OPERE SCELTE

LETTERA PRIMA
DEL SIGNOR DON ALESSANDRO VOLTA
AL SIGNOR DOTTORE GIUSEPPE PRIESTLEY

Signore

Como, 2. Settembre 1777.

Ho finalmente ricevuto il terzo volume sopra le diverse sorta d'aria. Non molto dianzi mi era pervenuta una vostra Lettera. E l'uno e l'altra mi hanno colmato di gioia. Vi debbo mille ringraziamenti per l'onore che vi siete degnato di fare e al mio nome, e alle mie tenui produzioni.

Voi desiderate, o Signore, che io prosiegua a parteciparvi le mie ricerche, e le mie scoperte sopra il soggetto intorno a cui mi vo esercitando da parecchi mesi in qua? Ecco un nuovo opuscolo, o a meglio dire, una continuazione delle Lettere sopra l'Aria infiammabile. Siccome, dopo ch'esse hanno veduto la luce, ho portato l'affare più in là; mi lusingo che me ne saprete buon grado, se io vi comunicherò il successo delle ultime mie sperienze con questo lungo scritto, a cui troverete annesso un libricciuolo stampato.

Dalla maniera, con cui ho riferito nelle mie prime Lettere il successo di accender l'aria infiammabile con una semplice scintilla elettrica, voi avrete benissimo compreso, che io allora ignorava affatto, che altri ne fosse già venuto a capo e vedrete nella nota alla p. 15 di questo libricciuolo, che io non pretendendo più a una tale scoperta in generale, giudico però che ciò che vi ho di mio, sia l'averla stesa assai, d'averne reso le sperienze infinitamente più facili, e più varie, e soprattutto d'aver fatto sì che s'accenda l'aria in un vaso chiuso, per mezzo d'una picciolissima, e debolissima scintilla elettrica, segno, a cui io non so se peranco sia giunto altri prima di me. Pure chi sa che io non sia stato anche in ciò prevenuto? Ove ciò fosse, a me non rincrescerebbe punto d'intenderlo, come non mi rincrescerebbe il dirmisi che per fino le sperienze della Pistola non sono nuove. Resterei solamente sorpreso di non averne mai trovato cenno in verun luogo, segnatamente delle vostre opere che comprendono un sì gran numero d'esperienze curiose, oltre il numero più grande delle istruttive. Si, lo ripeto, ne rimarrei sorpreso, ma non disgustato: e in tal caso sarei pienamente contento d'una persuasione generale che le mie sperienze per me sono state originali, e che io non ho dissimulato nulla: il mio amor proprio avrebbe tuttavia di che compiacersi, cioè d'essere io stato il primo a far conoscere fra noi uno strumento curioso non meno che ingegnoso, se non inventato almeno ridotto da me a perfezione con una lunga e penosa serie di tentativi ragionati, d'averlo veduto applaudito da tutti e di osservarlo al dì d'oggi sparso per tutta l'Italia, e fra le mani non meno del basso popolo, che fra quelle de' più serj Letterati.

Vi confesso, o Signore, che in generale si fa forse troppo più caso di questa macchina, ch'essa non merita, mentre se ne fa pochissimo di ciò che può guidare a conseguenze assai importanti ed istruttive. La ragione è che si considerano le esperienze troppo superficialmente, e la maggior parte s'appaga, e si compiace di pompa e di fracasso. È cosa assai umiliante, ma pur troppo certa, che anche fra i sedicenti Fisici, vi sono de' veri fanciulli! Havvi chi delle sperienze di Fisica ne fa un mestiero, per non dire, una ciarlataneria. Io talora arrossisco in luogo di compiacermi, quando penso che colla mia Pistola, e colla maniera singolare di caricarla vo ad apprestare materia ai loro giuochi da saltimbanco. Mi consolo però che vi sono de' veri Fisici, delle persone simili a voi, le quali, per quanto curiose sieno le sperienze da me descritte, e per quanto grande sia il piacere di verificarle (atteso che sono non meno facili che piacevoli, e curiose) vorranno badare assai più alle conseguenze che si offrono tosto e da sè stesse, e sulle cui tracce io ho caminato, fermandomi ove ho veduto che decidevano in favore delle mie idee, e delle mie ipotesi intorno alla costituzione dell'aria infiammabile, ed ai fenomeni dell'infiammabilità di tutti i corpi, come effetto unicamente dell'aria infiammabile. A me certo pare cosa dimostrata e dimostrata evidentemente che l'infiammabilità appartenga all'aria che porta tal nome per antonomasia.

