IL CASO DELL'ELETTRICITA': DALLE ORIGINI A VOLTA
G. Bonera, Dipartimento di Fisica ‘A.Volta’ Università di Pavia

1. INTRODUZIONE

Secondo quanto riferisce Aristotele, già ai tempi di Talete (VI sec. a.c.) era nota la singolare proprietà dell'ambra gialla, che strofinata, anche con la sola mano asciutta, è in grado di attrarre a sé pagliuzze, foglie secche e altri leggeri corpuscoli. Tale attrazione rimase una proprietà della sola ambra, almeno fino alla fine del XVII sec. quando William Gilbert (1540-1603) osservò, in modo sistematico, che circa una ventina di altri corpi, oltre l'ambra, è in grado di attrarre a se leggeri corpuscoli; tra questi, lo zolfo, il vetro, la gommalacca, le resine solide e molte pietre dure. Egli chiamò questi fenomeni elettrici dal nome greco dell'ambra (electron) e per misurare l'intensità delle forze attrattive utilizzò uno strumento, precedentemente descritto da Girolamo Fracastoro (1483-1553), costituito da un piccolissimo e leggerissimo ago (versorium non magneticum), girevole sopra un sostegno a punta. Come fa notare lo stesso Gilbert, con questo strumento è possibile mettere in evidenza l'attrazione anche per quei corpi, nei quali la virtù elettrica è cosi debole da non essere in grado di sollevare anche leggerissime pagliuzze.
Successivamente Francesco Lana rese lo strumento più sensibile sospendendolo mediante un filo: avvicinando ad esso il corpo elettrizzato "statim ad se trahebat eam [...] extremitatem, cui erat approximatum". La torsione del filo si opponeva all'effetto della forza elettrica: l'angolo di rotazione risultava quindi legato all'intensità della forza elettrica.
Nel 1629 Nicola Cabeo (1585-1650) osservava il fenomeno della repulsione elettrica, notando come le pagliuzze, attratte dal corpo elettrizzato, vengono successivamente da questo respinte, dopo averlo toccato.
A primitive interpretazioni del fenomeno di tipo animistico, si susseguirono spiegazioni su basi meccaniche, coinvolgenti effluvi materiali, o non, che escono e/o entrano nei corpi elettrizzati.
Stando a quanto riferisce Gilbert, Plutarco nelle Questioni Platoniche sostiene che nell'ambra vi sia un non so che di fiammeo, che ha la natura dello spirito e che quando, mediante la frizione della superficie, vengono aperte le via di uscita, esce fuori ed attira i corpi.
A livello atomistico così si esprimeva Lucrezio (I sec. a.c.) nel De rerum Naturae, riferendosi all'attrazione magnetica.

Devon in pria/emanar da tal pietra atomi molti/o una corrente, se pur vuoi, che scacci/tutta coi colpi suoi l'aria ch'è posta/fra la pietra ed il ferro. Ove poi questo/spazio vacuo si fa, d'un subito in un gruppo/ giù cadono scorrendo entro quel vano/ i principi del ferro, onde succede che tenga dietro ad essi anche l'anello/e là così con tutto il corpo vada.

Gilbert invece ritiene che l'attrazione sia dovuta ad un fluido materiale emanato dai corpi elettrizzati:

Concludendo i corpuscoli sono trasportati sui corpi stessi degli elettrici; le energie provengono dagli effluvi che sono propri e peculiari dei corpi elettrici, diversi dall'aria comune [...], eccitati dal movimento e dall'attrito che genera calore e sono simili a raggi materiali che attraggono e sollevano le pagliuzze, [...], finché non si estinguono e allora appena i corpuscoli siano di nuovo liberi, subito attirati dalla terra stessa cadono giù. .

