OPERE SCELTE

LETTERA A MARTINO VAN MARUM

Da Como, 22 giugno 1802*

Signore e mio carissimo amico
ho ricevuto la vostra lettera del 29 9bre solamente ai primi di maggio, al mio ritorno a Pavia da un lungo viaggio in Francia. Lo è stato assai di più di quanto avrei voluto, a causa del congresso di Lione, al quale ho dovuto intervenire come deputato di Como, mia patria, e di una malattia, da me sofferta alla fine di questo congresso, seguita da una convalescenza assai lunga, durante la quale mi recai a Ginevra per ristabilirmi meglio ed attendere la dolce stagione per il mio ritorno in Italia. Ho passato assai gradevolmente due mesi a Ginevra, godendo soprattutto della buona compagnia degli scienziati, che abbondano in quel paese. Durante questo tempo non vi ho dimenticato, amico mio; vi scrissi alla fine di febbraio o al principio dì marzo, dandovi mie notizie, aggiungendo qualche riflessione alle esperienze e osservazioni contenute nella vostra lunga lettera, di cui avevo visto solamente qualche estratto sui giornali, e comunicandovi che avreste potuto scrivermi ancora a Ginevra prima della mia partenza, che avrei ritardato ancora oltre un mese. Ma nei due mesi in cui rimasi a Ginevra non ne ho ricevuto affatto da voi, nè dal prof. Pfaff, al quale scrissi nel medesimo tempo, e press’a poco le medesime cose, indirizzando a Kiel, dove doveva trovarsi. Le mie lettere consegnate alla posta di Ginevra, si saranno perdute? Ne sarei molto seccato. Questa, che vi scrivo da Como, non dubito che vi perverrà, amico mio e collega, come tutte le altre scritte da qui vi sono pervenute gli anni scorsi. Vi prego di scrivermi appena la riceverete e di dirmi se avete ricevuto anche l'altra oppure no.
Avrete senza dubbio continuato le esperienze con i miei apparecchi per l'elettricità metallica, le avrete variate, ne avrete immaginate delle nuove; e non dubito affatto che esse siano tutte una conferma dei miei principj, come lo sono state quelle contenute nella vostra lettera del 9bre scorso, che avete resa pubblica. Voi ne avrete dunque certamente per un'altra lettera, che attendo con impazienza. Sono stato meravigliato delle esperienze fatte con i dischi grandi, da voi portati a 200. Ancora qui magnificentissimis tuis experimentis superasti conatus omnium. Ma ciò che mi ha ancora di più soddisfatto sono le altre con quelli piccoli, quelli ordinari impiegati per caricare batterie elettriche piccole, medie e grandi. Finora io non avevo ancora saggiato a questo modo che una batteria di circa dieci piedi quadrati d'armatura, che tuttavia rispose benissimo e fu sufficiente d'altronde per verificare ciò che mi proponevo di dimostrare. Con una pila di 120. coppie metalliche, divisa in due, io caricai, nel più breve tempo possibile, questa batteria a 2. gradi del mio elettrometro a paglie sottili, al punto d'averne una scossa passabilmente forte, che si estese sino alle spalle. Voi siete andato molto più lontano: voi avete caricato una batteria di circa 140. piedi quadrati con una pila di 200. coppie e avete ottenuto commozioni considerevolmente più forti, ecc. Tuttavia non sono state tanto forti quanto avrebbero potuto essere. Voi dite che queste commozioni della grande batteria non uguagliavano ancora quelle date dalla pila stessa, che erano il doppio più forti. Ciò probabilmente deriva dal fatto che il vetro delle vostre bottiglie era troppo spesso: se fosse stato sottile come quello