OPERE SCELTE
ARTICOLO IV

Ulteriore confronto del valore delle scariche elettriche, sotto il doppio rapporto della loro intensità, o tensione elettrometrica, e della quantità di fluido che le forma, con varie ricerche di Elettrometria.

§ 37. Si è spiegato nell'articolo precedente con sufficiente chiarezza, con prove, e con acconci esempi, come alla debolezza delle cariche supplisca nelle boccie di Leyden molto capaci, e nelle batterie capacissime, la grande quantità di fluido elettrico, che forma tali cariche in apparenza sì meschine, per cui riuscendo di altrettanto maggiore durata le scariche, abbenchè sembrino ancora istantanee, veniamo a provarne le scosse non minori di quelle, che ne fanno sentire boccie assai più picciole con cariche tanto più forti (con cariche cioè che tanto più innalzano l'elettrometro, a tanto maggior distanza estendono la sensibile loro sfera di attività, e tanto più lontano possono vibrar la scintilla). Ma nulla si è detto ancora della differenza, che trovasi riguardo alla qualità, o tempra, se così può chiamarsi, di tali scosse, differenza non molto grande in vero, ma però rimarcabile, e che gioverà indicare qui a compimento dei confronti delle varie scosse; confronti, che abbiamo già spinti tanto avanti, che per ogni altro lato nulla più vi manca.
Adunque paragonando la commozione cagionata dalle grandi boccie o batterie cariche ad un debolissimo grado con quella prodotta da una picciolissima boccietta carica ad un grado tanto più alto, faremo dapprima osservare, che quando sono così fiacche e questa e quella, che riescono pochissimo sensibili, punto non si distinguono l'una dall'altra, o appena; ma se siano valide abbastanza, allora è, che ci affettano alquanto diversamente la scossa della boccietta, e quella della grande boccia, o batteria, quand'anche riescano di egual polso: la prima possiam dire in certo modo ch'è più acuta, l'altra invece più grave: quella cioè più viva, parzialmente vibrante, meno propagantesi, è più passaggiera (come infatti vedemmo, che la scarica di una picciola boccia compiesi in un più breve istante); questa più muta, gravante un maggior numero di parti, e portantevi certo qual intormentimento; e ciò per essere la scarica elettrica produttrice di tal commozione, meno istantanea, ossia più protratta (comechè ad un tempo ancora insensibile), in ragione della maggiore capacità di essa boccia grande, o batteria.
Ora di quest'ultima tempra, o tono, che voglia dirsi, sono ancora le scosse, che danno gli apparati Elettromotori, e quelle pure, che dà la Torpedine: quali appunto esser deono le une, e le altre, attesa la somiglianza delle scariche sì di detti apparati, che degli organi elettrici di tali pesci, con quelle delle grandi, anzi grandissime batterie caricate debolissimamente: come già si è mostrato, e porrassi ancora più in chiaro con altre osservazioni in progresso.(a)

§ 38. Molto più grande, e marcata di cotal differenza riguardo alla qualità o tempra delle scosse provenienti da grandi boccie, e batterie debolissimamente cariche, o da picciole boccie cariche fortemente, si è la differenza riguardo alla distanza, a cui possono succedere le rispettive scariche, e giungere il salto della scintilla. E’ facile comprendere, che per una più forte tensione, indicata da maggiori gradi dell'elettrometro, deve il fluido elettrico poter superare un maggiore intervallo, ossia spezzare un più grosso strato di aria, e scagliarsi quindi più lontano. Ma il determinare di quanto precisamente abbia a divenire più lungo cotesto tiro della scintilla, ossia maggiore la distanza, a cui potrà farsi la scarica, la distanza esplosiva a dir breve, corrispondentemente alla maggiore tensione elettrometrica, non è sì agevol cosa; e solo può sperarsi di giungere a tale determinazione giusta con un gran numero di sperienze le più esatte. Molte di queste ne ha intraprese il nostro VOLTA, che si è compiaciuto di comunicarci; i risultati delle quali fissano, se non coll'ultima precisione, con sufficiente giustezza il rapporto tra i gradi di carica, ossia di tensione elettrica, e l'anzidetta distanza esplosiva, ossia la distanza a cui può giungere la scintilla e farsi la scarica, e presentano alcune belle leggi.

