà a sostituire ai principj oleosi il principio carbonioso. È così che io mi sarei molto avvicinato alla nuova teoria chimica, non solamente prima che essa avesse fautori fuori di Francia, ma anche prima che essa fosse pubblicata nel suo insieme e avesse preso corpo. Non ho pertanto alcuna difficoltà ad abbracciarla nella sua totalità e già da parecchi anni la insegno nelle mie lezioni e dimostrazioni pubbliche. Tuttavia, non sono lontano dall'adottare la correzione o addizione proposte da qualche chimico tedesco, specialmente RùTHER e GREN, i quali pretendono che i combustibili non si ossidano solamente per combustione, non acquistano solamente ossigeno per semplice affinità, ma che ne fanno scambio con un altro principio da essi liberato, responsabile della luce, al quale essi vorrebbero ancora conservare il nome di flogisto, per conciliare in qualche modo l'antica teoria flogistica con la nuova pneumatica. Voi conoscete senza dubbio questa teoria modificata che GREN ha sviluppato molto bene e mi consentirete che essa appare molto plausibile.
In verità, sono un po' mortificato di non aver adempiuto la promessa d'inviarvi la memoria sull'elettricità per semplice contatto dei metalli, sebbene abbia ragioni per scusarmi: e la prima è che ho dovuto pubblicare molte di queste esperienze a tamburo battente per rispondere ai fautori di GALVANI e a GALVANI stesso, i quali mi hanno nuovamente attaccato circa la loro pretesa elettricità animale, che io avevo dichiarato essere un'elettricità naturale eccitata dal contatto di conduttori differenti ecc. Ho dunque inviato, per l'inserzione in alcuni giornali, nuove memorie contenenti estratti delle mie nuove esperienze, che decidono la questione; esperienze, dico, sull'elettricità eccitata dal semplice contatto di conduttori differenti soprattutto metallici, e resa sensibile agli elettrometri ordinarj: i giornali sono gli Annali di Chimica di BRUGNTELLI, che si stampano a Pavia e il Neuer Journal der Physik di GREN.

Addio, mio caro.
Vostro A. VOLTA.

*Originale in francese; traduzione di A. Chierico.