delle mie, la vostra batteria avrebbe avuto molto maggior capacità, e con la carica e tensione eguali a quelle della pila, una tale batteria vi avrebbe dato una scossa eguale e anche più forte. La mia batteria di 10. piedi mi dà in tutte queste prove una commozione 4. o 5. volte più debole di quella della pila impiegata per caricarla (per avere, per esempio, la più debole possibile in un dito immerso nell'acqua, mentre l'altra mano ben umida impugna una larga lama metallica posta al contatto richiesto per chiudere il circuito, mi basta caricare questa batteria con una pila di 8. o tutt'al più di 10. coppie, mentre ne occorrono soltanto 2. per ottenere la medesima commozione appena percettibile, direttamente da questa qui). Se dunque, mi costruissi una batteria simile di 40. o 50. piedi quadrati d'armatura, ne avrei una commozione, se non eguale a quella della pila impiegata a caricarla, almeno poco inferore; e con una di 100. piedi una commozione che oserei dire piuttosto più forte, che più debole. Ma come più forte? Sembrerebbe che tutt'al più con una batteria anche di capacità infinita (che produrrebbe, con la sua scarica una corrente elettrica continua e costante, altrettanto come la pila), sembrerebbe, dico, che si potrebbe tutt'al più produrre una commozione eguale a quella fornita dalla pila stessa. E tuttavia se si riflette che nella pila la corrente subisce sempre un ritardo o della difficoltà al suo passaggio per gli strati umidi, che non sono abbastanza buoni conduttori, e che nè questo ostacolo nè di alcun altro genere ha luogo nella scarica d'una batteria ben costruita, si comprenderà come la scarica di questa può produrre, per questa più grande libertà della corrente, una commozione più violenta di quella della pila, a eguale tensione; purchè solamente la capacità di questa batteria sia abbastanza grande affinchè la sua scarica continui per il tempo necessario a produrre sui nostri organi un pieno effetto. Poichè, alla fine, è il tempo in cui dura la scarica, ovvero la corrente, che fa sì che, a parità di tensione, la quale fornisce una velocità eguale al fluido elettrico, si abbia una scossa tanto più forte che non le bottiglie di Leida, dove le batterie hanno più capacità, come ho spiegato nelle mie ultime memorie.
Del resto, anche dalla mia batteria di 10. piedi caricata a 1. grado con una pila di 60. coppie, a 2. gradi con una di 120., ecc., io ho una commozione più forte di quella che mi dànno le pile stesse, se gli strati umidi di queste pile non lo sono abbastanza o se l'umido è costituito da acqua pura. In questo caso voi sapete che la commozione è debolissima e quasi impercettibile, sebbene la tensione elettrica rimanga ancora la stessa. Il fluido elettrico è spinto con la stessa forza; ma la corrente subisce molto ritardo a causa dei conduttori molto cattivi che deve attraversare. Questo ritardo pertanto, non impedisce che la batteria si carichi al medesimo grado di tensione; soltanto che occorre per questo più tempo: se i dischi di carta sono quasi disseccati, tanto che non si abbia più dalla pila una commozione sensibile, occorrerà, per caricare la batteria al medesimo grado della pila, uno o più secondi; mentre, se questi cartoni sono ben inzuppati basterà 1/4, o 1/8, di secondo anche per una batteria di 50. 60. 100. piedi quadrati; e 1/20 di secondo o meno ancora, se, invece d'acqua semplice, essi saranno intrisi di un buon liquido salino.
