OPERE SCELTE

LETTERA SECONDA

Mi lusingo, mio caro Signore, che siate rimasto contento dell'Elettrometro a boccetta da me corretto, e ridotto a quel grado di perfezione, a cui ve l'ho mostrato nella lettera precedente; e son persuaso, che ne abbiate fatto tosto la prova, così facile essendone la costruzione. Ditemi dunque, non è vero che gli è questo un'istrumento prezioso per ogni riguardo? Il suo maggior pregio però io son d'avviso, e voi ne converrete meco che debba riporsi, anzichè nella grande sensibilità, nell'esatta corrispondenza e comparabilità de' suoi gradi, cui io ho ottenuto col sostituire ai sottili fili metallici terminanti in pallottole di midollo di sambuco due semplici e nude paglie. Non è già ch'io non faccia gran conto anche di cotale sensibilità; ma riflettendo com'essa arriva già nel nostro istrumento a un segno che basta per le più delicate osservazioni sull'Elettricità atmosferica, e su quella eziandio prodotta artificialmente nelle mie sperienze colla semplice evaporazione, colla combustione ecc., riputerei pressochè superflua una sensibilità maggiore; ond'è che non ne vado neppure in traccia. Lasciando dunque che altri s'occupi, se gli piace, di questo, cerchi cioè di ridurre l'istrumento ad una sensibilità più grande ancora, noi ci atterremo al nostro semplice elettrometro a paglie, disposti non pertanto ad applaudire agli altrui felici successi, massime se siano tali, che alla straordinaria sensibilità non vada isgiunta la comparabilità de' gradi, che tanto premea.
A proposito della quale comparabilità, richiesta non solo in questi elettrometri molto sensibili e portatili, ma sibbene ne’ quadranti-elettrometri, di cui ci serviamo comunemente nelle macchine elettriche, in ispecie per misurare le cariche delle boccie di Leyden e delle batterie, non voglio lasciare d'informarvi come il progetto da me formato, e nell'antecedente lettera comunicatovi di fissare un de' gradi del qua-drante-elettrometro per grado fondamentale, e il mezzo ivi proposto di determinare questo grado invariabilmente, han corrisposto molto bene alla prova, che in seguito ne ho fatta. Dirovvi però, che la ripulsione essendo troppo picciola tra que' due piattelli di 5. pollici di diametro, talchè elettrizzati congiuntamente con una boccia di Leyden carica non già quanto può esserlo, ma a un grado conveniente, appena vincesi il peso di 12. in 14. grani; e soggetta altronde essendo l'esperienza, come si scorge, a qualche varietà, e ciò dipendentemente dallo stato più o men isolante dell'aria; ho trovato assai meglio di rivolgermi all'attrazione per determinare il grado di elettricità, che io cercava: la qual attrazione e si manifesta assai più forte per egual grado di elettricità, che la ripulsione, ed è di gran lunga più costante, non punto soggetta, ove si proceda colle debite attenzioni, ad anomalie. Oltre di che l'esperienza riesce molto più semplice ed agevole a farsi. Non abbiam bisogno per questa de' due piattelli metallici eguali; bastando un solo, il quale pendente per cordoncini di seta asciutti e mondi dal braccio di una bilancia sufficientemente delicata, s'affacci parallelamente a un tavolo, o piano qualunque deferente a quella distanza, che trovisi meglio convenire. In generale può scegliersi di 4. pollici di 3, di 2, di 1, e meno se si vuole: vero è, che qualche inesattezza, troppo facile a commettersi, l'errore e. g. di un quarto di linea, diverrà tanto più considerabile quanto minore si farà la distanza, giugnendo se questa sia di sole 6. linee ad un ventiquattresimo, e ad un dodicesimo, se sia di 3; laddove non sarà lo stesso errore che di un novantaseiesimo, e quindi trascurabile, per una distanza di 24. linee.
Ho dunque trovata tale distanza di 2. pollici essere la più conveniente; ed ho veduto, compartendo l'elettricità al suddetto piattello, il quale stia di tanto appunto elevato sopra di un piano deferente, compartendovela, dico, col mezzo di una boccia di Leyden carica a diversi gradi (cominciando da una carica capace appena di dare qualche scossa, e giugnendo fino alla più alta, che minaccia di spezzare la boccia stessa), ho veduto nascerne un'attrazione di esso piattello verso il piano deferente, valevole ad equilibrare diversi pesi, da 1. fino a 50, 60, e più grani.
Era troppo facile comprendere, che facendo le stesse sperienze con un piatto di un doppio diametro, l'attrazione per un dato grado eguale di elettricità, e per una data distanza, sarebbe stata più grande. Che cotesta attrazione però crescer dovesse giusto come l'area, cioè del quadruplo, presumere ben si potea; ma bisognava verificarlo coll'esperienza: e questo io ho fatto, sostituendone al piattello di 5. poll. di diametro un altro di 10.
Quello, che non era sì facile l'aspettarsi, e che si troverà singolare, è, che non mutati nè piatto, nè distanza, e mutata solo la dose di elettricità, ossia i gradi di carica della boccia di Leyden, con cui si tocca detto piatto per infondervi l'elettricità, l'attrazione di questo verso il sottoposto piano cresca, non già nella semplice ragione di tali gradi, bensì nella ragione duplicata. Siffatta legge inaspettata (la quale però si spiega benissimo, fatto riflesso a che, in proporzione che cresce la carica nel piatto toccato dalla boccia, cresce anche l'elettricità contraria, che contrae, in virtù dell'atmosfera premente di quello, la faccia dell'altro piano non isolato) mi è piaciuto verificarla col maggior numero di prove possibili; una picciola parte delle quali adduco qui solamente per non dilungarmi troppo. Appeso dunque il mio piattello di 5. poll. di diametro alla bilancia parallelamente a un tavolo in distanza di 2. poll., e comunicatagli l'elettricità con una boccia carica 45. gradi del mio quadrante-elettrometro, che colla correzione (di cui ho parlato nella lettera precedente) valgono circa 50. gradi, trovai che facea alquanto inclinare la bilancia dalla sua parte, gravata essendo la lance opposta di un soprappeso di 24. grani. Or dunque ripetendo l'esperienza con aver prima lasciata decadere la carica della boccia a 35. gradi dell'istesso elettrometro, il peso vinto dall'attrazione fu la metà giusto di prima, cioè 12. grani: diminuita ancora la carica e ridotta a 25. gradi, il piatto, cui s'infuse cotal'elettricità non tirò che 6. grani; e finalmente 3. soli con carica di 17. in 18. gradi.
