Aureliano venne proclamato imperatore dai soldati fuori dall’Italia nel 270; grazie al suo saldo comando militare ed all’abilità diplomatica trasformò in un periodo relativamente breve le strutture governative e l’aspetto dell’impero con profonde conseguenze. Prima ancora di raggiungere Roma per celebrare l’accessione al potere, respinse le invasioni di Juthungi e Alemanni e a Roma fece erigere le nuove mura aureliane per proteggere la città e riaffermare il potere centrale attraverso un’opera grandiosa. Nella capitale dovette affrontare la rivolta dei monetieri che si concluse nel sangue e con la temporanea chiusura della zecca di Roma; la riforma monetaria che seguì fu sicuramente influenzata da motivi politici e volta a controllare la produzione e distribuzione di nuova moneta che in tutto l’impero portava ora solo l’immagine di Aureliano. La riforma monetaria diede inizio ad una spirale inflazionistica di colossali proporzioni.
Con Diocleziano l’impero cambiò nuovamente in direzione di un forte controllo dell’autorità e dei vertici del potere, che si basava ora interamente sul riconoscimento da parte dell’esercito: nessuno dei tretrarchi che Diocleziano si associò assunsero la dignità imperiale a Roma. Nuove residenze vennero costruite a Milano e Nicomedia, riflettendo una preferenza di Diocleziano per l’oriente e Massimiano per l’occidente. Diocleziano riformò aspetti politici, amministrativi, economici, monetari e religiosi. Il sistema tetrarchico garantiva la presenza dell’imperatore sul territorio per mantenerne il controllo politico e militare; affermava inoltre un nuovo modello di successione al potere imperiale attraverso la nomina dell’imperatore e la conferma dell’esercito. L’Editto dei prezzi e l’Editto della moneta riguardavano un riordino delle finanze imperiali in risposta all’inflazione scatenata dalla riforma di Aureliano. Diocleziano promulgò anche un editto di persecuzione contro i cristiani che, per quanto annullato da un’amnistia generale dopo otto mesi di validità, pose le basi per un uso politico delle relazioni con i cristiani .
Costantino raggiunse il potere imperiale individuale grazie all’abilità strategica ed alla rapidità militare con cui sconfisse uno a uno i suoi avversari. Era sostenuto da una capacità visionaria: prima il dio Apollo, poi il simbolo della croce contribuirono all’affermazione individuale di Costantino, per il quale la scelta religiosa cristiana aveva forti implicazioni politiche. Affermando la sua parentela con Claudio il Gotico ritornava al principio di ereditarietà del potere imperiale e garantiva l’instaurazione di una dinastia costantiniana. Il governo di Costantino vide una progressiva burocratizzazione dell’impero e il privilegio per le alte classi imperiali determinò anche scelte di natura economica e monetale, per cui nel corso del IV secolo la moneta d’oro assunse una funzione predominante.
La riforma di Aureliano intervenne in un contesto di disordine monetale. Aureliano assicurò la costante bontà di peso e metallo della moneta d’oro e stabilì una nuova moneta d’argento il cui contentuto di fino era pari al 5%, indicato anche sulle monete con XX(=20 parti di bronzo)I(=1 parte d’argento) o KA (in greco). Chiuse la zecca di Mediolanum e la spostò a Ticinum, che iniziò a coniare monete in oro, argento e bronzo nella primavera del 274.
1-2) Monete di Aureliano in mistura argentata (cosiddetto antoniniano) emesse dalla zecca di Milano prima della riforma con la raffigurazione al rovescio della vittoria dell'imperatore contro Juthungi e Alamanni del 271 e la virtù dei soldati, g. 3,26; 3,80.
La divinità solare è rappresentata mentre schiaccia due prigionieri in vesti orientali, segno della vittoria riportata nel 272 da Aureliano su Palmira, regno ai confini orientali dell’Impero. La devozione dell’imperatore a questa divinità lo portò anche a dedicare a Sol un tempio a Roma.
3- 4) Monete di Aureliano in mistura argentata (cosiddetto aureliano) emesse dalla nuova zecca di Ticinum, g. 4,09; 3,95.
5) Asse di Aureliano in bronzo emesso dalla zecca di Roma con le figure dell'imperatore, Salonina sua moglie e il busto di Sol con corona di raggi, g. 7,92.
Il ruolo primario della zecca di Ticinum consisteva nella produzione di moneta destinata a rifornire le campagne militari degli imperatori da Aureliano a Carino, sui confini germano-retici. Nel ripostiglio di straordinarie proporzioni (50600 monete) ritrovato presso Verona, le monete di Ticinum rappresentano il 30% di tutte le monete emesse a nome dell’imperatore Tacito.
6) Moneta di Tacito in mistura argentata (cosiddetto aureliano) emessa a Siscia fra 275 e 276, g. 3,18.
In tutte le zecche dell’impero e per il regno degli imperatori illirici, l’iconografia monetale è ripetitiva; il ritratto dell’imperatore comincia a distanziarsi dal realismo caratteristico della monetazione precedente; i tipi del rovescio sottolineano il ruolo dell’esercito o le virtù, spesso militari, dell’imperatore.