§ 39. E primieramente ha trovato, che tutte le boccie grandi, e picciole, cariche all'istesso grado dell'elettrometro, ed anche i semplici conduttori, quali essi fossero, portati all'istessa tensione elettrica delle boccie, scagliano la scintilla, e si scaricano ad eguale distanza. Ha trovato verificarsi ciò quasi a rigore, almeno dentro certi limiti, ed anche oltre tali limiti non fallire molto, sperimentando con una macchinetta o Spincterometro di una particolare costruzione, che serve a queste, ed a molte altre prove ancora di diverso genereb, congegnata in modo tal macchinetta, che la scintilla all'atto della scarica scoccasse tra due palle metalliche di un pollice circa di diametro, distanti una dall'altra più o meno a volontà. Ha dunque veduto seguire sempre tali scariche e scoppj ad una data distanza, giunta che fosse la carica a un dato grado dell'elettrometro precisamente, o quasi: cioè alla distanza di 1. linea per 10. gradi circa di un quadrante elettrometro (un grado del quale ne voleva 16. dell'altro suo elettrometro sensibilissimo a paglie sottili); alla distanza di 2. linee per 19. in 20. gradi dell'istesso quadrante elettrometro, ec., fosse il semplice primo conduttore della macchina elettrica caricato agl'indicati gradi, o fossero più conduttori uniti; fosse una boccettina di Leyden di 4. pollici quadrati di armatura (che ha già una capacità molto maggiore di un semplice conduttore lungo anche 10. 15,. 20. piedi, e discretamente grosso); fossero altre boccie di assai maggiore grandezza, cioè di 10. 40. 100. 200. poll. quad. di armatura. Così è: sempre accadeva la scarica ad una data distanza delle due palle metalliche, arrivata la tensione elettrica a un tal dato segno, ossia salito il quadrante elettrometro a un tal dato grado, si può quasi dir precisamente, qualunque fosse la capacità del conduttore, o della boccia.
Siccome però a far sorgere una tal tensione, a portare, che è lo stesso, la carica a un tal grado richiedevasi, come ben si comprende, tanto maggiore dose di fluido elettrico, ed in conseguenza tanti più giri della macchina elettrica, quanto era più grande cotesta capacità; così poi la scarica delle grandi boccie riusciva più forte e potente; cioè più brillante e piena la scintilla, più romoroso lo scoppio, e più valida la scossa rilevata da chi si fosse trovato compreso nel circolo di essa scarica.

§ 40. Risulta pertanto da queste sperienze, che coll'essere per un dato grado di carica, corrispondentemente alla maggiore capacità de' recipienti, maggiore anche la copia di fluido elettrico, si ottiene bensì colla scarica una scintilla più piena e grossa, più scuotente, ec. come era noto; ma non già più lunga, almeno notabilmente: ciò che sorprenderà senza dubbio. Sebbene ritenendo la spiegazione che dietro il nostro esimio Maestro abbiamo data nell'articolo precedente, cioè che la maggiore quantità di fluido elettrico richiesta a portare la carica ad un dato grado secondo che la capacità del recipiente è più grande fa che la scarica riesca poi di tanto maggiore durata, ossia abbisogni per compiersi di più successivi istanti; ritenendo, dico, tale spiegazione naturalissima e soddisfacente, restiamo appagati anche in questo, riflettendo, che la scintilla poichè viene per tal modo prolungata nel tempo non lo deve essere nello spazio, che troppo sarebbe: no, non lo deve essere più di quello il richiegga la tensione, che supponiamo eguale a quella di un altro recipiente meno capace. Ma lasciata la spiegazione, per ciò che riguarda le sperienze, sono queste poche ancora e non abbastanza variate, per poter conchiudere in generale e con sicurezza che la distanza, a cui può scagliarsi la scintilla elettrica, e farsi la scarica, la distanza esplosiva, sia in ragione semplicemente della tensione, o grado elettrometrico, senza alcun riguardo cioè alla quantità di fluido. Se ciò si è verificato in tutte le prove fatte dal sullodato nostro Maestro coll'accennata sua macchinetta, non possiamo essere certi, che si verifichi ugualmente coll'instituire le sperienze in altra maniera, o con diversi apparati, ne' quali la scintilla abbia a scoccare tra palle più grosse, o più sottili di quelle da lui adoperate ed eguali tra loro; tra una palla ed un piatto; tra questo o quella, ed una punta ec. Sebbene anche sostituendo ora una punta metallica ottusa, ora ponendo una tal punta, e un piattello in luogo delle due palle nella detta macchinetta, ha osservato l'autore, che variando per tali cambiamenti la distanza, a cui giungeva la scintilla, variava ugualmente per le boccie grandi, e per le picciole, purchè fossero cariche ai medesimi gradi dell'elettrometro, eccettuati solamente alcuni casi segnatamente quelli ne' quali intervenisse qualche punta troppo sottile. Fuori di questi casi adunque ne' quali più non osservasi l'enunciata regola, fu sempre la distanza esplosiva, il tiro, ossia lunghezza della scintilla indipendente dalla grande o picciola capacità della boccia, o del conduttore, e dipendente soltanto dal grado di tensione o carica misurata dall'elettrometro; o se vi fu differenza, fu così picciola che può trascurarsi.

