LETTERA TERZA.
Vi ho comunicato, mio rispettabile collega (nella 2a
delle lettere scrittevi in agosto dell'anno passato) una parte solamente delle
sperienze, con cui mi è riuscito di rendere sensibile agli elettrometri anche meno
delicati l'elettricità eccitata nei metalli per virtù del semplice combaciamento, ossia
mutuo contatto di due di essi di differente specie, cioè quelle sperienze ch'io aveva
fatte fino allora coll'ajuto del duplicatore di Nicholson; e solo hovvi accennato
di fuga (¤ LVII e LXX), che anche col semplice mio condensatore di elettricità
avea potuto ottenere lo stesso. Or dunque di quest'altra parte di sperienze, che ho da
quel tempo estese di molto e perfezionate, e di altre assai più semplici ancora, con cui
son giunto ultimamente ad aver segni elettrici a dirittura da essi metalli combaciatisi,
senza neppure ricorrere al condensatore , sperienze quanto più semplici
altrettanto più chiare e decisive, mi propongo di parlarvi in oggi a compimento del
soggetto che ho preso a trattare.
§ LXXXIII. Per queste ultime prove d'altro non fa bisogno, che dei
piattelli di diversi metalli già descritti nella lettera precedente (§ LXIII), e di uno
elettroscopio di Bennet, ossia a listarelle di foglia d'oro finissima (sebbene anche un
elettrometro a paglie sottili possa esser atto, cioè sensibile abbastanza): per le altre
vi vuole inoltre una boccettina di Leyden, e un piccolo condensatore; per il qual ultimo
può servire benissimo uno degli stessi piattelli, ed un pezzo d'incerato, cui si adatti
quello a dovere.
Cominciando dunque dalle più semplici, ripetansi le sperienze del già
citato § LXIII e segg. LXIV, LXV, LXVI, colla sola differenza, che staccati i due
piattelli dal mutuo combaciamento si porti l'uno o l'altro a toccare, non già il
duplicatore (di cui non vogliamo ora più servirci), ma immediatamente la testa o
cappelletto dell'elettroscopio sensibilissimo; e vedrassi che i suoi pendolini, le
fogliette d'oro acquisteranno qualche divergenza, indicheranno cioè alcun grado di
elettricità; e questa positiva, o negativa, secondo la natura del metallo che si esplora,
e di quello cui venne applicato a combaciamento, a norma di quanto si è già spiegato
nella lettera precedente.
§ LXXXIV. Questa divergenza, ove le circostanze siano favorevoli, non
è tanto piccola, che debbasi aguzzar molto l'occhio per iscoprirla; ella non è punto
equivoca, se anche l'elettroscopio non sia de' più sensibili; insomma è maggiore di
quello ch'io stesso mi sarei potuto aspettare. Con un piattello d'argento ed uno di zinco
ben tirati, e che si combaciano a dovere, a segno di manifestare una notabile coesione;
che io strofino ben bene, innanzi di applicarli l'uno all'altro, contro una saglia, o
contro a fogli di carta sugante, per renderne le faccie, che hanno a combaciarsi,
asciutte, monde e terse; che porto al più ampio ed esatto combaciamento tra loro, e
stacco indi ad un tratto, e perpendicolarmente; con tali piattelli, e tali attenzioni
riesco, ove anche il resto trovisi in buon ordine, cioè gl'isolamenti sì di essi
piattelli, che dell'elettroscopio, perfetti, e l'ambiente secco, riesco a far divergere le
fogliette d'oro più d'una linea la prima volta, voglio dire con un sol toccamento del
piattello d'argento, o di quello di zinco, appena staccasi un dall'altro, contro il
cappelletto di esso elettroscopio; poi due, e fino tre buone linee, con due, tre, o
quattro toccamenti: dopo i quali portata l'elettricità dell'elettroscopio al medesimo
grado di quella del piattello, è inutile il moltiplicare ulteriormente tali toccamenti.
§ LXXXV. Invero un'elettricità così spiegata ottenuta coi semplici
toccamenti metallici è cosa affatto sorprendente, e grande stupore infatti ha recato a
tutti gl'intelligenti, a cui ho avuto occasione di mostrare tali sperienze. Dessa poi ha
il vantaggio, perciò appunto che si manifesta con sì notabile divergenza dei pendolini
dell'elettroscopio, di facilmente scoprirci, mercè i soliti criterj dei movimenti, di
quale specie sia nelle diverse prove, se positiva cioè, o negativa. Così dunque scopresi
negativa quella dell'argento dal ristringersi detti pendolini
dell'elettroscopio cui si è comunicata, od allargarsi vieppiù, secondochè si accosta al
medesimo un bastoncino di vetro, od uno di ceralacca soffregati; viceversa positiva quella
dello zinco dall'accrescersi la divergenza da lei cagionata col vetro, e diminuirsi
colla ceralacca, ec.
