OPERE SCELTE

LETTERA AL REVERENDO PADRE BARLETTI
PROFESSORE A PAVIA

Como li 18 aprile 1777

C.A.

Vi ringrazio delle osservazioni vostre sull'opera mia spiegatemi nella lunga lettera de' 2 corrente. Non vi dispiaccia ch'io le ricorra; che infine vi farò parte d'alcune nuove sperienze, che vi diletteranno.
Vi pare che io estenda troppo il dominio dell'aria infiammabile. Certo s'io pretendessi stabilire come verità e fatti le grandiose idee dei tremuoti, delle Aurore Boreali, ecc., che ho accennato all'entrar della lettera 5a, mi si potrebbe dire ch'io mi pasco sol di sistemi immaginarj, e abuso delle ipotesi; ma io ho avuto troppa cura d'avvertire, che quelle eran mere idee fantastiche, suggeritemi più dall'estro che dall'osservazione al lume di qualche analogia e lontana probabìlità: l'aria che ho dato a quelle idee, mostra ciò ch’io ne pensassi nell'avventurarle. Quello però che ho di proposito sostenuto, e che sostengo, or piucchè mai è l'infiammabilità tutta e unicamente propria dell'aria infiammabile: e questo pure non sembra andarvi a garbo. Ho detto e dico infiammabilità, perchè egli è un farmi passare troppo in là, attribuendomi che ogni combustione nella mia sentenza proceda dall'aria infiammabile. Mi pare per altro essermi spiegato abbastanza chiaro su questo punto, distinguendo l'infiammazione dalla semplice combustione. Questa ho detto essere una sforzosa scomposizione del flogisto dalla sua base, e continuo trascorrimento di esso nell'aria comune; e ho soggiunto (pag. 110) che ciò solo non fa la fiamma, ma è un semplice abbrugiamento, come accade nel carbone. La fiamma adunque è quel dippiù che risulta dallo svolgersi tra l'ardore, e l'avvampare di quella sostanza aerea, che diciamo aria infiammabile, e si estrae da qualunque corpo sia capace d'arder con fiamma. Vi convien leggere di nuovo quelle righe della pag. cit., oppure l'estratto, che della mia operetta si è inserito nel Vol. degli Opusc. di questo mese. Ivi pag. 48. trovo ben presentate le mio idee sullo svolgersi del flogisto in poche righe, che qui trascrivo. “Sicchè quattro modi dobbiam distinguere, con cui il flogisto si muove da un corpo all'altro. 1° per una semplice blanda emanazione, onde vien tramandato es. gr. dal fegato di solfo. 2° per una vera e forzosa decomposizione, e trapasso da uno in altro corpo fisso; es. gr. dal flusso nero alla calce metallica che si revivifica. 3° per una simile violenta decomposizione da un corpo fisso, seguita però da continuo trascorrimento d'esso flogisto, sciolto nell'aria ambiente: ciò che accade in un carbone che arde. 4° finalmente per una viva decomposizione e trascorrimento di flogisto da un corpo aereo in un altro, ossia dall'aria infiammabile alla comune ambiente: che è poi il fenomeno dell'avvampar di quell'aria, il fenomeno della fiamma”.
Or credo bene che, le cose spiegate di questa maniera, avrete meno obbjezioni da farmi, quantunque vegga che la mia teoria, la quale così per l'infiammazione come per la sola combustione suppone un trascorrimonto del flogisto fuori del corpo che arde, convenir non possa colla vostra che m'accennate, la qual vuol che si dia un'accensione proveniente da vero assorbimento di luce. Io vedrò volentieri la memoria che mi dite già preparata. Una parola intanto: questo assorbimento di luce avrebbe mai luogo, secondo voi, nei fosfori? Io non l'ammetto; e tengo che la luce de’ fosfori provenga in loro da una verace ma lenta combustione. Ho toccata leggermente la cosa nell'operetta; ora sto estendendola un po' meglio in una lettera all'ab. Rozier.
