L’elettrologia comincia ad assumere una, sia pur rozza, sistemazione disciplinare intorno al 1660 con l’invenzione da parte di Otto von Guericke (1602-1686) della prima
La prima macchina elettrostatica a strofinio realizzata da Otto von Guericke
macchina elettrostatica a strofinio.
Essa era costituita da una semplice sfera di zolfo, magnitudine ut caput infantis, che veniva fatta girare intorno a un’asta di ferro passante per il suo centro ed elettrizzata dal semplice strofinio di una palma satis sicca.
Mediante tale macchina Guericke osserva il crepitio e la luminescenza che accompagnano l’elettrizzazione del globo, cominciando a parlare di fuoco elettrico.
Nel 1706 Francis Hauksbee (?-1713), fisico sperimentatore presso la Royal Society, sostituisce
La macchina elettrostatica di Nollet
nella macchina di Guericke il globo di zolfo con un cilindro di vetro (macchina di Hauksbee) raggiungendo stati di elettrizzazione più intensi e osservando che, avvicinando al viso il cilindro o altro corpo da questo elettrizzato, si avverte come un soffio (vento o soffio elettrico).
Le macchine elettrostatiche vanno sempre più perfezionandosi negli anni successivi. Alla mano viene sostituito un cuscinetto strofinatore e si comincia a raccogliere l’elettricità in un grosso cilindro metallico (primo conduttore o catena) mediante una catena metallica che sfiora o addirittura tocca il cilindro di vetro
Macchina elettrostatica di Nairne,
utilizzata da Volta
elettrizzato.
L’uso di un disco di vetro al posto del globo è introdotto molti anni dopo e usato in larga scala alla fine degli anni ’70 dal costruttore Jesse Ramsden (1735-1800), nelle macchine che da lui presero il nome; solo verso il 1772 tali macchine assumono la struttura definitiva con l’aggiunta del pettine.
Vengono inoltre introdotti i primi elettroscopi che utilizzano leggerissime palline di sambuco appese mediante fili a un bottone metallico e racchiusi in recipienti di vetro.