OPERE SCELTE

MEMORIA (1)
SOPRA I FUOCHI DE' TERRENI E DELLE FONTANE ARDENTI
IN GENERALE, E SOPRA QUELLI DI PIETRA-MALA
IN PARTICOLARE

Quando nel I776 ebbi scoperto che da tutti i fondi d'acqua stagnante o leggermente corrente si svolge una prodigiosa quantità di aria infiammabile, prodotta dalla macerazione e putrefazione delle sostanze vegetabili e animali, fui naturalmente condotto a pensare, che molti fenomeni naturali, tra i quali quello dei terreni e delle fontane ardenti, da altro non provenissero che da grandi ammassi di codest'aria infiammabile (2). Era troppo facile l'immaginare che potea trovarsi buona copia di tal aria già bella e formata in alcuni ricettacoli o cavità sotterranee, che riempiendosi, o per le pareti che si sprofondassero, o per qualche materia estranea portatavi dentro, obbligavano quell'aria a traspirare ed uscisse fuora in forma di getti attraverso le crepaccie e la terra secca, o attraverso l'acqua in forma di gorgogli. lo mi atteneva tanto più fortemente a questa opinione, quantochè alla possibilità della cosa, alla verosirniglianza di una spiegazione così facile e naturale aggiugnevasi una imitazione non lontana del fenomeno, a cui io era giunto; sendo riuscito ad eccitare a talento sulla superficie delle acque stagnanti simile infiammazione mediante il frugare sul fondo, e rimescolare la melma ad effetto di snidarne l'aria infiammabile: il che fatto, non aveva che a presentare un candelino o un solfanello acceso al luogo dove nasceva il maggior bollicamento cagionato dalle gallozzole d'aria che spiccate dal fondo venivano a crepare alla superficie dell'acqua, per far tosto sorgere una fiamma che spandeasi per una estensione considerabile lambendo l'acqua medesima. Questa fiamma era di colore azzurro, e continuava ad ardere cosa lambente e ondeggiante più o men tempo. Un fenomeno presso a poco eguale avea luogo sopra le terre impregnate d'aria infiammabile. Io sceglieva a tal oggetto un terreno fangoso confinante coll'acqua di uno stagno, un terreno che fosse anzi stato coperto lungo tempo dall'acqua medesima, e abbandonato da essa e rimasto in secco poco innanzi, cui andava colla mia canna foracchiando là ove era più molle e nericcio. A siffatti buchi accostando prontamente un zolfino acceso, la fiamma vi s'appiccava a un tratto, e parte vedeasi scendere fino a lambirne il fondo, parte lanciarsi in aria, massime ove io m'aggravassi col corpo, o battessi de' piedi sul terreno ad oggetto di spremerne l'aria infiammabile in maggior copia.

Dopo tali sperimenti e prove felici, consultando diverse descrizioni, che erano state date dei terreni ardenti, e particolarmente quella inserita nel Giornale di Fisica dell'Ab. Rozier Tom. VI, Agosto I775 p. 224 intorno alla Fontana ardente del Delfinato (così chiamata impropriamente, poichè essa non è in niun modo una fontana, bensì un terreno ardente), vi riscontrai una perfetta conformità in tutto, salvo due sole circostanze: cioè, che cotal terreno non è stato di recente coperto dall'acqua; e che non è necessario di sconvolgerlo, o di scavarvi de' buchi col bastone per imprigionarne l'aria, la quale è tramandata spontaneamente da qualche ricettacolo sotterraneo, che quivi suppongo trovarsi. Per tutto il resto i fenomeni sono assolutamente i medesimi, e le circostanze son tali, ch'egli è impossibile il suppor ivi la presenza della nafta o petrolio, a cui si attribuivano comunemente le fiamme de' terreni, e delle fontane ardenti. Meno poi si potrebbe attribuire il fenomeno a qualsivoglia altro bitume. Non resta dunque che l'aria infiammabile, che produr possa tali apparenze; e l'Autore della descrizione citata ce lo dà egli medesimo a divedere assai chiaramente, e ci conduce a ravvisare tal aria nelle modificazioni, negli accidenti, e nei moti che ci dipinge di coteste fiamme, benchè non parli nè faccia pur cenno nel suo scritto di aria infiammabile, l'esistenza della quale, non che l'indole e la natura di essa, dobbiam credere che gli fosse ancora ignota. Se conosciuto avesse tal aria, non sarebbe ito a cercar altro: certo almeno non sarebbe ricorso ad una specie di piroforo, prodotto non sa neppur egli come. Il Sig. di Fontenelle paragonava questo terreno a un piccolo vulcano: senza fondamento però; giacchè alcun vestigio non vi si è potuto trovare.