Cioè per Gilbert le particelle del fluido elettrico che emana dal corpo elettrizzato, si aggrappano ai corpi che incontrano, li stringono e li trasportano, finché hanno energia, alla fonte da cui sono emessi. Inoltre egli ammette, per la prima volta, una sostanziale differenza tra i fenomeni elettrici e quelli magnetici. In particolare, riallacciandosi a precedenti considerazioni di Girolamo Cardano (1501-1576), sostiene che una

[...] differenza tra i corpi magnetici ed elettrici è questa: tutti i corpi magnetici si attirano a vicenda con reciproca energia: invece i corpi elettrici attirano soltanto, ed il corpo attratto [...] gravita sul corpo elettrico

Galileo (1564-1642) non si occupò direttamente di elettricità; tuttavia egli ebbe a scrivere per quando riguarda il fenomeno dell'attrazione:

L'ambra, il diamante, l'altre gioie e materie molto dense, riscaldate [per strofinio] attraggono i corpuscoli leggeri, e ciò perché attraggono l'aria nel raffreddarsi, e l'aria fa vento ai corpuscoli; e forse in simil guisa dalle regioni scaldate, nel raffreddarsi, si eccitano i venti nelle circonvicine province.

L'idea di una partecipazione attiva dell'aria nel fenomeno dell'attrazione e repulsione elettrica sarà ancora presente in molti scienziati successivi, compreso lo stesso Volta, nonostante le argomentazioni contrarie portate da Gilbert e l'osservazione di Robert Boyle (1627-1691), intorno al 1676, che i fenomeni elettrici sembrano realizzarsi anche nel vuoto.
René Descartes (1596-1650) attribuisce l'attrazione magnetica ed elettrica al moto di un tenuissimo primo elemento

Onde avviene se il vetro si sfregherà abbastanza energicamente, si da riscaldarlo alcun poco, le particelle stesse, scacciate fuori da tal moto, si spandono nell'aria vicina, e imboccano i meati degli altri corpi vicini; ma poiché non vi trovano vie tanto facili, subito ritornano al vetro e trasportano seco i più piccoli corpi nei cui meati esse sono impigliate.

Importanti ricerche sui materiali elettrici furono condotte anche dagli Accademici del Cimento; essi arricchirono l'elenco delle sostanze elettrizzabili per strofinio, e osservarono, in opposizione a quanto formulato da Gilbert, che anche l'attrazione elettrica è reciproca, cioè che le pagliuzze, se vincolate, sono in grado di attrarre a se il corpo elettrizzato libero di muoversi.

Appesa l'ambra ad un filo, in modo, ch'ella sia pendola in aria, o messa in bilico a guisa d'ago magnetico, quand'ella è strofinata e calda si fa incontro a quei corpi, che in proporzionata distanza se le presentono, e a' loro moti prontamente obbedisce.

Risultato estremamente interessante, molti anni prima della formulazione del principio di azione e reazione.


2. LE PRIME TEORIE ELETTRICHE

Fig. 1. La prima macchina elettrica a strofinio dovuta a von Guericke con globo di zolfo.
L'elettrologia cominciò ad assumere una, sia pur rozza, sistemazione teorica intorno al 1660 con l'invenzione da parte di Otto von Guericke (1602-1686) della prima macchina elettrostatica a strofinio.
Essa era costituita da una semplice sfera di zolfo, magnitudine ut caput infantis, che veniva fatta girare intorno ad un'asta di ferro passante per il suo centro ed elettrizzata dal semplice strofinio di una palma satis sicca.(fig. 1)
Mediante tale macchina Guericke osservò il crepitio e la luminescenza che accompagnano l'elettrizzazione del globo, cominciando a parlare di fuoco elettrico. Inoltre mostrò come lo stato elettrico di un corpo si potesse trasmettere anche a distanza mediante particolari corpi deferenti:

Questo globo di solfo, eccitato prima con la frizione, può esercitare la sua virtù anche attraverso un filo di lino lungo un'ulna o anche più e all'estremità attrarre ancora qualcosa .

Nel 1706 Francis Hauksbee (?-1713), fisico sperimentatore presso la Royal Society, sostituì nella macchina di Guericke il globo di zolfo con un cilindro di vetro (macchina di Hauksbee) raggiungendo stati di elettrizzazione più intensi ed osservando che, avvicinando al viso il cilindro od altro corpo da questo elettrizzato, si avvertiva come un soffio (vento o soffio elettrico).

[Un tubo di vetro strofinato fortemente] applicato vicino al viso o ad alcun'altra tenera parte, poteva essere sensibilmente sentito, come se la parte fosse sollecitata con le punte di un considerevole numero di deboli peli.

