OPERE SCELTE

PARTE SECONDA

Nuove sperienze intraprese qui da noi sull'elettricità animale.

§ 25. Una scoperta di questa fatta non poteva che eccitare grande entusiasmo dappertutto, ove ne pervenne la notizia, e massime tra noi, essendo di un nostro Italiano. Ed ecco, che molti si fecero a gara a ripetere le sperienze. Io fui il primo qui in Pavia, eccitato da vari miei Colleghi, particolarmente da Carminati, che cortesemente prestommi la Dissertazione di Galvani, e da Rezia, che mi favorì dell'opera ed aiuto suo nelle preparazioni; e il primo fui anche a Milano non molti giorni dopo, cioè verso il fine di Quaresima. Debbo però confessare, che incredulo, e con non molta speranza di buon successo mi ridussi a fare le prime prove, tanto sorprendenti pareanmi i descritti fenomeni, e, se non contrarj, superiori troppo a tutto quello che dell'elettricità ci era noto, tal che mi aveano del prodigioso. Della quale incredulità mia e quasi ostinazione, non che mi vergogni, domando perdono all'Autore della scoperta, cui mi fo altrettanto maggior premura e gloria di esaltare, ora che ho veduto e toccato con mano, quanto fui difficile a credere prima di toccare e di vedere. Infine eccomi convertito, dacchè cominciai ad essere testimonio oculare e operatore io stesso dei miracoli, e passato forse dall'incredulità al fanatismo.

§ 26. Egli è poco più di un mese, che ho messo mano a codeste sperienze, e già ne ho fatte molte, estendendole e variandole, non senza averne raccolto qualche frutto di nuove cognizioni. Mi sono però fin qui ristretto ad esperimentare quasi unicamente sulle rane, riuscendo sopra di esse, in grazia che dura più lungo tempo in tali animaletti a sangue freddo, e sì ancora ne' membri recisi, la facoltà irritabile de' muscoli, cioè per ore intere, riuscendo dico più facili e sicure le prove, e quindi più conducenti ai fini ch'io proponeami in queste prime ricerche. Intanto desideroso io, e gli altri miei Colleghi, che si facessero delle prove pur anche sopra animali a sangue caldo, s'intrapresero queste da alcuni de' nostri bravi Studenti; e il successo confermò pienamente, per questa parte ancora la scoperta mirabile del Sig. Galvani. Quest'ultime sperienze non sono state, ch'io sappia, per anco estese e variate molto; ma tanto solo, quanto parve bastante a verificare e comprovare ciò appunto, che gli stessi fenomeni dell'elettricità animale propria e organica han luogo, come nelle rane, testuggini, lucertole, pesci ed altri animali a sangue freddo, così pure negli animali a sangue caldo, cani, gatti, agnelli, porci ed altri sì quadrupedi, che uccelli. Non renderò dunque conto di tali sperienze altrui, nè delle poche mie, che ho fatte fino ad ora sopra un solo agnello, e sopra un piccione, aiutato la prima volta dall'eccellente Chirurgo e Anatomico di Milano Dr. Palletta, coll'assistenza pure del Dr. Baronio e d'altri, la seconda volta favorito in casa mia dal Dr. Valli Toscano ; assieme a due o tre amici spettatori; ma di quelle solamente darò un succinto ragguaglio, che ho instituite con maggiore studio ed attenzione sulle rane, e che ho, come già dissi, variate ed estese a ricerche più particolari. Anzi pure tralasciando qui la descrizione e il racconto minuto di codeste mie sperienze, che troppo lungo sarebbe, mi restringerò a presentare in ristretto i principali risultati, massimamente quelli, che offrono, al dippiù di quanto trovasi nell'Opera del Sig. Galvani, qualche cosa o di nuovo, o di più preciso.