Concludiamo che la rapidità della corrente elettrica e di conseguenza la forza della commozione che si avverte, è in ragione composta della tensione elettrica e della libertà o facilità di passaggio in tutte le parti della catena o circuito. Ora, la tensione elettrica corrisponde esattamente, come le nostre esperienze elettrometriche dimostrano, al numero di coppie metalliche, disposte nell'ordine conveniente, di cui è composta la pila, in ragione di 1/60 circa di grado del mio elettrometro a paglie, per ciascuna coppia, se esse sono di rame e zinco. La facilità di passaggio del fluido elettrico dipende dalla permeabilità o facoltà conduttrice dei dischi umidi di cartone, di panno e simili, interposti tra queste coppie metalliche. Così, supposto che la pila sia formata da 120. coppie, darà sempre al mio elettrometro 2. gradi e caricherà similmente a 2. gradi una bottiglia di Leida e una batteria di qualsiasi grandezza, sia che i dischi siano solamente un poco umidi o che siano ben inzuppati, piccoli o grandi, imbevuti d'acqua pura o di un liquido salino, ecc. Non occorrerà che un po' più di tempo, quando siano umettati d'acqua pura e nella misura in cui saranno più piccoli o meno umidi, per il ritardo subito dalla corrente elettrica a causa di questi ostacoli. Ebbene, questo ritardo, questa diminuzione di rapidità della corrente, farà sì che la commozione data dalla pila sia altrettanto meno forte, e quasi impercettibile o nulla. Serviamoci dell'esempio di questa stessa pila di 120. coppie: i cartoni interposti sono piccoli di 1 pollice circa e poco umidi? Non se ne potrà ottenere commozione sensibile; tuttavia, essa farà indicare l'elettrometro 2. gradi, e in qualche secondo caricherà a 2. gradi una batteria, che, con questa carica, darà una buona commozione. Inumidendoli sufficientemente d'acqua: ancora la medesima tensione elettrica di 2. gradi, ma la commozione non mancherà, per quanto debole, ed essa comincia pure a farsi sentire alla 20..ma coppia. Si sostituiscano ai piccoli dischi di cartone di 1. pollice circa di diametro altri di 8. o 10. pollici ben umettati d'acqua pura (e perciò si prendano anche delle ampie lamine metalliche), la commozione sarà considerevolmente più forte e sensibile già alla 6.a o 7.a coppia: tuttavia la tensione elettrica non sarà aumentata; solamente la larghezza dei dischi bagnati facilita il passaggio del fluido elettrico. Si riprendano le piccole placche e i piccoli dischi di cartone e li s'imbevano di una soluzione salina, specialmente di muriato d'ammonio, un conduttore molto meno imperfetto dell'acqua pura: si avrà una commozione incomparabilmente più forte e quasi insopportabile, sebbene la tensione elettrica sia ancora di 2. gradi, e si comincerà ad avere una commozione appena percettibile alla 3.a o anche alla 2.a coppia. Infine, si inzuppino di questa medesima soluzione salina i dischi grandi, e li si interponga alle grandi coppie metalliche: non si guadagnerà nulla in tensione elettrica, che sarà ancora di 2. gradi per 120. di queste coppie, ma si guadagnerà molto per la rapidità della corrente, che troverà la più grande facilità di passaggio attraverso questi larghi strati conduttori e assai buoni conduttori. Da qui i prodigiosi effetti ottenuti dalla scintillazione e fusione di fili e foglie metalliche assoggettati a questa corrente mossa anche da un piccolo numero di questi pezzi, ed ancora più sbalorditivi di quelli da voi ottenuti con un apparecchio di 200. coppie.