§ 41. È pertanto comprovata in tutte le maniere la proposizione sopra avanzata, che la distanza a cui può giungere la scintilla elettrica, è in ragione semplicemente della tensione, o grado elettrometrico, e niente in ragione della quantità di fluido, che porta una tal tensione, ossia della capacità delle boccie, o de' conduttori: è comprovata questa bella legge in guisa, che non si può ricusare di ammetterla, colle restrizioni però già accennate, cioè esclusi i casi, in cui venga provocata la scarica da punte sottili, e forse alcuni altri, e posti dei limiti, oltre i quali non abbia per avventura più luogo tal legge e dentro i quali ancora non si osservi essa a tutto rigore, e appuntino, ma bensì a un dipresso, tantochè non vi siano deviazioni rimarcabili. Ora questi limiti, ossia gli estremi delle sperienze fatte dal nostro VOLTA, comprendono una ben grande estensione, tanto riguardo alle boccie, avendone egli sottoposto alle prove molte di varia grandezza, dai 2. pollici quadrati di armatura fino a 200., e più; quanto riguardo alle distanze superate dalle scintille, cominciato avendo le prove da 1/10 di linea, per cui bastava la picciola carica di circa 16. gradi del suo elettrometro a pagliette, che valgono appena 1. grado del quadrante-elettrometro da esso lui adoperato, e portate avendole successivamente fino a 8. linee, per cui vi vollero 68. gradi circa di esso quadrante elettrometro, qualunque fosse la boccia, giova pur ripeterlo, grandissima, mezzana, o piccolissima, o fosse anche il semplice conduttore della macchina elettrica, che facesse montare l'elettrometro a tali gradi.

§ 42. Un'altra bella legge ci additano ancora codeste sperienze; ed è, che le distanze a cui può giungere la scintilla, crescono quasi esattamente, come le tensioni, o gradi segnati dall’elettrometro, cosicchè per doppia, tripla, quadrupla tensione, la distanza, cui la scintilla vale a superare è appena un poco più che doppia, tripla, quadrupla. Ecco quali in dette esperienze fatte dal nostro Professore non una, ma più e più volte, e colla possibile accuratezza, e diligenza, furono le distanze esplosive, cioè quelle, a cui seguiva il salto della scintilla dall'una all'altra palla metallica del suo Spincterometro, corrispondentemente ai diversi gradi di tensione, ossia carica di qualsisia boccia grande, o picciola o del semplice conduttore della macchina elettrica, o del medesimo prolungato con diversi altri più o meno capaci, giacchè la capacità maggiore o minore di essi conduttori, o boccie, non portava in tali distanze esplosive alcuna differenza, giusta i precedenti §§.

Questi risultati ci assicura egli avergli ottenuti costantemente a un dipresso, anche trascurando alcune scrupolose attenzioni, e ad un rigore poi quasi preciso qualunque volta ha cercato di porre nelle sperienze la massima esattezza, di farli in tempi propizi all’elettricità, o almeno non troppo umidi, di allontanare ogni circostanza, che accidentalmente potesse indurre qualche varietà, come l'interposizione di alcun corpicello, o granellino, o pelo fralle due palle, o velo di ruggine, o patina qual si fosse, anche di solo umido, sopra le medesime; avendo cura soprattutto di collocare l'elettrometro in guisa che il suo movimento fosse al più possibile libero, non influenzato cioè da atmosfere opposte, o laterali; al qual fine deve trovarsi infisso all'estremità di una verga metallica, o di un bastone inargentato, come suol praticare VOLTA (non solamente in queste sperienze, ma in tutte le altre, in cui vuole, che l'elettrometro segni giustamente i gradi di elettricità), che sporga in fuori, e si lasci indietro pel tratto di qualche piede il resto del conduttore, o conduttori, di cui fa parte. Ora da tali risultati appare, che se le distanze esplosive non sono a tutto rigore in ragione diretta semplice delle tensioni, ossia gradi elettrometrici, crescendo questi alquanto meno di quelle, la differenza però è così picciola, che per le distanze di poche linee, e meglio per quelle al di sotto di una linea, possiamo senza errore notabile attenersi a tal ragione diretta. Una sensibile discre-panza comincia solo dopo le distanze di 2 e 3 linee, ed è ancora picciola, come vedesi dalla qui riportata tabella; la quale indica pure di quanto poco, e come regolarmente vada mancando essa ragione diretta semplice. Non pretende però il nostro esimio sperimentatore di poter avanzare tal regola, e neppure i descritti risultati, come infallibili, e dell'ultima precisione; e solo ce li dà per giusti nel senso di una grande approssimazione: con che non ha fatto poco: massime che si estendono essi già molto, cominciando da una tensione, o carica così debole, che appena manifestasi al quadrante--elettrometroc, e per cui il tiro della scintilla si ha appena alla distanza di 1/4 di linea; ed arrivando fino a delle cariche assai forti, valevoli a lanciare la scintilla ad 8. linee, e per le quali sovente le boccie di Leyden o si spezzano, o si scaricano da loro senza arco conduttore.