§ 27. Verificate le capitali sperienze sull'elettricità vera animale, nativa e propria degli organi, in guisa di non poter più di essa dubitare, mi son rivolto a ricercarne la quantità, qualità, e modo. E prima riguardo alla quantità, o forza di elettricità, una tal ricerca mi parve quella, che dovesse andar innanzi alle altre. E che mai può farsi di buono, se le cose non si riducono a gradi e misure, in fisica particolarmente? Come si valuteranno le cause, se non si determina la qualità non solo, ma la quantità, e l'intensione degli effetti? Ora per giudicare della quantità e forza dell'elettricità propria ed innata dell'animale, cioè di quella che opera naturalmente negli organi suoi quando se ne osservano le contrazioni e moti muscolari eccitati con non altro che collo stabilire un arco conduttore massimamente metallico tra i muscoli e i corrispondenti nervi, per giudicar, dico, della quantità e forza dell'elettricità propria e nativa degli organi animali, credei non poter meglio fare, che cercare di ridur prima a qualche misura gli effetti dell'Elettricità artificiale sopra gli organi medesimi, e determinare il minimo di codesta elettricità richiesto a produrre in tal animaletto, vivo o morto, intiero o tronco, e in diverse maniere preparato, siccome pure ne' suoi membri recisi, delle contrazioni muscolari, de' moti e subsulti eguali a quelli, che si osservano prodotti nel medesimo dall’elettricità animale sua propria, e in certo modo spontanea.

§ 28. Ho dunque trovato, che basta in ogni caso un'elettricità molto debole a far nascere non che dei piccoli moti e convulsioni nella rana, ma de' sbattimenti gagliardi di tutti i membri, e massime delle gambe, e una poi, oltre ogni credere debolissima, per le rane preparate al modo appunto del Sig. Galvani, che è di lasciar attaccate per i soli nervi crurali diligentemente snudati le gambe alla spina dorsale, o a parte di essa soltanto, troncato tutto il resto del corpo, e di conficcare uno spillo, od altro uncinetto metallico nel tubo stesso vertebrale, sia traforando l'osso da banda a banda, sia introducendo lo spillo tutt'al lungo nella midolla.

§ 29. Con questa preparazione un'elettricità, che non giunge a dare la minima scintilla, e che non è sensibile neppur d'un grado all'elettrometro delicatissimo di Bennet, cagiona fortissime convulsioni e sbalzi di dette gambe.

§ 30. Per il che ecco, che la rana così preparata ci presenta un'Elettrometro animale, che tale si può dire, più sensibile senza paragone d'ogn'altro sensibilissimo Elettrometro: giacchè non lascia di dar segni, e segni cotanto visibili, per una carica della boccia di Leyden, che non giunge a movere neppure le fogliette d'oro più sottili. Nè la rana solamente è atta a ciò, vuo' dire a fare da Elettrometro; ma lo sono egualmente, o quasi, altri animaletti convenientemente preparati, come lucertole, salamandre, topi, conforme ho provato. Che se riesce meglio di tutti la rana, si è in grazia d'essere essa di vita più tenace, e più facile a prepararsi nel modo indicato.

§ 31. Cotesta elettricità inconcepibilmente picciola, talchè non giunge a 10 e talora neppure a 5/100 di grado del mio Elettrometro a pagliette, basta a produrre i suaccennati fenomeni delle convulsioni nelle gambe della rana, quando però il corso del fluido elettrico venga diretto dai nervi ai muscoli, cioè entri per quelli, e portisi all'interna sostanza de' muscoli medesimi, che se diriggasi in senso contrario, sicchè sortendo da' nervi si porti all'esterna faccia del muscolo, non accadono que' moti se non per una forza elettrica almeno quadrupla, e talvolta sestupla ed ottupla, cioè di 20, 30, e più 100mi di grado dell'istesso elettrometro.

§ 32. Si domanderà forse, come mai io giunga a misurare e valutare queste impercettibili elettricità, ossia cariche minime della boccia di Leyden, al di sotto cioè di un grado, anzi pure di 1/4, e di 1/10 di grado. Rispondo dunque, che eseguisco ciò facilmente coll'aiuto del mio condensatore dell'elettricità: istromento che ho in una Memoria particolare ampiamente descritto , e che mi ha servito in tante altre occasioni a discoprire e misurare elettricità in niun'altra maniera sensibili.