7) Moneta di Aureliano in mistura argentata (cosiddetto antoniniano) emessa a Siscia prima della riforma, g. 3,06.
8) Moneta di Floriano in mistura argentata (cosiddetto aureliano) emessa a Cizico nel 276, g. 3,60.
Il numero e la varietà degli esemplari esposti riflette la proliferazione di tipi monetali, legende, segni e simboli usati sulle monete durante il regno di Probo, che continuò e arricchì la serie delle personificazioni di rovescio con frequenti richiami alle virtù dell’Augusto e al ruolo dell’esercito. La concordia fra legioni era essenziale per garantire la difesa dell'Impero dall'esterno e all'interno.
Tutte queste monete furono emesse nella zecca di Ticinum attiva con sei officine, indicate dalle lettere P(rima), S(ecunda), T(ertia), etc.
9-10) Monete di Probo in mistura argentata (cosiddetto aureliano) emesse nella terza officina di Ticinum con l'augurio della salvezza dell'imperatore, g 3,99; 3,68.
11-12) Monete di Probo in mistura argentata (cosiddetto aureliano); proclamano la previdenza dell'imperatore e la pace portata dal suo regno, g. 3,68; 4,00.
13-14) Monete di Probo in mistura argentata (cosiddetto aureliano) con la raffigurazione della concordia fra soldati, g. 3,54; 3,41.
15) Moneta di Probo in mistura argentata (cosiddetto aureliano) in cui al rovescio appare la raffigurazione di Sol, divinità strettamente legata all'imperatore sul quale estende la sua protezione, g. 4,20.
La riforma monetale di Diocleziano introdusse nuovi tagli monetali: una moneta d’argento di alto contenuto di fino (pari al 90%) e una moneta di bronzo di dimensione e peso considerevoli, il nummus, coniata nelle 12 zecche dell’impero con gli stessi tipi e con un marchio di zecca individuale.
Il Genio del Popolo Romano é raffigurato con il corno dell'abbondanza e nella mano destra una patera, scodella usata per le offerte rituali; le lettere sotto i piedi indicano la zecca.
16) Nummus in bronzo emesso a Ticinum (T) 296-7 g. 10,8
17) Alessandria (ALE) 300 c., g. 10,27
18) Aquileia (AQ) 296 c., g. 10,03
19) Antiochia (ANT) 299-300 c., g. 9,87
20) Nicomedia (SMN) 294-5 c., g. 9,12
21) Treviri (TR) 296-7 c., g. 7,46
22) Siscia (SIS) 299 c., g. 9,22
Il messaggio ideologico comunicato attraverso le monete ritraeva l’imperatore e il suo collega Massimiano con fisionomia poderosa e tratti non individuali, quasi identici. Diocleziano si associò come divinità principale Giove, padre degli dei, mentre Massimiano era spesso associato con Ercole, divino, ma subordinato a Giove. Anche i Cesari Galerio e Costanzio emisero moneta con il proprio ritratto.
I due Augusti sono entrambi ritratti sulle monete emesse a Ticinum.
23) Nummus in bronzo di Diocleziano emesso a Ticinum 300-303, g. 8,64
24) Nummus in bronzo di Massimiano emesso a Ticinum 300-303, g. 9,64
Costantino riprese l’immagine di Sol invictus, a cui si era dedicato Aureliano, per sostenere la legittimità della sua ascesa al potere imperiale. La devozione al dio solare venne riversata sulla nuova fede cristiana, ma le zecche continuarono l'emissione di monete con il tipo di Sol.
25) Moneta di Costantino in mistura emessa a Lione (LG) 313-4, g. 2,15
26) Moneta di Costantino in mistura emessa a Ticinum (T) 314, g. 4,15
27) Moneta di Costantino in mistura emessa a Treviri (TR) 317-8, g. 3,60
La protezione divina accordata a Costantino è dichiarata nelle relazioni del sogno precedente la battaglia di Ponte Milvio, in cui Costantino adotta il simbolo cristiano della croce come insegna sulle armi delle sue schiere. La zecca di Ticinum emise un singolare pezzo in argento in cui lo stesso simbolo è raffigurato sull’elmo di Costantino, mentre altrove l'adozione di simboli cristiani anche sulla moneta fu un processo lento.
28) Moneta di Costantino in argento emessa a Ticinum
Numerosi e ripetuti furono gli interventi di Costantino in materia monetale, per affrontare l’inflazione inasprita dalla riforma di Aureliano e non risolta da quella di Diocleziano. Nel contesto di questa riforma la zecca di Ticinum, che aveva prodotto pezzi così significativi nell’ascesa al potere individuale di Costantino, venne chiusa nel 326, con il trasferimento della residenza imperiale nella nuova Roma, Costantinopoli.
29-30) Monete di Costantino in mistura emesse a Ticinum 322-5; il tipo di rovescio ricorda i voti ventennali dell'Imperatore, celebrazioni pubbliche con sacrifici agli dei, donativi ai soldati e al popolo, spettacoli e giochi.
Testi di Alessia Bolis, Curatore della mostra