Fig. 2. Elettrificazione di persone isolate dal suolo mediante fili di seta
Nel 1729 Stephen Gray (1666?-1736), osservando come la virtù elettrica eccitata in un corpo per strofinio, possa in alcuni casi comunicarsi anche ad altri corpi, introdusse il concetto di sostanze isolanti e conduttrici; mostrò che anche queste ultime possono essere elettrizzate se isolate dal terreno e da altri corpi, e nel 1730 realizzò per la prima volta l'elettrizzazione di una persona, tenuta sospesa ed isolata dal suolo mediante fili di seta (vedi fig. 2).


Tale esperienza divenne successivamente di moda e fece il giro di tutti i salotti aristocratici dell'epoca, rendendo l'elettricità di dominio pubblico. Dilettanti, praticoni e ciarlatani, ma anche alcuni fisici elettrizzanti, cominciarono a fare esperimenti sempre più appariscenti: il globo elettrizzato della macchina veniva scaricato attraverso catene di molti uomini e si cominciò a studiare se gli uomini si elettrizzavano più o meno facilmente delle donne, i giovani dei vecchi. Insomma tutta l'Europa bene si elettrizzò e si stupì dinnanzi alle sempre nuove maraviglie.
Così scriveva nel 1746 l'abate Jean A. Nollet (1700-1770):

Allorché in fisica appare qualche novità la curiosità subito se ne impadronisce e si diverte ma si ritiene ben presto soddisfatta. Ad essa segue l'interesse e si esige che ciò che si è ammirato sia anche utile.

E nello stesso anno il medico veneziano Eusebio Sguario (?-?)

Appena si conobbe che tanto era il potere che aveva l'elettricità sui corpi umani, che subito si cercò s'ella avrebbe mai potuto per buona volontà apportare qualche sollievo ai mancamenti della salute.

Ai pochi medici coscienziosi, molti altri se ne aggiunsero, specie in Italia, con l'unico scopo di trarre facili guadagni; ben pochi malanni resistevano alla terapia elettrica. E nel 1785 Jean-René Sigaud de la Fonde (1740-1810) ammoniva severo:

Tutti i giornali italiani si riempivano di guarigioni miracolose che non avevano altro fondamento che l'entusiasmo, per non dire la malafede, di coloro che le facevano pubblicare.

Ma anche la scienza vera continuava a fare meravigliose scoperte. Nel 1733 Charles de Cisternay du Fay (1698-1739) avanzò l'ipotesi dell'esistenza di due, e solo due, stati elettrici distinti che si possono manifestare per strofinio nei corpi coibenti e chiamò tali elettricità, rispettivamente, vetrosa e resinosa dal nome delle sostanze nelle quali veniva più facilmente eccitata.

Ciò mi fece pensare che v'erano forse due generi di elettricità differenti, ed io fui ben confermato in quest'idea dalle seguenti esperienze.

Le esperienze riguardavano principalmente il fatto che una fogliolina d'oro respinta dal vetro viene attirata dalle materie resinose e quando viene respinta dalle materie resinose viene attratta dal vetro. Du Fay mostrò anche come corpi eccitati della stessa elettricità si respingono, mentre corpi a cui sono state conferite elettricità diverse si attraggono.
Fig. 3. Macchina elettrostatica comunemente usata nei laboratori scientifici della seconda metà del settecento
Successivamente nel 1743 Cristian Ludolff (1707-1763) osservò che la scintilla provocata dai corpi elettrizzati nello scaricarsi era in grado di infiammare sostanze fortemente volatili come l'Huille de vin (etere solforico), e poco tempo dopo Nollet riuscì ad accendere il gas infiammabile metallico (idrogeno).

Le macchine elettrostatiche andarono sempre più perfezionandosi. Alla mano fu sostituito un cuscinetto strofinatore e si cominciò a raccogliere l'elettricità in un grosso cilindro metallico (primo conduttore o catena) mediante una catena metallica che sfiorava o addirittura toccava il cilindro di vetro elettrizzato. L'uso di un disco di vetro al posto del globo fu introdotto molti anni dopo.