§ LXXXVI. Ho già fatto osservare (lett. prec. § LXIV), che, le altre
cose pari, maggior elettricità si ottiene se, in luogo di tenere isolati ambedue i
piattelli mentre stanno a mutuo combaciamento applicati, si fa sì, che uno di essi
comunichi col suolo: e ciò affinchè compia a dovere all'officio di condensatore; conforme
ho mostrato, che han luogo effettivamente in tali sperienze i principj del condensatore
(¤ LXXII e segg.). Or egli è appunto in questa maniera, che porto fin a 2, 3 linee, ed
anche un poco di più nelle circostanze favorevolissime, la divergenza nelle fogliette
dell'elettroscopio di Bennet (§ LXXXIV), ed a 1 linea quasi quella delle paglie sottili
nel mio . Nell'altra maniera, cioè tenendo isolati ambi i piattelli, non posso ottenere
che la metà di tanto, o poco più, coerentemente alle sperienze riportate già nella
lettera precedente (¤ LXIII e LXIV).
§ LXXXVII. Una ragione generale di ciò, e che potrebbe bastare, ce la
presenta la teoria del condensatore, che (come ho mostrato nei citati §§ della lettera
prec.) ha luogo sibbene per le sperienze de' due piattelli metallici, ed esige, che il
piatto inferiore non sia altrimenti isolato, se nel superiore dee potersi contenere la
maggior quantità possibile di elettricità. Ma pure stimo non inutile il dar quì una
spiegazione più particolare e meglio adattata al caso nostro. Dirò dunque, che se in
quanto sono i metalli motori di elettricità incitano il fluido elettrico, e lo
determinano stante il mutuo loro contatto ad una specie di disequilibrio, a passare per
esempio dall'argento nel zinco, ed accumularsi in questo a spese di quello, in quanto sono
d'altra parte conduttori, non sì tosto hanno acquistato per tale sbilancio qualche
tensione elettrica, che richiamano, e sollecitano il fluido medesimo
all'equilibrio. Or dunque da queste due forze opposte dee venire costituito un maximum,
ossia un limite sì allaccumulamento di fluido elettrico nell'uno dei metalli che si
accozzano che al diradamento nell'altro. Supponiamo che tal limite nel più congruo
combaciamento di un piattello d'argento con uno di zinco trovisi quando la differenza
nella rispettiva densità del fluido elettrico è divenuta eguale a 2; se ambedue i
piattelli tengansi isolati, arriverà questo limite tosto che l'argento abbia perso 1, ed
acquistato 1 il zinco, con che effettivamente la differenza o sbilancio, e la tendenza
quindi all'equilibrio risulterà = 2; e però l'elettricità che manifesterà ciascuno dei
due quando appresso saranno separati, l'argento cioè negativa, positiva lo zinco, non
potrà esser maggiore di l. Se all'incontro il zinco solo trovisi isolato, e l'argento
comunichi colla terra, in tal caso venendo questo mano mano risarcito dal suolo del fluido
che dà al primo, potrà dargliene fino alla quantità già detta di 2; tantochè
l'elettricità positiva, che indi dispiegherà esso zinco, sarà pure = 2. Così se non
sia isolato lo zinco, ma l'argento solo, deponendo il primo nel suolo quanto di fluido
riceve dal secondo, potrà privarsene questo fino all'indicata quantità di 2, e
dispiegare poi levato dal contatto un'elettricità negativa = 2.
§ LXXXVIII. E facile applicare questa spiegazione ad altre
combinazioni di metalli diversi, avuto riguardo che le forze motrici (le quali, sia
che provengano da attrazione o ripulsione verso il fluido elettrico, o da qualsivoglia
potenza, risolvonsi in un impulso che detto fluido riceve), tali forze differiscono
notabilmente per ciascuno, come ho insinuato in molti luoghi, in modo che combinata colla
facoltà conduttrice, la quale può supporsi presso a poco eguale in tutti, ne
risulta per ogni diversa combinazione, ossia coppia di metalli, un diverso sbilancio di
fluido elettrico, ec. Così se lo sbilancio tra argento e zinco si ponga = 2 (§ prec.),
sarà eguale a 1, poco più poco meno, quello tra argento e stagno, e tra stagno e zinco;
eguale presso a poco a lo sbilancio tra argento e ottone, tra ottone e ferro, tra ferro e
stagno, ec.; tra alcuni altri metalli meno diversi ancora in ordine alla virtù motrice,
come oro e argento = 1/4 o minore; finalmente minimo
od inapprezzabile tale sbilancio per altre combinazioni, ma non mai nullo affatto, se non
fra metalli in tutto simili, della stessa specie cioè, della stessa tempra, polimento,
ec., ne quali non avendo effetto, ossia bilanciandosi le forze motrici perfettamente
eguali, fanno che si comportino i due metalli compagni come semplici conduttori, e sortano
quindi dal mutuo combaciamento, fatto anche nel miglior modo, senza il minimo che di
elettricità.