§ 33. Or facendomi a riflettere sulla maggior facilità di convellersi i muscoli, cioè per molto minor forza elettrica, se presentisi la positiva elettricità ai nervi, che penetrano nell'interno di quelli, e la negativa all'esterna faccia di essi muscoli, che se si proceda nel senso opposto, debbo dire, che ciò mi ha mostrato come l'elettricità propria dell'organo per cui si convelle mercè la semplice applicazione dell'arco conduttore, se debbe, come pare, considerarsi quale carica debolissima di una specie di boccetta di Leyden, ella è negativa dalla parte del nervo, ossia nell'interiore del muscolo, ov'egli s'impianta, e positiva nella faccia esterna; sicchè da questa a quella trascorre il fluido elettrico, ossia dal di fuori al di dentro, in tale spontanea o naturale scarica, non già dal nervo al muscolo, ossia dal di dentro di questo al di fuori, come ha opinato il Sig. Galvani.

§ 34. Ho detto, che l'elettricità naturale, indicando uno sbilancio di fluido tra il nervo e il muscolo corrispondente, o tra l'interiore e l'esteriore di questo, ci rappresenta come una specie di boccetta di Leyden debolmente carica, e che pare almeno che debba considerarsi come tale. Come tale infatti l'ha considerata il Sig. Galvani, e con esso lui noi pure al principio. Ma ora molte nuove sperienze, parte delle quali accennerò prima di finire, ci muovono a riguardar la cosa or sotto uno, or sotto un altro aspetto, tutti scostantisi più o meno dalla parità della boccia di Leyden: di alcune delle quali nuove idee darò pure tra poco un cenno, riservandomi a svilupparle, e a riformarle fors'anche in altro scritto, secondo che ulteriori sperienze, e nuovi risultati me ne mostreranno il bisogno.

§ 35. Checchè ne sia, che si sostenga o no la parità della boccia di Leyden, verificato il fatto, come lo è per moltissime prove da me istituite a quest'oggetto, e variate in più maniere, cioè che molto minor forza elettrica sia richiesta ad eccitare le convulsioni e moti ne' muscoli, ove inducasi la corrente del fluido per la via de' nervi all'interno de' muscoli medesimi, che ove si tiri dai nervi per portarlo all'esteriore di essi muscoli, sussisterà sempre una differenza marcata nello stato elettrico del nervo relativamente al muscolo, o dell'interno di questo relativamente alla sua esterior faccia; il quale stato o disposizione, qual essa sia, fa che il nervo, o l'interiore del muscolo appetisca in certo modo, ed inviti il fluido elettrico ad entrarvi, mentre l'esteriore del muscolo medesimo tende a cacciasse fuora: con ciò solamente s'intende come cospirando ambedue le parti a provocare la scarica di un conduttore o di una boccetta, quando s'applica l'elettricità positiva ai nervi e la negativa ai muscoli, basti di una carica molto minore, che nel senso opposto, essendovi in quest'ultimo caso, anzichè invito, doppia opposizione dalla parte del nervo, che vuol piuttosto ricevere che dare, e da quella dell'esteriore del muscolo, che vuol piuttosto dare che ricevere.

§ 36. Or se col ministero del fluido elettrico operansi, anche nell'animale vivo ed intiero le contrazioni e moti volontari de' muscoli, come tutto ne porta a credere, e se, come dee pure presumersi, operansi questi nel modo più facile, si farà ciò collo spingere giù dal cerebro pe' nervi il detto fluido verso i muscoli, bastando allora una minima forza, anzicchè col tirarlo in sù, sebbene possano anche in questo modo effettuarsi i medesimi moti, sol che s'impieghi maggiore forza, cioè determinisi una corrente più rapida o più copiosa di fluido elettrico. Ma di questo non più per ora.

§ 37. Passiamo invece ad altre osservazioni non meno interessanti che curiose. Il gran numero di prove che ho fatte, sopra le rane principalmente, mutilate e tagliate mentre vive, o dopo morte, e sì dopo ore e giorni, mi hanno porta l'occasione di molte osservazioni e riflessi sopra la vitalità, lasciatemi dir così, elettrica di questi e degli altri animali. Il tempo, che stringe, mi obbliga a tralasciare per adesso molte particolarità, e a ridurre la somma a ciò che credo di potere stabilire, che per quattro gradi, ossia stati ben distinti si passi dalla morte apparente alla morte perfetta: i quali gradi di morte, o a meglio dire stadi, hanno ciascuno una grande estensione.