Sono senza numero le conseguenze e le riflessioni che nascono dalla scomposizione, cui soffre l'aria infiammabile nell'ardere in contatto dell'aria atmosferica, la quale resta perciò flogisticata, e per conseguenza diminuita assai sensibilmente. So benissimo che ciò non vi riuscirà affatto nuovo (come è riuscito a me) dopo l'esperienza che vi è stata comunicata da uno de' vostri dotti corrispondenti, e che mi esaltata agli occhi scorrendo il numero 1. della vostra Appendice. Voi giudicherete dell'estensione e dell'esattezza delle mie sperienze messe a confronto con quelle di Mr. Warltire, dopo che ne avrete inteso il detaglio che sono per farvene. Per altro vi assicuro che io aveva ideato un'esperienza molto simile a quella di Mr. Warltire, in occasione di rispondere ad un mio competitore, il quale credendo di atterrarmi, perchè io aveva preteso di provare che la fiamma delle legna delle candele ec. non è nient'altro salvo che aria infiammabile, la quale esce da que' corpi, m'avea fatto l'obbiezione, di cui parlo nella nota alla pag. 43, e su cui egli contava moltissimo. Io gli ho proposto dunque di mettere una caraffa d'aria infiammabile sotto ad un recipiente, e di lasciarvela ?ardere a poco a poco; e gli pronosticai il successo che ne ha avuto Mr. Warltire, successo favorevole alla mia opinione. Ma al tempo stesso essendomi suggerito un mezzo assai più facile e più sicuro di giugnere allo stesso fine, abbandonai la prima sperienza troppo più complicata e meno precisa, e mi appigliai a questo nuovo spediente. Voi indovinerete tosto, o Signore, che l'espediente è stato l'applicare fuoco a una mescolanza d'aria infiammabile e comune, mescolanza variata con diverse proporzioni, e contenuta in un tubo o vasello chiuso accesa per mezzo d'una scintilluzza elettrica, e di misurar quindi esattamente la diminuzione che ne nascea.

Per rendervi ragione delle mie sperienze in questo genere, incomincio a mettervi sott'occhio un abbozzo grossolano dell'apparecchio più semplice, di cui ho fatto uso. Non ve ne farò una descrizione minuta, posciachè a voi dee bastare un'occhiata di fuga: ne indicherò alcune parti colle lettere dell'alfabeto.

AB (fig.1) Ë un recipiente cilindrico di cristallo grosso, del diametro d'intorno a un pollice, e lungo 14. o 15. dd sono due palle annesse a due fili d'ottone che attraversano il turacciolo di sughero, il quale spalmato di mastice chiude esattamente l'apertura superiore del recipiente. S'empie d'acqua il recipiente, si capovolge, e se ne attuffa la bocca in un vaso pien d'acqua C, si introducono per l'apertura E fatta a imbuto quelle misure che si vogliono d'aria infiammabile, e comune. Ciò fatto, e tenendo con una mano uno de' due fili metallici d, si fa scoccare, in quel modo che più torna comodo, una scintilla elettrica contro la palla dell'altro filo. Questa scintilla scoppiando in c, cioè nel piccolo spazio d'interrompimento fra i due fili, dentro al recipiente, dà fuoco all'aria contenutavi, la quale si dilata tosto, e fa nascere una scossa nell'acqua, finito la quale scossa, l'acqua rimonta, e accenna la diminuzione seguita nel volume dell'aria. Volete sapere più esattamente quanto sia il volume d'aria che è scomparso? Abbiate un tubo ef assai più stretto e più lungo del recipiente, graduato con misure corrispondenti: empietelo d'acqua, e introducetene la parte aperta e guernita esteriormente di pelle, nella bocca del recipiente, così che si adatti esattamente in E. Ciò fatto altro più non resta, se non se rivoltare in alto il tubo; perchè ciascuna misura d'aria occupando uno spazio più lungo, riuscirà cosa agevolissima il misurarne le parti più picciole.