Ma perchè la commozione, che ha guadagnato finora in forza sia per la migliore umettazione d'acqua, sia per una maggiore estensione del disco imbevuto da quest'acqua, e soprattutto per la sostituzione all'acqua di un buon liquido salino, non guadagna più nulla o quasi nulla per la grande larghezza data ai dischi imbibiti di questo medesimo liquido? Mentre la rapidità della corrente elettrica aumenta per questo sino a produrre le fusioni che si sono viste. Su questa difficoltà vi ho risposto nella mia lettera da Ginevra, e rispondo più ampiamente nella continuazione della memoria che ho letta all'Istituto di Parigi, di cui la 1.a parte solamente è stata pubblicata negli Annales de Chimie, e il resto non tarderà ad apparire. Basterà dunque ricordarvi, che quando si vuole saggiare la commozione, il corpo dell'uomo, che allora fa parte del circuito, essendo esso un cattivo conduttore e tanto più cattivo quanto più esteso in lunghezza e le sue braccia non siano tanto larghe, e di gran lunga meno permeabile al fluido elettrico dei dischi della pila inzuppati d'acqua salata, il corpo dell'uomo, dico, rallenta molto la corrente elettrica, che in tal caso non è più capace di fondere i fili metallici, che quest'uomo, comunicando con una mano ad un'estremità della pila, presentasse con l'altra all'estremità opposta. La commozione acquista, secondo me, in forza, a misura che il passaggio del fluido elettrico attraverso i dischi umidi della pila si trova meno impedito, finchè non lo sia più che nel corpo dell'uomo, che deve attraversare. Giunto al termine che l'ostacolo più grande si trovi in questo corpo, di modo che è questo che limita la rapidità della corrente, non la si aumenta più allargando ulteriormente le vie in altre parti del circuito, e precisamente quelle dei dischi umidi. Ecco perchè è inutile, per quanto riguarda la commozione, aumentare la larghezza oltre 1. o 2. pollici, dei dischi inzuppati di un buon liquido salino, e ciò è molto vantaggioso per fondere i fili metallici, quando non c'è nè il corpo dell'uomo, nè alcun altro cattivo conduttore che rallentino la corrente elettrica. Vedo dalla vostra lettera di 9bre che anche voi eravate entrato in questa spiegazione, ma non l'avevate ancora compenetrata abbastanza per sciogliere ogni difficoltà. Io vi sono ritornato in un'altra memoria che è stata inserita nella Bibliothèque Britannique, che si pubblica a Ginevra, ma forse non mi sono ancora spiegato bene. A me sembra di comprendere bene la cosa: come pure l'altra, che costituisce un punto essenziale, cioè che i liquidi salini non sono preferibili all'acqua semplice se non per il fatto che stabiliscono, sia per la loro natura più conduttrice sia per la loro forte adesione ai metalli, una comunicazione molto migliore; senza considerare la loro azione motrice propria, che è ben poca cosa e può essere favorevole o sfavorevole secondo che essa è cospirante o opposta all'azione ben più marcata che col loro contatto mutuo eccitano i due metalli.
Siccome la batteria si carica assai da vicino allo stesso grado in cui si trovano i dischi imbevuti d'acqua salata, o d'acqua pura, e sempre in un tempo brevissimo, quantunque meno prontamente in quest'ultimo caso, è bene servirsi a questo scopo di pile con dischi inzuppati d'acqua semplice, la quale, attaccando molto meno i metalli, fa che l'apparecchio duri a lungo in buono stato, senza bisogno di smontarlo, essendo sufficiente l'immergerlo tutto intero nell'acqua quando i dischi sono troppo secchi, lasciandovelo un tempo conveniente ed asciugandolo adeguatamente all'esterno dopo averlo ritirato. Ci si può ancora evitare quest'ultima pena, immergendolo nell'acqua ben calda e togliendolo allorchè il calore di quest'acqua è tale che la mano ne possa appena sopportare il contatto: allora la pila fumante si dissecca da sè stessa all'esterno quanto basta, mentre i dischi di cartone o di panno conservano abbastanza acqua.
Vi scrivevo di provare a bruciare e fondere il filo di ferro ecc. con le scariche della batteria caricata dalla pila. Spero che l'abbiate fatto con successo. Io sono riuscito a fare scintillare la punta aguzza d'un filo di ferro molto sottile con la mia batteria di 10. piedi quadrati, caricata con un contatto brevissimo con una pila di 20. coppie solamente, o anche con una più piccola. Questi effetti, cioè la combustione e la fusione del metallo, aumentano a misura che carico a un più alto grado la batteria sia con pile di un maggior numero di coppie, sia altrimenti (per esempio, con la scintilla d'un elettroforo o con una macchina elettrica ordinaria); ma la vera scintilla elettrica confondendosi con quelle provenienti dalla de-flagrazione del metallo rende l'esperienza più o meno equivoca. Vorrei poter saggiare con grandi batterie, che caricherei con pile da 20. 40. 60. 100. coppie, ma queste grandi batterie costruite appositamente con l'esattezza e l'attenzione necessarie per questi tipi d'esperienze, io non me le sono potute procurare finora. Provvedete, dunque, voi, Signore, anche per queste esperienze in grande, che io non sono in grado d'eseguire.