Nell'istessa ragione duplicata ho poi anche trovato, che diminuisce l'attrazione crescendo le distanze, cosicchè a doppia, tripla, quadrupla distanza l'attrazione diventa quattro, nove, sedici volte più picciola: onde ne viene, che per avere un'attrazione eguale ad ogni distanza si richiede, che nella stessa semplice proporzione con cui cresce o diminuisce questa, cresca o diminuisca anche la carica della boccia, cioè che sia essa pure doppia, tripla, quadrupla, per doppia, tripla, quadrupla distanza ecc. Lo che ho pure confermato con molteplici sperienze; le quali, siccome tutte le altre di cui ho già parlato, mi hanno dato sempre de' risultati con-formi alle indicate leggi, e tanto più precisi, quanta più diligenza ed accuratezza vi ho impiegato, e il tempo era più favorevole a mantenere in perfetto stato gl'isolamenti, e alla durata dell'elettricità, richiesta in tutte le delicate sperienze di questo genere. Cotal legge dell'attrazione in ragione duplicata inversa delle distanze era più facile il presumerla, che l'altra della ragione similmente duplicata delle forze caricanti, che abbiam veduto; e ciò dietro l'opinione comunemente abbracciata, che l'azione dell'elettricità sia appunto proporzionale al quadrato inverso delle distanzeb. Ma che? s'io mostrerò, che non si verifica ciò; nè per la pressione delle atmosfere, la quale, come ho scoperto, è piuttosto in ragione semplice inversa delle distanze; nè per la ripulsione de' corpi posseduti dalla medesima elettricità? Se mostrerò che neppure per riguardo all'attrazione ha luogo generalmente la legge del quadrato di cui parliamo; ma nel solo caso in cui da una parte il piattello viene dalla boccia carica toccato nell'attuale distanza in cui esso si truova, e dall'altra parte il piano deferente a cui s'affaccia comunica costantemente col suolo? E che in questo caso intanto cresce l'attrazione in ragion duplicata dell'avvicinamento, in quanto che a misura di tale avvicinamento contrae più di elettricità contraria il piano comunicante col suolo, cioè a dire si dirada più il fluido elettrico, o più si accumula nella superficie di lui affacciato al piatto elettrizzato, secondo che questo lo è positivamente o negativamente? In prova di che in tutte le altre combinazioni; ove cioè o si lasci il piattello colla primiera elettricità somministratagli dalla boccia quando stava esso ad una certa distanza dal piano inferiore, e questa distanza poi si cangi in una maggiore o in una minore; o innanzi di effettuare tai cambiamenti di distanza si tolga a detto piano inferiore la comunicazione col suolo, onde rimanga isolato; o l'una e l'altra cosa succeda; oppur finalmente si elettrizzi a parte un piattello con elettricità positiva, e uno con negativa, indi senz'altro si portino ad affacciarsi a varie distanze; in tutte queste combinazioni, dico, non siegue più l'attrazione la ragione inversa duplicata delle distanze, bensì o la semplice o la subduplicata, od una che partecipa di queste due; come le molte mie sperienze mi hanno insegnato: le quali inoltre estese a piatti più grandi, or eguali or ineguali, a sfere, a cilindri, a punte, e a varie combinazioni, mi han condotto ad iscoprire diverse altre leggi curiose del pari che nuove.
Ma di questo soggetto non più, che forma una gran parte delle mie ricerche di Elettrometria, e che svilupperò ne' miei Saggi. Ritornando ora al nostro primario scopo, ch'era di determinare con tal genere di prove a un grado invariabile di elettricità, e di farlo coincidere con un dato grado del quadrante-elettrometro che diventi perciò fondamentale, non sarà inutile ch'io vi descriva con qualche maggior detaglio la mia maniera di fare la sperienza, acciò seguendola voi, ed altri, ottenghiate precisamente i medesimi risultati.
Avendo dunque ridotto come ho detto di sopra il piattello pendente dalla bilancia alla distanza di 2. pollici dal suo compagno che comunica col suolo, o da un altro piano deferente, con porre tutta la cura perchè sia ben esatta tale distanza, e quello rimanga perfettamente parallelo a questo; e ridotta pure avendo in equilibrio la bilancia, sicchè resti, come suol dirsi, in giudice; ne carico l'altra coppa di 12. grani; e perchè non trabocchi, la sorreggo opportunamente. Allora con una boccia di Leyden carica più che mediocremente comincio a dare una scintilla al piattello; ed ecco che questo tira la bilancia, e vincendo il peso de' 12. grani la fa traboccare dalla sua parte. Ripeto di tratto in tratto la prova, e sto attendendo, che la carica della boccia, la quale va mano mano indebolendosi, arrivi finalmente a un segno, che l'attrazione elettrica del piattello toccato dall'uncino di detta boccia non sia più da tanto da far traboccare la bilancia, ma appena la inclini un poco. Trovato cotal grado di carica della boccia, passo a toccare collo stesso suo uncino un piccolo conduttore cilindrico, che porta all'estremità quel quadrante-elettrometro che mi propongo di regolare, al cui pendolo è adattata una pallottola di midollo di sambuco della grossezza che richiedesi, perchè s'alzi per codesta forza di elettricità giustamente a 35. gradi della sua scala (che sono gradi di circolo). Per ottener ciò, adatto dapprima ad esso pendolo una pallottola a caso; indi veggendo e. g. che quello va più alto dei divisati 35. gradi, sostituisco una pallottola più grande; e il contrario nel caso che rimanga addietro: fintantochè, rinnovando ad ogni prova l'esperimento della bilancia, ho incontrato giusto. Or la grossezza della pallottola, quando il pendolo formato di una mezzana paglia sia lungo 4. pollici, e scorra tra due semicerchjc di 2. poll. di raggio, è di 3. linee circa. Ma queste dimensioni non è necessario che siano precisamente tali, tostochè il tutto va ridotto alla prova invariabile della bilancia nella guisa che ho sopra indicata, a segno cioè che il pendolo del quadrante-elettrometro marchi appuntino 35. gradi per quella forza di elettricità, che fa levare al piattello di 5. poll. di diametro, distante 2. poll. dal piano deferente, 12. grani di peso, nè più nè meno. Quello che si richiede è unicamente, che siano ben determinate e ridotte a precisione queste tre quantità; il che, come si vede, è facile ad ottenersi: con ciò tutti i quadranti-elettrometri non solo si corrisponderanno esattamente in questo grado fisso e fondamentale che è il 35mo ma andranno del pari d'accordo per tutti gli altri gradi inferiori, che già altrove ho mostrato esser comparabili fra di loro. Io mi sono assicurato di ciò con tali e tante prove, che non lasciano più luogo a verun dubbio o scrupolo.
Il quadrante-elettrometro così regolato non è nè troppo sensibile, nè troppo poco; giacchè un elettrometro a boccetta, come quello che ho descritto nella lettera precedente, il qual abbia cioè le due paglie nude e assai sottili, lunghe 2. pollici, s'incontrerà a marcare a un dipresso 10. gradi per 1. di tal quadrante-elettrometro: il che riesce assai comodo; tanto più che alla piccola differenza, che vi possa essere, si rimedia facilmente col far le paglie un po' più grandi o un po' più picciole, come ho ivi spiegato.
Ho detto che la forza dell'attrazione elettrica è molto più considerabile e costante che quella della ripulsione. Avete veduto infatti come la prima è potente alla distanza di 2. poll. nulla meno e forse più della seconda ad una distanza molto minore, cioè nel contatto medesimo, o presso il contatto, giacchè quella vince lo stesso peso di 12. grani, che vince questa. Or quanto non potrà crescere l'attrazione diminuendosi la distanza? Se è vero, com’è verissimo, e come l'ho già avanzato, che nel modo di fare l'esperienza, di cui qui si tratta, l'incremento di cotesta attrazione è in ragione duplicata del decremento della distanza, portato dunque il piattello ad 1. poll. solo di distanza dal piano comunicante col suolo, e ivi toccato dalla boccia carica come dianzi 35. gradi, leverà l'opposta lance della bilancia sopraccaricata di ben 48. grani, ossia 2. danari. Così portato alla metà ancora di questa distanza, cioè a 6. lin., leverà 8. danari, ec. Le prove infatti mi hanno sempre corrisposto per questo non solo, ma per tutto le distanze intermedie da 6. pollici fino a 5. lin. ed anche fino a 4. Più sotto l'esperienza mi ha sovente mancato, a cagione della trasfusione dell'elettricità, che accadeva dal piattello al sottoposto piano.