§ 43. I semplici conduttori di conveniente forma senz'angoli e punte, possono elettrizzarsi a gradi assai più alti, e scagliare quindi la scintilla a molto maggiore distanza, a quelle di 2. 3. 4. 6. 8. pollici, e più ancora, adoperandosi eccellenti macchine elettriche. Ora se anche per gradi di elettricità così elevati osservisi la stessa legge, cioè siano presso a poco proporzionali a tali gradi le distanze, a cui giunge la scintilla, è ancora ignoto, e lo sarà probabilmente per lungo tempo, difficilissimo essendo il determinar ciò con sicure sperienze, per le quali richiederebbonsi altri elettrometri diversi, e più esatti di quelli che abbiamo. I quadranti-elettrometri ordinarj non servono in alcun modo a misurare cariche così forti, e non possono neppur sostenerle, disperdendo essi l'elettricità troppo intensa con frequenti, o continui spruzzi dagli estremi della colonnetta, da qualche punto dell'arco graduato, e più dalla palla in cui termina il pendolo, la quale non vuol essere molto grossa: questi spruzzi si manifestano con un certo stridore, e sono visibili all'oscuro. Del resto anche per le cariche, che possono le boccie sopportare, e rispetto alle quali la distanza esplosiva si è trovata dal nostro VOLTA abbastanza proporzionale ai gradi di tensione, cioè doppia, tripla, quadrupla, ec. per cariche a un dipresso doppie, triple, quadruple, o di pochissimo minori (§ prec.), avverte il medesimo, che ciò si verifica soltanto ove le scintille scocchino tra due palle metalliche; poichè altrimenti scoccando tra una palla, massime se poco grossa, e un piatto, e più tra un piatto ed una punta, la distanza, che può superarsi dalla scintilla, cresce in maggior proporzione della carica, singolarmente quando la direzione del torrente elettrico è dalla punta al piatto, ciò che favorisce molto il salto di essa scintilla, e la fa essere più lunga. Conchiude poi essere probabilissimo, che per i semplici conduttori di sufficiente grandezza, ed elettrizzati ai più alti gradi, a segno di lanciar grosse scintille fragorose ad alcuni pollici di distanza, cotali distanze, cui giungono a superare, eccedano pure di molto la proporzione delle cariche, ancorchè scocchino esse scintille tra due palle; le quali in tal caso ancorchè eccedano in grossezza uno, o due pollici fanno in qualche modo officio di punta.

§ 44. Venendo ora alle cariche debolissime, al disotto cioè delle più deboli comprese nella tabella qui sopra esposta (§ 42.), vedesi, che non possono esse più misurarsi dal quadrante-elettrometro (§ cit. e nota a), ma solo con elettrometri molto più delicati, con quelli cioè a pendolini leggerissimi rinchiusi in una boccetta, elettrometri inventati da CAVALLO, migliorati da SAUSSURE, e che da alcuni vengono denominati micro-elettrometri: tra i quali quello a boccetta, non più cilindrica, ma quadra e a semplici pendolini di paglia, sostituiti da Volta ai due fili metallici sottili terminanti in pallottoline di sovero, o di midollo di sambuco, (elettrometro oggi giorno usitatissimo, a cui ci siamo tante volte riportati nel presente scritto, e ci riporteremo pure in seguito) ha il vantaggio considerabilissimo di seguire un andamento molto equabile, e di aver quindi tutti i suoi gradi comparabili si può dire esattamente, almeno fino ai 18. o 20. (che portano uno scostamento delle due pagliette pendenti, di 9. in 10. linee, osservato alle loro estremità). La descrizione di questo elettrometro così perfezionato, e le prove dell'indicata comparabilità de' suoi gradi, se non rigorosissima, tale da non portare entro gl'accennati limiti error sensibile (per la quale prerogativa è preferibile a quelli di BENNET e d'altri Fisici a listarelle di foglia d'oro, tre o quattro volte più sensibili, a dir vero, ma non così comparabili) trovansi nelle Lettere sulla Meteorologia Elettrica di esso VOLTA pubblicate sono già molti anni: alle quali prove ne ha aggiunto in appresso altre in conferma, con esperienze instituite a quest'oggetto in varie maniere, e con maggiore accuratezza e precisione.