In mezzo a tante insussistenti opinioni un antico Autore mi si presenta, il quale si è molto accostato alla verità. Questi è un certo Dieulamant ingegnere a Grenoble, che scriveva ha quasi un secolo, il quale attribuisce il fenomeno a un vapore infiammabile che trapela dalla terra, dicendo di non aver trovato nulla nè sulla superficie, nè in seno alla terra medesima, che possa produrre e alimentare le fiamme. Il Sig. di Montigny in una Memoria manuscritta, di cui Mr. Guettard ci ha dato un estratto nelle sue opere, va più innanzi ancora: egli giunge perfino a dire, che il vapore infiammabile, il quale si fa strada attraverso il terreno di cui si tratta, è simile a quel vapore prodotto dalla dissoluzione del ferro nell'acido vitriolico, che s'accende coll'accostare la fiamma d'una candela alla bocca del vaso. Dal che si fa a congetturare che succeda qualche cosa di simile sotto il detto terreno, mercè l'azione dell'acido vitriolico sopra delle piriti ferruginose. Egli avrebbe toccato il segno, sostituendo solamente la parola aria o gas a quella di vapore: ma la differenza solenne tra i vapori propriamente detti e i fluidi aeriformi non era molto nota a quel tempo. Oltre di ciò tra le arie infiammabili medesime conveniva far distinzione, ed attaccarsi, anzichè all'aria infiammabile de' minerali, a quell'altra specie che si produce dalla macerazione e scomposizione delle sostanze vegetabili e animali: ma questa origine dell'aria infiammabile era allora sconosciuta affatto; e sol dopo la mia scoperta si può dire che si sia resa veramente palese (3).

Ho accennato che la così detta Fontana ardente del Delfinato non è altrimenti una fontana, ma un terreno ardente. Vi è però tutta l'apparenza che fosse in altri tempi ricoperto quel terreno dall'acqua, la di cui superficie gorgogliante prendeva fiamma all'accostarle qualsisia altra fiammella. Ciò rilevasi da quanto intorno a questo luogo ci riferiscono alcuni Autori antichi, tra gli altri S. Agostino, che non so dove ne parla. Molta probabilità ancora vi s'aggiunge dal vedere che esiste anche al dì d'oggi un ruscello che scorre vicino al luogo ove compaiono le fiamme. Avremo occasione di far osservare quanto questa circostanza sia favorevole alla spiegazione ch'io pretendo di dare dei fenomeni di questo genere.

Non entrerò in più minuti dettagli, che poco servirebbero al proposito, contentandomi di avvertire chi li desiderasse, che questi unitamente alle opinioni degli autori si troveranno nella descrizione della Francia che sta componendo il Sig. Avvocato Beguillet, di cui la parte che risguarda il Delfinato Ë già sotto il torchio (4).