Riguardo alla ripulsione debbo soggiungere, che, oltre all'essere debole in proporzione, ella è ancora stentata, manifestandosi per loppiù non già al momento che vien infusa l'elettricità, ma un certo tempo dopo. Ho osservato quasi sempre, che elettrizzati i due piattelli, sia congiunti, sia separati da picciolo intervallo, colla boccia carica al solito 35. gradi, il superiore aggravato dei 12. o 13. grani tarda a sollevarsi 10, 15, 20 minuti seeondi, e talvolta più.
In contraccambio questa debole e tarda ripulsione non isminuisce poi che di pochissimo, cioè appena di 1. 2. o 3. grani, ancorchè i piatti in luogo d'essere contigui si trovino ad un intervallo considerabile, da 1. linea fino a 4, 6, 8, e più ancora. La qual cosa dee parere al certo sorprendente, nè può in alcun modo intendersi (come neppure quel ritardo di cui or ora si è parlato), qualora si ammetta per causa immediata di tali movimenti elettrici una reale forza di ripulsione, nel vero e proprio senso. All'incontro sì l'un che l'altro fenomeno, e insieme la debolezza di tal ripulsione comparativamente all'attrazione, si spiegano colla maggiore facilità, tenendo (come è stata sempre mia opinione), che detta ripulsione non sia che apparente, prodotta voglio dire non già da una causa distinta, ma dallo stesso principio di attrazione: effetto in somma di quell'attrazione che sentono due corpi investiti di omologa elettricità verso i corpi esterni. e quindi anche verso l'aria che li circonda, segnatamente da quella parte, ove il fluido elettrico di essa aria obbedendo all'azione dell’atmosfera elettrica può venire più facilmente smosso (ritirarsi cioè addietro, e diradarsi se l'elettricità del corpo è positiva, od all'opposto accorrere e affollarsi verso di lui s'ella è negativa); giacchè se non succede tale smovimento del fluido elettrico proprio di un corpo, se non diventa nella faccia che presenta all’altro corpo elettrizzato, esso pure elettrico in senso contrario, non ha luogo tra i due corpi alcuna attrazione. Il qual principio fondamentale stabilito così bene da Epino nella sua grand'opera Tentamen Theoriae Electricitatis et Magnetismi, e confermato da tutte le prove possibili, è reso vieppiù evidente da quelle che ho fatto ultimamente colla mia bilancia elettrica, e che tralascio per brevità di riferire.
Or tenendoci ad una tale fondata sentenza, che la ripulsione elettrica non sia che apparente, e provengano quei moti attribuiti senza fondamento ad un principio ripellente, soltanto dall'attrazione verso i corpi esterni, se ve ne ha di vicini, e non avendovene, verso l'aria che sta ai lati, torno a dire che spiegansi a meraviglia gli sopra enunciati fenomeni, e rientrano nell'ordinaria legge di questa attrazione: ciò che passo a far vedere brevemente. Domandasi dunque:
1. Perchè infusa l’elettricità ai due piatti, tarda il superiore a levarsi in alto? Per la difficoltà e lentezza, con cui viene smosso il fluido elettrico nello strato d'aria che sta sopra detto piatto, attesa la natura coibente di essa aria. Quindi è, che per effettuarsi cotale smovimento del fluido elettrico proprio dell'aria, in dose sufficiente da far nascere tanta attrazione, che vinca il peso di 12. o 13. grani, di cui è gravato il piattello, vi vuole un certo tempo.
2. Perchè cotesta ripulsione del due piatti, se è vero che non sia che apparente, un effetto cioè dell'attrazione verso l'aria esterna, perchè è cosi debole in paragone dell'attrazione, che si manifesta tra il medesimo piatto superiore elettrizzato egli solo, e l'inferiore il quale comunichi col suolo? La ragione di questa differenza è, che movendosi il fluido elettrico in cotesto piatto non isolato con piena libertà, può rarefarsi o condensarsi nella faccia superiore, che guarda il piatto elettrizzato, come e quanto esige l'azione dell'atmosfera elettrica: al contrario ciò non può compiersi che in picciola parte nello strato d'aria, contiguo al piatto superiore, in grazia d'esser essa, come già s'è detto, coibente, ond’è che tanto più debolmente lo attrae.
3. Finalmente onde viene che infusa ai piatti omologa elettricità, siano essi contigui, o siano discosti di alcune linee, il superiore pur si leva presso a poco coll'istessa forza? Viene da che il fluido elettrico proprio della lamina d'aria compresa tra i due piatti punto o poco obbedir può alle due forze, che tendono a smoverlo in senso opposto, finchè la distanza non è che di poche linee: per conseguenza la forza, con cui è tirato in giù il piatto superiore è pressochè nulla; e quindi non può che poco o nulla controbilanciare quella, con cui è tirato in su dall'aria libera (la quale ha potuto, se l'elettricità era positiva, sgravarsi di fluido elettrico, e il contrario se era negativa, quanto lo permette la sua natura coibente). Solamente dunque nel caso che la lamina d'aria compresa tra i due piatti s'ingrossi di molto e formi uno strato alto di 1. poll. di 2. di 4. ecc. potendo allora il fluido elettrico in quell’istesso strato d'aria condensarsi in quantità notabile verso il mezzo se l'elettricità de’ piatti è positiva, o dal mezzo accumularsi verso i piatti medesimi, se è negativa, l'attrazione del piatto superiore in alto verso l'aria libera verrà considerabilmente contrariata, e finalmente bilanciata del tutto, ove la distanza del piatti portisi oltre i confini delle loro atmosfere.
Molte altre osservazioni mi aveano convinto, che si dovea dar bando ad ogni ripulsione, potendosene far senza per tutti que’ fenomeni elettrici, che sembrano indicare una simile forza; e potendosi questi ridurre comodamente all'unico principio di attrazione tra corpi dotati di contraria elettricità, considerata sotto questo riguardo anche l'aria. Tutto infatti concorreva a mostrare, che in ogni caso, in cui due o più corpi si scostano un dall'altro, aria si trova in uno stato contrario al loro, cioè scarseggiante di fluido elettrico se essi ne sovrabbondano, e ridondante se ne scarseggiano; e che ove l'aria ambiente ne scarseggi o abbondi al pari dei pendolini medesimi, questi punto non si scostano. Così e. g. se un filo di ferro guernito a ciascuna stremità d’un pajo di pendolini leggerissimi metta capo in due campane di vetro, l'aria d'una delle quali sia stata previamente impregnata di elettricità, osserverassi come sulla prima i pendolini involti da tal aria elettrizzata divergeranno (qual se appunto si ripellessero), e viemmaggiormente divergeranno, e più a lungo, ove venga a toccarsi col dito il fil di ferro medesimo, perciò che si dà allora maggior luogo al fluido elettrico di ritirarsi da’ detti pendolini; come intanto i pendolini che stanno nell'aria non elettrizzata dell'altro recipiente penderanno paralleli senz'ombra di ripulsione; e come poi ritirato il dito, a misura che l'elettricità dall'aria impregnatane si comunica si pendolini che involge, e per essi a tutto il conduttore ora isolato, i medesimi s'abbasseranno fino al lor totale decadimento, mentre acquisteranno divergenza, e s'alzeranno d'altrettanto i pendolini nell'aria non elettrizzata.