§ 45. Colla scorta di un sì fedele e prezioso stromento ha dunque il medesimo ricercato, se anche per tali cariche debolissime, per le quali non può servire il quadrante-elettrometro, osservisi la legge (§ 42.), che le distanze esplosive a cui cioè giunge la scintilla, e fassi la scarica, siano presso a poco proporzionali ai gradi delle cariche medesime; e fin dove ha potuto determinare con qualche esattezza tali distanze (il che riesce assai difficile, e infine impossibile per le estremamente piccole), ha trovato ch'essa legge si verifica, o almeno non falla notabilmente. Così avendo già veduto, che per la distanza di lin. 1/4 vi voleva la carica di gradi 2. 1/2 del quadrante elettrometro (§ cit.), che valgono gr. 40. del suo elettrometro a paglie sottilissime, trovò che ve ne volevano 20. di questi per 1/8 di lin., e 10. circa per una distanza, che potè giudicare essere appunto 1/16 di linea, eguale cioè alla grossezza di una carta, di cui ben 16. ve ne vogliono a far una linea. Seguendo un tale rapporto, per 4. gradi dello stesso elettrometro a paglie sottili la scarica non potrà farsi che ad 1/40 di linea, per 2. gradi a 1/80 lin. per 1. grado a 1/160 lin. ec. Se tali deduzioni non possono verificarsi esattamente con esperienze affatto sicure per la già accennata difficoltà di misurare con precisione le troppo picciole distanze, che diviene poi impossibilità per le picciolissime qui indicate; possiamo però persuaderci almeno, che non vadano molto lungi dal vero. Che se pure se ne allontanano, non sarà certo nel senso, che si prendano da noi cotali distanze troppo picciole corrispondentemente alle cariche, ma bensì in senso contrario; stantechè, a norma della tabella sopra riportata (§ 42.), le distanze esplosive diminuiscono piuttosto in una proporzione maggiore che le cariche o tensioni elettriche: e quindi le qui notate frazioni di linea sono anzi troppo grandi, che troppo picciole; cosicchè a 2. gradi di carica non 1/80 di linea, ma 1/100 forse, od anche meno deve corrispondere; ad 1. grado 1/200 di lin. o meno; a 1/2 grado meno di 1/400 di lin. ec..

§ 46. Ben si comprende, che quando le scariche, per così deboli tensioni, non possono farsi, che a distanze così picciole e impercettibili, neppure la scintilla può essere visibile, o appena: che niun altro segno elettrometrico sensibile, di attrazione cioè o ripulsione può osservarsi, a meno che si abbia ricorso al Condensatore (col quale se sia de' migliori, può raccorsi sufficiente elettricità per qualche scintilla, anche da tali cariche più deboli di 1/4 di grado dell'elettrometro a paglie sottili, e può manifestarsi qualche segno all'istesso elettrometro, da quelle di 1/20, di 1/60, e fino di 1/100 di grado: come ha mostrato il nostro VOLTA, ottenendone dalle cariche prodotte da una sola coppia di metalli diversi, ec.): e che, se una lamina d'aria estremamente sottile è da tanto d'impedire, od arrestare la scarica e corrente elettrica, basterà pure ad impedirla, ed arrestarla qualunque altro strato coibente sottilissimo; e basterà qualunque cattivo o troppo imperfetto conduttore, se non ad arrestarla, a ritardarla molto, tantochè non verrà a produrre scosse sensibili, comunque essa corrente provenga da una sorgente ricchissima, quali sono le grandi boccie, e batterie cariche a que' tali gradi, od anco da una indeficiente, quali sarebbero le batterie d'immensa capacità, e lo sono effettivamente gli apparati Elettromotori montati a simili tensioni, come si è fatto vedere. Però è, che un poco di ruggine, od altra patina, che copra un metallo in que' punti ov'esso viene toccato da altro metallo, non lascia passare la scossa; anzi neppure una catena metallica la lascia passare, la quale non sia ben tesa, o i cui anelli meno che lucidi e tersi eccedano un picciol numero; come non la lasciano passare un legno, una carta, un cuoio poco umidi, la pelle asciutta delle mani, l'epidermide delle foglie verdi, ed altri corpi, che pur sono, o partecipano della natura de' conduttori.