Molti fuochi di simil genere si trovano in Italia, che sono stati descritti da diversi. Quelli di Pietra-mala, luogo situato sull'alto degli Appennini tra Bologna e Firenze, sono i più celebri e i più conosciuti. Tralasciando tutte le altre descrizioni, potrei attenermi a quella che leggesi nell'opera conosciutissima del Sig. Ferber, tradotta in franzese e arricchita di belle note dal Sig. Barone Dietrich corrispondente dell'Accademia R. delle Scienze di Parigi (Lettres sur la Mineralogie d'Italie, et sur divers autres objets de l'Histoire naturelle de l'Italie. Traduites de l'allemand ecc. Strasbourg, I776); potrei, dico, attenermi a questa descrizione, come la migliore e la più recente, che tanto vi troverei molte apparenze non equivoche, anzi tutti i più certi indizi della mia aria infiammabile. Ma voglio più presto riportarmi a ciò che meco confessò l'istesso Baron Dietrich poco tempo dopo: quando cioè ebbi la sorte d'incontrarmi con lui in Argentina al principio d'autunno dell'anno I777. Avendo egli letto poco prima la mia operetta sull'aria infiammabile nativa delle paludi, nella quale, non che trovarsi enunciate tali mie idee sopra i terreni e le fontane ardenti, viene di più riportata la descrizione di alcuni fenomeni di questo genere (5), non sì tosto ebbe verificate le mie principali sperienze (al qual oggetto ci portammo egli ed io in compagnia d'altre dotte persone a raccorre dell'aria infiammabile da certi fossi, e facemmo altresì la prova d'infiammarla sul luogo, cioè a fior d'acqua), ch'egli convenne in tutto meco, e dichiarò apertamente che i fuochi di Pietra-mala da lui e visitati e descritti provenir doveano da simil fonte, cioè da aria infiammabile della stessa specie; che in questo senso or vorrebbe che fosse preso il vapore sotterraneo di cui parla, non già per un'esalazione di nafta o petrolio, riflettendo massimamente ch'egli per quanto si studiasse, non avea potuto rinvenire in quel terreno alcun indizio di bitume (6); che altri ve lo aveano bene immaginato e supposto, ma solo per non trovar essi altra via di spiegare il fenomeno; imperocchè coloro, i quali finsero a piacimento una specie di vulcano, andarono ancor più lontani, secondo che pensa il Sig. Dietrich, dalla vera cagione: infatti niuna forma di cratere, niuna produzione vulcanica nel sito di cui si tratta.

Il suffragio del Baron Dietrich mi fu, lo confesso, di un gran peso per confermarmi nell'opinione ch'io aveva sempre mantenuta dopo la mia scoperta dell'aria infiammabile nativa. Ad ogni modo per quanto persuaso io fossi della natura dei fuochi di Pietra-mala, restavami tuttavia uno scrupolo, cioè che il piacere di far fare una bella comparsa alla mia aria infiammabile non forse mi seducesse; ond'è ch'io non era contento, finchè non mi riuscisse di averne prove incontestabili e dirette. Altronde quand'anche io non avessi più bisogno di queste prove per finir di soddisfare me medesimo sopra tal punto, le vedeva necessarie a convincere gli altri, quelli singolarmente, che attaccati di troppo ai loro antichi principj, e alle idee cui non possono risolversi di abbandonare, nemici dichiarati di ogni novità, non si arrendono che all'ultima evidenza. Mi proposi adunque di fare sul luogo le osservazioni proprie non solo ad iscoprire la presenza dell'aria infiammabile là dove trovasi il terreno ardente di Pietra-mala, in quella copia ch'è richiesta alla produzione de' fenomeni che vi s'osservano; ma ad accertare ben anche di tal aria il continuo sgorgo attraverso la terra, in un colle circostanze che lo promovono. Io intrapresi queste osservazioni verso la metà di Settembre del 1780 in occasione di un piccol viaggio che feci in Toscana; e vado ad esporle e sottometterle al giudizio del pubblico: esse sono in piccol numero, ma altrettanto, a mio credere, decisive.