Queste osservazioni, dico, aveano pienamente persuaso e convinto me ed alcuni altri; ma forse non bastavano a convincer altri non pochi, che stanno per la ripulsione elettrica in un senso vero e proprio. Ora però, che le indicate sperienze colla mia bilancia elettrica, e singolarmente quella del tempo notabile che passa dopo infusa l'elettricità avanti che il piattello mobile prenda a scostarsi dall’altro, e le spiegazioni che ne ho date, fan toccare la cosa con mano, credo che tutti verran d'accordo meco su di tal punto, che è uno de’ principali della teoria elettrica.
Ma troppo già con tante digressioni mi son dilungato dall'argomento propostomi in questa lettera; parlandovi di tutt'altro che del nuovo artifizio da me inventato onde trarre molto miglior partito dall'elettrometro atmosferico portatile, e trattenendomi parte sul modo con cui son riuscito a render comparabile il quadrante-elettrometro, e parte sopra altri risultati importanti, che mi han offerto le sperienze a ciò dirette, ed altre analoghe. Mi lusingo però, che voi, Signore, non mi saprete malgrado di tali aggiunte; massime di quelle, che riguardando la perfezione dell'elettrometro medesimo, tendono a promovere, in un colla scienza dell'Elettricità, la Meteorologia sì strettamente legata con essa. E forse che voi, meglio di me, non ne rilevate tutta l'importanza? Niun Fisico ignora, come a promovere e perfezionare i varj rami di Scienza naturale, conviene per loppiù cominciare dal ridurre a perfezionare i relativi instrumenti. Cosa infatti sarebbe l'Aerometria, e la Termometria; cosa, la Meteorologia, se non possedessimo perfetti Barometri, Termometri ecc.? Tralascio i Microscopj, che han partorito tante scoperte, e tanto han giovato nelle ricerche di Storia naturale; i Canocchiali, Micrometri, Sestanti, ed altri instrumenti di misura, coll’ajuto del quali han fatto così grandi progressi l'Astronomia, l'Ottica ecc.; tralascio altre macchine, venire ad un esempio più recente, che ci somministrano gl’incomparabili Saggi d'Igrometria del Sig. DI SAUSSUREd, in cui la più luminosa teoria intorno alle varie specie di vapori, in un colle più belle applicazioni a molti fenomeni, specialmente di meteorologia, si è elevata sopra l'invenzione e la riduzione a perfetto stato di quel suo Igrometro a Capello, eccellente ad ogni riguardo.
Del resto non è credibile quanto anche una picciola aggiunta a questo o a quell'istrumento già noto, può portarci avanti, agevolando, se non altro, il cammino delle sperienze. Di tal natura è l'addizione, che il prelodato Sig. di Saussure, dietro ad altre importanti correzioni, ha fatta all'elettrometro a boccetta inventato già dal Sig. Tiberio Cavallo, di una sottil verga metallica lunga circa due piedi, che si avvita al cappelletto di detto elettrometro portatile: alla qual addizione tien dietro l'altra mia di un candelino acceso posto in cima a detta verghetta od asta metallica: nel che consiste finalmente quel mio ritrovato od artificio, di cui ho fatto cenno nella lettera precedente, e intorno al quale ho promesso d'intrattenervi in questa seconda.
A procedere pertanto con ordine conviene ch'io ponga dapprima in vista i vantaggi, che ne sono derivati da quella aggiunta, che a cotal elettrometro fu fatta dal Sig. DI SAUSSURE, per indi passare a rilevare i vantaggi, che da quest’altra mia provengono. Richiamovi dunque, mio Signore, al secondo volume de’ suoi Viaggi sulle Alpie, che avrete senza alcun dubbio letto, e in particolare all'eccellente articolo, che riguarda l'Elettricità atmosfericaf, su cui avrete fatto più particolar riflessione. Ivi avete potuto scorgere, come, mercè appunto di quel picciolo conduttore, di quella verghetta metallica, ch’egli adatta al sensibile elettrometro a boccetta, è giunto ad avere in ogni tempo (innalzando l'istromento semplicemente colla mano, tantochè la base della boccetta venga in mira all'occhio) dei segni ben distinti dell'elettricità dell’aria; a misurarla in qualche modo; ed a seguirne l'andamento periodico giornaliero; cui egli ha determinato per ciascuna stagione. Somigliante istru-mento sì comodo e portatile, le istruzioni che il Sig. di Saussure vi ha aggiunte per servirsene, ed il ragguaglio che ci dà delle sue proprie osservazioni, tuttociò quanto non viene ad accrescere le nostre cognizioni intorno all'elettricità naturale atmosferica, e quanto non rischiara e rettifica le idee su di questo grande oggetto? Non esiterò punto di dire, che egli solo ha più contribuito all'avanzamento di questa bella scienza, di questo ramo principale della Meteorologia, che tutti coloro che prima di lui si sono occupati in osservazioni di questo genere. Non è già che il Sig. DI SAUSSURE abbia fatte scoperte capitali, dell'ordine di quelle di FRANKLIN, di MONNIER, e di BECCARIA; il primo de’ quali scoprì l'elettricità delle nubi temporalesche, e trovò il mezzo di preservarci dai danni del fulmineg, il secondo fece un passo più avanti e rinvenne l'elettricità dell'aria serena; nè lasciò d'intravedervi un certo periodo giornalieroh; il terzo infine determinò con più di precisione questo stesso periodo, stabilì che l'elettricità dell'aria serena è sempre per eccesso, o positiva, ed assoggettò a certe leggi l'andamento e le vicende di una tale elettricitài. Potrei io senza presunzione aggiungere a queste la mia scoperta dell'elettricità prodotta artificialmente colla semplice evaporazione; dove avendo mostrato che i vapori nel momento della loro formazione s'arricchiscono di fluido elettrico a spese de’ corpi evaporanti, i quali rimangono con ciò elettrizzati in meno o negativamente, conduco direttamente a svelare l'origine dell'elettricità atmosferica positiva, risultante dal disfacimento e condensazione di questi medesimi vaporil? Il Sig. DI SAUSSURE trovò queste scoperte già fatte; senza di che vi sarebbe ben giunto egli medesimo coll’ajuto dell'elettrometro atmosferico da lui in tal guisa migliorato, colla sua maniera d'os-servare, la sua attenzione ed assiduità; nell'istessa guisa che giunse a confermare, ed a rettificare in gran parte le menzionate leggi nel rapporto al crescere e diminuire periodicamente l'elettricità atmosferica nel corso delle giornate serene e tranquille; ad iscoprire delle differenze assai notabili, tanto in generale, che relativamente alle ore della massima e della minima elettricità, per le differenti stagioni; ed a stabilire qualche cosa di più certo riguardo ai cangiamenti di essa, che dipendono dallo stato del cielo. In somma quanto non gli dobbiamo noi per tali e tanti soccorsi, che ne ha somministrati? Oltre la serie delle sue sperienze le meglio dirette, che ci servono di modello, egli è per mezzo di questo suo elettroscopio armato nella maniera che si è detto d'una piccola asta metallica alta 2. piedi, istrumento così sensibile e così facile a maneggiarsi (a differenza degli altri, del quali ci siamo serviti finora, molto imbarazzanti, dispendiosi, e con tutto questo meno sensibili e più incerti), egli è, lo ripeto, per mezzo di questo istrumento tascabile, mercè di tale aggiunta soprattutto, ch’egli più d'ogn’altro ha contribuito ai progressi della Meteorologia elettrica, avendo messo ormai sul sentiero tanti osservatori, che certo non possiamo non sperare dal numero, e dalla varietà delle ricerche che si vanno ad intraprendere in ogni parte, di vedere questa bella scienza quanto prima perfezionata. Imperocchè sarebbe ben cosa strana, che i Fisici eccitati dal suo esempio, ed invitati dalla facilità di queste nuove sperienze non meno dilettevoli che instruttive, le venissero poi trascurando, segnatamente coloro, che s'applicano di proposito alle altre osservazioni meteorologiche.
