Museo per la Storia dell'Università di Pavia

Informazioni generali:
Palazzo Universitario - Strada Nuova, 65
27100 PAVIA
Telefono: 0382 984709/984707/984659; Fax: 0382 29724
Direttore: Prof. Paolo Mazzarello

e-mail: museo.storico@unipv.it
sito web: http://musei.unipv.it/msu
Orario di apertura:
Lunedì : 14.00 - 17.00
Mercoledì e Venerdì: 9.00 -12.00

Ogni quarto sabato del mese dalle 15,30 alle 18,30 (Consultare il calendario delle aperture sul sito)
Possibilità di visita in altri orari, anche per piccoli gruppi, su prenotazione telefonica.




Cenni storici

L’idea di un Museo universitario a carattere storico-medico nasce con le riforme teresiano-giuseppine. Nella seconda metà del Settecento il clima riformistico dell’Illuminismo coinvolge anche l’università di Pavia, sino allora appendice quasi dimenticata dell’impero. L’Imperatrice Maria Teresa d’Austria e il suo erede Giuseppe II, monarchi illuminati, si occuperanno della rinascita e del rifiorire dell’antica Università promuovendo riforme di carattere didattico, scientifico, nonché un rinnovamento edilizio. Dopo diversi tentativi, verranno approvati dal Magistrato Generale degli Studi il Piano Didattico del 1771 e il Piano Scientifico del 1773 che intendevano disciplinare l’accesso degli studenti alle facoltà, la chiamata dei professori, i migliori, per fama e valore scientifico, e erano volti ad eliminare gli insegnamenti superflui a favore di una didattica moderna, d’impronta sperimentale (1) . Sorsero, a questo scopo, le nuove strutture della biblioteca, del teatro anatomico, del Museo di storia naturale, del laboratorio di chimica e dei diversi gabinetti per l’insegnamento, dell’orto botanico, del gabinetto di fisica sperimentale e di anatomia. L’attuale allestimento della struttura museale, invece, che occupa quella che fu la sede della Facoltà di Medicina, adiacente all’antico Teatro anatomico intitolato ad Antonio Scarpa, risale agli anni trenta. Il Museo fu infatti creato nel 1932 per accogliere il materiale esposto nella mostra di cimeli allestita a Palazzo Botta in occasione del primo centenario della morte di Scarpa, fondatore della Scuola Anatomica pavese. La mostra, organizzata da Antonio Pensa, Presidente del IV Convegno della Società Italiana di Anatomia e titolare della cattedra di Anatomia Umana Normale, ottenne un grande successo di pubblico e di studio da parte di storici delle scienze mediche e naturali. Gli oggetti esposti per l’occasione comprendevano gli scritti autografi, le opere a stampa, le preparazioni anatomiche dello stesso Scarpa (2) e degli altri anatomici Rezia e Panizza, conservate nel Museo Anatomico. Il Gabinetto Anatomico, creato ed arricchito da Scarpa e dai suoi successori, fu sede dell’Istituto di Anatomia per circa un secolo, fino a quando quest’ultimo si trasferì a Palazzo Botta nel 1902 e i locali del gabinetto diventarono la sede dell’Istituto di Anatomia Patologica. Dopo l’esposizione del 1932, l’Istituto di Anatomia Patologica si trasferì nella nuova sede in via Forlanini e nei locali appena liberati nel palazzo universitario venne alloggiato il materiale anatomico, primo nucleo delle attuali collezioni museali. In quell’anno, inoltre, affluirono al nascente Museo numerosi oggetti storici che erano stati restituiti all’Università dopo l’Esposizione di Storia della Scienza a Firenze, tra i quali diversi strumenti del Gabinetto di Fisica di A. Volta, e le preparazioni riguardanti patologie vascolari e osteo-articolari conservate nell’ex Museo Porta, situato nei locali della Clinica Chirurgica del vecchio Ospedale S. Matteo fino al trasferimento di quest’ultima nella nuova sede al Policlinico. Il Museo attuale venne dunque inaugurato ufficialmente nel 1936 e fu ampliato nel corso degli anni grazie ad oggetti provenienti dagli istituti universitari, dai musei preesistenti (3) , o donati da privati; va ricordata, tra le altre, la donazione fatta dagli eredi di Golgi di oggetti appartenutigli, di manoscritti, di appunti per le lezioni, di decorazioni accademiche italiane e straniere, del suo carteggio ordinato dal suo allievo Veratti e soprattutto dell’attestato originale del Premio Nobel assegnatogli nel 1906. Durante la guerra il Museo rimase chiuso ed il suo contenuto trasferito in un luogo sicuro, mentre nell’immediato dopoguerra, grazie al contributo del rettore Fraccaro, il Museo accrebbe le sue collezioni, con l’acquisto di cimeli, il ritrovamento di oggetti e documenti, e donazioni di grande valore. In seguito, come ai tempi del suo fondatore, venne ripristinata la comunicazione con il portico e il cortile che danno accesso all’Aula Scarpa , e al Museo fu annesso un ampio locale che avrebbe poi accolto gli strumenti di Fisica, acquistati o fatti costruire da Volta e dai suoi successori, Configliachi, Belli, Cantoni. Oltre a preparati anatomici, strumenti di fisica e chirurgici, documenti relativi alla storia dell’ateneo e cimeli, il Museo possiede molto materiale che, anche per esigenze di spazio, non può essere normalmente esposto al pubblico, ma viene presentato con un certo avvicendamento o su richiesta. Parecchi documenti e scritti autografi sono raccolti in cartelle ed elencati in maniera da essere facilmente rintracciabili, come, ad esempio, gli autografi di Volta, Foscolo, Monti, Spallanzani, Moscati, Golgi, Oehl, del cui trattato il Museo possiede tutto il manoscritto, ma del quale è esposta la sola prefazione. In cartelle sono conservati anche gli autografi di Valentino Brugnatelli, Romagnosi, Adelaide Cairoli e di molti altri personaggi. Dei numerosi volumi nei quali sono raccolte le storie cliniche ed i protocolli delle esperienze di Luigi Porta, sono esposti solo pochi esemplari, mentre gli altri sono custoditi in armadi contenenti anche altri libri di carattere storico e scientifico di notevole importanza.