Poco ho a dire dell'ispezione del locale, e delle prime apparenze del fenomeno. Pietra-mala è un piccol villaggio, che si truova alla più grande altezza della strada che mette da Bologna a Firenze. Alla distanza di poco più d'un mezzo miglio al disotto del villaggio sul pendìo del monte evvi un terreno, come un picciol campo, il quale mirato anche da lungi vedesi coperto da fiamme, che sorgono all'altezza d'alcuni piedi, fiamme leggere, ondeggianti, e di color ceruleo la notte, come s'accordano tutti a riferire gli abitanti di quelle vicinanze: in tempo di chiaro giorno queste fiamme non si scorgono che assai dappresso, e appaiono assai tenui e rossigne. Nel che può ravvisarsi di già una perfetta somiglianza colla fiamma della mia aria infiammabile nativa delle paludi. Quando io mi trasferj sul luogo il giorno era così chiaro, e il terreno illuminato del Sole, che punto quasi non si vedeano le fiamme: il calore quello era piuttosto che ne avvertiva all'accostarvisi che un faceva. Io mi trovava insieme a due miei compagni di viaggio (7) e un paesano per guida, il quale rimarcar ci faceva ognuna di tali vampe, mediante il gettare qua e là ne' luoghi particolarmente infiammati, che sono come altrettanti focolari distinti un dall'altro, de' fascetti di paglia, che vi prendean fuoco all'istante. Del rimanente essendo noi molto curiosi, e non lasciando di tentare e frugare per ogni dove, non andò guari che tutti avemmo fissati questi falò, o getti di fiamme distinti, quali più e quali men grandi, che non erano poi assolutamente invisibili; perocchè se in qualche sito ci avvenne di abbruciar prima un poco le scarpe che ci accorgessimo della fiamma ivi esistente, questa in appresso, ponendovi occhio più attento, non ci sfuggiva. Cotali fiamme sono qua e là sparse e disseminate per l'estensione di poche tese d'un terreno che resta scoperto, piuttosto leggero ed arido, e un po' sassoso; ed occupano segnatamente i luoghi, dove questo si trova visibilmente più raro e secco. Talvolta cambian di luogo, ma più sovente di volume, quando in larghezza, e quando in altezza; qui guadagnan terreno, e si riuniscono più fiamme insieme, là si ritirano e si disgiungono: si può anzi sopprimerne alcune, ed ingrandirne altre a talento. Altro non vi vuole per fare sparire le più piccole, che un forte soffio; e per quelle che sono più larghe, basta versarvi tanto d'acqua, che ne ricopra tutta l'estensione; oppure accumular ivi della terra, e rincalzarla e comprimerla tanto, che più non dia facile passaggio all'aria infiammabile ch'è sotto. Quest'aria allora risospinta sorte in maggior copia dagli altri pertugi vicini, ond'è che da questi come focolari si levan le fiamme più alto: insomma a misura che si sopprimon alcuni de' getti, crescono in forza gli altri. lo mi trattenni lungo tempo a ripetere e variare tali prove, prendendomi soprattutto piacere di far salire le fiamme più alto a varie riprese, mediante il battere de' piedi, e l'aggravarmi sul terreno attorno ad alcuno di tali getti; parendomi che questo solo bastar potesse a render sensibile l'esistenza di quel serbatoio d'aria infiammabile, che quivi ho supposto; la qual aria se dalle interne cavità già si fa strada da sè, e trapela spontaneamente per il terren poroso, È ben naturale che sgorghi assai più? copiosamente sopravvenendo quell'esterna pressione, che ajuta a spremernela fuore: non altrimenti che noi la spremiamo nelle nostre sperienze da una vescica o da un otre riempiutone, giusto per offrire lo spettacolo di simili getti di fÏamma.

Non voglio lasciare di far osservare, per compiere in tutte le sue parti il parallelo tra l'aria infiammabile e le fiamme di Pietra-mala, che ogni qual volta una di queste fiamme, essendosi per qualsivoglia maniera spenta del tutto, viene a riaccendersi, ciò non fa mai senza quella specie di esplosione, che accompagna l'accendimento dell'aria nostra infiammabile, e che è tutta propria di lei. Questa circostanza, di cui ha fatto caso il Barone Dietrich, avrebbe dovuto fin d'allora fargli sovvenire dell'aria infiammabile. "Le pioggie e le nevi, dic'egli, non impediscono tali fiamme di bruciare; solamente dei gran colpi di vento sono capaci di spegnerle; però per un momento. Se si coglie quest'istante per accostarvi un corpo ardente, le fiamme ricompaiono con una spezie d'esplosione, e si comunicano a tutta la circonferenza, come ad una striscia di polvere". (OP. cit., P. 420).