Gli strumenti per rivelare i segni elettrici subirono molti miglioramenti e si andò sempre più diffondendo l'uso di un elettroscopio costituito da due palline di sughero appese mediante due fili di canapa ad una sfera metallica isolata (pomolo) e racchiuse in una boccetta di vetro.

Cominciarono infine a formalizzarsi le prime teorie elettriche in grado di
Fig. 4. Serie di elettrometri utilizzati da Volta
giustificare, sia pure in parte ed a livello qualitativo, i diversi fenomeni osservati. In particolare Nollet, ispirandosi al dogma cartesiano che richiedeva di spiegare tutti i fenomeni naturali mediante materia inerte e movimento, riteneva che l'elettricità fosse dovuta all'azione di una materia fluida in movimento, simile alla materia del fuoco e della luce. Quando si strofina un corpo elettrico si mette in movimento il fluido che è nel suo interno. Questo allora esce per piccoli fori abbastanza distanti tra loro, divergendo subito dopo l'uscita (materia effluente). La materia effluente, uscendo dal corpo richiama altra materia simile dai corpi vicini (materia affluente) che entra nel corpo attraverso fori distinti più numerosi di quelli dai quali esce la materia effluente. Dovendo mantenersi costante la quantità di fluido elettrico presente nei corpi, la velocità della materia effluente è maggiore di quella affluente, la quale tuttavia è presente nello spazio circostante il corpo elettrizzato con un maggior numero di raggi, in modo che un corpuscolo ha più probabilità di essere attratto che respinto dai flussi della materia elettrica.



3. LA BOTTIGLIA DI LEYDA

Il 1745 fu un anno fondamentale per la storia dell'elettricità. Vari ricercatori, nel tentativo di elettrizzare, in maniera non convenzionale, l'acqua, si imbatterono in un fenomeno straordinario, quanto inaspettato. Così racconta in particolare Pieter van Musschenbroek (1692-1761) che aveva realizzato l'esperimento nel suo laboratorio di Leida:

Avevo sospeso a due fili di seta blu una canna di ferro AB la quale riceveva per comunicazione elettricità da un globo di vetro ruotante velocemente sul proprio asse mentre era strofinato applicandovi le mani; all'altra estremità B pendeva liberamente un filo d'ottone la cui cima era immersa in un vaso rotondo di vetro D, parzialmente pieno d'acqua, che io tenevo nella mia mano destra. Mentre con l'altra mano E tentavo di trarre scintille dalla canna di ferro elettrizzata. All'improvviso la mia mano destra F fu colpita con tanta violenza che il mio corpo fu scosso come da un fulmine.
Fig. 4. Disegno originale dell'epoca mostrante l'esperienza che ha portato alla scoperta della bottiglia di Leida

Inoltre il fenomeno si verificava solo se la bottiglia era tenuta in mano o sopra un buon conduttore, mentre se essa era posta sopra un isolante, la virtù elettrica acquistata era appena percettibile. E questo fatto apparve subito inspiegabile sulla base delle conoscenze fino ad allora acquisite.
Era stato realizzato un primo "condensatore di elettricità" (comunemente chiamato bottiglia o caraffa di Leida). Il vetro della bottiglia costituiva il dielettrico e le due armature erano formate dalla mano F e dall'acqua. Nell'esperienza di Leida il circuito si chiudeva sul corpo tramite il filo, la canna di ferro e l'altra mano.
L'alta differenza di potenziale realizzata dalla macchina elettrostatica faceva sì che una parte non affatto trascurabile di carica elettrica penetrasse nel dielettrico stesso. In un certo senso, il condensatore che si realizza con la bottiglia di Leida è costituito dal solo dielettrico (non perfetto) caricato su entrambe le facce. Le armature non sono altro che strati conduttori che permettono una distribuzione della carica su tutte e due le superfici del dielettrico.
Ben presto i fisici si accorsero che l'acqua aveva solo la funzione di
Fig. 5. Serie di bottiglie di Leida
conduttore, e che l'efficacia della scarica dipendeva dalla superficie di vetro bagnata. L'acqua e la mano furono così sostituiti da leggeri fogli metallici aderenti alle pareti.
Anche la forma del vetro era inessenziale: in molti esperimenti alla bottiglia si sostituiva una lastra di vetro ricoperta con due sottili fogli metallici in generale di stagnola (quadro di Franklin). Tuttavia la forma a bottiglia, per la sua praticità e trasportabilità, fu utilizzata fino alla metà del '800.
Con la bottiglia di Leida i segni elettrici prodotti dalla scarica del primo conduttore venivano fortemente amplificati e tale strumento divenne di uso comune in tutti i laboratori e i salotti aristocratici, anche se il suo funzionamento rimaneva in gran parte oscuro. Non passò un anno che il conte Andrea Gazzolo fece provare la scossa inviando la scarica elettrica attraverso un filo di ferro lungo 2269 piedi parigini e il Nollet, al collegio di Navarra, fece provare la scossa a più di seicento persone che si tenevano per mano; la prima persona della catena toccava la boccia e l'ultima il primo conduttore.