§ 38. Così è: le mie osservazioni mi hanno insegnato a distinguere quattro gradi o stadi di morte, ciascuno ben contrassegnato e molto esteso. Il primo de' quali è l'asfissia, o morte apparente, l'ultimo, ossia il quarto, è quella che chiamo morte plenaria, e confina colla putrefazione. Gli altri due stadi, cioè il secondo e il terzo, presentano per lungo tratto diversi gradi di superstite vitalità, e sì il secondo tale vitalità, che eccitansi i moti muscolari prima vivacissimi, poi mano mano degradanti in forza, col solo apporre le convenienti armature metalliche, e farle comunicare, e però in vigore della propria elettricità animale ancor sussistente ne' membri anche recisi: spenta la quale elettricità propria e innata, o resa insensibile, entriamo allora nel terzo grado di morte, in cui si risentono pur anco i muscoli, e giuocano all'ordinario, eccitandoli però coll'elettricità artificiale, di cui basta ancora sul principio un grado debolissimo; indi vuol essere più e più forte, fino a che non vale a commoverli neppure la scarica fulminante di un boccia di Leyden; e allora è che son morti in quarto grado.

§ 39. Mi diffonderei troppo, se volessi più particolarmente spiegare e in che si distinguano propriamente uno dall'altro questi stati, e come sia ciascuno riconoscibile, e quanto abbiavi di speranza di richiamare un animale dal secondo ed anche dal terzo in vita coi soccorsi conosciuti, o concepir se ne possa con nuovi mezzi da tentarsi; onde mi riservo ad esporre e sviluppare su tutte queste cose i miei pensamenti nelle susseguenti Memorie, che pubblicherò. Dirò qui solo, che siffatti progressi nella carriera della morte sono più lenti di quel che si pensa, e che ogni stadio distinto e marcato avendo, come accennai, una assai grande estensione di gradi, si protrae d'ordinario a lungo tempo, non però in ogni caso ugualmente: nel che molte cause influir possono.

§ 40. E in primo luogo gran differenza porta la diversa natura degli Animali, massimamente rapporto all'essere di sangue caldo o di sangue freddo; giacchè negli animali di questa classe suol essere assai più tenace la vita. Appresso anche nell'istessa classe e genere di animali vi hanno delle specie dotate di maggior vitalità, che altre: e nella stessa specie poi variano ancora gli individui secondo l'età, la costituzione, le forze.

§ 41. Ma quello, che influisce più di tutto alla maggiore o minor durazione di ciascun stadio, si è il genere di morte, che vien a soffrire l'animale, cioè la causa che a perir lo conduce, e sopratutto se ve lo conduca rapidamente, o poco a poco.

§ 42. Or intorno a ciò ho fatte già molte sperienze, e molte più mi propongo di farne: ho esaminate cioè, relativamente al vigore e durevolezza di ciascun stadio della superstite vitalità, molte rane, che ho fatte morire quali di puro stento o d'inedia, quali in un bagno d'acqua più o men riscaldata, alcune sotto a gravi ferite, mutilazioni, e strazi d'ogni sorta, altre con replicati colpi elettrici, ed altre infine con una scarica fulminante sola. Di tutte queste osservazioni ho preso nota in un esatto Giornale, e lo esporrò al Pubblico quando avrò estese le sperienze, come mi propongo, ad altri generi di morte in questi ed altri animali, cimentandoli singolarmente colle arie e vapori mofetici , e con diversi veleni.

§ 43. Terminerò intanto questo picciol saggio, che ho voluto oggi presentarvi dei principali risultati delle sperienze da me fatte fin qui intorno all'elettricità animale, coll'annunziare, che anche senza snudare nervi, senza taglio o ferita di sorta, posso, quando voglio, eccitare nell'animale non che vivo, ma sano ed illeso, senza alcuna azione di elettricità straniera, mettendo soltanto in giuoco la sua propria e nativa elettricità, mercè la semplice applicazione di convenienti armature, posso, dico, eccitare a mia posta nell'animale intiero e intatto quelle stesse convulsioni, spasmodie, subsulti, che si ottengono collo snudare ed isolare i nervi alla maniera del Sig. Galvani, o con altre consimili preparazioni: anzi dippiù, giacchè s'estendono col mio metodo tali contrazioni e moti a tutte le parti dell'animale, a norma della posizione delle armature ecc.