§ LXXXIX. Ho supposto fin quì, che il combaciamento de' due metalli
succeda in assai ampie superficie de' medesimi, ben piane, asciutte e terse, e riesca al
più possibile esatto; che il distacco si faccia ad un tratto, e perpendicolarmente,
mantenendo cioè parallele le faccie fra loro fino a che ne sia compita la separazione, e
il necessario allontanamento. Egli è solamente con queste attenzioni, e nelle circostanze
favorevoli di tempo secco, onde i necessari isolamenti mantengansi perfetti, cose tutte,
che ho già sopra prescritte (§ LXXXIV), che ottengo realmente da' miei piattelli tanta
elettricità, quanta ho (ivi) spacciato di ottenere. Mancando in qualche parte a tali
condizioni, non arrivo più co' piattelli d'argento e di zinco a far divergere le
fogliette dell'elettroscopio di Bennet le 3 linee; e per poco neppure le 2: e così a
proporzione cogli altri metalli: e siccome adoperando anche colla maggiore attenzione e
diligenza non sempre il combaciamento degli stessi piattelli riesce egualmente bene, di
che è prova la coesione or maggiore, or minore, or nulla che mi si manifesta nello
staccarli; così avviene, che da una volta all'altra sortano gli stessi metalli dal mutuo
combaciamento con diverso grado di elettricità; che i piattelli d'argento e di zinco rare
volte ne abbiano acquistata tanta da far divergere 3 lin. le fogliette dell'elettroscopio
di Bennet; che sovente non le allarghino che 2 circa, come or ora si disse, ec. Che se le
faccie de' piattelli siano notabilmente ineguali, o scabre, o sucide, sicchè niuna
sensibile coesione abbia luogo, sarà molto se giungeranno essi piattelli d'argento e di
zinco a tanto di elettricità da movere le fogliette d'oro di 1 lin. o di 1; peggio poi se
si sovrapponga l'un piattello all'altro per metà solamente, o per una più piccola
porzione di dette faccie piane; e peggio ancora se si applichino non parallelamente, ma ad
angolo e per pochi punti; se il contatto abbia luogo negli orli soltanto; o se tal
contatto ad angolo, o dei soli orli accada in ultimo perchè s'inclini un piattello verso
l'altro staccandoli, o in altra maniera si faccia malamente un tale distacco: in tutti
questi casi sortiranno i medesimi piattelli di argento e di zinco da tali contatti con sì
debole elettricità, che appena potranno darne qualche segno al più delicato
elettroscopio, o non ne daran punto: molto meno ne daranno in simili circostanze altri
piattelli meno diversi tra loro, ec.
§ XC. La ragione per cui importa così tanto, che il contatto de' due
metalli sia il più ampio ed esatto, che le faccie dei piattelli piane, eguali e monde si
combacino nel miglior modo, si è, perchè compensandosi in certa maniera le contrarie
elettricità ne' due piattelli così affacciati, e ciò tanto meglio, quanto appunto tale
affacciamento è più largo, e giunge a maggior prossimità, si sostengono esse a vicenda,
in guisa che posson crescere corrispondentemente in quantità senza distruggersi l'una
l'altra: come coerentemente ai noti principj e leggi intorno all'azione delle atmosfere
elettriche, applicate particolarmente al Condensatore, ho spiegato già nella
lettera precedente (dal § LXXI al LXXVI).
§ XCI. Abbiam supposto ivi, che la picciolissima coibenza, che può
ritenere il fluido elettrico sbilanciato tra due metalli accozzati, e che lo
ritiene infatti nello zinco, in cui venne accumulato in virtù del semplice suo contatto
coll'argento, sicchè non rifluisca da quello a questo, che tal coibenza sia eguale a 1/200
di grado. Questa cosa spiegata un poco meglio nella nota al § LXXI di tal lettera,
indi anche al § LXXXIV della presente, e che vorrei pure dilucidare quì d'avvantaggio,
riducesi a ciò, che dalla composizione delle forze motrici e delle conduttrici, eguali
queste presso a poco per tutti i metalli, differenti quelle per ciascun metallo diverso,
ne risulta una data determinata forza, o tensione di elettricità comportabile da
una data combinazione di metalli addotti al mutuo contatto, che può sussistere cioè a
fronte della loro conducibilità; la quale facoltà conduttrice perdente nel contrasto,
ossia resa in qualche modo minore, dà luogo ad una certa qual coibenza accidentale
maggiore assai della coibenza loro nativa od originaria, di quella cioè che
compete ad essi metalli neglincontri di simile a simile, ec., in cui forze motrici
non hanno influsso. Un tale bilancio delle forze motrici e conduttrici nell'argento e
zinco cimentati tra loro diciamo dunque aver luogo, ridotta che sia la tensione elettrica
a 1/200 di grado, cioè questo essere il risultato della
composizione di tali forze.