4. FRANKLIN E L'UNICITA' DEL FLUIDO ELETTRICO

Gli studi sull'elettricità non si svolsero solo in Europa, ma si svilupparono anche nella nuova America ad opera soprattutto di Benjamin Franklin (1706-1790) colui che strappò il fulmine al cielo e lo scettro ai tiranni.
Si deve a Franklin una nuova teoria, detta dell'unicità del fluido elettrico, in grado di spiegare ciò che accadeva nella bottiglia di Leida. Secondo Franklin, infatti, esiste un unico fluido elettrico distribuito in tutti i corpi; le particelle costituenti il fluido elettrico si respingono tra loro, mentre sono attratte dalle particelle della materia e a loro volta le attirano. In ogni corpo allo stato naturale è presente tanta quantità di fluido elettrico, quanto esso ne può contenere grazie all'intensità della propria forza attrattiva, che differisce da sostanza a sostanza. Se un corpo contiene più fluido del normale esso è elettrizzato più o positivamente (è questo il caso del vetro), se contiene meno fluido elettrico del normale è elettrizzato meno o negativamente (è questo il caso della resina). Strofinando tra loro due corpi, parte del fluido elettrico passa da un corpo all'altro; uno si carica più e l'altro meno e i segni elettrici su entrambi i corpi hanno la stessa intensità. Il fluido elettrico che viene aggiunto ad un corpo (carico più) non si trova all'interno del corpo ma si distribuisce al di fuori di esso, seguendo i contorni della sua superficie e costituendo una sorta di atmosfera elettrica materiale che si espande tutto intorno al corpo. La repulsione tra corpi carichi positivamente (eccesso di fluido) è dovuto alla impenetrabilità di tali atmosfere. L'attrazione tra corpi diversamente elettrizzati è dovuta all'attrazione della materia del corpo in difetto di fluido verso l'atmosfera elettrica che circonda quello in eccesso. Si tratta quindi in tutti i casi di una interazione per contatto. A differenza però della teoria del Nollet, nella quale l'effetto del fluido elettrico è di tipo dinamico (è il suo movimento eccitato dallo strofinio ad attrarre i corpuscoli), si tratta in questo caso di un fenomeno statico.
Nel caso di corpi caricati negativamente (difetto di fluido) Franklin si limita ad affermare che, come risulta dall'esperienza, essi repel each other, as well as those that have more.
Per quanto riguarda la bottiglia di Leida, Franklin ritiene che la quantità di fluido elettrico acquistata da una superficie del vetro è pari a quella persa dalla superficie opposta. Infatti, come si è visto, per caricare una bottiglia di Leida, oltre il contatto tra l'armatura interna e il primo conduttore, è necessario che l'armatura esterna e la macchina elettrostatica sino a contatto tra di loro, ad esempio tramite la terra. La macchina elettrostatica, quindi, funziona da pompa trasferendo fluido elettrico dalla terra al primo conduttore e da questo all'armatura interna e quindi al vetro della bottiglia. L'armatura esterna restituisce alla terra una quantità del proprio fluido elettrico pari a quella che è stata fornita all'armatura interna. La scarica della bottiglia può avvenire solo mettendo a contatto le due armature. In questo senso la bottiglia di Leida non è da ritenersi carica, ma piuttosto simile ad una molla tesa, in cui è stata immagazzinata una notevole quantità di energia.
Si deve inoltre a Franklin la scoperta del potere dispersivo delle punte, che è alla base dell'invenzione del parafulmine. Tale effetto poteva essere semplicemente spiegato osservando che in vicinanza di una punta la forza attrattiva esercitata dal corpo sulla atmosfera elettrica circostante è più debole a causa della piccola superficie presente.
Fig. 6. Rappresentazione pittorica di B. Franklin che cattura un fulmine
La teoria dell'unicità del fluido elettrico fu in breve tempo accettata da quasi tutti i fisici elettrizzanti. Tra questi ricordiamo in particolare Franz Aepinus (1724-1802) e Giambattista Beccaria (1716-1781), il più insigne fisico elettrizzante italiano dell'epoca, docente presso l'Università di Torino
Si deve in particolare ad Aepinus la spiegazione del fenomeno dell'induzione elettrostatica. Un conduttore isolato è posto sufficientemente vicino ad un corpo elettrizzato, ad esempio per eccesso, cioè positivamente, in modo da trovarsi all'interno della sua atmosfera elettrica. Per azione di quest'ultima il fluido elettrico, in equilibrio nel conduttore, viene spostato verso le parti più lontane rispetto al corpo elettrizzato. Il conduttore si elettrizzerà pertanto per difetto nella parte prospiciente il corpo elettrizzato e per eccesso nella parte opposta. Se il conduttore è a contatto con la terra parte del fluido elettrico in eccesso si scaricherà a terra in modo che il conduttore, una volta allontanato dall'influenza dell'atmosfera elettrica, risulterà caricato per difetto, cioè negativamente.
Si deve invece al Beccaria l'osservazione della diversa forma delle scintille che si sprigionano tra un corpo elettrizzato positivamente o negativamente e un corpo scarico. Le prime sono a forma di fiocco, come di fluido che si dirige dal corpo elettrizzato per eccesso verso il corpo scarico; le seconde a forma di stelletta, come di raggi elettrici che dal corpo scarico si concentrano nel corpo elettrizzato per difetto. Queste diverse forme delle scintille, non solo confermavano l'unicità del fluido elettrico, ma potevano essere utilizzate come criterio per distinguere le i due opposti stati elettrici e come spia per seguire la circolazione del fluido elettrico. Rappresentazioni pittoriche dei fiocchi e delle stelline, venivano usualmente utilizzate nelle figure dell'epoca per qualificare i corpi caricati positivamente, dai quali esce il fiocco, e quelli negativamente, nei quali entra la stelletta.


