i. la conservazione della sostanza

La ricerca del permanente nel corso dei fenomeni, dell'invariabile fra tutte le variazioni è stato fin dai tempi più antichi un fondamentale problema della filosofia della natura; in tutti i tempi lo sforzo della scienza matematica della natura è stato rivolto a conferire alle sue leggi una maggiore chiarezza e trasparenza attraverso l'individuazione di quelle grandezze che si manifestano come invariabili di fronte a molteplici variazioni di altri valori. La ricerca filosofica e quella delle scienze esatte, miranti a questi traguardi, hanno tramandato, come risultato comune, i due principi che oggi costituiscono il fondamento delle scienze della natura: la tesi della conservazione della materia, quale principio fondamentale della chimica, e la tesi della conservazione dell'energia come legge fondamentale della fisica.

Nell'idea ancora indefinita della conservazione della sostanza risiede la comune origine di entrambe le leggi. Ma come nei tempi più remoti la materia appariva, quasi senza eccezioni, come la sostanza mentre l'energia, sotto la forma di movimento o di facoltà d'azione appariva solo come stato della sostanza, così cominciò dapprima a svilupparsi il principio della costanza della materia, dal quale solo più tardi venne a poco a poco germogliando quello della costanza dell'energia. Pertanto nello sviluppo originario della tesi della conservazione della materia si ritrovano i primi inizi dell'energetica.

Il concetto della costanza della materia appare già con grande evidenza nella filosofia greca. Che una quantità materiale possa sorgere dal nulla appariva agli Ellenici così impensabile che gli stessi pensatori, i quali, come Platone, ammettevano un inizio del mondo, parlavano di continuo di un Ordinatore ma mai di un Creatore della materia. Ma anche in numerose asserzioni di antichi filosofi appare chiaramente evidente l'idea della conservazione della sostanza. Essa raggiunse un'importanza basilare già nella dottrina della scuola eleatica; così Melisso esprime la convinzione che dal non-esistente non possa derivare nulla e perciò "ciò che era, è sempre stato e sempre sarà"[1] . Anche Empedocle respinge l'idea che ciò che prima non esisteva possa sorgere o che qualcosa possa deperire e sparire completamente. Una tale idea sarebbe il prodotto di una visuale molto ristretta, dal momento che sarebbe del tutto impossibile che dal non-esistente derivi qualcosa e del tutto inaudito che qualcosa di esistente possa mai scomparire nel nulla[2]. Che nulla si crei e nulla si distrugga insegna pure Anassagora: ogni sorgere sarebbe solo una mescolanza, ogni deperire solo una separazione di cose già esistenti[3]. Democrito riassume l'idea del suo sistema atomistico nelle parole: "Nulla deriva dal niente e niente decade nel nulla"[4] ; ogni cambiamento è, a suo modo di vedere, solo un legarsi e separarsi di parti. Se così non fosse, aggiunge a sostegno Epicuro, tutto potrebbe derivare da tutto[5] .

Presso Lucrezio l'idea della conservazione della materia appare già legata al concetto della indistruttibilità del movimento; già in questo contesto Lucrezio fa addirittura riferimento all'impossibilità di creazione di nuova forza. La materia, come egli racconta nel suo famoso poema, non è mai stata più densamente compressa di adesso e nemmeno più diluita da maggiori interstizi fra le particelle. Infatti né la materia può accrescersi né parte di essa può scomparire. Pertanto il moto degli atomi sarebbe stato anteriormente lo stesso di adesso ed anche in futuro continuerà ad avvenire nella stessa maniera. Nessuna forza è in grado di aumentare o diminuire la totalità delle cose dal momento che non vi è alcuna possibilità che un qualsiasi costituente della materia possa sparire dallo smisurato universo o che da una provenienza qualsiasi una nuova forza possa penetrare nell'universo, modificando in tal modo la natura delle cose ed il loro movimento[6] .

L'idea della costanza della materia degli antichi atomisti venne ripresa in seguito particolarmente dagli innovatori del loro sistema, in special modo Gassendi, il quale realizzò il passaggio dal principio di conservazione della sostanza alla tesi della conservazione della forza. Nei tempi successivi, invero, l'idea della conservazione della materia è stata generalmente considerata come un assioma. Si dovette aspettare fino alla fine del diciottesimo secolo prima che il contrasto esistente fra il principio ed alcune teorie chimiche, quale la dottrina del flogisto, venisse appianato. Solamente dopo che Lavoisier ebbe conferita una forma esatta al vecchio assioma metafisico, esso, come principio della costanza della massa, intesa come quantità ponderabile, potè assurgere a sommo concetto fondamentale della chimica.

Le molteplici modificazioni subite dall'ipotesi della conservazione della materia nel corso degli ultimi secoli vengono qui appena prese in considerazione in quanto questa ipotesi, rivelatasi di così grande importanza per lo sviluppo del principio dell'energia, avrebbe, sotto questo punto di vista, esaurito il suo compito allorchè, partendo dalla convinzione dell'immutabilità della sostanza, venne perfezionandosi per quest'ultima pure l'idea della conservazione dei suoi stati e della sua facoltà di azione.