§ 47. L'aria molto diradata, e la fiamma, che sono decisamente conduttori, nè già cattivissimi, e che anzi si sono sostenuti, e si tengono tuttavia da molti per assai buoni, non lasciano neppur essi passare la scossa, sebbene permettano il tragitto della corrente elettrica, come il permettono pure gli altri conduttori imperfetti: ritardano solamente, per essere non abbastanza permeabili all'elettrico, essa corrente a segno, che essendo già non molto incitata, ossia movendosi (ne' casi di cui si tratta) con una debolissima tensione, riducesi per tale ritardo a non poter dare commozione sensibile. Tratteniamoci un poco intorno alla fiamma, a cui si è attribuito molto più di conducibilità o permeabilità al fluido elettrico, di quello che realmente ne goda; e si è tratto quindi erroneamente un argomento, od indizio di differenza fralle cariche elettriche, e le così dette galvaniche, (fra quelle cioè delle boccie di Leyden, e quelle delle pile Voltiane) dall'osservarsi, che non si avea scossa alcuna da queste ultime, ove la scarica dovesse attraversare una fiamma, anche per un picciol tratto: erroneamente dico, giacchè succede lo stesso anche delle scariche delle boccie di Leyden, che non abbiano maggior tensione di quella delle pile; onde in luogo di un'obbiezione contro l'identità del fluido elettrico e galvanico, ne ricaviamo anche da questa perfetta conformità una novella prova.
La fiamma adunque (secondo le accurate sperienze di VOLTA da lui medesimo comunicateci) facendo parte dell'arco scaricatore, ossia interrompendolo colla sua frapposizione, viene bensì attraversata dalla corrente elettrica, ma a stento; ovvero le porta tale impedimento, e ritardo, che se la carica o tensione non arriva almeno a 30. o 35. gradi dell'elettrometro a paglie sottili, che valgono 2. gradi circa del quadrante elettrometro, sia piccola, sia grande la boccia, o sia una batteria, non si ottiene scossa sensibile: epperò non si è potuta finora ottenere dagli apparati elettro-motori o pile, che sono ben lungi dall'arrivare a simile tensione (per arrivarvi dovrebbero essere composti da 1800. a 2000. coppie di rame e zinco, in ragione di 1/60 circa di grado, che vale la tensione elettrica prodotta da ciascuna coppia, come si è fatto più volte osservare ne' precedenti articoli). Al di sopra di tali gradi uno strato di fiamma qualunque esso sia, di spirito di vino, di olio, di cera, od altro combustibile frapposto ai conduttori metallici, ancorchè esso strato abbia più linee o qualche pollice di spessezza, non toglie di sentire la scossa, ma la indebolisce soltanto.
Del resto, che il fluido elettrico, cui tendono scaricare le pile, e le boccie di Leyden cariche a non più forte tensione delle pile, tragitti, a stento sì, ma pur tragitti per la fiamma non meno che per gl'altri conduttori imperfetti, quali sono l'aria diradata, carte, pelli, legni, ecc. poco umidi, si fa manifesto dal comunicarsi tali cariche, sia da una ad altra boccia, sia da una pila ad una boccia piccola o grande, ed anche ad una capacissima batteria, fino a portarvi un'egual tensione elettrica, malgrado l'interposizione ai due conduttori metallici di una fiamma; e dal comunicarvici in tempo ancora non molto lungo, cioè di uno, o due minuti secondi, come ne assicura il nostro Autore aver trovato, e ciascuno può coll'esperienza verificare. Ma che dico in tempo non molto lungo? Questo di uno, o due secondi è lunghissimo in paragone di un minuto terzo, e meno ancora, che, come si è spiegato ampiamente nell'articolo precedente, impiega la pila a comunicare ad una anche grande batteria la carica elettrica eguale alla sua, ove non siavi nell'arco conduttore tale interposizione della fiamma, od altro imperfetto deferente; epperò non è maraviglia, se rallentata cotanto allorchè avvi l'interposizione suddetta la corrente elettrica, mossa altronde debolmente da tali cariche inferiori a 30. gradi dell'elettrometro a paglie sottili, manchi la scossa.