5. SYMMER E LA TEORIA A DUE FLUIDI

Ma nel 1759 nuovi esperimenti, dovuti a Robert Symmer ( ? -1763), riportarono alla ribalta la vecchia teoria dei due fluidi elettrici di Gray.
La scoperta di Symmer non avvenne in laboratorio, ma nell'intimità della casa. Egli era solito portare d'inverno due paia di calze di seta, un paio nero sopra ad un altro paio bianco.
La sera, togliendosi entrambe le paia di calze, ed avendole separate una dall'altra, notò che esse si erano elettrizzate per strofinio, ma mostravano uno strano comportamento.

Entrambe le calze [bianche e nere] quando sono tenute a distanza l'una dall'altra appaiono gonfie a tal punto che formano l'intera figura della gamba [...]. Quando le due bianche o le due nere sono tenute insieme alle estremità, si respingono tra loro e formano un angolo di 30 o 35 gradi. Quando una calza nera ed una bianca vengono avvicinate esse si attraggono. ... Alla distanza di tre piedi si piegano di solito una verso l'altra; alla distanza di due piedi e mezzo si afferrano; a distanze minori si avvinghiano con forza sorprendente. Nell'avvicinarsi, il loro rigonfiamento si abbassa gradualmente, mentre l'attrazione verso corpi esterni diminuisce; quando si incontrano, si appiattiscono e si stringono insieme. A questo punto le palline dell'elettroscopio non sono più sensibili. Ma la cosa che appare più straordinaria è che quando le calze vengono di nuovo separate e portate a distanza sufficiente [esse si rigonfiano] e la loro elettricità non sembra essersi minimamente indebolita dalla scarica che hanno avuto nell'incontrarsi.