1. Ecco in tal proposito le parole di Spallanzani tratte dalla Picciola memoria relativa al modo con cui il Professore di Storia Naturale della Regia Università di Pavia suole combinare la parte sistematica della Scienza che insegna con lo spirito di osservazione, la cui minuta è conservata nel Museo per la Storia dell’Università di Pavia. “I. A me preme prima di ogni altro d’imprimer bene nella mente de’ giovani ciò che io intendo per spirito di osservazione. Lo che a mio avviso io non posso meglio dar loro ad intendere quanto trattenendomi con esso loro di un oggetto che sia stato eccellentemente esaminato da qualche grande osservatore come da un Malpighi, da un Lionnet, da un Réaumur. Allora facilmente giungono a capire non essere lo spirito di osservazione che una facoltà di ben ben comprendere un oggetto in tutte le sue parti, di scoprirne i rapporti, di combinarli fra loro, e con gli altri esseri, per giungere allo scoprimento di qualche verità od utile conseguenza. Premesso la qual nozione, io mostro a’ giovani quali requisiti richieggansi per lo spirito d’osservazione e quali oggetti giovi osservare”. “II. [...] io comincio a metter loro sott’occhi, che per bene disporsi nell’osservare torna sovente l’essere diciam così tavola rasa intorno al soggetto da esaminarsi. [...] Ed essendone più o meno informati, giova almeno il prescinderne allora, così che sian disposti a non ricevere che quelle idee, che esaminando l’oggetto si comunicano all’animo col mistero de’sensi”. L’osservatore oltre ad essere libero e scevro da ogni prevenzione di partito, deve anche “esser libero e scevro... da qualunque spirito di sistema. La prevenzione io la paragono a certi occhiali mal fatti, che alterano più o meno i colori e la proporzione degli oggetti”.back

2. Descritte nell’Index rerum Musaei Anatomici Ticinensis, pubblicato nel 1804.back

3. Nel Piano di Direzione dell’Università di Pavia era citato il “Museo di Istoria Naturale” al quale il piano accordava una sovvenzione annua di L. 400 “da impiegarsi nell’acquisto di quei capi che il Professore crederà più opportuni” e si raccomandava al Magistrato degli Studi “di procurare la raccolta di quanto può riguardare l’Istoria Naturale della Lombardia per corredare il Museo in questa parte la più interessante a ben conoscere gli interni prodotti”. Il Museo era stato iniziato da Spallanzani grazie ad una raccolta di collezioni dimostrative fatta a Vienna e poi spedita a Pavia, dove giungeva il 6 febbraio 1771 e veniva collocata inizialmente in due stanze del Collegio Ghislieri. Il Museo arricchitosi grazie all’intervento del governo e all’opera di Spallanzani, in seguito venne trasportato nel Palazzo Universitario e collocato nel 1775 in un’ampia sala che poteva accogliere anche ulteriore materiale. Un altro Museo, il Museo Patologico, era stato iniziato nello stesso periodo dall’anatomico e clinico Giovanni Peter Frank , e poi continuato da Pietro Moscati , espertissimo preparatore. Egli aveva ottenuto che il Governo ordinasse a tutti gli Ospedali lombardi di inviargli i parti mostruosi e i pezzi patologici degni di osservazione; questa prima raccolta venne collocata in un locale dell’Università accanto al Teatro Anatomico , ma si arricchì al punto da diventare ben presto un vero e proprio Museo, al quale affluivano i preparati provenienti dalle sale anatomiche e chirurgiche dell’Ospedale. Un’altra raccolta si era nel frattempo costituita presso l’Ospedale grazie ai pezzi patologici derivanti dalle dissezioni praticate presso la Clinica medica e quando Moscati tornò all’insegnamento a Pavia nel 1799, le due raccolte furono unite nel Museo anatomo-patologico. Il Gabinetto poi Museo di Anatomia umana, iniziato da Rezia e quello di Anatomia comparata, appena iniziato da Spallanzani , quello di Anatomia patologica vennero poi promossi e arricchiti da Scarpa. back