Venendo al fenomeno particolare della fiamma, che è il solo che io cerco e trovo nell'aria infiammabile, se mai voleste disputare a questa cotal virtù in grado senza pari, e qui fondaste le vostro obbjezioni, già io a quest'ora l'ho vinta. Cosa venite a parlarmi di nafte, di olj eterei infiammabili per eccellenza, e non restj neppure a piccole scintille di catena? A questi giorni ho trovato la maniera di infiammare la mia aria paludosa diluta in dodici volte tanto d'aria comune (vedete ridondanza di virtù) con la più piccola scintilletta elettrica, che salta fra due capi di fil di ferro distanti una mezza linea: quest'aria non mi manca mai d'infiammarsi alla prima di tali scintilluzze. Io non dubito d'ottenere il medesimo effetto alla prima e più tenue favilla della pietra focaja, quando potrò adattare l’ingegno che a tale effetto è necessario. Più sotto vi descriverò queste sperienze. Intanto vi domando qual è quell'etere che voi infiammerete così per poco?
La mia teoria elettrico-aereo-infiammabile, vi dirò schietto, che da una parte come più ci medito, e fo progressi nelle sperienze, mi compare vieppiù plausibile, dall'altra parte, come mi vengono a notizia diversi fatti di accensioni spontanee dell'aria de' sepolcri, delle cisterne ec., concepisco de' forti dubbj dell'insufficienza della spiegazione da me proposta. Ove prendere le stelle cadenti? Ricorro è vero per alcuni casi a qualche favilla scossa dalla pietra pe' colpi di martello, od altro nell'alzarla; una di queste scintille non posso più dubitare, che sia capace di far levar fiamma al volume d'aria infiammabile mista colla comune, ma alcuni accidenti, se veri sono, e se vere son le narrate circostanze, escludono anche questa supposizione della scintilla spiccata dai sassi. Del resto riguardo ai fuochi fatui, e massime ai cosi detti ambulones incendiarii, che s'accendono a Cielo aperto, non veggo perchè una qualche stella cadente non ne possa, talvolta almeno, essere la suscitatrice. Checchè ne sia delle due osservate dal P.re Beccaria; comechè non siano forse, com'egli presume, ed io fui pure inchinato a credere, scintille elettriche, sono però scintille e fuoco, e tanto basta perchè possano appiccar fiamma alla nostr'aria. Che poi siffatte stelle cadenti striscino talora fin presso al suolo, molti ne sono testimonii, e Musschenbroek dice esser cosa esploratissima; ed io posso pur dire d'averne una singolarmente osservata assai grossa, che calò abbasso fin quasi sulla riva d'un largo fosso: non ho però veduto scintillare nè l'erba, nè i rigagnoli, che pur ivi erano. Ho letto ancor io, sebbene con troppa fretta, l'opera dell'Ab. Fontana sull'aria nitrosa. Poco vi ho trovato di nuovo, fuor quello che punto non mi par verisimile, molto meno dimostrato. Parlo aperto, a fronte anche delle lodi entusiastiche, che mi dite aver riportato in Francia singolarmente. Non mi fa specie di quel paese emulo dell'Inghilterra. Vorrebbero appunto quei Mrs. (i quali a dirla non sanno che imporre pomposamente, con rami, descrizioni, apparecchi dì sperienze, effetti, applicazioni, ecc., e infine ci rimpastan cose vecchie, e note, e trite colla giunta d'una vernice, d'un brunito), vorrebbero, dissi, per invidia delle belle scoperte di Cavendish, Macbride, ecc., e sopratutto dell'incomparabile nostro Priestley, contrastarlo, sopprimerlo, o almeno offuscarlo; come già si argomentarono per tanto tempo e con tanta ostinazione di abbattere il Newtonianismo, e di poi screditare l'inoculazion del vajuolo e i conduttori del fulmine. Io credo dunque che innalzin Fontana per opporre un contr'altare a Priestley. Immaginatevi! Non parlerò del primo volume di questo valorosissimo Inglese; ma dirò del secondo, che v'hanno più di cento pagine, ciascuna delle quali vale tutto il libro dell'Ab. Fontana. Finalmente ove quest'ultimo mena rumore si è nell'analisi dell'aria nitrosa. Ci dimostra che nell'effervescenza coll'aria comune l'aria nitrosa fatta dall'acido proprio del nitro e di flogisto, si decompone e con ciò perde l'abito aereo, precipitandosi, e figurandosi di bel nuovo in goccie l'acido, e