Ce ne sono ancora delle altre, che vi proporrei. Una, importante, è dì tentare d'ottenere lo stesso sviluppo di gas idrogeno, e l'ossidazione rispettiva dei due fili metallici immersi nell'acqua ecc., che si produce per l'azione continua della pila, di ottenerlo, dico, con parecchie scariche reiterate e ravvicinate il più possibile di una grandissima batteria caricata a riprese dalla corrente di una buona pila. Si possono agevolmente disporre le cose in modo che tali cariche e scariche alternative si succedano con l'intervallo di mezzo secondo o meno ancora.
Ma mi piacerebbe ancora di più se voi riusciste nell'altro modo che vi ho già proposto, cioè con la corrente elettrica continua della vostra grande macchina, la qual corrente copiosa forse come quella d'una buona pila (voi la credete ancora più abbondante, ma io ne dubito molto), costretta da una disposizione conveniente a passare da un filo metallico attraverso l'acqua in un altro che comunicasse liberamente col suolo umido, o meglio con le spazzole della macchina in azione, dovrebbe fare apparire all'uno e all'altro di questi fili la medesima quantità all'incirca di gas idrogeno intorno a un filo, e d'ossigeno o ossido attorno all'altro, come con la pila. Sì, la stessa quantità e nella stessa maniera e con lo stesso aspetto, se veramente la vostra grande e prodigiosa macchina elettrica è capace di fornire e far passare entro conduttori senza fine tanto fluido elettrico in ogni istante o in un dato tempo, quanto ne fornisce e fa passare la pila. Sarà dunque il successo a decidere quale ne fornisca e versi di più. Per le altre macchine che non sono così grandi ed eccellenti come la vostra, è già stabilito che forniscono molto meno d'una pila anche piccola. E così non è sorprendente che si sia avuta molta pena ad ottenere con esse che si sviluppasse qualche piccola bolla d'aria dalla punta estremamente sottile d'un filo d'oro ecc., mentre con una pila di 10. coppie solamente si ottiene che fili non così sottili e più lunghi di 1. pollice, si ricoprano in tutta la loro superficie di un gran numero di bolle, ecc. In verità la quantità di fluido elettrico versato ad ogni istante da una pila, che non ha neppure la tensione di 1. grado del mio elettrometro a paglie sottili, che non ha per esempio che quella di 1/2 grado, non essendo formata che da 30. coppie, è prodigiosa: essa carica a questo medesimo grado una batteria di più di 100. piedi quadrati, in meno di 1/10 o di 1/20 di secondo, tanto che questa potrebbe essere caricata da 100. scintille di un mediocre elettroforo o da 5. o 10. giri di una passabile macchina elettrica, che impegnerebbero 15. o 20. secondi.
Finisco questa lettera scritta in fretta, proponendovi un espediente comodo nella costruzione delle pile, sia con grandi che con piccole placche. Per queste ultime è bene saldare la placca di zinco a quella di rame, o stagnare solamente il rame su una faccia con una stagnatura di stagno e zinco in dosi quasi eguali. Per le grandi placche niente di meglio di una simile stagnatura assai spessa, rialzando un po' i bordi delle placche in modo che non scoli acqua spremuta dai grandi cartoni inzuppati.
Di grazia scrivetemi, informandomi di tutto ciò che avete fatto dopo la vostra lettera del 9.bre e di ciò che si è fatto di più notevole qui e all'estero. Da molto tempo non ho più notizie e non ho ricevuto giornali.
Con i sentimenti che vi ho dedicati da molti anni, Signore e mio caro collega, sono

Vostro obbedientissimo Servre ed affezionato amico
Alessandro Volta.

*Originale in francese, tradotto da A. Chierico.