La simmetria dell'esperimento faceva facilmente pensare all'esistenza di due distinti fluidi elettrici, che si attirano vicendevolmente e si respingono tra loro. A differenza del Gray che riteneva che un corpo possedesse solo o una o l'altra delle due elettricità, Symmer affermava che entrambe erano simultaneamente presenti in ogni corpo, ma in quantità diverse. La teoria a due fluidi sarà portata avanti dalla scuola francese, in particolare da Coulomb, che con le sue esperienze con la bilancia di torsione sarà in grado nel 1785 di ricavare la legge di attrazione e repulsione tra corpi elettrizzati.
Fig. 7. Disegno originale che descrive l'esperimento delle calze di Symmer
Ma l'aspetto che creava maggior difficoltà in questa esperienza era l'apparire di una nuova elettrizzazione dopo che il fluido elettrico era ritornato allo stato naturale nei due corpi in seguito al loro contatto.
Più imbarazzante ancora era l'esperienza realizzata nel 1765 dal medico torinese Giovanni Francesco Cigna (1734-1790).

Medianti fili di seta sospendevo una lamina di piombo piana e leggera affinché fosse isolata. Allora presentavo alla superficie piana del piombo un nastro [di seta] carico di elettricità vetrosa [...]. Se nel frattempo avvicinavo un dito al piombo, tra questo e il dito balzava fuori una scintilla e da quell'istante il nastro si avvolgeva al piombo e, aderendogli saldamente, lo sosteneva facilmente in tutto il suo peso [...]. Né il piombo né il nastro ad esso attaccato davano più alcun segno elettrico. Se si staccava il nastro dal piombo, una nuova scintilla si sprigionava tra il piombo e il dito presentatogli e il nastro si mostrava elettricio come prima.

Nel 1767 Beccaria elaborò una teoria per spiegare il tipo di fenomeni osservati da Symmer. Secondo Beccaria, che seguiva la teoria pneumatica di Franklin, le calze di diverso colore hanno elettricità contrarie, rispettivamente positiva quella bianca e negativa quella nera, che si neutralizzano se portate a contatto, esattamente come farebbero un pieno e un vuoto d'aria. Questa neutralizzazione spiega il fatto che le calze aderenti non mostrano segni elettrici. A questo punto Beccaria ipotizava che, separate nuovamente, le calze rivendicassero le elettricità prima possedute, cioè ritornassero rispettivamente positiva quella bianca e negativa quella nera. Questo strano processo di rivendicazione non fu mai specificato da Beccaria, che lo elevò semplicemente al rango di un nuovo principio elettrico, a cui diede il nome di elettricità vindice, nel significato appunto di elettricità che i corpi rivendicano a sé uguale a quella posseduta prima della scomparsa dei segni elettrici.

L'isolante dopo essersi unito coll'isolante [o con il conduttore] e dopo annullate le elettricità loro contrarie, in quanto
che eguali, nell'atto che si disgiunge dall'altro corpo isolante ripiglia l'elettricità, cui aveva avanti di congiungersi.

Beccaria applicò il principio dell'elettricità vindice ad un altro importante: se un quadro di Franklin carico viene scaricato creando un circuito esterno tra il lato positivo A e il lato negativo B, tutti i segni elettrici cessano. Se ora si solleva, tenendola isolata l'armatura giacente sulla superficie A del vetro, su quest'ultima si osserva un'elettricità positiva, mentre l'armatura viene trovata negativa. Secondo Beccaria, ciò è avvenuto perché la superficie A del vetro ha rivendicato l'elettricità positiva inizialmente posseduta, rubandola all'armatura, sulla quale si ritrova infatti un'elettricità negativa.
Ed è a questo punto che si inserisce con prepotenza nel dibattito scientifico il giovane Alessandro Volta. Non ancora ventenne egli entra in corrispondenza con il Nollet e il Beccaria. In particolare con quest'ultimo, inizia un'accesa polemica, in quanto rifiuta l'ipotesi di una elettricità vindice, ritenendo invece che l'elettricità che si manifesta nel conduttore e nell'isolante dopo il loro distacco sia già presente in essi, in quanto il contatto dei due corpi non distrugge la carica in esso raccolta, ma annulla solamente i segni elettrici esteriori.