§ XCII. Or valutisi, come io soglio, per 1 grado quella forza
elettrica, che appena comincia ad essere sensibile ad un elettrometro di paglie lunghe tre
buoni pollici e sottilissime, facendo divergere di mezza linea le loro punte , e
corrispondentemente 2 lin. Le listerelle di foglia doro dell'elettroscopio di
Bennet, il quale, sebbene possa essere ancora più mobile e delicato, lo è abbastanza ove
riesca quattro volte più sensibile dell'anzidetto a paglie lunghe e sottilissime. Saran
dunque forti di 1 grado, e di 1 le elettricità di eccesso e difetto rispettivamente, con
cui sortono dal mutuo contatto i due piattelli di zinco e di argento, ove giungano a far
divergere di 2 e di 3 linee le fogliette dell'elettroscopio di Bennet; come vi giungono
difatti nelle favorevoli circostanze (§ LXXXIV, LXXXVI, LXXXIX). Ma come, se a 1/200
di grado solamente è eguale la coibenza di detti metalli, o a meglio dire
la tensione elettrica, che possono comportare (§ prec.)? Come ha potuto arrivare
l'elettricità a un grado intiero e più ? Come l'han potuta ritenere tanta elettricità,
e tanto forte essi metalli pel mutuo loro contatto?
§ XCIII. La risposta a queste difficoltà, che a prima giunta sembra
inesplicabile, e forma uno de' più grandi paradossi in elettricità, trovasi nel già
detto e spiegato. Basta richiamarsi, che i piattelli applicati l'uno all'altro a dovere
colle loro piane superficie fanno nel miglior modo l'officio di condensatore,
tantochè quella quantità di elettricità, che dispiega ora 1 grado, 1 gr. ed anche 1 gr.
di forza in questo o quel piattello staccato o solitario, perdeva prima, stando essi
piattelli applicati al congruo combaciamento (e perderà di nuovo, ove tornino quelli a
combaciarsi nellistesso modo) tanto della sua tensione, ond'essere
questa ridotta ad una picciolissima frazione di grado, ad 1/100 per
avventura, ad 1/150, o ad 1/200 secondochè la
virtù condensatrice arriva a condensare 100, 200, 300 volte, ec.
§ XCIV. Io avea già trovato, che un buon condensatore ordinario
consistente in un piatto o scudo di metallo discretamente piano, e non levigatissimo e in
un piano di marmo, o simile altro semicoibente, neppur esso tirato a perfetta eguaglianza,
i quali perciò si applicavano mezzanamente bene, ma non benissimo, che un tal
condensatore nelle favorevoli circostanze condensava già più di 100 volte; e più poi di
150 un altro condensatore, di cui mi servo spesso con grande vantaggio, consistente in una
specie di guanto di fino incerato (ma vecchio, tantochè, non sia nè attaccaticcio, nè
troppo coibente), che applico, introdottavi la mano, immediatamente, e con discreta
pressione ad un piattello di 3 pollici di diametro avvitato sopra il cappelletto
dell'elettrometro a paglie, o a fogliette d'oro. Ora osservo, che
meglio un piano si adatta al compagno e lo combacia, e più, le altre cose pari, divengon
atti all'ufficio di condensare l'elettricità, massime entro i limiti di una debolissima tensione.
Non è dunque fuori del possibile, nè del verosimile, che la
condensazione nei nostri piattelli di metallo tirati a perfezione, che si combaciano nel
miglior modo colle loro ampie, monde e asciutte superficie, arrivi a 200 e più, e forse a
300 volte, riguardo ad un'elettricità, che nel suo maggior vigore resta al di sotto di 2
gradi.
§ XCV. Or se tale si ponga la condensazione, cioè =300, quando col
migliore combaciamento de' due piattelli, e le altre circostanze favorevoli, si ottiene
tanta elettricità in quel d'argento, o in quello di zinco, indi staccati, da comparire
forte di grado 1, ossia da far divergere fino a 3 linee le fogliette dell'elettroscopio di
Bennet (§ XCII) (che è presso a poco il sommo, che ho potuto ottenere), ne verrà che la
forza ossia tensione elettrica nell'attuale combaciamento agguagliava soltanto 1/200
di grado e che per conseguenza non eccedendo il maximum di tensione, che
risulta dalla composizione delle forze motrici e conduttrici, potè essere frenata e
ritenuta ne' rispettivi piattelli, malgrado cioè la facoltà conduttrice de
medesimi, la quale cedente fino a quel segno alla contraria forza motrice, può
considerarsi, come unita a un certo grado di coibenza; coibenza piuttosto
avventizia od accidentale che originaria; insomma maggiore assai di questa:
tutto ciò conforme a quanto ho avanzato già, e spiegato in più d'un luogo (vegg. §
LXXI, LXXII della lett. prec. e LXXXVII e XCI della presente).