Questo apparato, come vedete, è semplicissimo; e ciò non ostante fornisce i mezzi di fare un numero grandissimo d'esperienze. Serve ugualmente bene per le prove della diminuzione coll'aria nitrosa, che per quelle dell'aria infiammabile. Ne ho ideato alcuni altri, i quali sebbene un po' più composti, sono però assai più eleganti e comodi, e per certi rispetti eziandio più esatti; ma prima di passare a parlarne, voglio comunicarvi se non tutto il detaglio delle mie sperienze, almeno i risultati più principali. Eccoli.

1. L'aria infiammabile pura e sola non vuol accendersi. La scintilla elettrica veste in essa un color di porpora, siccome voi avete già osservato.

2. Non si richiede però una grande quantità d'aria comune mescolata coll'infiammabile, perchè possa ardere: un volume minore della metà basta.

3. Ciò non ostante l'aria infiammabile s'accende, quantunque venga allungata con un volume d'aria comune assai volte maggiore.

4. Ma l'uno e l'altro eccesso, cioè la sovrabbondanza d'aria infiammabile, e la sovrabbondanza d'aria comune rendono lo scoppio molto più debole.

5. Quando l'aria infiammabile è soverchia, non ne arde che una parte; il residuo può di nuovo prender fiamma, coll'aggiugnervisi altr'aria comune.

6. Quando la dose d'aria comune è eccessiva, si possono ottenere molti infiammamenti successivi, introducendo successivamente nuova aria infiammabÌle.

7. V'è una proporzione e una dose delle due arie, per mezzo di cui s'ottiene lo scoppio più violento, e non se ne ottiene che uno.

8. Dopo ciascuno infiammamento siegue una diminuzione più o meno grande, ma sempre assai considerevole del volume d'aria rinchiuso.

9. Il volume d'aria diminuito (purchè l'aria infiammabile non ecceda d'assai la giusta misura), è più grande del volume dell'aria infiammabile: cioè, oltre all'aria infiammabile che si scompone e svanisce interamente, l'aria comune eziandio soffre per la sua parte una vera diminuzione.

10. Il residuo di quest'aria si trova sempre or più, or meno flogisticato.

11. Si trova meno flogisticato a misura che l'aria comune mescolata coll'infiammabile, era sovrabbondante.

12. Avvi una giusta proporzione delle due arie, la quale lascia dopo l'infiammamento il residuo flogisticato fino alla saturazione. La proporzione è a un di presso quella stessa che produce lo scoppio più violento (n. 7), e quella pure, da cui nasce la massima diminuzione nel volume totale.

13. Se l'aria infiammabile eccede d'assai la giusta misura, la diminuzione nel volume totale delle due arie non agguaglia il volume dell'aria infiammabile, perchè una parte di questa non si scompone (n. 5). In cosiffatto caso il residuo è una mescolanza d'aria infiammabile, e d'aria flogisticata fino a saturazione.

Ora per determinare con alquanto più di precisione i limiti della mescolanza di queste due arie, dentro i quali succede l'infiammamento; ecco ciò che io ho potuto fissare. La minima dose d'aria comune, con cui io ottengo che l'aria infiammabile arda nel recipiente è di 2; la massima, di 53. e anche 54, con 4. d'aria infiammabile. Che campo vasto, che scala prodigiosamente lunga! Ma se l'infiammamento in quest'ultimo caso è debolissimo, se a mano a mano, che ci accostiamo al mezzo, diventa più vigoroso; quale sarà il punto della massima forza? Non sembra egli che dovrebb'essere a capello il giusto mezzo di questi estremi tanto fra lor lontani? Se ciò fosse, si richiederebbero 28 parti all'incirca d'aria comune per 4 d'aria infiammabile. Ma la cosa sta altrimenti, perchè se ne richieggono appunto undici, numero che ha la medesima ragione co' due estremi. Ecco in una picciola tavola le proporzioni calcolate, alle quali l'esperienza risponde assai da vicino.

Con Ar. com. Infiammazione Per una dose d'aria com.

Aria Inf. 2 picciola scarsissima

mis. 4 11 grandissima giusta

53 picciolissima abbondantissima

È cosa facile il comprendere che se non dopo un numero incredibile di sperienze, io debbo esser giunto ai risultati esposti. Ma con tutto ciò posso assicurarmi che tali risultati siano costanti e invariabili? Si, posso assicurare che gli ho trovati tali, e che chi vorrà replicare le sperienze troverà ciò che ho trovato io con pochissima diversità. Notate questa modificazione e assai più badate a quest'altra condizione: quando le circostanze essenziali siano le medesime, vale a dire, la forza della scintilla elettrica, la qualità dell'aria infiammabile, e finalmente la bontà dell'aria comune. Tre punti, all'influenza particolare de' quali nelle sperienze di questo genere, convien avere non poco riguardo.