passando il flogisto all'aria comune, la quale perciò rimane flogisticata. La diminuzione pertanto doversi attribuire in massima parte all'aria nitrosa, il cui volume ricadendo in goccie, sparisce si può dir per intiero. Farò giustizia all'autore, che ha tutto questo con chiare e decisive sperienze provato; ma questa teoria non posso dirla sua: ella è tutta di Priestley; come vuò farvi vedere riportando per esteso i suoi passi. Nella seconda parte del suo primo volume, sez. 3. Osservazioni sull'aria nitrosa, pag. 208. ediz. inglese, così dice: “Considerando questo sperimento” (l'esperimento è tale: introducendo l'aria nitrosa nella comune pregna di sal volatile alcalino, al momento che nasce l'effervescenza, e si diminuisce il volume delle due arie, formasi una bellissima nuvola bianca, che cade come in fiocchi di fina neve) “io tosto concepj (sic), che tale curiosa apparenza doveva esser occasionata dalla mistura dell'aria nitrosa colla comune; e conseguentemente che le nuvole bianche dovevan essere un nitro ammoniacale formato dell'acido dell'aria nitrosa messo in libertà nella decomposizione di essa aria operata dall'aria comune; intantochè il flogisto, il quale deve essere un'altra parte costituente dell'aria nitrosa, passando ad impregnare l'aria comune, causa la diminuzione, che anche questa soffre in tal processo. non altrimenti ch'esso flogisto è la cagione di somigliante diminuzione dell'aria comune in molti e varj altri processi”. E poco dopo: “Questa, io punto non dubito, è la vera teoria della diminuzione dell'aria comune mercè dell'aria nitrosa: il rosso dell'apparenza altro più non essendo che l'ordinario colore dei fumi dello spirito di nitro, il quale è ora liberato dal soprabbondante flogisto, col quale era combinato nell'aria nitrosa, ed è perciò pronto a formare un'altra unione con checchè incontri che ne sia suscettibile. Coll'alcali volatile egli forma un nitro ammoniacale; egli s'imbeve dall'acqua egualmento che un'altro acido n'è imbevuto; e giugne fino a corrodere l'argento vivo, ecc.”. Che ne dite ora? Non è qui tutta la teoria, di cui si fa bello l'Ab. Fontana? La decomposizione dell'aria nitrosa in acido, che ricade in goccie di spirito di nitro, ossia acqua forte, oppur si combina con un alcali che incontri, o che corrode il metallo che tocca; e in flogisto, il qual passa a impregnare l'aria comune, e conseguentemente a diminuirne il volume, come e quanto fa qualsivoglia altro processo flogisticante, non ci viene spiegata da Priestley? Pretenderà forse l'Ab. Fontana di aver corretto lo sbaglio del Dr. Inglese, il quale avea attribuito la massima parte del consumo all'aria comune; quando egli è incontrastabile che tocca anzi all'aria nitrosa. Ma riflettete che Priestley fu tratto in errore sol nelle prime sperienze pubblicate nella 1a parte del 1° volume. Quì nella seconda parte è chiaro, che dovea aver mutata opinione, come è chiaro, che tutto il volume dell'aria nitrosa col precipitarsi l'acido e figu-rarsi in goccie o in sali, e passare il flogisto allo stendardo dell'aria comune (che è la sua nuova teoria) rimane svanito. Dopo la scoperta poi che il medesimo ha fatto dell'aria deflogisticata, e le prove per cui ha veduto da una misura di cotest'aria venir divorate più di due misure d'aria nitrosa, e ridursi tutt'insieme il volume a meno della prima misura, la cosa parlava troppo per sè, perchè potesse dubitare ancora a quale delle due arie tocchi massi-mamente la perdita di volume. Certo l'aria deflogisticata del volume come 1, non può soffrir diminuzione come 2. Per finirla adunque intorno a quest'aria nitrosa vi so dire che nulla ho imparato da Fontana, che non sapessi da Priestley direttamente, o con giuste deduzioni ricavato dalla sua teoria. Resta l'altro capo dell'opera di Fontana cotanto da' Francesi. encomiata, cioè quel che riguarda l'aria deflogisticata. E qui accordandogli che la sua teoria è diversa da quella di Priestley, gliel'abbandono volentieri, aspettando ch’egli medesimo l'abbandoni un giorno, costretto dai fatti decisivi, che contro la sua pretesa si vanno ogni giorno