Il rifornimento di metalli preziosi fu parte determinante della economia medievale; lo sfruttamento di nuove miniere d’argento fu almeno uno degli elementi che contribuirono alla ripresa dei commerci europei a partire dal XIII secolo.
La nuova età dell’oro cominciò con l’emissione di Firenze e Genova di fiorini e genovini d’oro nel 1252, presto imitati dai ducati di Venezia e rapidamente dalle principali città italiane e poi estere al centro di un rifiorente commercio internazionale.
La debolezza del potere politico imperiale e il sorgere delle autonomie cittadine portò ad un moltiplicarsi di monete municipali: il diritto di battere moneta era concesso dall’Imperatore o usurpato dalle città come simbolo di potere sovrano.
Mentre in età imperiale le monete di zecche diverse non differivano nell’aspetto generale, le monete comunali affermano la loro identità e indipendenza anche attraverso simboli cittadini, spesso raffigurando il santo vescovo che per primo si sostituì al conte rappresentante dell’autorità imperiale, e ottenne o usurpò il diritto di zecca.
La moneta è per sua natura un oggetto legato all'autorità ed alla tradizione, che cambia molto lentamente; anche la trasformazione della città di Pavia in Comune nel 1250 non rinnovò completamente l'immagine della moneta, che mantenne le iscrizioni tradizionali, facendo riferimento all'imperatore augusto nelle leggende intorno al simbolo centrale, la raffigurazione di San Siro sui denari e una croce sui mezzi denari
1-2) Mezzani o mezzo denaro in argento, zecca di Pavia, g. 0,53; 0,71
La posizione della zecca sul reticolato della città é rappresentata simbolicamente dall'immagine del fiorino, collocato sulla mappa del Mediterraneo in corrispondenza della città di Firenze, dove nel 1252 iniziò la coniazione di monete d'oro destinate a straordinaria fortuna nel commercio internazionale per i secoli successivi.
3) Opicino de Canistris Codice Vaticano Latino 6435 foglio 85r (Foto riprodotte per gentile concessione prof. P. Tozzi)
Corrado II concesse il diritto di zecca anche a nuove città, che iniziarono a competere con Pavia e ben presto superarla nel ruolo economico di spicco avuto sotto la dinastia di Sassonia. Piacenza intitolò tutte le sue monete dal 1140 al 1313 all’imperatore che le aveva confermato il privilegio di zecca.
4) Moneta in argento (grosso) di Piacenza, g. 1,93
5) Moneta in argento (mezzo grosso) di Piacenza, g.0,71
Con l'entrata di Galeazzo II Visconti a Pavia nel 1359 la zecca cittadina entrò in un travagliato periodo di sospensione dell'attività, spostamento della sede e mutamento delle condizioni per la conduzione dell'attività monetaria. In questo documento appare come la zecca sia sottoposta alle indicazioni provenienti da Milano per quanto riguarda il tipo e il taglio delle monete e sia di secondaria importanza rispetto a quelle di Milano e Parma. Risulta inoltre che la zecca sia rimasta inattiva per un periodo precedente questa lettera ducale e probabilmente l'attività appena ripresa non continuò molto a lungo; si succedono infatti nel XV sec. le richieste della città per la riapertura della zecca, finché questa non venne definitivamente dichiarata chiusa nel 1474.
6) 19 aprile 1452 Lettera ducale al Podestà e al Referendario di Pavia in merito alla riforma delle monete con diversi ordini agli ufficiali della zecca per il conio.
(Archivio Comunale di Pavia Cart. 409 foglio 24)
Dux Mediolani et Papie
Aglerieque Comes ac Cremone dns
Dilecti nostri Conoscendo muy apertissimamente quanto detrimento segue non solo ad lentrate nostre ma ancora universalmente ad cittadini et mercadanti di quella et de le altre nostre Citade per la debilitate et mancamento de la moneta in questo tempo prox passato fabbricata, habemo deliberato ex toto di volere rimediare ad tanto inconveniente et habemo facto diligentissimamente ventilare et discutere li remedi opportuni ad questa cosa per persone pratiche et docte di simile materia. Ilperchè avendo nuy perfectamente inteso quanto bisogna circa questo et procurando nuy il bene comune si de quella come de tute le altre nre Citade insieme cun l’utile de la Camera nra volemo et comandemone che havendo ad lavorare la zecha di quella nra Citade la quale siamo contenti possa lavorare observando linfrascripto modo vuy gli apponate questi ordeni mjti et honesti acio che la moneta ramanga in sua bontate et vallore usata et loro non possa piu accrescere, come se vede che fa continuamente. I quali se habieno diligentemente ad observare et non se possa altamente fabbricare moneta , come etiandio havemo ordinato, et mandato ad li nri officiali de la zecha di questa nra Citade de Milano et cusi de Parma. Cioe, prima che se faciano grossi valenti soldi 11 per ciascuno de quali siano cento et mezo per marco et non piu et che tengano onz quatro dargento fino. Et largento se compri per libre xviii per marco de fino Et habiano de rimedio grani 1 per quarto donza in liga et in pexo denari 13. Ancora che se lavorino sexini che siano ccxvi per marco, et tengano onz ii dinari ii dargento fino per marco. Et habiano di rimedio grani 1 per quarto donza, Et in pexo dinari iii per marco. Et queste doe monete di sopra siano facte coj hordini usati ne le altre zeche antique. Cio che ad le delivranze de li assagij siano pnti ogni volta che il Referendario di quella nra Citade lo Assaggiatore et lo Guarda di ferri et ti soprastanti per il manco Con questa addizione che nuy disponemo et volemo che in quella zecha se debiano fabbricare altrettanti marchi de grossi quanti de sexini nel modo soprascripto. Et oltra questo volemo faciate et exequate ony effecto che per il Tesorero et qualunca altro nostro officiale di quella nostre Citade non si riceva ne spende il ducato doro se non solamente per soldi lxvj luno. Le quale tute cose soprascripte vi carichiamo et comandemo strectamente dobiate observare diligentissimamente et al tuto exequire, non vi mancando di cosa alcuna per quanto aviti cara la gratia nostra. Dat. Mediolani die xviiij Aprilis MccccLSecundo
Il tipo del Sant'Ambrogio patrono di Milano venne copiato sulle monete emesse a Pavia, sostituendolo con il primo vescovo pavese San Siro; solo ad un'analisi ravvicinata si nota che S. Ambrogio viene ritratto con il flagello, mentre San Siro alza la mano destra in segno di benedizione, e la legenda indica rispettivamente il nome delle città di Mediolanum e Papia.
|
|
7) Moneta in argento (pegione) di Galeazzo II Visconti, zecca di Pavia, g. 2,43
8) Moneta in argento (grosso) di Gian Galeazzo Visconti, zecca di Pavia, g. 2,56
9) Moneta in argento (pegione) di Galeazzo Bernabò Visconti, zecca di Milano, g. 2,63
-
Testi di Alessia Bolis, Curatore della mostra