Si avrà forse difficoltà a persuadersi, che esista sotto questo terreno una provvisione d'aria infiammabile così grande, da poter somministrare alimento perenne all'ardere di tante fiamme. Ma se vogliam supporre che si trovasse altre volte in quel luogo una gran palude, la quale sia rimasta in seguito di tempo sepolta, per uno di quelli accidenti che è facile immaginarsi (8), sarà anche facile intendere come le sostanze vegetabili e animali continuando a decomporsi vi abbian colà entro lasciato il prodotto della lor aria infÏammabile, la quale, ritenuta in quella sotterranea prigione, da cui esala sol poco a poco trapelando dal terreno, non sia per anco tutta consumata: se si suppone, ciò che è ancora più verisimile, che una quantità di materie putrescenti venga continuamente condotta in quella vasta cavità sotterranea (che in ogni conto dobbiam ammettere che vi sia) da alcuni ruscelli d'acqua carichi di spoglie vegetabili ed animali, i quali vi scolino come in una fogna, niente più vi mancherà per la formazione di quel magazzino d'aria infiammabile, ampio, inesausto, di cui abbiam bisogno. Del resto l'aria infiammabile potrebbe eziandio venir fornita da qualcuna di quelle mine, che ne abbondano, come son le mine di carbon' fossile. Ma io amo meglio di credere, che quest'aria sia della stessa specie che ho scoperto ne' fondi delle acque stagnanti e sporche, per la ragione primieramente che cotesta è più? comune, e si produce in molto maggior quantitr dell'altre, e dappertutto; in secondo luogo perchè la maniera di ardere della nostr'aria infiammabile paludosa è simile in tutto a quella delle fiamme di Pietra-mala.

Se non che qual bisogno abbiamo di ricorrere a supposizioni per concepire la possibilità di questa grande raccolta d'aria infiammabile sotterra ne' contorni di Pietra-mala, quando l'esistenza sua ci viene provata, e resa palpabile da una quantità prodigiosa di bolle di cotest'aria che scappano attraverso l'acqua di una fontana la qual si truova a picciola distanza dal terreno ardente (9)? Si può facilmente raccogliere di tal aria, che cagiona un grande ribollÌmento nell'acqua per molte gallozzole, che vengono a rompersi alla sua superficie, adattando un imbuto al collo d'una caraffa rivolta colla bocca nell'acqua, e piena ella stessa di acqua; come ho insegnato per cavare l'aria infiammabile dei fossi (10): si può, dico, raccogliere deu'aria di quella fontana, trasportarla entro a bottiglie convenientemente turate, ed abbruciarla poi a bell'agio quando un vuole; e si può, se più piace, infiammarla sulla superficie medesima dell'acqua (11), onde sgorga: ciò che ne fa una vera fontana ardente. Or poichè da questa fontana non corre che un picciolo tratto al terreno ardente, pare che non vi sia, nè esser vi possa alcun ragionevole dubbio intorno all'identità del fenomeno. Nulla di meno passiamo più innanzi, e cerchiamo delle prove più dirette e concludenti.

Ad oggetto di rendere sensibile il da me supposto sgorgo di aria infiammabile dal terreno in questione, m'avvisai di spargere delle pagliuzze ed altri corpi leggeri là dove la terra mi parea più leggiera e sollevata, segnatamente in que' luoghi da cui aveva un momento prima a bella posta spazzata via con forte soffio la fiamma: con che ebbi la soddisfazione di vedere che coteste paglie ed altri minuzzoli venivano commossi, e fatti saltellare dal soffio d'aria (e da che altro mai?) che trapelava dal terreno. Non mi restava più per compimento di prova, che di raccogliere di quest'aria medesima, e vedere se era veramente infiammabile, al par di quell'altra che scappa in forma di bolle dalla vicina fontana, di cui s'è parlato poc'anzi. A questo fine feci scavare delle fossatelle ne' luoghi precisamente occupati da fiamme, e ricolmate quelle d'acqua, con che veniva (com'è naturale) soffocata la fiamma; si videro, com'io l'aveva predetto, salire dal fondo a galla dell'acqua copiose bolle di aria; le quali per rendere più grosse e più frequenti, mi misi a frugare col bastone sott'acqua sommovendo la terra, intanto che per raccogliere di tal aria teneva rivolta colla bocca nell'acqua una bottiglia piena d'acqua con adattato al modo solito l'imbuto. Con simile artificio mi riuscì di trasportare una quantità sufficiente di cotest'aria al nostro albergo di Pietra-mala, dove feci la prova d'infiammarla in presenza di quelle stesse persone, che erano state meco sul luogo, che mi avevano ajutato a raccoglierla, e che avevano assistito alle altre sperienze. La fiamma di quest'aria si mostrò azzurra e lambente, tutt'affatto simile a quella dell'aria infiammabile delle paludi, e della fontana, di cui abbiamo parlato.