Incominciando dalla scintilla elettrica. Siccome questa è l'agente che mette l'aria in fiamma, non dee recar maraviglia, che una scintilla più efficace ecciti fuoco nell'aria infiammabile mista colla comune, che non si sarebbe destato per una scintilla più debole; è bensì cosa maravigliosa, che la differenza tra una scintilla fortissima e una debolissima non sia assai grande rispetto al produrre l'infiammamento; anzi fra una debole, una mediocre, e una forte non passi sovente differenza notabile a questo riguardo. La mescolanza di 4 parti d'aria infiammabile con 2 d'aria comune s'accende per una scintilla mediocrissima, cioè scoccata da un elettroforo da tasca. La scintilla vigorosissima d'un elettroforo di due piedi potrà accendere la mistura, quand'anche vi sarà un po' meno d'aria comune; ma non già se ve ne sarà molto meno. Questa grande scintilla non produrrà effetto alcuno, se la mescolanza sarà di due parti d'aria comune e 4 d'infiammabile. Tutta la differenza si riduce adunque alle 2, e 2 misure di aria comune. Finalmente se non per mezzo della gagliarda scarica d'una giara, io sono venuto a segno di accendere una mescolanza, in cui l'aria infiammabile era doppia della comune. Or dunque colle scintille cavate dal conduttore d'una macchina ordinaria,, o dallo scudo d'un elettroforo di mezzana grandezza, più o meno forti che siano dentro a certi limiti, non v'è differenza assai notabile; ed io non ho potuto trovare ch'essa monti più che ad una o due bolle di più o di meno d'aria comune.

Passando all'aria infiammabile, si osservi che ne' risultati da me addotti, si tratta d'aria cavata al modo solito dalle soluzioni metalliche, e non di quella che si pesca nelle paludi, o che si ottiene per distillazione dalle sostanze vegetali, e animali. Queste arie, come ho procurato d'avvertire in più d'un luogo delle mie opere, resistono assai più, e spessissime volte non prendono fuoco per mezzo della scintilla elettrica. Aggiungo qui che i limiti, rispetto alla mescolanza di queste arie coll'aria comune, acciò abbia luogo l'infiammamento, limiti ognora più ristretti, sono pure meno sicuri e meno determinabili. Potrei forse render ragione di tutte queste anomalie, supponendo che l'aria infiammabile delle paludi, e quella che s'ottiene per distillazione, non è aria infiammabile affatto pura, ma mescolata con aria putrida o flogisticata; di che, secondo me, è un indizio assai chiaro il colore azzurro, e la lentezza, con cui arde la fiamma: ma di ciò più a proposito in un altro luogo, ove cercherò di mostrare l'identità di tutte le arie infiammabili. Per ritornare all'aria infiammabile metallica, di cui ho fatto uso nelle prove riportate di sopra, basta sapere che io ho ottenuto gli stessi risultati, sempre che ho usato una conveniente attenzione per averla pura e legittima, traendola dalla limatura di ferro intrisa nell'acido vitriolico allungato coll'acqua: perchè io non ho peranco tentato, se v'abbia qualche differenza usando un altro metallo in luogo di ferro, o sciogliendolo nell'acido marino. Adoprando aceto (a questo proposito, vi sovviene che fui il primo a comunicarvi, tre anni sono, l'esperienza che io aveva fatto di produrre aria infiammabile cogli acidi vegetali, coll'aceto, col sugo di limone ec.?), siccome s'ottiene un'aria infiammabile che rassomiglia per la lentezza nell'ardere, e pel colore della fiamma all'aria prodotta per distillazione, io non dubito quasi punto che debba cotale aria essere niente meno restia ad infiammarsi.