§ 44. Per dare qui tosto un'idea di queste sperienze, legata una rana, ovver fissata con due o tre grossi spilli ad una assicella o tavolo qualunque, oppure senza offenderla fattala tenere per le gambe da un compagno, vesto una parte qualsiasi del suo corpo (il meglio è la schiena o i lombi) con un pezzo di laminetta di piombo o di stagno (ottime sono quelle fogliette nei libretti, di cui si servono gl'indoratori per inargentare a falso), e applico ad un'altra parte, alle gambe es. gr. o coscie, sia sotto, sia sopra, una chiave, una moneta d'argento, il manico di un cucchiaio, od una lastra qualunque, di tutt'altro metallo però che di stagno o piombo: finalmente fo comunicare fra di loro queste due armature, o immediatamente avanzo quella che è mobile fino a toccare il lembo dell'altra aderente, oppure mediante un terzo metallo, es. gr. un fil d'ottone, il qual faccia officio d'arco conduttore: ed ecco la mia rana convulsa pressochè in tutte le sue membra, in quali più in quali meno però, vibrare singolarmente i muscoli delle gambe, calcitrare, saltare.

§ 45. Così poi, secondo che tali armature vengono applicate ad altre parti dell’animale, sono o i muscoli del ventre, o le zampe, o il collo e la testa, ch’entrano in convulsione, e scuotonsi di più, e la spina dorsale anch’essa avvien che s’incurvi, come presa dal più forte tetano.

§ 46. Queste nuove esperienze sugli animali intieri e intatti forse più sorprendenti delle altre fatte fin qui con tagliarne i membri, isolar nervi ecc., e al certo più istruttive, almeno per alcuni riguardi giacchè ci portano a penetrare in qualche modo il naturale andamento e tenore dell’elettricità animale nel corpo vivente intiero e sano, mi suggerirono in conseguenza appunto delle idee, ch’io rivolgeva nella mia testa intorno ad un lento moto, sia di circolazione, sia di semplice oscillazione, od altro (chè non voglio ancora arrischiarmi d’indovinarlo) del fluido elettrico tra muscoli e nervi, e tralle altre parti ancora del corpo solide e fluide, in ragione che tutte sono più o men buoni conduttori, nessuna però conduttore perfetto, nè comparabile in ciò ai metalli.

§ 47. Supponendo dunque il fluido elettrico in un continuo moto, qual esso sia, per tutte le parti dell’animal vivente, e de’ suoi organi peranco recisi, finchè vi dura qualche vitalità: supponendo che vada per un effetto dell’organizzazione e delle forze della vita incessantemente sbilanciandosi o nella quantità o nella tensione in alcune parti relativamente ad altre, es. gr. tra nevi e muscoli, o tra l’interiore e l’esteriore di questi; e che tendendo pur incessantemente in virtù della sua propria elasticità a ricomporsi in equilibrio, scorra per tante altre parti deferenti, membrane, vasi, umori, come può e quanto può, cioè quanto la non perfetta deferenza di tali parti gliel permette; io concepiva mantenersi la quiete dell’animale, vuo’ dire il riposo de’ muscoli non destinati ad agir sempre, fintantochè non si turbi il naturale armonico tenore nell’anzidetto moto del fluido elettrico, non se ne inverta cioè il corso, non s’acceleri straordinariamente, o concorra troppa copia di esso fluido in questa o quella parte del suo corpo: il che se avvenga, que’ tali muscoli si convelleranno, ove faccia il nostro fluido elettrico tale irruzione od impeto straordinario.

§ 48. Or due generi di cause, io dicea, potran portare questo turbamento e sconcerto nell’armonica circolazione, ondeggiamento o moto qual esso sia, del fluido elettrico entro agli organi dell’animale: cioè cause interne, e cause esterne.

§ 49 Le interne riduconsi:

1° all’azione della volontà, che accresca, o diminuisca, o arresti, o inverta il corso del fluido verso quelle tali determinate parti, ossia muscoli che intende di eccitare al moto.