Non si può dunque a meno di riconoscere nel fenomeno di Pietra-mala un'aria infiammabile, che già bella e formata si contiene in un vasto ricettacolo sotterraneo, da cui esce continuamente, facendosi passaggio per alcune crepacce, e pertugi invisibili, ossia attraverso la terra medesima rara e porosa. Tutt'al più vi si potrebbe associare un'altra causa, e attribuire una parte solamente del fenomeno all'aria infiammabile, la di cui esistenza in quel luogo È ora dimostrata, e un'altra parte al supposto petrolio, o ad altra sorta di bitume; ma bisognerebbe bene essere innamorato morto di questo petrolio o bitume, per volerlo a tutti i patti tirar in campo, quando non è mai stato possibile di scoprirvelo, e che altronde non v'è bisogno alcuno di questo soccorso. No, lo ripeto, non v'è il minimo indizio di bitume, nè fluido nè concreto, sparso sopra il nostro terreno ardente: una terra arida, buona parte nericcia, mista a sassi piccioli e grandi, e pochi rimasugli di vegetabili sparsi sulla superficie, ecco tutto quello che vi si ritrova. Si è fatto caso da alcuni dell'odore di questa terra nericcia, che avean raccolto per esaminarla; ma è facile riconoscere che non è altro che un odore empircumatico, che ha contratto essa terra arrostita dalla fiamma ivi esistente; come succederebbe d'ogni terra, che si sottoponesse alla medesima abbruciatura, salvo che fosse del tutto magra e sabbiosa. Nè maggior caso vuol farsi di quell'odore, che, al dir di taluno, dal luogo di quelle fiamme si spande intorno. Il Sig. Dietrich nel passo sopraccitato dopo aver detto che per prova ha trovato che quella terra non è punto bituminosa, soggiunge "si dee presumere, che l'odor grato ma leggero, che si sente quando si è sotto il vento delle fiamme di Pietra-mala, che alcuni han preso per un odore elettrico, ed altri per quello del belzuino, e che io non ho potuto determinare sul luogo, non è altro che quello dell'acido marino, la di cui presenza è provata dalla mia sperienza". Io crederei che fosse l'odore stesso dell'aria infiammabile, che quando abbrugia è leggere e non ingrato, alterato, se si vuole, dai vapori di detto acido marino, o d'altre sostanze volatili che per avventura vi s'incontrino. Chechè ne sia di tali circostanze puramente accidentali, quando le circostanze più essenziali che accompagnano il fenomeno dei terreni ardenti, i sintomi principali di questi fuochi convengono interamente con quel che ci offre l'aria infiammabile nativa, quando insomma la rassomiglianza è perfetta quanto mai può essere, costretti noi già a ravvisare nell'identità degli effetti l'identità della causa, dobbiamo di questa sola essere contenti, senza andar a cercare altre cause concomitanti superflue non che immaginarie.

Tra questi sintomi uno ve n'ha, ch'io non ho ancora indicato, tanto più rimarcabile, quantochè stando al mio supposto riceve una spiegazione tutta facile e naturale; e all'incontro non può averla che difficilissima e forzata in ogni altra supposizione. Parlo delle vicende, a cui vanno sottoposte per le pioggie e la siccità le fiamme di Pietra-mala, e in generale quelle di tutti i terreni e fontane ardenti. I pratici di que' luoghi ci assicurano, che queste fiamme crescono di molto colle pioggie. Or non si sa comprendere in qual maniera le pioggie potrebbero aumentare il bitume o il petrolio alla superficie di questi terreni; meno poi come potrebber favorire la combustione, e l'alzata delle fiamme: pare anzi più naturale che dovessero portarsi via tali materie, diluirle, e lavarne il terreno. All'incontro attenendoci alla nostra spiegazione ben si vede che queste pioggie medesime possono, anzi devono per via dello scolo delle lor acque nelle cavità sotterranee, ove io pongo il serbatoio dell'aria infiammabile, aumentare l'emissione di cotest'aria attraverso gli screpoli e la porosità del terreno. Per conseguenza quanto più copiosi saranno gli scoli d'acqua che penetrano là dentro, tanto maggior quantità di aria verrà costretta a dar luogo, e scappar fuora per le dette strade. Un'immagine noi abbiamo di ciò nella mia lucerna ad aria infiammabile (12); perocchè a misura che si apre di più la chiave o robinet, per lasciar cadere un più grosso filo d'acqua dal recipiente superiore nell'inferiore pieno d'aria infiammabile, la fiamma, che esce dal tubetto adattatovi, si fa più grande ed alta.