moltiplicando. Egli vuole che l'aria deflogisticata sia fatta del solo e semplice acido nitroso; cioè che non c’entri per ingrediente la terra, secondo che Priestley si argomenta di provare. Adunque la terra del minio, dei fiori di zinco, del precipitato rosso, della creta, del flint, delle ceneri ecc., le quali materie somministrano tutte, ove saturate siano d'acido nitroso, aria deflogisticata, la terra dissi non si converte in alcuna forma, nè diventa parte costituente dell'aria deflogisticata. Così vuole Fontana. A che dunque serve questa base terrea, se il solo acido del nitro si converte in aria? Serve, dice l'autore, ad imbevere il flogisto dell'acido nitroso, a spogliarnelo, sicchè si presenta in forma e in qualità d'aria defiogisticata. Ma Priestley ha pur mostrato, che la terra del minio ec. diminuisce a misura che si genera l'aria deflogisticata, e tanto che ripetendo il processo finalmente si fa scomparire tutta la terra. Singolarmente il nitro calcare, che è l'acido saturato, di terra calcare, sottoposto in un vaso pieno di mercurio al foco d'una lente ustoria, si converte tutto in aria deflogisticata, senza residuo affatto. Dov'è andata dunque la terra, se non entra per ingrediente nell'aria, generata? Convien osservare poi, che come la teoria di Priestley ci apre un campo di analogie e di viste luminose sulla formazione del salnitro ec.; così quella dell'Ab. Fontana va direttamente contro ogni analogia, e contro le più sicure teorie chimiche. Se nel formarsi l'aria deflogisticata es. gr. dal minio l'acido del nitro col convertirsi esso solo in aria lasciasse addietro deposto nel minio il suo flogisto, il minio dovrebbe revivificarsi in piombo, come fa immancabilmente ogni volta che una bricciola di carbone od altro gli somministra del flogisto; e tanto più dovrebbe revivificarsi il minio ripetendo varie volte il processo di bagnarlo di spirito di nitro, e distillarlo per produrne novella aria; la quale (per dirlo un'altra volta) non finisce mai di generarsi finchè rimane dì quel minio alcuna porzione. Per ultimo l'argomento d'analogia che è per me di gran peso, è questo. Gli acidi hanno una grande affinità coll'acqua; il fiogisto poca o nissuna. Le arie (per venir più dappresso) meramente acide, l'aria acida del sal marino, l'aria acida vitriolica, l'aria acida vegetabile, l'aria fissa (detta acido mofetico assai acconciamente da Bewly, il quale ha dimostrato esser essa un altro acido sui generis), queste arie, dissi, meramente acide sono miscibilissime coll'acqua: dell'aria fissa il sapete come un gran volume si assorbe dall'acqua; ma l'aria acida marina, appena ha tocca una piccola quantità d'acqua, che vi si precipita, e sparisce. Ora quando l'aria fissa venga a contrar unione col flogisto, perde la sua miscibilità coll'acqua; e l'aria acida marina attaccando qualunque corpo ricco di flogisto e appropriandoselo, si tramuta tosto in infiammabile, e più è diventata pur essa immiscibile. Vedete dunque che il flogisto toglie alle arie acide la miscibilità, e fa loro mutar natura. Or. se l'aria deflogisticata fosse formata del puro acido del nitro, non sarebbe essa pure un'aria acida estremamente miscibile all'acqua, come l'aria acida marina, e l'acida vitriolica? Eppur non si sente acida, eppur non è miscibile. Se poi anche l'acido nitroso nel convertirsi in aria si è spogliato del proprio flogisto, tanto più dovrebbe in tale stato essere miscibile. Finalmente Priestley è giunto a fare l'aria acida dal puro spirito di nitro, e l'ha trovata estremamente corrosiva, e precipitosamente miscibile all'acqua, non altrimenti che l'aria acida marina. Vorrà dunque dire l'Ab. Fontana che collo spogliarsi del flogisto svesta in un coll'acidità la miscibilità? Se questo non è andar contro tutte le analogie e rovesciare le più sicure teorie chimiche, qual cosa lo sarà? Qui finisce la mia critica al capo d'opera, di cui voi assieme dei francesi parlate con entusiasmo. Quello ch'io pure ne ho già detto in lode, volentieri lo ripeto: vi sono delle sperienze ben fatte; e ve ne sono, come voi pure notate, delle dispendiose.