Che se la condensazione giunge solo a 200, o a 150 volte, il che
s'accosta forse più al vero (almeno ove le faccie metalliche non sono del tutto piane ed
eguali, lisce e terse, o non si applicano l'una all'altra nel miglior modo); e se
l'elettricità che si ottiene giunga ad 1 sol grado, a far divergere cioè di 2 lin. e non
d'avvantaggio le fogliette d'oro, come accade più sovente, basterà ancora supporre a
detti metalli una coibenza eguale a 1/200, o assai più ad 1/150
di grado.
§ XCVI. Or una tale coibenza de metalli, ed anche se si
supponesse un poco maggiore, anche facendola arrivare a 1/100 di
grado, è così picciola cosa, che non dovrebbe esservi difficoltà ad ammetterla,
quand'anche si volesse originaria; molto meno dunque ve ne può essere, molto meno
potrà dirsi che ripugni tal coibenza alla facoltà conduttrice de medesimi metalli
considerandola come avventizia od accidentale, cioè risultante dal conflitto di
essa facoltà conduttrice colle contrarie forze motrici, che dispiegansi
necombaciamenti metallici (§§ cit.).
§ XCVII. Dietro le indicate determinazioni (le quali, se non sono
esatte, si accostano più o meno al vero o al giusto), così intorno alla virtù de
condensatori, riguardo cioè a quale e quanto accumulamento di elettricità possono essi
procurare, come intorno al maximum di tensione elettrica risultante dalla
composizione delle forze motrici, e conduttrici nel contatto mutuo di due metalli, e
corrispondente coibenza con cui essa tensione si equilibra; il quale maximum
abbiam posto nel contatto di argento e zinco essere = 1/200 di
grado (§ XCI, ec.), si spiegherà ora men vagamente, e con più chiarezza quello, che
sopra (§ LXXXIX, XC) si è pure in qualche modo fatto intendere: cioè come e perchè, se
i detti piattelli d'argento e di zinco non sono ben piani, o male si applichino l'uno
all'altro; se combaciandosi in pochi punti non vengono almeno a grandissima prossimità in
altri modi, ossia con assai larghe superficie; se tocchinsi solo ad angolo, o in picciola
parte sieno sovrapposti l'uno all'altro; sortono poi dal contatto con un'elettricità di
molto inferiore a quella, che abbiamo finora osservata, con una cioè che non giunge per
avventura a , , 1/10 di grado, e che appena può rendersi sensibile
al più delicato elettroscopio di Bennet, od anche non lo può, se non collajuto del
Duplicatore nel modo descritto nell'antecedente lettera, oppure del mio Condensatore
nel modo che tra poco descriverò. Lo stesso è, se anche si applichino benissimo le
faccie perfettamente piane, monde e asciutte de due piattelli, ma o inclinandole
nell'atto che si vanno staccando, o facendole scorrere una sopra l'altra, pochi siano i
punti di contatto o prossimi al contatto, picciole le superficie che si guardano affatto
da vicino un momento prima che si compia tale distacco. In siffatte posizioni e
circostanze di scarso contatto ed imperfetto affacciamento, è facile comprendere, che
l'elettricità dee condensarsi assai meno, che dove si fa l'applicazione di ampie
superficie portate al mutuo contatto, se non di tutti, di molti punti, e insieme ha luogo
il più grande accostamento, e quasi contatto di moltissimi altri e questo
mantiensi fino al distacco totale, che fassi istantaneamente, e mantenendo il parallelismo
delle dette superficie: in tali, dico, posizioni svantaggiose non può giungere la
condensazione dell'elettricità, non dirò a 200, 150, 100 volte, ma per sorte neppure a
10, o a 15: e quando giungesse anche a 20 volte, ritenuta la tensione elettrica risultante
dalle combinazioni delle forze motrici e conduttrici, e bilanciantesi colla coibenza
accidentale dei detti metalli argento e zinco eguale a 1/200 di
grado (§ XCI ec.), è chiaro che l'elettricità, che potrà ritener l'uno o l'altro
piattello, e spiegare indi staccato dal compagno, non sarà punto maggiore di 1/10
di grado; e però insensibile anche al più delicato Elettrometro di Bennet.
§ XCVIII. Che se i due metalli toccandosi si affaccino in più
pochi punti ancora, come se un globo o l'estremità di una lastra o filo metallico, venga
al contatto di altro globo o lastra, ec., non avendo luogo allora alcuna condensazione, o
soltanto una ben picciola, corrispondentemente cioè ai pochi punti che si
affacciano, l'elettricità che potran mostrare essi metalli dopo tali toccamenti sarà 1/200
di grado, 1/100, o poco più; e quindi così picciola, che a
stento potrà scoprirsi collajuto del Duplicatore, non che del Condensatore.
§ XCIX. Molto più difficilmente poi riuscirà, o potrà rendersi
sensibile l'elettricità eccitata con tali toccamenti di pochi punti, o fatti ad angolo,
ec. in altri metalli meno diversi tra loro in ordine alla virtù motrice, di quello sieno
argento e zinco, e nel mutuo contatto de quali la tensione elettrica risultante
da essa forza motrice combinata colla facoltà conduttrice, e quindi anche la coibenza
relativa o accidentale sia minore assai di 1/200 di grado,
eguale es. gr. a 1/400 , a 1/600, ad 1/1000,
come per avventura fra stagno e zinco, fra argento e ferro, fra argento e ottone, ec.