I deboli, e poco frequenti segni di elettricità, che si otteneano cogli ordinarj conduttori atmosferici anche più elevati; il riuscire essa la maggior parte dei giorni, e in quasi tutte le ore insensibile del tutto, o quasi (a meno di ricorrere ai cervi volanti, detti ancora aquiloni elettrici, non servibili in ogni tempo, e sempre incomodi; ovvero ai razzi del Padre Beccaria, più imbarazzanti ancora; o ai palloni aerostatici di più difficile e costosa preparazione), ecco la cagione, per cui ben pochi Fisici hanno avuto o la voglia d'intraprendere simili osservazioni, o la costanza di seguirle come conveniva. E quantunque valesse molto a rendere sensibile cotesta debolissima elettricità atmosferica l'uso del mio condensatore, nel modo che descrivo nella citata memoria su tal soggettom; e molto più valesse l'applicazione del medesimo apparato fatta in altra maniera coll'intervento di una boccetta di Leyden (ponendo cioè questa in contatto del filo conduttore per ritrarne quella qualunque carica che poteva, e portandola quindi a toccare il piatto del condensatore ecc.), maniera che immaginai poco dopo la pubblicazione di quello scritto, e di cui da indi in poi mi sono sempre servito; pur nondimeno con tutti questi ajuti succedeva non rade volte, che non si ottenessero segni, o sommamente deboli ed equivoci si ottenessero, in ispecie quando il tempo era piovoso senza temporale, o nebbioso, cosicchè l'umidità facesse perdere al conduttore presso a poco ogni isolamento. Che tale fosse la cagione della mancanza dei segni, lo manifestavano i cervi volanti, i quali in occasione di pioggia, e massime di folta nebbia, ne facean anzi comparire un'elettricità più forte dell'ordinario (nel primo caso per loppiù negativa, nel secondo sempre positiva); e lo stesso pure ne mostrava un semplice conduttore, di cui si venisse a ben custodire l'isolamento, mandando e. g. fuori della finestra di una stanza sopra un luogo aperto una lunga pertica o canna con attaccato da cima a fondo un filo di ferro, portata tal pertica da un piede isolante, il qual piede rimanesse al coperto nella stanza medesima, ed occorrendo si asciugasse con fuoco. Un somigliante apparato riuscì bene al Sig. RONAINE, al Sig. HENLEY, e ad altri, per osservare la vigorosa elettricità delle nebbie, quella delle pioggie, della neve ecc.n; ma per l'elettricità molto più debole di Ciel sereno, massime in estate, o di Cielo semplicemente coperto, tali conduttori sì poco elevati appena è mai che potessero servire.
Non è dunque da maravigliarsi, se mancando in gran parte i mezzi, o questi riuscendo quando incomodi estremamente e malagevoli, e quando insufficienti, siam molto rimasti addietro nelle osservazioni dell'elettricità atmosferica, non dico già di quella strepitosa de’ temporali, che pur pure si osservava, ma dell'altra moderata e blanda, che domina in ogni tempo, e di cui c'importa forse più di conoscere gli andamenti e le vicende; se ben pochi si sono dedicati a tali osservazioni, e più pochi ancora le hanno proseguite indefessamente; prima dell'invenzione dell'elettrometro a boccetta di Cavallo, sensibile e comodo quanto mai, chiamato da essolui, pell'uso principale a cui destinollo, Elettrometro atmosferico portatile; anzi prima che di Saussure insegnasse di aggiungervi quella sua verghetta metallica: picciola aggiunta in sè, ma pure importantissima pel gran vantaggio che ne procura di potere, come si è detto, aver del segni dell'elettricità atmosferica, non solamente allorchè domina vigorosa nelle basse nebbie, e si rende sensibile allo stesso elettrometro anche sprovveduto di tal verghetta, ma sibbene a ciel sereno, a qualsisia ora del giorno e della notte, e in qualunque luogo sufficientemente aperto; di poter quindi seguirne con assidue regolari osservazioni il giornaliero periodo, ed ogn’altra modificazione e vicenda.
Io stesso poco contento dell’ajuto, che mi prestava il mio condensatore, giacchè, come già confessai, non sempre, anche col suo mezzo, mi riusciva di aver segni da un conduttore Frankliniano assai elevato, avea molto rilasciato dal zelo, che mi animò dapprincipio, e interrompeva a lunghi intervalli coteste osservazioni sull'elettricità atmosferica. Egli si fu dunque la grande facilità, che offersemi l'elettrometro in tal guisa perfezionato da di Saussure, e le belle osservazioni da essolui fatte, che m'invogliarono di riprender le mie al principio di questo anno 1787., nel corso delle quali studiandomi di rendere sempre più obbediente l'instrumento, ed atto a contrarre viemmeglio l'elettricità, dello strato d'aria, a cui s'inalza la punta del suo piccolo conduttore, m'avvenne sulla fine dell'inverno di fare la scoperta sopra indicata della prodigiosa influenza, che ha in ciò un candelino acceso od una fiammella qualunque posta su detta cima del conduttore: del qual mio ritrovato od artifizio, che è ciò che mi ha data occasione di scrivervi queste lettere, e che deve quindi esserne il soggetto principale, è tempo ormai che vi trattenga, mio Signore, siccome ho promesso.
Una tale aggiunta, voi ben vedete, è anch’essa picciola cosa, considerata in sè, non altrimenti che picciola è parsa l'altra della verghetta metallica; ma in quella guisa che non fu cotesta invenzione del Sig. di Saussure di piccolo momento, attesi i vantaggi che se ne traggono; così di grande importanza, e ardisco dire maggiore, è ancora la mia; mercè di cui giugne l'elettrometro a dar segni non solo assai più grandi dell'elettricità atmosferica, e più al grado di essa corrispondenti, ma, ciò che molto rileva, indeficienti; come tra poco mostrerovvi.
In prima dunque, per quello che riguarda il semplice e immediato accrescimento dei segni, basti il dire, che dall'alzare l'elettrometro atmosferico armato della sua asta metallica alla foggia di Saussure, e dall'alzarlo con dippiù un moccolino od un solfanello accesi in cima di tal asta alla mia maniera, osservasi una differenza di più del doppio, e quasi del triplo: cosicchè, ove nel primo caso l'elettrometro non segni e. g. che 2. gradi, divergendo i suoi pendolini di una linea, nel secondo marcherà infallantemente più di 4. gradi, con una divergenza che oltrepasserà due linee. Bello è il vedere in questo modo le paglie del mio elettrometro aprirsi di 5. di 6. di 8. linee, cioè di 10. 12. 16. gradi, e giungere fino a toccare le pareti della boccetta, per l'elettricità della nebbia, tenendolo colla mano alzato in campo aperto, ed in luogo eminente eziandio. per quella di Ciel sereno; quando senza l'adminicolo della fiamma non si avrebbe che un terzo o poco più di que’ gradi.