Torniamo alle nostre cose; alla nostr'aria infiammabile. Se non vi piace la mia teoria elettrico-aerea-infiammabile, mi prometto che vi piaceranno le sperienze elettrico-aereo-infiammabili, che ho fatto in questi giorni. Ami o non ami la natura di far agire di concerto queste due gran potenze, mi son preso io diletto di collegarle per arte; e i prodigi, e i strepitosi effetti che ne son nati hanno almeno ai miei occhi rappresentato, se non imitato alcuni de' più grandi e spaventosi fenomeni della gran Madre. Non avendo ozio di farvi la descrizione particolare delle mie sperienze, vi darò un solo saggio di questi prodigi inaspettati.
La fig. 1a è un fiasco di vetro. A la pancia della capacità d'un caraffino da tavola. B il collo o canna, entro cui caricata la palla, si trattiene con un turacciolo sopra di stoppa in b, ove si ristringe la gola. Verso il fondo della pancia vi hanno due altre bocche laterali a a turate fortemente con due pezzi di sovero sopra masticati, attraverso ai quali turaccioli passan due fili d'ottone, che s'incontrano colle punte non troppo acute, alla distanza d'una linea più o meno in c. L'estremità esterna d'uno di questi fili è armata d'una palla d'ottone d, quella dell'altro tocca ossia comunica con un grosso filo o lastra dello stesso metallo d d, che si ripiega sotto il fondo a uncino: questa lastra o grosso filo non è necessario; ma serve per far la comunicazione colla mano che impugna la boccia, o con una lastra metallica su cui si lascia riposare, o con un conduttore a cui si sospende per l'uncino d ec. Questo istrumento si può chiamare con un bel nome grande e imponente pistola elettrico-aereo-infiammabile. A giustificar i titoli di tal nome eccone le prove e gli effetti. Riempito un quarto o un terzo della capacità A d'aria in-fiammabile metallica e il resto d'aria comune; di poi caricata la palla come nella fig. si vede, basta dare una scintilla elettrica alla palla d, che immantinente siegue lo scoppio punto e poco inferiore allo sbaro d'un'ordinaria pistola; e la palla di piombo è cacciata con furia alla competente distanza. Ciò che vi farà meraviglia, e che rende questa pistola infinitamente curiosa e comoda, è che ogni piccola scintilla elettrica in qualunque modo data, tanto cioè che basti a spiccare il salto dall'una punta all'altra dei due fili in c, non manca mai di far nascer l'esplosione. La scintilletta d'un piccolo elettroforo da tasca, come vedete in d, mi basta a far il tiro. Può bastare anche meno, essendochè le punte possono tanto approssimarsi in c, che non distino più della grossezza d'un capello. Adunque un grosso bastone di cera-spagna bene stropicciato vi farà giuoco. Che ne dite amico? Dubitate ancora che la mia aria infiammabile possegga questa virtù in grado senza pari? Quale mai degli olj eterei si accenderebbe per una scintilletta elettrica sì esile, e quasi insensibile?
Che ne dite dei sforzi e grandi apparati di batterie con cui i fisici si applaudivano di riuscire ad infiammare colla scintilla elettrica la polvere da cannone? lo non ho bisogno di tanto: interponendo l'aria infiammabile darò fuoco ad una bomba collo scudetto del mio elettroforo da tasca, o con un bastone di ceralacca: la scintilletta elettrica appiccherà la fiamma all'aria, e questa alla polvere.
Non è possibile dirvi quante sperienze curiosissime io abbia già fatte, e quante più far si possano con questa pistola per mezzo della scintilla elettrica. Figuratevi qual fu lo stordimento di molti spettatori, in presenza de' quali diedi fuoco alla pistola colla punta del mio dito (essendo io elettrizzato sullo sgabello), coll'acqua, ec. Feci pure che essi l'accendessero col loro dito stando sul suolo ec. Ma ciò che soprattutto li fece trasecolare si fu l'eccitar lo sbaro della pistola in distanza dalla macchina che si facea giocare. Con una boccia di Leyden, disponendo due fili di ferro lungo il muro od il pavimento ec. (tocchino pure il muro o il pavimento) non si giugne a dar la scossa in qualunque distanza, a chi tocca que' due fili di modo che il corpo stabilisca comunicazione dall'uno all'altro? Ebbene: disposta la pistola a qualunque distanza, cosicchè i due fili d'ottone siano sulla strada che corre il fuoco elettrico, la scintilla saltando in d cagiona lo sbaro. Io standomi al terzo piano d'una casa ho fatto per tal ingegno il tiro della mia pistola accomodata sul limitare della porta di strada. I due fili di ferro conduttori abbandonati sul suolo giravano tutti i ripiani e discese delle scale fino alla porta.