Resta da considerarsi la terza circostanza, la bontà dell'aria comune, la cui influenza è grandissima; che ci aprirà la strada a nuove viste, ed a saggi assai istruttivi per la teoria del flogisto, e dell'infiammamento, e fors'anche utili nella pratica. Io non credo che possa nascere difficoltà alcuna intorno a questo punto, cioè che la mescolanza d'un'aria più o meno respirabile debba far nascere nella medesima aria infiammabile delle variazioni proporzionali, rispetto alla disposizione d'accendersi per mezzo della scintilla elettrica. Infatti con una leggiera considerazione ho preveduto, e con alcune sperienze facilissime ho verificato, che la medesima aria infiammabile ha bisogno, affine di ardere, d'una maggior dose d'aria comune a misura che questa è men buona: che essendo viziata fino a un certo segno, l'infiammamento non succede: e che pochissima aria deflogisticata supplisce a molt'aria comune, e basta per un volume assai grande d'aria infiammabile.

È cosa ben degna d'essere osservata, che l'aria infiammabile non ricusa d'accendersi ove venga mescolata con un'aria, in cui ogni altra fiamma non si manterrebbe viva, e per fino con un'aria viziata al di là di questo termine (cosa assai conforme all'eccellenza d'infiammabilità che io attribuisco all'aria di questa natura, e si spiega benissimo per le osservazioni da me latte alla pag. 44: eccellenza e superiorità che non è smentita da fatto alcuno, e che viene all'incontro confermata ogni giorno da nuovi fatti). Evvi non pertanto un limite nella depravazione dell'aria, di là del quale in quantunque ampia dose essa venga mescolata coll'aria infiammabile, questa ricusa d'accendersi: e un tal termine è tuttavia assai lontano dall'irrespirabilità assoluta.

La differenza fra la quantità d'aria che si richiede secondo i gradi della sua respirabilità, è assai grande. Io non l'ho peranco determinata se non all'ingrosso. Quando l'aria è flogisticata al segno di spegnere una candela in luogo di 2 misure e 1/4 che se ne richiederebbero, se fosse nello stato di bontà ordinario, acciò concorra a mettere in fiamma 4 misure d'aria infiammabile, fa d'uopo d'un volume a un di presso eguale a quest'ultimo: ne fanno d'uopo 5, 6, 8 misure ed anche più, quando è stata respirata quattro, o 6 volte. Finalmente d'aria deflogisticata non se ne richiede che una mezza misura, o in quel torno.

Ed ecco un nuovo modo di saggiare la respirabilità delle arie, e di saggiarne le differenze più picciole. Per cosiffatte ?prove non è mestieri di cangiar apparato. S'introducano nel recipiente aria infiammabile, ed aria comune, due terzi della prima, uno della seconda. Le dosi possono essere abbondanti senza correr rischio, atteso che l'infiammamento sarà debole (per atto d'esempio le misure dell'aria infiammabile possono arrivare a dieci, e a cinque quelle della comune); non ci si riuscirà a farle prender fuoco per via della scintilla elettrica, tranne che sia vivacissima, che si metta in opera una giara. Converrà adunque aggiugnervi alcune bolle d'aria comune. Su via pertanto, s'introducano ad una ad una varie bolle, tante cioè, quante ve ne vogliono perchè l'aria arda e scoppi. Il numero delle bolle vi accennerà i gradi di vizio, o sia d'irrespirabilità di diverse arie. Per introdurre agevolmente bolle d'aria sempre uguali, io mi servo d'un picciol tubo ricurvo fornito d'un manico. Questo tubo ha tre o quattro linee d'apertura e l'altezza d'un mezzo pollice. Ivi appunto ove è strozzato dalla curvatura il canale, è chiuso da una pallottola di cera o d'altro: veggasi D, fig. 1.