Quanto al modo di appiccare la fiamma sulla cima del piccolo conduttore, e far che vi si mantenga il tempo che basta, ho trovato più comodo di porvi un solfanello, che un candelino di cera, o qualunque altro combustibile, un di que’ solfanelli, intendo, che son fatti di un cordoncino di cotone intriso intieramente di solfo; e ciò per esser questi e durevoli, e non sottoposti ad estinguersi dal vento o dalla pioggia. Un tal solfanello più pieghevole che rigido, per assicurarlo e tenerlo verticale, soglio collocarlo entro una spirale di fil di ferro adattata in cima della picciol asta: talvolta anche l'infilzo semplicemente per traverso colla punta di detta asta. Del resto aggiustatelo pure come più vi piace, ciò è indifferente.
Non debbo qui omettere di farvi osservare, come accrescendo il volume della fiamma, e rendendola più brillante, non ho trovato che si guadagni molto pel nostro oggetto: tutt'al più si ha qualche vantaggio facendo ardere due solfanelli in una sol volta della grossezza ordinaria; vantaggio per tutti i riguardi poco considerabile, eccettuato un solo, di cui avrò occasione di parlare.
Ho cimentato il fumo di diversi corpi senza fiamma, ed ho osservato per verità, che s'ottiene assai più di elettricità con esso fumo, che senza, vuol dire che colla sola verga appuntata; ma considerabilmente meno col fumo che colla fiamma. Le prime sperienze, allorchè pensai ad accrescere l'elettricità nell'elettrometro atmosferico, le feci coll'inserire nella punta dell'asta dei piccioli fuochi d'artifizio, dei piccoli razzi, che fabbricai a bella posta con della polvere macinata e convenientemente umettata, la quale esalava in un colla fiamma molto fumo: ciò io faceva allora semplicemente ad oggetto di accrescere l'altezza e la superficie del conduttore inalzato verso l'aria elettrica. I primi tentativi avendo avuto un ottimo successo al di sopra anche della mie speranze, pensai tosto a separare la fiamma dal fumo, per conoscere a quale dei due si dovea ascrivere un tal fenomeno; e trovai che era principalmente alla fiamma; di modo che quando questa brilla, il fumo, se ve n'ha, non fa assolutamente nè bene nè male, nulla toglie cioè nè aggiunge alla buona riuscita; ma quando non v’è fiamma, il fumo vi supplisce in parte. Ecco come dopo varj tentativi ho finalmente adottato il solfanello, e mi attengo ad esso, siccome al meno imbarazzante di tutti; facile altronde essendo di portarne una previsione in tasca unicamente al battifuoco.
Potrebbe nascere in capo a qualcuno un dubbio, che la fiamma per se stessa, come pure il fumo, producessero quell'elettricità, che si rimarca nell’elettrometro. A prima vista il dubbio non sembrerebbe senza fondamento, dopo d'avere io stesso scoperto e dimostrato, che ogni evaporazione, e particolarmente la combustione del carbone, producono effettivamente un'elettricità sensibile nell'apparecchio isolato, che serve di sostegno. Ma di grazia quale specie di elettricità producono l'evaporazione de’ fluidi, lo sviluppo delle arie fattizie, e la combustione de’ carboni, secondo le mie esperienze ripetute più e più volte? L'ho detto e lo replico, tanto più sicuro del mio fatto, quanto che da altri Fisici di prima sfera (Saussure, Cavallo) è stato confermato: un'elettricità costantemente negativa. Dovrebbe dunque essere del pari negativa nell'elettrometro atmosferico adoprato alla mia maniera, se fosse veramente generata dalla fiamma che arde in cima all'asta, o dai vapori eruttati dal seno della fiamma medesima. Eppure son molto più frequenti i casi in cui quest'elettroscopio dà segni di elettricità positiva: e non ne dà assolutamente di negativa, con tutta la fiamma che brilla sulla sua cima, se non quando regna diffatto questa specie di elettricità nell'atmosfera; come ne assicurano le altre sperienze fatte al tempo stesso cogli elettroscopj semplici, voglio dire non provveduti di fiamma. Osservo altronde che non ogni combustione produce elettricità: quella dei carboni, facendo in modo che proceda molto lentamente, mi riesce meglio: al contrario con una combustione più viva, non ottengo quasi nulla, e nulla affatto allorchè vi dà dentro la fiamma. Così è, la fiamma è un gran nimico di cotesta elettricità artificiale prodotta dall'evaporazione. Ma non ho bisogno di tutte queste considerazioni per distruggere il sospetto d'una tale elettricità generata: basta solo trasferirsi in un luogo in cui l'elettricità atmosferica non si faccia punto sentire, p. e. in fondo d'un'angusta corte, in istrada, e per maggior sicurezza in una sala grande quanto si voglia: in tutti questi siti avete bello sollevare l'elettroscopio munito del solfanello ardente, non vi compare il minimo segno d’elettricità. Gli è dunque la vera e propria elettricità atmosferica, e in niun modo un’elettricità da noi prodotta, quella di cui l'elettroscopio ci dà dei segni mediante il solfanello acceso, allorchè s'innalza nell'aria aperta.
L'avvantaggio d'aumentare considerabilmente i segni dell'elettricità atmosferica coll’ajuto d'una picciol fiamma, allorchè questi segni fossero già sensibili all'elettrometro armato della semplice verga, è un nulla in paragone del vantaggio di rendere percettibile quell'elettricità, che senza l'aggiunta di tal fiamma insensibile rimarrebbe e inosservata. Nel primo caso l'esperienza ha il bene d'essere più bella, e più spiegata, ma non altro; nel secondo ella è veramente istruttiva. Vi sono dei tempi, sebben di raro, in cui l'elettricità atmosferica in aperta campagna, ed anche alla cima d'un colle, sopra un baluardo, all'angolo d'una terrazza elevata ec., sembra nulla, od è appena percettibile; impercettibile poi trovasi quasi sempre, fuori dei temporali, in mezzo d'una corte, d'un angusto giardino, trammezzo alle case, agli alberi ec. Ora in queste circostanze, in cui alla maniera del Sig. di Saussure, e con tutta l'attenzione possibile, vi riuscirà difficilmente di ottenere alcun segno; fate uso alla mia maniera del solfanello, e vi prometto, se non sempre, il più delle volte, dei segni marcatissimi di elettricità: vedrete i pendolini dell'elettrometro aprirsi, e conservare la divergenza sovente più di una linea, e quasi sempre più di mezza, ossia di 1. grado: ciò che basta non solo per dinotare l'esistenza dell'elettricità, ma per farne riconoscere la specie. Ora quanto non è egli comodo e vantaggioso (allorchè le circostanze non ci permettono di sortire in campagna aperta) di poter fare con frutto tali esperienze in ogni ora, con comodità, nel suo giardino, fuori della finestra della propria camera ecc.?
Ma non è qui tutto: il massimo vantaggio non consiste nell’ingrandimento dei segni, che abbiam veduto, bensì nell'incessanza dei medesimi, che ora passo a mostrarvi. Qui dunque farò osservare una differenza essenziale nel modo d'agire dell'elettrometro atmosferico adoprato alla mia maniera, cioè a dire coll'addizione della fiamma in cima della verga conduttrice. Questa differenza, e quindi il gran vantaggio, provengono da che coll’ajuto d'una tal fiamma l'elettricità dello strato d'aria, in cui questa arriva, non agisce semplicemente per pressione, secondo le leggi delle atmosfere elettriche, come quando non vi è la fiamma; ma è trasmessa effettivamente e realmente a questa verga, ed all'elettrometro annesso.
