I fatti monetari permettono di inquadrare la storia di questo lungo periodo di trasformazioni politiche, economiche, sociali e culturali attraverso fasi coerenti. Ancora più della discesa dei Longobardi, la conquista carolingia rappresentò una completa frattura con la tradizione di origine romano-bizantina. La riforma monetaria di Carlo Magno segnò la fine della moneta in oro anche in Italia dal 781 e l’inizio del monometallismo argenteo, diffuso in tutta Europa.
La disputa iconoclasta sorta tra l’Impero bizantino e il Papato nel 726 fece da sfondo alla diffusione di tipi monetali in cui i segni grafici sono dominanti e costituiscono l’unico disegno, insieme con la croce. Questa scelta figurativa continuava l’uso iniziato in età ostrogota di rappresentare il re attraverso il suo nome o monogramma.
Pavia continuò il ruolo di città capitale del Regnum italicum dal 774 al 1024, anno in cui il palazzo regio fu completamente distrutto e il conte palatino cacciato si ritirò a Lomello. La nuova indipendenza di Pavia non portò i vantaggi economici che gli altri comuni conquistarono insieme con il diritto di battere moneta. Il privilegio imperiale di zecca aveva garantito la diffusione dei denari papienses su un territorio ben più ampio di quello immediatamente pertinente alla città; la zecca di Pavia concorreva con quelle di Milano, Lucca, Treviso e Venezia a fornire moneta a tutto il regno d’Italia.
Inizialmente Carlo Magno sfruttò le stesse zecche in uso sotto i Longobardi, ma presto riorganizzò la moneta anche in Italia, concentrandola in quattro zecche principali e imponendo tipi uniformi, in cui al Rovescio compariva il nome della città. Ticinum e Papia erano entrambi usati dal finire dell’epoca gotica; l’uso sulla moneta di Papia diede ufficialità al nome che sostituì quello romano.
1) Ludovico Antonio Muratori Antiquitates italicae medii aeuii, sive dissertationes de moribus, ritibus, etc., Milano, 1738-1742
(Riprodotto per concessione Warburg Institute)
Il favore di Adelaide, moglie di Ottone I e madre di Ottone II, portò vari benefici alla città di Pavia. Il palazzo fu ingrandito e abbellito, i monasteri cittadini ricevettero privilegi e donazioni, la residenza della corte favorì la concentrazione di ricchezza e il commercio internazionale. La moneta testimonia questa prosperità: i denari di Ottone sono di buon peso e contenuto di argento e circolano su tutto il territorio italiano.
2) Moneta in argento (denaro) di Ottone I imperatore e Ottone II re, zecca di Pavia, g. 1,35
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3) Moneta in argento (denaro) di Ottone III imperatore, zecca di Pavia, g. 1,42
Pavia beneficiava della posizione sul fiume che la collegava direttamente con il mercato veneziano e le permetteva di raggiungere tutto il territorio padano sfruttando le vie d’acqua interne. Il favore imperiale aumentò questo vantaggio naturale con il protezionismo che permise ai commercianti pavesi di raggiungere grande prosperità e una posizione dominante nei traffici di tutta l’alta Italia al principio del nuovo millennio.
4) Ministri autem negociatorum papie, magni et honorabiles et multum divites, receperunt semper de manu Imperatoris preceptum cum omni honore ubicumque fuissent ad mercatum aut per aquam aut per terram, ut nullum damnum nec molestiam debeatur eis facere aliquo modo.
(I ministri dei negozianti pavesi, gente importante, degna di onore e molto ricca, hanno sempre ricevuto da parte dell’Imperatore preceptum, con grande onore e in qualunque luogo si trovino per commerciare, sia per via d’acqua sia per terra, non deve essere loro recato alcun danno o intralcio in alcun modo.)
(Tratto da C. Bruhl C. Violante, Die "Honorantie civitatis papie", Wien, 1983)
La distruzione del palazzo regio della capitale Pavia nel 1024 ebbe risonanza in tutto il Regno. Tutte le funzioni principali dell’amministrazione centrale vennero dislocate intorno a Pavia, che mantenne però la zecca, e dopo la riconciliazione con l’imperatore nel 1026 continuò a battere moneta con il nome dell’imperatore.
5-6) Monete in argento (denari) di Corrado il Salico, zecca di Pavia, g. 1,09; 1.
Intorno al 1100 la qualità dei denari papienses, che costituivano allora la gran massa della moneta circolante in Italia, si deteriorò: la serie dei denari enriciani mostra un progressivo scadimento della moneta pavese, di peso ridotto e minor contenuto di argento, immediatamente riconoscibile dall’aspetto annerito.
7-8) Monete (denari) in argento di Enrico III, zecca di Pavia, g. 1,09; 0, 80
I tipi monetari delle principali zecche imperiali rimasero uniformi per quasi tre secoli: al diritto il nome e titolo del sovrano, al rovescio il luogo dell'emissione. Lucca fu sede di zecca importante per l’Italia centrale dall’età longobarda; con Pavia e Milano coniò la moneta buona in cui erano stabiliti i contratti. Quando il valore dei denari papienses fu progressivamente svilito a partire dal 1100 circa, la moneta di Lucca li sostituì nella diffusione.
10) Moneta (denaro) in argento di Enrico III, zecca di Milano, g. 0,68
11) Moneta (denaro) in argento di Enrico, zecca di Lucca, g. 0,80
Federico II fu l'ultimo imperatore a tentare di rafforzare il proprio potere sulle nascenti autonomie comunali. Le emissioni in questo periodo furono abbondanti e riflettono una maggior diversificazione dei tagli monetali, in grossi, denari, oboli.
12-14) Monete (denari) in argento di Federico II, zecca di Pavia, g. 0,80; 0,52; 0,48
15-16) Monete (oboli) in argento di Federico II, zecca Pavia, g. 0,48; 0,33
Testi di Alessia Bolis, Curatore della mostra