Che ne dite, Signore, di questa novissima foggia di Eudiometro? Non lo è diffatti? Si vorrà forse, che per aver diritto a portare tal nome, venga prima ridotto ad essere uno strumento non pure portatile, ma da tasca? Se altro più non si ricerca, la cosa è fatta. A (fig. 9) è un caraffino ovale che può contenere 4 once d'acqua. Ciascuno de' due capi è guernito d'una chiave d'ottone D, C. L'armatura della chiave C va a finire in una pancia B che può contenere intorno a un'oncia. Due fili d'ottone impiantati nelle armature delle chiavi dirimpetto l'uno all'altro, si vengono incontro, verso il centro della caraffa, e finiscono lontani uno dall'altro d'una linea incirca. E questo è il pezzo principale. L'altra parte è una caraffa E guernita d'una chiave di rame; la quale caraffa contiene l'aria infiammabile. Per fare l'esperienza s'empiono d'acqua le due capacità A B. Quindi chiudendo la chiave C si lascia che scorra l'acqua contenuta in B. Ciò fatto s'imbocca esattamente il collo e nella gola dell'armatura, da cui è attorniata la chiave della caraffa E. Allora s'apra la chiave C, s'empierà la pancia B d'acqua che cadrà da A, e l'aria contenuta in B gorgogliando monterà in A. Si chiuda la chiave C, ed aprasi quella della caraffa E; l'acqua contenuta fra le due chiavi nella capacità B precipitando nella caraffa E sarà rimpiazzata da altrettant'aria infiammabile, di cui era piena questa caraffa. Se voi chiudete la chiave della caraffa E, ed aprite la chiave C, l'aria infiammabile monterà nel vaso A sloggiando altrettant'acqua, come prima. Voi vi avete dunque introdotto due misure eguali, una d'aria comune, l'altra d'infiammabile. Replicate l'operazione, avrete introdotto due misure d'aria infiammabile, ed una di comune. Separate una dall'altra le due parti della macchina; tentate di accender l'aria colla scintilla elettrica, non ne verrete a segno. Conviene pertanto aggiugnere alcune bolle d'aria comune: ma come fare? Capovolgete il pezzo A B di modo che la chiave D guardi all'ingiù, e la poc'acqua contenuta nella caraffa A copra la parte interiore della chiave D. Questa chiave non è traforata da banda a banda, ma in essa sono scavati due segmenti di sfera, o due coni, che non comunicano. Girando adunque la chiave, tosto che uno di questi scavi si presenta all'acqua contenuta in A, l'acqua discende e lo empie, e ne sloggia l'aria, che monta in forma di una o più bollicine. Se la chiave fa un altro mezzo giro, lo scavo succedente introduce esso pure una bora, mentre il primo si vota dell'acqua, di cui s'era empiuto precedentemente, e così via via. A questo modo si può contrassegnare il vizio dell'aria pel numero delle bolle da aggiugnersi prima di ottenere l'infiammamento.

Io non voglio garantire una estrema esattezza e sensibilità in questo strumento, considerato come Eudiometro. Nè credo che possa pretendere d'esser anteposto agli altri finora inventati; sebbene ci sia tutto il motivo dÏ dubitare rispetto a cotesti della esattezza scrupolosa che cotanto viene vantata. A me basta che accenni se non le millesime e le centesime, le decime almeno de' vizi flogistici delle arie di diversi luoghi. So che il mio strumento ha non pochi svantaggi, cioè il bisogno d'un elettroforo anzi grande che no, per metterlo in istato d'operare vigorosamente, e la noia di far tante prove, quante sono le bolle d'aria che s'introducono infino a che succeda l'infiammamento. Pure mi sembra un gran compenso la facilità di costruire il mio apparato, per cui si richieggono due chiavi di metallo in luogo che per gli Eudiometri ad aria nitrosa debbono essere di cristallo; e più ancora per la maniera facile e semplice di farne uso riempiendolo d'acqua in luogo di mercurio, cosa onerosa e imbarazzante: oltre a ciò è assai più facile il far dell'aria infiammabile sempre perfetta, e di poca spesa, che fare dell'aria nitrosa, la quale, per non dir altro s'altera troppo facilmente. Finalmente l'aria infiammabile non rende un odore tanto detestabile, quanto l'aria nitrosa.

Checchè sia di questo strumento considerato come Eudiometro, esso ha l'avantaggio di servire a quasi tutte le sperienze intorno all'aria infiammabile senza dover bagnare le mani. Se non altro io posso mostrare una dopo l'altra tutte le sperienze che ho rapportato di sopra, che confermano la teoria, ed altre piacevoli all'ultimo segno. Io fo, per esempio, tutte le sperienze della Pistola; quindi rappresento una specie di lampo, attraverso a cui si distingue chiaramente la scintilla elettrica... Mi restano a dirvi mille altre cose, ma sono in procinto d'intraprendere un viaggio nella Svizzera. Al mio ritorno riprenderò la penna in mano. Forse avrò la consolazione di trovar sul tavolo una vostra Lettera. Intanto sono pieno di stima e di sincera amicizia.

Signore

Vostro Umil.mo Obb.mo Ser.re

ALESSANDRO VOLTA