Quante belle idee di sperienze sorprendenti mi van ribollendo in testa eseguibili con questo stratagemma di mandare la scintilla elettrica a far lo sbaro della pistola a qualsivoglia distanza, e in qualsivoglia direzione e positura? In vece del colombino, che va ad appiccar l'incendio alle macchine di fuochi artificiali, io vi manderò da qualunque sito anche non diretto la scintilla elettrica, che col mezzo della pistola aggiustata al sito della pianta artificiata, vi metterà fuoco. Sentite. Io non so a quanti migli un fil di ferro tirato sul suolo dei campi e delle strade, che infine si ripiegasse indietro, o incontrasse un canal d'acqua di ritorno, condurrebbe giusta il sentier segnato la scintilla commovente. Ma preveggo, che in un lunghissimo viaggio, de' tratti di terra molto bagnata, o delle acque scorrenti, stabilirebbero troppo presto una comunicazione, e quivi devierebbe il corso del fuoco elettrico spiccato dall'uncino della caraffa per ricondursi al fondo. Ma se il fil di ferro fosse sostenuto alto da terra da pali di legno qua e là piantati es. gr. da Como fino a Milano; e quivi interrotto solamente dalla mia pistola, continuasse e venisse in fine a pescare nel canale del naviglio, continuo col mio lago di Como; non credo impossibile di far lo sbaro della pistola a Milano con una boccia di Leyden da me scaricata in Como. Rappresentatevi l'esperienza in questa maniera: abcd è il filo di ferro sostenuto dai pali, che lo conducono da A spiaggia del lago di Como fino a B spiaggia del naviglio a Milano, quivi attaccato alla palla d della pistola, non trova il conduttore che il piccolissimo intervallo c superabile dalla scintilla elettrica per continuarsi coll'altro fil di ferro cf, il quale viene a pescare nel canale C continuo col lago DD; quivi (cioè a Como) parte da un sito del lago il fil di ferro gh terminato in palla, e che viene solo a qualche pollice di distanza incontro alla palla del lunghissimo filo abc, acciò la boccia di Leyden possa col toccare una palla col fondo, e l'altra coll'uncino determinare la scarica a scorrere la strada abcdefCDDh, che è la strada dei conduttori, cui siegue ognora a preferenza di qualunque altro l'elettricità commovente.
Ma lasciamo da parte questi tentativi impossibili. Ve ne sarebbero di possibili di simile natura; ma troppo dispendiosi. L'artificio di far esplodere l'aria infiammabile rinchiusa in distanza giova assai per molte sperienze, in cui non si saprebbe abbastanza cautelarsi, se non si fosse affatto al coperto. Voglio io fare uno scoppio orribilissimo? Riempio dell'aria tonante (chiamo così l'aria infiammabile metallica mista non colla comune, ma colla deflogisticata) un gran vaso di vetro, di ferro, o di qualunque materia fig. 2, lo turo fortemente con turacciolo di sughero lutato, legato con pergamena ec. trapasso questo turacciolo con due fili di ferro, quali avanzo tanto, che vengano le punte ad incontrarsi assai vicino entro il vaso: attacco i due fili di ferro ab un per uno a quelli ficcati nel turacciolo, e li conduco sul pavimento uno discosto dall'altro dietro un muro o in un'altra stanza, onde sia al coperto la mia persona; e quivi colla caraffa appoggiata al capo d'uno, e che tocca coll'uncino il capo dell'altro cagiono il grande sbaro. Finora non ho fatto la prova che con un pistone di vetro grosso della tenuta d'una mezza pinta: il colpo è stato come quello d'un cannone (ma l'esperimento fu fatto in luogo chiuso), e infranto in cento pezzi il vaso ne andarono scagliati alcuni a più di quaranta passi, e percossero, e scrostarono i muri.