§ 48. Veduto abbiamo come il salto della scintilla, ossia la distanza, a cui può giungere la scarica elettrica spezzando lo strato d'aria frapposto a conduttori metallici, salve alcune restrizioni, sia in ragione semplicemente della tensione ossia grado di carica, indipendentemente dalla quantità di fluido, che forma tal carica, e quindi dalla capacità delle boccie; ma che il valore, o gravezza della scossa dipende pur molto anche da questa capacità, a cui, come si comprende, corrisponde la quantità di fluido richiesto per una data carica: che in una parola la scossa è in ragione composta della tensione, e della quantità di fluido elettrico. Ora importa di sapere se questa ragion composta sia giusta ed esatta, cioè tale, che per date tensioni, ossia cariche di dati gradi, riescano le scosse precisamente del doppio, del triplo, del quadruplo più valide, secondo che le capacità delle boccie, e quindi le quantità di fluido elettrico, sono due, tre, quattro volte più grandi, ec. Ma qui dobbiamo dire che la cosa non ha potuto ancor bene determinarla il nostro Autore colle sue sperienze, per quanto numerose, e diligenti sieno state; anche perchè è difficile il valutare giustamente le scosse, e poter accertare, che una sia doppia, tripla, quadrupla dell'altra. Si può meglio giudicare, se due scosse siano, o no eguali, onde pare che si dovrebbe poi poter verificare se l'indicata ragion composta abbia luogo, col provare se si abbiano effettivamente scosse eguali da boccie di diversa capacità caricate appunto in ragione inversa di esse capacità, es. gr. da una boccia di 20. pollici quadrati di armatura caricata a 40. gradi, e da una di 80. pollici caricata a 10. gradi. Ma s'incontra qui un'altra difficoltà, per ciò che, conforme abbiamo fatto osservare (§ 36.), le commozioni riescono in qualche maniera diverse riguardo alle loro qualità, ossia al senso ed impressione che fanno sugli organi, secondo che provengono da picciole boccie cariche fortemente, o da grandi cariche debolmente, sebbene tal diversità delle commozioni non sia molto grande, e in parecchi casi neppur rimarcabile.

§ 49. Chechè ne sia di queste, ed altre difficoltà, ecco ciò che il nostro sperimentatore crede poter avanzare sul punto del valore delle scosse, dipendentemente dalla capacità delle boccie, e batterie, e dal grado di carica: ecco il risultato di molte sue sperienze. Una boccetta di vetro sottile (di 1/3 circa di linea) avente circa 9. pollici quadrati di armatura, deve essere carica almeno 8. gradi dell'elettrometro a pagliette, per poter dare una scossa debolissima, e appena sensibile a un dito tuffato nell'acqua di un catino, la quale comunica per mezzo di una lastretta di metallo coll'armatura esterna di essa boccetta, mentre si viene a toccare l'uncino, o filo metallico procedente dall'armatura interna con un'altra larga lastra o cannone impugnato a dovere dall'altra mano ben umida. Egli è questa una delle migliori maniere di esplorare le deboli scosse, e di sentire anche le minime, qual è quella appunto che dà detta boccetta di 9. pollici di armatura carica 8. gradi: scossarella, che sentesi appena, e non affetta che una o due articolazioni di esso dito. Un'altra boccia 4. volte più capace, cioè di 36. pollici circa, ossia di 1/4 di piede quadrato d'armatura, caricata 4. volte meno, cioè a 2. gradi dell'istesso elettrometro a paglie sottili, produce l'istessa minima scossa nel dito; e così pure una boccia di 1/2 piede quadrato colla carica di 1. grado; una di 1. piede con quella di gr. 1/2 ed una di 2. piedi colla carica di gradi 1/4: le quali cariche tutte sono formate come si comprende dell'istessa quantità di fluido elettrico. Qui dunque la grandezza della capacità nelle boccie supplisce esattamente, come pare, o quasi esattamente, alla minor tensione, ossia grado di carica: e siccome il prodotto di questa tensione nella quantità di fluido elettrico risulta il medesimo, così pure eguale è l'effetto della scossa, eguale almeno il suo valore; nè si accorge ancora che differisca nella qualità, ossia modo di affettare gli organi.

§ 50. Carichinsi del doppio ciascuna di queste boccie, cioè 16. gradi quella di 9. pollici; 4. quella di poll. 36., e così gradi 2., 1., 1/2 quelle rispettivamente di 1/2, di 1., e di 2. piedi quadrati di armatura; la scossa, che darà ciascuna, e che prenderà allora tutto il dito, riuscirà ugualmente più risentita, ma comincierassi a distinguere qualche leggier differenza di sensazione: la quale differenza diverrà poi più notabile a misura che accrescendosi ancora del doppio, del triplo, del quadruplo ec., le rispettive scosse, diverranno corrispondentemente più valide, e si estenderanno al carpo, al gomito, e più avanti. In che consista questa differenza, che non è poi molto grande, si è già detto (§ 36.). Qui importa di osservare, che qualunque ella sia non toglie, che si possano giudicare le scosse delle picciole boccie, e delle grandi, cariche in ragione inversa delle capacità, di egual polso e valore, almeno presso a poco.