2° A delle cause accidentali morbose, che alterino in più o in meno la facoltà conduttrice in queste od in quelle parti, rendendo es. gr. certune più o meno penetrate di umori di quello che debbono essere, e gli umori stessi più o meno densi, più o meno salini, più o meno oleosi ecc., per cui cambiano molto di conducibilità, onde il fluido elettrico sia determinato a scorrere più dell’ordinario abbondante e rapido per alcuni di tai conduttori, in ragione che da altri viene impedito ecc.

§ 50. Le cause esterne sono parimenti due:

1° L’azione dell’elettricità artificiale, che scaricandosi determini una corrente di fluido elettrico fuori del naturale in tale o tal altra parte dell’animale. E a ciò si riferiscono tutte le sperienze di eccitare le convulsioni colle scintille o scariche elettriche artificiali.

2° L’applicazione di due armature metalliche di qualche estensione, e separate, che poi si facciano insieme comunicare, ch’è quello di cui ora trattiamo.

§ 51. Proseguendo dunque a dire delle mie idee, io concepiva facilmente, che una tale applicazione delle armature e dell’arco, dovea accelerare non poco, e determinare molto maggiore accorrimento e trasporto di fluido elettrico dall’una all’altra parte del corpo vivente così armato; perocchè se colla tendenza che ha detto fluido di passare o trasferirsi dall’una, all’altra parte, il suo moto nello stato naturale è nulladimeno lento, e tale che non giugne a commuovere i muscoli inservienti a’ moti volontari, gli è perchè e questa tendenza nata da sbilancio non è per sè stessa grande, ma anzi picciola molto, e altronde dee il fluido tragittare quelli non abbastanza perfetti conduttori interposti, quali sono le sostanze animali medesime, muscoli, nervi, membrane, umori, nessuna delle quali è comparabile, come già si è detto, ai conduttori metallici. Questi pertanto vi vogliono, cioè le convenienti armature, a dar libero e rapido sfogo ad una sufficiente copia di fluido elettrico, tantochè si convellano i muscoli, cui questa corrente invade e stimola. Così è: tutto l’artifizio consiste nel dar luogo ad un più copioso e istantaneo trascorrimento del fluido elettrico, che tende già per sè stesso a passare dall’una all’altra parte dell’animale, e vi passa naturalmente anche senza tal aiuto, ma adagio e scompartitamente, per tutte le interne parti deferenti: il quale istantaneo trasporto s’effettua appunto mediante i tanto migliori conduttori metallici applicati esteriormente, e distesi sopra esse parti per una piuttosto grande estensione, almeno da una banda, e mediante l’arco conduttore, per cui vengono ambe le armature a comunicare; il quale arco debbe essere anch’esso tutto metallico.

Che se una parte di lui non lo sia, ancorchè picciola, se interpongasi non che un cattivo conduttore, ma fino l’acqua, non facciam più nulla; e la ragione è chiara: l’acqua è ben lungi d’essere un così eccellente conduttore, come i metalli; essa non lo è per avventura più delle stesse parti animali succose, e forse meno di alcune: dunque non vale a trasportare nè maggior copia di fluido elettrico, nè con maggior impeto da una ad altra parte dell’animale, cioè dai siti ove son poste le armature, di quel che facciano altre parti interne dell’animale, membrane, vasi, umori ecc., che sono i suoi naturali conduttori. Vi vuole pertanto un’arco metallico, non interrotto neppure dall’acqua, per operare un tale impetuoso trasporto di fluido elettrico, che occasioni le convulsioni di cui si tratta . Ed ecco come anche queste osservazioni intorno all’arco conduttore non tutto metallico, che nel presente caso non serve, tendono a confermare le mie idee sul naturale sbilancio e moto del fluido elettrico tralle parti dell’animale.

§ 52. Egli è come dicea, in seguito a tali idee, che ho fatto questi nuovi sperimenti sopra animali vivi ed intieri, e coll’esito già annunziato. Ne ho fatti non solamente sopra le rane, ma sopra anguille, ed altri pesci, sopra lucertole, salamandre, serpi; e, quel ch’è più, sopra piccioli animali a sangue caldo, cioè topi, ed uccelli: a’ quali però, per riuscir bene, ho dovuto levar in parte la pelle. Or non dubito di riuscire anche ne’ grandi animali, ne’ quali tanto più sorprendente sarà l’esperienza, quanto più s’accostano alla struttura, se non esterna, interna, dell’uomo.