Per accertarsi di questo basta la seguente osservazione. Avendo distrutta col toccamento d'un dito, o altrimenti, tutta l'elettricità dell'istrumento, cessa, com'è naturale, la divergenza del pendolini: ritirate il dito, e la vedrete rinascere immantinenti, e giungere in pochi secondi al medesimo grado di prima. Si ponno così ripetere più volte i toccamenti, e far comparire più volte. di seguito l'elettricità, finchè la fiamma è vigorosa. La cosa è si costante, e l'effetto così marcato, che fissando gli occhi sui pendolini dell'elettrometro, m’accorgo del momento in cui la fiamma che trovasi sulla cima della verga verticale e che non vedo, s'estingue, da ciò che i pendolini fatti cadere col toccamento del dito non si riaprono più al ritirarlo.
Ho indicato che cotesto incessante succhiamento che fa dell'elettricità dell'aria il nostro apparato non ha luogo senza l'intervento della fiamma, cioè a dire allorchè s’innalza l'elettroscopio armato semplicemente della sua verga: anzi in questa maniera il conduttore, per quanto sia acuminato, non ne beve punto: ciò che rimarca, e spiega eccellentemente giusta le note leggi delle atmosfere elettriche l'istesso Saussure.
Convien però ristringere la proposizione, e dire, che non s'infonde realmente alcuna elettricità dall'aria nel conduttore sollevato, fin tantochè questa elettricità è debole o moderata, fin tantochè può misurarsi dal nostri elettrometri a boccetta; imperocchè essendo più vigorosa, come alle volte succede nell'irruzione di qualche pioggia, in tempo di neve, e più sovente all'accostarsi delle nubi temporalesche, non manca essa d'insinuarsi e di comunicarsi realmente al detto conduttore atmosferico, ancorchè sprovveduto di fiamma. In tutti gli altri casi i più ordinarj, allorchè l'elettricità dell'atmosfera è moderata, sia nei tempi sereni calmi o ventosi, sia nei tempi più o men coperti, non temporaleschi, sia infine nel più folto delle nebbie in cui si mostra considerabilmente più animata, egli è costante, ch’essa non può comunicarsi realmente al conduttore dell'elettroscopio atmosferico sollevato da terra pochi piedi, senza l'interposizione d'una fiamma, o d'un fumo che faciliti questa trasfusione. Ardisco dire, che se si sollevasse ad una altezza venti volte più grande, l'elettricità colassù tanto più animata non si comunicherebbe ancora, non si trasfonderebbe nel conduttore, almeno con prontezza (lo veggiamo da’ cervi volanti, i quali debbonsi elevare sovente a più centinaia di piedi per dar segni durevoli); giacchè non parlo di quella che si può insinuare lentissimamente ed insensibilmente, il che ha luogo anche poco distante da terra.
Così è: la dose del fluido elettrico del nostro picciolo apparato atmosferico durante il breve tempo dell'esperienza, non soffre nel suo totale nè addizione nè diminuzione sensibile, per l'elettricità moderata, in più, o in meno, dell'aria che circonda la sua parte superiore. Intanto però quest'aria elettrizzata non lascia d’agire sopra detto conduttore secondo le leggi delle atmosfere, d'agire, come si suol dire, per pressione, cacciando il fluido elettrico dalla parte superiore della verga metallica inalzata contro di lui, verso la parte inferiore, ed ivi condensandolo. Ciò, come ben si comprende, accade ogni volta che l'elettricità dell'aria è in più, che è il caso più ordinario; giacchè l'opposto avviene in quel rari casi, in cui questa medesima aria è elettrizzata in meno: vuol dire che allora per l'azione di una tale atmosfera negativa, il fluido elettrico si porta dalla parte inferiore alla superiore del conduttore innalzato. Un tale smovimento del fluido elettrico proprio del conduttore, di cui i pendolini dell'elettrometro fanno parte è la sola cagione della divergenza di questi; e si dice ch’essi si repellano elettricamente, quantunque detto conduttore non abbia contratto alcuna elettricità dal di fuori, quantunque nulla abbia ricevuto in sè dall'elettricità dominante dell'aria, di cui risente soltanto l'azione; in una parola quantunque non sia dotato che d'una elettricità accidentale od attuata, come mi piace di chiamarla. Che la cosa sia così si rende manifesto, dacchè abbassandosi l'apparecchio vengon tosto a cadere i pendolini. Essi cadono pure, come in ogni caso avvenir deve, nel momento che col dito si tocca il cappello dell'elettrometro, o l'asta metallica ch’esso porta; ma quel che vuol considerarsi qui, è che cadono senza risorsa; cioè che non si riproducono più i segni d'elettricità, tuttochè si continui a tener sollevato in alto l’istrumento, e si cessi dai toccamenti. Or egli è pur chiaro, che tali segni non mancherebbero di ricomparire, quando l'elettricità venisse realmente dall'aria infusa all'asta metallica. Abbiamo infatti veduto, che ricompajono incessantemente nel caso che una fiammella in cima di essa asta promova cotal trasmissione dell'elettricità.
Dopo tutto ciò è facile d'intendere, che il dito o qualunque altro corpo che tocchi il conduttore dell'elettrometro atmosferico allorchè questo è senza fiamma, non può ricevere che una sol volta pochissima dose di fluido elettrico; cioè a dire quel poco che si ritira dalla parte superiore della verga metallica immersa nello strato d'aria elettrizzata debolmente in più: quantità che è troppo al di sotto di quella che si ricerca per caricare anche debolissimamente una boccia di Leyden; la quale, per piccola che sia, è sempre d'una capacità considerabilmente più grande di un tal conduttore: come ho dimostrato in una Memoria sulla capacità de’ conduttori pubblicata anni sono nel giornale di Rozier.
Non è così dell'elettrometro guarnito del solfanello acceso, o di qualunque altra fiamma in cima della verga metallica: giacchè siccome coll'interposizione di essa fiamma succhia realmente l'elettricità dell'aria, e ne riprende a misura che ne lo spogliano i toccamenti, come ho di sopra fatto vedere; così ne avverrà, che ove gli si faccia toccare l'uncino d'una boccia di Leyden, questa scaricando successivamente il conduttore, nel quale è deposta e s'infonde di continuo l'elettricità dell'aria, si carichi ella medesima al punto di lasciar prendere ai pendolini la medesima divergenza che avevano dianzi: cioè a dire, che se i pendolini prima che si toccasse il conduttore erano aperti p. e. di 2. o 3. linee, ossia marcavano 4. o 6. gradi, essi caderanno al primo toccar che si faccia il conduttore colla boccia di Leyden; ma poco a poco la loro divergenza si ristabilirà a misura che questa stessa boccia verrà caricandosi, finchè l'intensità di una tal carica sia portata al grado medesimo di 2. o 3. linee d'apertura del suddetti pendolini dell'elettrometro. Ho sovente provato, che per arrivare a questo non abbisogna un intiero minuto, ossia il tempo che impiega uno de’ miei solfanelli a consumarsi bruciando, purchè la boccia non abbia più di 10. o 12. pollici quadrati di superficie armata.