§ C. Or dunque in tutti i casi, in cui o per troppo picciola
differenza tra loro dei due metalli che si cimentano, o perchè non si combacino a dovere
delle abbastanza larghe superficie, o per altra sfavorevole circostanza sorte il piattello
dal contatto con elettricità troppo debole per poter esser marcata a dirittura
dall'Elettroscopio sensibilissimo di Bennet, o per potersene distinguere la specie, se positiva
cioè o negativa, giugnendo appena a. far divergere le fogliette d'oro 1 linea,
o meno, o niente che l'occhio possa distinguere: nei casi, dico, in cui
lelettricità, che si vuole esplorare, arrivi a stento nel piattello levato dal
contatto a 1/4 di grado, a 1/8, a 1/10
, ec. si può tuttavia rendere sensibilissima, ricorrendo o al Duplicatore, come
ho mostrato ampiamente nella lettera precedente, o al semplice mio Condensatore, come
ho promesso di mostrare in questa, e passo a descrivere.
§ CI. Ho già detto (§ LXXXIII) che di niente altro ho bisogno, oltre
ai piattelli, per queste sperienze, che di una boccettina di Leyden, e di un pezzo
d'incerato, o altro piano semicoibente, cui poter applicare convenientemente uno del
piattelli, sicchè faccia officio di Condensatore. Tale boccetta sarà spediente
che non abbia più di 4 o 6 pollici quadrati di armatura, avendo 3 poll. circa di diametro
i piattelli. Or ecco come io procedo alle sperienze.
§ CII. Carico la boccettina non altrimenti che suol farsi con un
elettroforo, cioè fo' toccare all'uncino di quella 20, 30, o più volte il piattello
metallico, isolato, la di cui elettricità voglio esplorare, ve lo fo', dico,
toccare ad ogni staccamento del medesimo dal piatto compagno, che non dee già essere
isolato, ma comunicare col suolo. Con tali 20, o 30 toccamenti alternati, se
l'elettricità di quel piattello sia una volta per l'altra di 1/4
di grado, arriverà per avventura la carica della boccetta a 1/20,
o 1/30 di grado . Or bene ciò basta, perchè venendo essa boccetta
scaricata (al modo appunto che si pratica le comuni sperienze del Condensatore) sopra un
altro piattello applicato al pezzo d'incerato, e levando indi prontamente tal piattello in
alto, dispieghi il medesimo un'elettricità di 2 in 3 gradi, forte cioè abbastanza per
far divergere 1 lin. e più le pagliette del mio elettrometro, e corrispondentemente da 4
a 6 lin. le fogliette d'oro di quello di Bennet.
Così poi ottengo 4, 6, 8, o più gradi, caricando la boccetta con 40,
60, 80, o più toccamenti, e adoperando in tutto la stessa, manovra, ec.
§ CIII. Mi è facile del resto calcolare dai gradi di elettricità che
ottengo dalla boccetta caricata con un dato numero di toccamenti del piattello in
questione, o a meglio dire dal Condensatore, in cui passo a scaricarla nel modo suddetto,
a qual grado o frazione di grado arrivava, all'incirca in esso piattello ciascuna volta
che sendo stato applicato all'altro piatto comunicante col suolo ne veniva indi staccato.
A quest'oggetto faccio alcune sperienze preliminari, ossia di saggio. Provo cioè con due
piattelli d'argento uno, laltro di zinco, piani e puliti sufficientemente, facendoli
combaciare a dovere mentre un solo sta isolato, e a dovere staccandoli, provo a qual segno
monta l'elettricità in esso piattello isolato, quanto cioè, portato a toccare
immediatamente l'elettroscopio di fogliette d'oro le faccia divergere; e trovando per es.
che per adequato, ossia una volta per l'altra gli è di 2 linee, elettricità ch'io valuto
per 1 grado (§ XCII), cerco quante volte io debba ripetere il giuoco di applicare detto
piattello all'altro comunicante, e levatolo farlo toccare all'uncino della boccetta,
quanti, dico, ve ne vogliano di codesti toccamenti alternati, per caricarla a segno
di poter poi col mezzo del Condensatore far divergere altrettanto le fogliette dello
stesso elettroscopio, quanti per farle divergere del doppio, del triplo, ec.; insomma per
ottenere 1, 2, 3 gradi, ec. Supponiamo che convenga caricare la boccetta con 3 toccamenti
per arrivare coll'ajuto del Condensatore a tanto appunto quanto suol fare il piattello da
sè stesso, senza cioè nè boccetta nè Condensatore, per arrivare a 1 grado; che
convenga caricarla con 6 toccamenti per produrre un effetto doppio, ossia 2 gradi, con 9
toccamenti per giungere a 3 gr., ec. Osservato bene ciò, passo a fare le sperienze con
altri piattelli (i quali per la giustezza del calcolo debbono essere di eguale grandezza),
con piattelli, che non danno per avventura da sè soli, ossia esplorati immediatamente,
segni sensibili di elettricità; e trovando, che caricata con essi l'istessa boccetta con
tale o tal numero di toccamenti mi fa dare tanti o tanti gradi di elettricità all'istesso
condensatore, calcolo, che questa era tante volte più picciola nel piattello, quanto
porta il numero de' detti toccamenti diviso per 3.