Terminerò questa Memoria con una breve descrizione d'un apparecchio, ch'io ho immaginato per reiterare simili sperienze a piacimento; poco parendomi l'esempio proposto della lucerna ad aria infiammabile, se non giungeva a rappresentare in altro modo, e con più perfetta imitazione le fiamme dei terreni ardenti. Ho dunque costrutta una grande cassa, che riempio d'aria infiammabile. Nella parte superiore, ossia coperchio, son praticati qua e là de' piccoli fori, e in qualche luogo sonovi dell'aperture più larghe con sopra fili di ferro incrocicchiati o ramatine adattate: il tutto però è ricoperto da grossa sabbia, pietruzze, festuche ecc. con a luogo a luogo dell'erba; per dargli così l'apparenza di un terreno naturale. Le cose in tal modo disposte, io verso dell'acqua con un innaffiatoio (per imitare così anche la pioggia) sopra un luogo di questo artificiale terreno, ove ho accomodato un canale che mette nell'interno del recipiente. Tosto che questo comincia a ricever acqua, l'aria infiammabile costretta a dar luogo scappa dai piccoli fori, e attraverso la sabbia e i mucchi di pietruzze onde son ricoperti: allora gettandovi un zolfino acceso, si alza una bella fiamma cerulea, che cresce o decresce a misura che la pioggia e i rivoletti che scorrono sono più abbondanti e portan più acqua nell'interno. Talvolta la fiamma si tien così bassa, che rimane nascosta tra i piccioli sassi, e negl'interstizi della sabbia, talmente che si terrebbe per estinta; ma questa fiamma che ci cova sotto è pronta a sorger alta e farsi vedere, tostochè si versi novella acqua e ne scorra pel canale nel ricettacolo in copia sufficiente. Non voglio lasciar di dire, che si possono ripetere sopra questo terreno ardente artificiale tutte le sperienze, che ho fatte sopra il terreno ardente naturale di Pietra-mala: si può sopprimere questa o quella fiamma, impedendo l'uscita all'aria infiammabile, o col bagnare e comprimere la terra in quel tal sito, o in altra maniera: si può, formandovi delle fossette e colmandole d'acqua, far nascere e il ribollimento di essa per le gallozzole di aria che vengono a galla, e gli altri fenomeni delle vere fontane ardenti ecc.

Ecco come sono riuscito a rappresentare le più comuni apparenze e gli accidenti delle fontane e dei terreni ardenti, seguendo le idee, che fin dapprincipio mi era formato dell'origine e natura di tai fuochi. Una sì perfetta rassomiglianza non dovrebbe lasciar luogo ad alcun dubbio, quand'anclie non vi fossero tutte le prove dirette, che dimostrano l'esistenza dell'aria infiammabile stanziante sotto il terreno di Pietra-mala, e il continuo sgorgo ce ne fan vedere, e rendono per ogni maniera palpabile. E che si ricerca di più per una piena convinzione? Posso dunque dire di aver bene accertata l'origine di un fenomeno bello e singolare, e di aver assegnata giustamente una delle parti all'aria infiammabile nativa sulla superficie della terra. Chi sa che un giorno non si verifichino anche le altre idee ch'io ho avventurate nelle mie Lettere sull'aria infiammabile (13), riguardo all'influsso e giuoco che può avere tal aria al di sopra della terra nelle differenti regioni dell'atmosfera, concorrendo coll'elettricità alle meteore ignee? Queste idee non sarà inutile l'averle arrischiate, se serviranno almeno a portar più lungi le osservazioni e le sperienze.