Adesso con tal boccia carica 4. o 6. gradi dell'elettrometro a boccetta, ciò che ottengo quasi sempre nel tempi calmi e sereni, nelle ore anche meno favorevoli, facendo l'esperienza in un luogo aperto.(stando sopra di una terrazza elevata, sopra un baluardo, in cima ad una torre ec. ho sovente nelle stesso circostanze 12, 15, 20 gradi, e di tanti posso caricare la boccia), quale forza di segni non potrò io ottenere, ricorrendo a un altro artificio, al mio condensatore? La cosa parrà incredibile a chi non ha sufficiente cognizione o pratica di questo strumento; non già a voi, mio Signore, che ne possedete benissimo la teoria, e gl’effetti ne conoscete in tutta l'estensione: e ciò fin da quel tempo, ch’ebbi il piacere di trovarvi giusto occupato intorno al condensatore nel mio passaggio da Gottinga. Voi dunque non avrete pena a credere, ch'io giunga per tal mezzo ad eccitare delle scintille assai forti, a caricare molto bene un Elettroforo, a stampare sopra degli strati resinosi i bellissimi vostri fiori elettrici, ad accendere non che l'aria infiammabile, fino la resina polverizzata ecc.
Ma non è tutto ancora: rimettendo un dopo l'altro varj solfanelli, o adattando in luogo d'essi un moccolo, tanto che la fiamma arda lo spazio d'un quarto d'ora, o poco più, io vengo a termine di caricare al medesimo punto di 4. di 6. di 12. e più gradi, secondo che ne dà segni l'elettrometro, una boccia di Leyden anche grande: colla quale poi, mediante il solito giuoco del condensatore, carico un'altra piccola boccia al più alto grado a cui può giungere carica, fino cioè a provocarne l'esplosione spontanea, fino a spezzarla ecc. Sarebbesi mai creduto solamente pochi anni fa, che si potesse raccogliere tanta elettricità dall'aria calma e serena? E ciò ad un'altezza così picciola da terra, qual è quella di 6. o 7. piedi?
Ma è tempo di finire questa lettera. Nella seguente avrò molte cose ancora a dirvi su tal prodigiosa virtù della fiamma, e sull'applicazione estremamente proficua della medesima in esplorare l'elettricità atmosferica.

aIl Sig. Tralles di Amburgo rinomato Prof. di Fisica a Berna mi disse in occasione che passò per Como in tempo appunto che io stava scrivendo queste Lettere, cioè nel mese d'Agosto 1787, nella quale occasione gli mostrai, oltre varie mie sperienze sull'Elettricità prodotta dall'evaporazione e dalla combustione, l'elettrometro a boccetta costrutto alla mia foggia, mi disse, ch'egli pensava già da qualche tempo a farne uno assai più sensibile e delicato, sostituendo ai fili metallici, od alle paglie due peli o capelli. Oltre però alla difficoltà di mantenere tai peli diritti, come si richiede, oltre ad altri inconvenienti, è facile vedere che verrebbesi ad incontrarne uno assai considerabile, quale è quello d'essere detti peli più coibenti che conduttori; onde a stento e riceverebbero e perderebbero l'elettricità, massime trattandosi de' debolissimi gradi di essa. Meglio adunque si è pensato dal Sig. Bennett inglese gran dilettante di elettricità, di sostituire due listarelle di foglia d'oro. Il Sig. Zimmermann esimio Naturalista e Prof. a Brunsvic, mio conoscente ed amico da varj anni, ch'ebbi il piacere d'incontrare a Ginevra verso la fine di Settembre di quest'anno medesimo, si fu il primo che mi diede notizia di tal invenzione, e mi assicurò di aver egli veduto qualcuno di questi istrumenti presso il Celebre Macchinista e dotto Fisico Sig. Adams di tale e sì prodigiosa sensibilità, che dava segni elettrici al solo soffiare sopra il di lui cappelletto metallico. Finalmente nel mese di Aprile del corrente 1788, mi pervenne la terza Ediz. dell'Essay on Electricity dello stesso Adams, pubblicata sulla fine dell'anno scorso, dove in un supplemento, che contiene molte cose nuove, trovasi anche la descrizione di un tal nuovo elettroscopio sensibilissimo, unicamente [unitamente ?] varie curiose sperienze fatte con esso.
In vero non si può non riconoscere un grande vantaggio in siffatto strumento, il quale ne manifesta a prima giunta l'esistenza dell'elettricità in molti casi, in cui difficile riuscirebbe od anche impossibile di scoprirla co' migliori elettrometri a paglie, senza ricorrere almeno ad altri artifizj, come è quello del condensatore; ma per tutti gli altri casi, ove cotesti nostri elettrometri giungono essi pure a dar segni, saranno sempre da proferirsi per la loro prerogativa d'essere comparabili: il che non sì facilmente potrà ottenersi con quello a listarelle di foglietta d'oro; il quale per tal ragione anziché elettrometro chiamar dovrassi semplice elettroscopio, se pur non vogliasi chiamare in riguardo dell'incomparabile sua sensibilità Micrometro elettrico o Microelettrometro; nome che d'or innanzi sarà bene riservare per lui solo, chiamando gli altri a paglie, semplicemente elettrometri; e quadrante-elettrometro quello di Henley già da un pezzo conosciuto sotto tal nome.
Nella lettera precedente ho mostrato come per la grande estensione delle sperienze elettriche, son richiesti più elettrometri; quindi io proponeva ad ogni Fisico di provvedersi di quattro, cioè d'un pajo a boccetta, e d'un altro pajo a quadrante, ridotti a tale rapporto fra di loro, che il primo di quegli portando paglie sottilissime, e sendo quindi assai sensibile, lo fosse cinque volte più del suo compagno, cioè segnasse 5. gradi per 1. di questo; questo poi ne segnasse 2. per 1. del primo quadrante-elettrometro; il quale ne segnerebbe similmente 5. per 1. del quadrante-elettrometro secondo; sicchè 1. grado di quest'ultimo venisse a valerne 50. del primo più sensibile a boccetta e a paglie sottili. Questi quattro io diceva che basterebbero generalmente al bisogno, offrendoci una scaladi ben due mille gradi comparabili. Ad ogni modo non ho lasciato di suggerire, all'uopo di misurare un'elettricità straordinariamente forte, un altro istrumento, che chiamar potrebbesi Megametro elettrico (così il Sig. Deluc ha già chiamato nell'op. cit. Idées sur la Météorologie il quadrante-elettrometro più pesante da lui proposto). Ora perché nulla più resti a desiderarsi aggiungerò anche il sopraddescritto micrometro-elettrico inserviente all'elettricità stranamente debole: così avrassi con sei strumenti un assortimento, che potrà dirsi veramente completo, di Elettrometria.
bQuesta opinione han preteso di ridurla con esperienza a dimostrazione Milord Mahon nell'opera Prínciples of Electricity, e più recentemente il signor Coulomb in una Memoria sopra questo soggetto inserita nel Giomale di Fisica dell'Ab. Rozier. Essi han battuto diverse strade cui noi abbiamo abbandonato per seguirne una più diretta, e che mena assai più innanzi, come si vedrà.
cI due semicerchj graduati sono una delle correzioni ch'io ho fatto già da varj anni al quadrante-elettrometro, ad oggetto di evitare quella ripulsione laterale, che soffre da un solo, e che lo rende men libero a salire.
dEssay d'Hygrometrie ec.
eVoyages ec.
fChap. XXVIII. ec.
gOeuvres de M. Franklin. Paris 1773.
hMem. de l'Acad. de Sc. de Paris. A. 1752. p. 240. e 241.
iDell'elettricità di ciel sereno. Dell'elettricità terrestre atmosferica §. 1087.
lV. l'Appendice alla Memoria del N. A. sul Condensatore inserita nelle Trans. Angl. A. 1782. e da noi già citata in una nota alla lettera prima Tom. I. di questa raccolta p. 123.
mLett. I. pag. 123. T. I. di questa Raccolta.
nPhil. Transact.