Così dunque se i toccamenti con cui venne caricata la boccetta
sieno stati 90, ed essa faccia dare al solito condensatore 5 gradi di elettricità (che
troppo forte per avventura per essere misurata dall'elettroscopio a fogliette d'oro, sarà
meglio misurare con quello a paglie) ne dedurrò, che il piattello sortiva dal
combaciamento suo coll'altro piano metallico con una elettricità circa 30 volte men
forte, cioè di 1/6 di grado. Ciò vuolsi intendere una volta
per l'altra, come già accennai, ossia per adequato; giacchè per il combaciamento, e per
il distacco, che non riescono tutte le volte egualmente bene, avviene che sorta il
medesimo piattello or con più, or con meno di detta forza di elettricità.
§ CIV. La supposizione (§ prec.) che vi vogliano 6, 9, ec. toccamenti
del piattello a caricare la boccetta tanto, che possa portare nel condensatore
un'elettricità del doppio, del triplo, ec. più forte di quella che potrebbe mostrare da
sè solo esso piattello, s'accosta molto ai risultati delle sperienze che fo' con
piattelli di circa 3 lin. di diametro, con boccette assai piccole, cioè di 5 pollici
quadrati di armatura, poco più, poco meno, e con un condensatore fatto dun
piattello eguale ai suddetti, o alquanto più grande, e di un pezzo d'incerato, a cui
questo si adatti nel miglior modo. E facile intendere, che, cambiate notabilmente
tali dimensioni, quali ho trovato dopo varj tentativi essere all'incirca le migliori, il
calcolo da farsi non è più lo stesso; principalmente se la boccetta abbia una molto
maggiore capacità, ci vanno allora a duplicare lelettricità ben più di 6
toccamenti, cioè 8, 10, ec.
Ce ne vanno dipiù anche se boccetta e Condensatore non sono in buon
ordine, o non si facciano le sperienze con tutte le richieste attenzioni: e però in uno
stato mezzano di cose io credo di accostarmi più al vero e al giusto, valutando
l'elettricità originaria del piattello (voglio dire quella, che acquista nel
combaciamento, e porta seco nel distacco) per adequato tante volte minore di quella che
dispiega il condensatore elettrizzato dalla boccetta, quanto è il numero dei toccamenti,
con cui venne questa caricata, diviso per 4 anzichè per 3. Così per es. se colla carica
di 80 toccamenti ottengasi 2 soli gradi di elettricità (perchè i due metalli
combaciantisi non sieno molto differenti, o perchè il mutuo contatto, od affacciamento
non sia gran fatto esteso), dividendo tal numero 80 per 4, e per il quoziente 20 dividendo
que' due gradi ottenuti, si avrà eguale a 1/10 di
grado l'elettricità originaria del piattello, cioè quella che per adequato, ossia una
volta per l'altra portò seco staccandosi dall'altro metallo.
§ CV. Quando l'elettricità prodotta dal mutuo toccamento di due
metalli, o poco diversi tra loro, o affacciantisi per pochi punti, non arrivasse, o appena
a 1/50 di grado, la si potrà ancora colla descritta manipolazione,
e rendere sensibile, e valutare presso a poco per quella che è; al certo meglio che
esplorandola col duplicatore, il quale ho mostrato nella lettera precedente (vegg.
singolarmente la nota al § LX) come facilmente vada soggetto ad incertezze ed anomalie. A
quest'effetto basterà caricare la boccetta con 100 alternati toccamenti del piattello,
che si vuol esplorare: con che arriveremo a poter ingrandire, mediante il condensatore,
tale elettricità ben 25 volte (§ prec.), e ad ottener quindi grado; il qual gr. è
sensibile abbastanza all'elettroscopio di Bennet, cagionando nel suoi pendolini la
divergenza di una buona linea (§ XCII).
§ CVI. Gli è così, che può farsi senza del duplicatore, valendosi
del semplice mio condensatore (come ho detto da principio) in quasi tutte le
sperienze di questo genere: massime servendoci per condensatore del guanto d'incerato, il
quale, introdottavi la mano, si applichi immediatamente, e con discreta pressione ad un
piattello sufficientemente largo avvitato in testa all'elettrometro, e a questo piattello
s'infonde direttamente l'elettricità della boccetta, ec.; col quale condensatore, reso
così più semplice, e più comodo, che ho già altrove descritto *
, e ricordato pure nella presente lettera (§ XCIV), ottengo assai più, che con un altro
qualsiasi. Solamente dunque quando neppure con 100 nè con 150 toccamenti fatti per
caricare la boccetta, e col miglior condensatore posso rendere sensibile
l'elettricità, che acquista un metallo toccandone un altro, o pochissimo diverso, o con
presentargli affatto piccola superficie, è necessario ricorrere al duplicatore, il
quale può dar segni anche di un'elettricità minore di 1/100 di
grado, come si è veduto nella lettera precedente.