§ 51. Ma in ciò ancora convien riconoscere dei limiti: poichè se dalle boccette di pochi pollici quadrati di armatura fino alle boccie, o giare di 1. piede quadrato, ed anche di 2. è sembrato al VOLTA, che si osservi esattamente, o quasi esattamente codesta legge, così che la gravezza delle commozioni sia tanto in ragione della capacità delle boccie, quanto in ragione dell'intensità della carica; un tal giusto rapporto ha trovato il medesimo non aver più luogo per boccie, e batterie di molto più grandi capacità, ossia non corrispondere intieramente all'aumento di queste capacità la grandezza e potere delle scosse. Così una batteria di 8. piedi quadrati, la quale seguendo esattamente l'indicata ragione, dovrebbe produrre qualche scossarella sensibile nel dito (§ 49.) colla carica di 1/16 di grado dell'elettrometro a pagliette, non ne produce punto se non è caricata un poco di più, cioè ad 1/12 od 1/10 di grado e similmente colle cariche di 1. 2. 3. 4. gradi, ec. non produce già scosse 8. volte maggiori di quelle, che si ottengono da una boccia di 1. piede quadrato carica a quegli stessi gradi ma scosse soltanto 5. o 6. volte maggiori, come può giudicarsi all'ingrosso: ad averle quindi 8. volte maggiori vi vuole, una batteria di un'altra metà più grande, cioè di 12. piedi, o più. In generale a fare, che per un dato grado di carica le scosse riescano del doppio più valide, si richiedono batterie di capacità già più che dupla cominciando da quella di 1. o 2. piedi quadrati di armatura; poi quasi tripla; poi maggiore ancora, proseguendo alle grandezze di 8. 10. 15. 20. piedi quadrati, ec.; fin dove è arrivato colle sue sperienze comunicateci il nostro Volta: dietro l'analogia delle quali presume egli che vi vorranno anche 4. 5. 6. volte più capaci le batterie acciò valgano a produrre similmente per un dato grado di carica un doppio effetto, quando si tratterà di quelle che oltrepassino i 40. 60. 100. piedi quadrati di armatura; finchè l'ingrandirle ulteriormente non servirà più nulla a fare, che la scossa riesca più potente.

§ 52. Le quali cose tutte convengono benissimo con ciò che si è detto, e spiegato già ampiamente (¤ 19. 29. e seg.), cioè che le boccie di Leyden di grande capacità, e le batterie capacissime, fanno sentire le scosse tanto più valide e poderose di quelle, che per eguali gradi di carica si hanno dalle piccole boccie, per ciò che a misura della maggiore quantità di fluido che forma la carica di quelle, ne riesce di tanto maggiore durata la scarica, comechè sembri pur anche istantanea; e perciò, che corrispondentemente a tal durata un maggior numero d'impressioni successive si confondono in certo modo in una impressione sola, la quale riesce così altrettanto più potente e risentita. A proposito di che si è soggiunto (§ 31. 34.) che ciò si dee intendere dentro certi limiti, e fino a quel segno, che tal durata della scarica, o corrente elettrica sembra a nostri sensi ancora un istante; giacchè poi prolungandosi ad un tempo sensibile, ed anche solo ad un minuto terzo, come finalmente accader dee con batterie di molto grande capacità, il dipiù che durasse oltre tal limite la scarica, per essere queste batterie più smisurate ancora, es. gr. di 600. piedi quadrati di armatura, di 800., di 1000., non influirebbe già più alla forza della scossa sensibilmente momentanea, ma solo agli altri effetti, che tengono alla durata della corrente elettrica per un tempo notabile (§ 32.): come avviene appunto cogli apparati Elettro-motori, la corrente continua de' quali non solamente dura un tempo sensibile, ma quanto durerebbe la scarica di una batteria d'immensa capacità, cioè un tempo indefinito, per non dire infinito. Per la quale durata, ossia scarica indeficiente, oltre le scosse, producono gli Elettromotori altri effetti sui nostri organi, e sopra altri corpi, che non valgono a produrre le grandi boccie di Leyden, e neppure le batterie, che finiscono in brevi istanti di scaricarsi. I principali di questi effetti sono le impressioni sui sensi della visione, del gusto, e del tatto già altre volte accennate, e delle quali ci occuperemo in un articolo particolare; siccome in un altro tratteremo degli effetti chimici, quali sono la decomposizione dell'acqua, di varj sali, ed altre sostanze, l'ossidazione e dissossidazione de' metalli ec. provenienti dall'azione degli Elettro-motori e che nè le boccie di Leyden, nè le batterie anche più grandi han potuto operare, se non in picciolissima parte, e molto imperfettamente.