(1) Questa memoria fu dall'autore scritta in francese, e dal medesimo recitata nell'Aprile del 1782 in una pubblica adunanza di una Società letteraria chiamata Museo di Parigi, di cui è presidente il Sig. Court de Gibelin celebre per la sua opera Le Monde Primitif.

(2) Lettere sull'Aria infiammabile nativa delle paludi. Milano 1777.

(3) Vegg. le citate Lettere sull'Aria infiammabile nativa delle paludi, singolarmente la Lett. V. pag. 64 e la nota sotto.

(4) Era sotto il torchio quell'anno 1782, ora sarà uscita.

(5) Vegg. Lett. II. pag. 20 e segg. nelle note.

(6) "La terra bruna, di cui parlammo, è sparsa su tutta la circonferenza del focolare di Pietra-mala. Parrebbe ch'ella contenesse qualche cosa di bituminoso; stantechè se colla punta del bastone si smove dolcemente, e se ne tira fuori strisciando un pezzo dal circuito ardente, le fiamme corrono appresso alla terra pel tratto di un piede circa. Ma dall'esperienza, che ho fatto, sono persuaso che quest'effetto non proviene che da un resto di vapori contenuti nella terra. Ho messo in una storta otto oncie di tal terra bruna; le ho dato un fuoco violentissimo; la terra è divenuta grigia, s'è riunita in piccole masse, e s'è indurita; ho trovato nel collo del recipiente un sospetto di sublimato acido, e nel fondo di esso un poco di flemma, che sentiva decisivamente l'acido marino. Questa terra non è dunque punto bituminosa, e gli effetti non son dovuti che ai vapori sotterranei che s'infiammano". Dietrich Op. cit. pag. 421.

(7) Il Sig. Marchese Torelli, Patrizio Pavese Cavaliere di S. Stefano di Toscana, e il Sig. Ab. Don Giuseppe Re, Assistente al gabinetto di Fisica della R. I. Università di Pavia.

(8) Favorisce non poco questa supposizione ciò che dice il Sig. Ferber. "Il sito, da cui le fiamme di Pietra-mala sortono, è coperto di terra, e di pietre staccate talcose, argillose, e marnose, come se vi fosse succeduta una sovversione violenta". Op. cit. pag. 421. e segg.

(9) "Rimontando un poco la montagna, e sul medesimo pendìo si vede un altro pezzo di terreno ardente più grande e più esteso che il primo. Più in su, all'estremità della valle vi ha un piccolo stagno, chiamato Acqua buja; le di cui acque, ancorchè fredde, sembrano bollire costantemente". Ferber p. 123, il quale suppone anche qui del petrolio, e non sospetta neppure l'aria infiammabile, che si vede e si tocca.

(10) Lett. sull'Aria infiam. ecc.

(11) E' dunque l'aria infiammabile a cui si dà fuoco, e che leva fiamma dalla superficie di quell'acqua, un'aria infiammabile che ognuno può raccogliere; non è il sognato petrolio, che nè si accorge, nè alcuno ha raccolto mai in quel sito.

(12) E' stato stampato a Strasburgo un opuscoletto col titolo Description et usage de quelques lampes à air inflammable 1780, dove l'autore, che è il Professore Ehrmann, attribuisce l'invenzione al Sig. Fürstenberger di Basilea; quando il vero si è, che avendo io il primo immaginato e costrutto più d'una di tali lucerne, e ridottele a segno di servire d'accendi-lume fin dalla primavera del 1777, poco dopo cioè l'altra mia invenzione della pistola ad aria infiammabile, ne aveva mostrata l'idea nell'autunno seguente all'istesso Sig. Fürstenberger non solo, ma al Sig. Barbier di Strasburgo, e a diversi altri in occasione d'un viaggio che feci. Non parlo di que' molti, a cui avevo mostrato tal macchina a Como e a Milano. Nel 1779 poi epoca anteriore ancora d'un anno alla pubblicazione dell'operetta del Sig. Ehrmann, ebbi occasione di mandare una di queste lucerne o accendi-lume a Firenze per Mylord principe di COWPER, a cui l'aveva già da un pezzo promessa.

(13) Lett. IV, e V.