§ CVII. Non fa bisogno di molta spiegazione per intendersi, che acciò
il piattello isolato posso cogli alternati suoi toccamenti andar caricando la boccetta,
dee poter acquistare nuova elettricità ad ogni volta che si applica all'altro piatto di
diverso metallo; e che perciò dee quest'ultimo non essere altrimenti isolato; ma
comunicare col suolo, come ho già prescritto (§ CII), o con altro capace recipiente,
come vado a mostrare; onde rimettersi in equilibrio in tutto o in gran parte, ricuperare
cioè il fluido elettrico perso, o dismettere l'acquistato, secondo la natura sua, e del
primo, qualunque volta ne vien separato, e abilitarsi così a dar a quello nuovo fluido, o
a riceverne, quando di nuovo tornerà a combaciarlo.
§ CVIII. Ora un recipiente abbastanza capace all'uopo può
essere un'altra boccetta di Leyden, ancorchè avente pochi pollici di armatura; sebbene
non lo sia quanto l'ampio ricettacolo della terra. Isolato dunque anche il piatto
inferiore, il quale sia presso a poco della medesima grandezza del superiore, sopra un
piede, o colonnetta di vetro incrostata di ceralacca, o altrimenti, lo si faccia
comunicare alluncino, ossia all'interna armatura di una tal boccetta, che
coll'esterna comunichi col suolo: così disposte le cose si applichi a questo, che riman
fisso, l'altro piattello volante, e si stacchi a riprese colle solite attenzioni, e si
porti ogni volta che si stacca a toccare all'altra boccetta, che tiensi in mano, come
nelle sperienze precedenti. Con ciò verrannosi a caricare ambedue le boccette
luna in senso contrario all'altra; e potrà ciascuna dopo non molti di tai
toccamenti, col solito ajuto del condensatore (massime del condensatore a guanto sopra
indicato (§ XCIV e CVI) far comparire nell'elettrometro segni abbastanza forti
dell'elettricità contratta dal rispettivo piattello; cioè se sieno per es. di ottone
l'uno, l'altro di stagno, la boccetta che comunicò col primo darà, ossia farà dare al
condensatore segni di elettricità negativa, l'altra che comunicò col secondo segni di
elettricità positiva.
§ CIX. E quasi inutile il dire, che può, se si vuole, caricarsi
la sola boccetta che comunica col piatto inferiore ove cioè con toccamenti opportuni
spoglisi di elettricità il piatto superiore ogni volta che siasi staccato da quell'altro.
Insomma evvi una manovra per caricare una boccetta al piattello superiore, una per
caricarla in senso contrario al piattello inferiore, ed una finalmente per caricare due
boccette alla volta, una sopra, l'altra sotto. Queste manovre stimo di averle descritte
abbastanza per non dovermi più trattenere intorno a ciò. Intanto però non debbo
tralasciar di dire (terminando questa lunga lettera), che la sperienza delle due boccette
caricate a un tempo è piaciuta sopra tutte le altre a quante persone intelligenti l'ho
mostrata, ed è invero non meno curiosa che istruttiva.
§ CX. Ad altre persone istrutte pur anco fanno più colpo le
sperienze, in cui si ottengano assai forti i segni di elettricità, in cui gli
elettrometri segnino molti gradi, i loro pendolini cioè saprano a grande angolo, e
vadano perfino a battere contro le pareti della boccia, che li rinchiude. Or io ho come
soddisfare anche questi curiosi attenendomi sempre allo stesso genere di sperienze,
intorno cioè all'elettricità eccitata con soli toccamenti metallici, elettricità, che
è in certo modo di mia giurisdizione, e che non mi si contrasterà più di poter chiamare
elettricità metallica: ho, dico, come soddisfare anche costoro, che domandano
segni vigorosi di elettricità, domandassero anche la scintilla. È basta ch'io scelga,
per caricare una o due boccettine ne modi indicati, meglio però una sola, un
piattello d'argento, ed uno di stagno, o meglio di zinco, piuttosto grandicelli e ben
tirati; che la carichi osservando le debite attenzioni con un buon numero dei soliti
toccamenti alternati, cioè 60, 80, 100; e che la porti così caricata a toccare lo scudo
di un ottimo condensatore; alzato immantinenti questo scudo, ed esplorato, ecco che vibra
una scintilletta, o almeno fa divergere i pendolini di un elettrometro a boccia 6, 8, o
più linee. |