Non vi dirò più nulla degli effetti strepitosi, che tosto divulgata la mia scoperta, si sapranno e ideare e ottenere dagli altri, e si moltiplicheranno in un colle combinazioni pressochè infinite delle sperienze. Vi farò osservare in vece, come la mia pistola ha molti altri usi, e può servire a darci molti ulteriori lumi sulla infiammazione delle arie ecc. In prima ella può valere di provino a misurare esattamente la forza d'esplosione di diverse fatte e miscele d'aria infiammabile. A ciò non altro richiedesi, che adattare un cuscinetto alla bocca con una coda, che incontri con una ruota a denti serpentini e premuta da una molla: il numero de' denti che verrà cacciata la rota dal cuscino che dà addietro, farà vedere la forza ne' diversi sperimenti. Avrete veduto un simil gioco ne' provini usitati per la polvere da fuoco. Con questa pistola io misuro il consumo d'aria che siegue nell'infiammarsi il miscuglio d'aria infiammabile e comune: e ciò in questa maniera: tiro il colpo tuffata nell'acqua la bocca della pistola, e osservo dopo quant'acqua entra su nella canna. Mi direte se nell'atto dell'esplosione non si espelle fuori dell'aria: sì, e si fa passaggio gorgogliando per l'acqua, ma tutta quest'aria espulsa si può raccogliere sotto a un imbuto in un altro fiasco pieno d'acqua rimboccato nell'acqua; e così far il computo vero del consumo. In poche sperienze che ho fatto, trovo esser questo alcun poco maggiore del terzo o quarto del totale, secondochè una terza o una quarta parte è l'aria infiammabile mista alla comune. L'aria infiammabile si decompone adunque nell'ardere. Io dico che l'acido si precipita e figura in goccie, ove altro non vi sia per combinarsi; e il flogisto passa ad impregnare l'aria comune; la quale infatti si trova flogisticata spegnendo il lume ec. Il precipitarsi dell'acido dovrebbe volgere in rosso la tintura di turnasole rinchiusa nella pistola: non l'ho ancor provato; ma oso predirlo; e riuscendo rimarrà all'ultima evidenza provato che le parti costituenti dell'aria non sono poi altro che acido volatile e flogisto formanti una specie di solfo aereo, come ho avanzato nella mia opera. Ecco quante belle e istruttive sperienze con un apparato sì semplice! E quante non suggeriranno in seguito a me e agli altri?
Sarebbe un difetto se terminassi senza spiegarvi il piccolo e semplice artificio, con cui senza bisogno d'acqua e catini, carico in men d'un minuto la mia pistola; e con ciò la rendo un istrumento in tutto portatile (assieme all'Elettroforino per iscaricarla con il colpo) in tasca, ed estremamente dilet-tevole. Ho dunque un gran fiasco G armato il collo d'un grosso robinetto HF, che mi porto parimenti in tasca ripieno d'aria infiammabile. In un'altra tasca tengo un sacchetto di pelle ripieno di grani di miglio. Per introdurre dunque l'aria nella pistola, la riempio per metà circa di miglio; e imboccata nel collo H del fiasco, apro il robinetto F: con che precipita il miglio nel recipiente G, e da questo si porta egual volume d'aria a prendere il posto lasciato vuoto nella pistola. Voltato dunque di nuovo il robinetto, distacco la pistola, e tosto entro la canna caccio la palla col suo turacciolo di stoppa. Eccola bell'e carica: or sta all'elettroforo di procurarne l'esplosione.
Sentirò volentieri come v'incontrino tutte queste sperienze; e avrò a caro assai più se tutte o alcune ne ripeterete voi in presenza de' vostri scolari, e di cotesti Professori. All'Ab. Spallanzani vi prego anzi dippiù di far parte di queste mie descrizioni, e al Sig. Dott. Borsieri, dopo i saluti in nome mio all'uno e all'altro. Questa mia lunghissima lettera passa per le mani del P.re Campi; a cui vi prego di rimandarla, ch'egli me la farà avere, non avendo io copia di quel che ho scritto, e potendone aver bisogno.
Crediatemi con tutto l'affetto

Vostro aff.mo amico

A. Volta